19- Prigionia

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Tra le fiamme vidi la mia vita, gli abbracci di mio padre e le carezze di mia madre. Vidi io bambina che giocavo con i miei amici e vidi poi lui, gli occhi di quel lupo che mi aveva salvata e poi fatta innamorare.
Per lui sentii quel calore salirmi da dentro, farsi spazio nelle ossa e risalire la mia gola, spingendo per uscire.

Guardai Ines che nel frattempo aveva perso i sensi, iniziando a prendere fuoco dai vestiti e qualche ciocca di capelli.

La forza sovrumana che si impossessó di me mi obbligò a urlare, finché la folla ai miei piedi iniziarono a correre terrorizzata da ogni parte della piazza, il vescovo portato via e i cacciatori pararsi davanti a noi.

Vidi per un istante quegli occhi che tanto mi avevano fatta sentire amata, poi, goccioline fresche sul volto a bagnarmi.

Quello che ne susseguì fu il nulla.
Non sentivo più niente, il dolore, i suoni, il calore, niente.

Ero forse morta?

"Lucia..Lucia tesoro che succede, perché piangi? Oh tesoro non è successo nulla, ti sei graffiata un pochino le ginocchia. Tesoro..tesoro perché mi guardi in quel modo?"
"Aiutatemi vi prego. Strega. Strega. Maledico il momento in cui ti ho messa al mondo immonda creatura."

Mi risvegliai di soprassalto con il cuore in gola e un urlo che mi stava morendo in bocca.
Una figura di cui vedevo solo gli stivali era di fronte a me, mentre teneva saldamente un secchio gocciolante.

Alzai come potei lo sguardo i alto, cercando il suo viso, ma qualcosa mi immobilizzava a terra, facendomi gemere di dolore.

<Lurida puttana!>

Un calcio tra le mie costole mi fece girare di lato, ritrovandomi a pancia in su rantolando dal dolore e la mancanza di aria nei polmoni.

<Smettila puttana, fammi vedere di nuovo quello che hai fatto qualche giorno fa>

Un altro calcio, e di nuovo un potentissimo dolore.

Con un filo di voce roca riuscii a pronunciare poche parole prima di sputare un rivolo di sangue sul terreno umido.

<Giorni?>

Una risata e poi questo uomo che si accuccia per afferrarmi i capelli e tirarmi su di peso, provocandomi dolore al cuoio capelluto e strappandomi qualche ciocca.

<Giá. Dopo il bello spettacolino che hai fatto hai dormito per otto giorni brutta puttana assatanata.>

<Aaron!>

La voce alle sue spalle era possente e conosciuta.
Aaron si alzó di scatto, lasciandomi cadere e facendomi sbattere il mento contro un sasso.

<Non è così che lavoriamo lo sai.>

Il capitano dei cacciatori li passó affianco, girandosi a guardarmi solo dopo aver esaminato il suo sottomesso con occhi di fuoco.

<Come hai fatto a nasconderti per tutto questo tempo?>

Non risposi.

<Ti ho detto, come hai fatto a nasconderti per tutto questo tempo? Ce ne sono altre?>

Ancora, da parte mia non ricevette nessuna parola, solo un lungo lamento quando mi prese violentemente per mettermi a sedere.

Mi arrivó un potente schiaffo che mi fece dondolare in dietro ma fermata dalla sua presa.

<Ah non rispondi? Bene, così è più divertente sporca strega.>

Si rialzó dalla sua posa, avvicinandosi a quella che mi sembrava una grata.

<Sará il migliore dei miei sottoposti a farti parlare allora. Sai, lui è sempre stato molto persuasivo con le donne come te che non collaboravano.>

Un sorriso malizioso gli si formó sulla bocca prima di continuare a parlare.

<Sará divertente sentirti urlare puttana. Portatela nelle stanze, la sua amica non è riuscita a sopravvivere 24 ore là dentro, vediamo come se la caverà lei.>

Detto ció si portarono tutti i presenti a chiudere la massiccia porta di ferro dietro di loro, lasciandomi sola e sanguinante sul pavimento bagnato, piangendo e divincolandomi dal dolore.

<Ines..>

Riuscii a sussurrare tra le lacrime, guardando fuori da quella piccola finestrella che permetteva alla luce di entrare.

La mia amica era morta, lo aveva appena ammesso il capitano dei cacciatori, io ero prigioniera e destinata alla stessa fine tramite le torture che mi avrebbero afflitto e, senza che lo sapessero, avrei sofferto inutilmente, incastrata da un destino severo che giocava con le vite degli innocenti.

Passai qualche ora così, immobile con le lacrime agli occhi, sperando in un miracolo che peró non arrivó mai.

Solo la luce della luna era mia amica, accompagnandomi e cullandomi, facendomi addormentare profondamente.

Mi svegliai di soprassalto sentendo il rumore metallico della porta, obbligandomi istintivamente ad alzarmi a sedere e strisciando contro la parete rocciosa schiacciando le ginocchia al petto, quando di nuovo, il comandante fece capolino dalla porta, seguito da qualcuno che ancora non riuscivo a mettere a fuoco, nascosto nell'ombra.

<Eccoci di nuovo qui strega. Hai pensato in queste ore di svuotare il sacco? Sarebbe meglio sai, ti eviterei di passare del tempo che non ti piacerà con il mio migliore torturatore>

Un luccichio di perversione si insinuó tra le sue iridi, facendolo sorridere sottilmente e passandosi la lingua tre le labbra.

Non riuscivo a parlare, il mio corpo tremava e spasmava solo stando al suo cospetto, l'emozione che provavo andava oltre ogni altra paura che mai qualcuno avesse sentito in vita sua.

Fece un cenno con la testa all'uomo alle sue spalle , così, passò dopo passó arrivó al suo fianco, in silenzio, puntandomi i suoi scuri e bellissimi occhi contro.

Quasi non svenni nel vederlo, lui era qui, di fronte a me e mi guardava come la cosa più orrenda che potesse mai esistere.

Dante, il ragazzo che credevo di amare mi ripudiava, glielo leggevo.

<Pensaci tu>

Così dicendo il capitano ci lasció soli, in silenzio a guardarci per un lungo istante.

Lui, così bello e orgoglioso nella sua divisa da cacciatore, restava fermo come se si fosse tramutato in una statua, guardandomi, studiandomi, come se non mi avesse vista prima di allora.

STREGHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora