12- Matilde

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Il freddo pungeva le mie guance come piccoli spilli obbligandomi a tirare fin sopra il naso il pesante scialle in lana, mentre percorrevamo la strada per la piazza incontrammo la famiglia Foglia, anch'essi visibilmente preoccupati per l'improvvisa chiamata.

In piazza c'erano già parecchie persone, compresi Ines e Matteo, mentre delle sorelle nessuno aveva notizie.

Il vociare era tremendo facendo capire poco della conversazione in atto.

<Silenzio!>

Il padre di Matilde si fece spazio tra la folla urlando e pretendendo l'attenzione di tutti.

<Matilde, mia figlia, è sparita. Non ci sono sue notizie da questo pomeriggio. Se qualcuno l'avesse vista la prego di farmelo sapere.>

Il mio cuore saltó un battito e la forte nausea iniziò a farmi girare la testa obbligandomi ad appoggiarmi al muretto vicino, gli altri ragazzi che nel frattempo si erano avvicinati avevano uno sguardo terrorizzato e preoccupato, penso identico a quello che potevo rispecchiare.

I presenti attoniti iniziarono a guardarsi le spalle, chi vociferando a bassa voce, chi minando un sì di consenso con il vicino.

<Prendiamo le fiaccole e cerchiamola!>

<Si cerchiamola, non può essere troppo lontana>

<Dividiamoci in gruppi>

<Si, sono d'accordo>

<Si anche io>

Ma di nuovo la voce possente del padre della ragazza scomparsa prese il sopravvento sulle altre.

<Potrebbe essere pericoloso. Sono certo che mia figlia non si sarebbe mai allontanata da sola, se fosse stata rapita da un malvivente o attaccata da qualche bestia? Vi chiedo signori di lasciare a casa le mogli con i figli e che gli anziani vadano a riposarsi, se qualcuno sapesse o trovasse qualcosa me lo faccia sapere.>

Pronti con focolai per farci strada e qualsivoglia arnese per difenderci iniziammo ad allontanarci gli uni dagli altri, percorrendo strade diverse.

Matteo e Ines erano un metro oltre noi, facendoci strada nei sentieri del bosco oltre il vecchio pozzo, mentre io e Gianmarco cercavamo di illuminare il maggior spazio possibile avvicinando i fuochi rendendoli più forti.

Camminavamo ormai da ore urlando il suo nome e senza sentire più l'eco degli altri, quando fermandoci vicino ad un grosso albero ci rendemmo conto di aver perso la strada.

Infreddoliti, spaesati e stanchi ci fermammo per un attimo a riposare.

<Dannazzione!>

<Che succede Matteo?>

Il ragazzo si strofinava una caviglia, mostrando un livido rigonfio a Gianmarco.

<Ho preso una storta, devo essermi rotto qualcosa perché mi sta facendo molto male.>

<Merda! Riesci a rialzarti?>

<Si ma fatico a camminare>

Ci guardammo tutti pensando a cosa fosse meglio fare, quando un idea mi balenó in testa.

<Non possiamo continuare a camminare in cerchio, ci siamo persi e di notte è impossibile capire dove siamo finiti. Qua sotto mi pare di aver visto una vecchia legnaia, possiamo fermarci lì finché non sorge il sole, riaccompagnare Matteo in paese a medicarsi e tornare a cercare Matilde.>

I ragazzi si guardarono tra loro accennando un si con la testa di consenso, era l'unica idea sensata che avremmo potuto seguire per non addentrarci ancora di più nel bosco o farci del male.

Con nostra grande sorpresa notammo che all'interno, quella che ci sembró una malconcia legnaia, si rivelava una piccola baita semplice e spoglia, se non con una malconcia stufa arrugginita e un giaciglio impolverato.

Prendemmo subito della legna per accendere il fuoco mentre Matteo si sdraiava sul materasso, facendo salire una nuvola di polvere.

Era fatta, eravamo al coperto con una fonte di calore che ci avrebbe concesso di riposare qualche ora senza congelare, quando un tuono spezzó improvvisamente il silenzio facendoci sobbalzare di paura.

Matteo e Ines li lasciammo dormire sul letto, mentre io e Gianmarco decidemmo di arrangiarci come potevamo sul pavimento, vicini al fuoco.
Il freddo del suolo ci costrinse ad avvicinarci, usando i mantelli per proteggerci dal pavimento e lo scialle come coperta.

Eravamo vicini, troppo vicini mentre il temporale scaricava raffiche di acqua colpendo violentemente il tetto e le piccole finestre.

<Lo avresti mai detto che sarebbe finita così?>

Il suo sguardo preoccupato accarezzava i miei lineamenti.

<Smettila, troveremo Matilde. Anzi, magari l'hanno già trovata e noi non lo sappiamo>

Ero fredda e distaccata, mentre i miei occhi puntavano sulla legna scoppiettante all'interno della stufa.

<Non parlo di quello.>

Non volevo girarmi nella sua direzione, perció feci finta di nulla senza rispondergli.

<Adesso possiamo parlare Lucia, non puoi scappare da nessuna parte.>

Il suo tono era caldo e serio, mentre mi cingeva il fianco avvicinandomi al suo petto, il mio cuore batteva all' ipazzata mentre le mie guance andavano a fuoco.

<Non ti faccio nulla. Voglio solo che tu stia al caldo.>

Ferma nella mia posizione rigida, accolsi la sua frase come una semplice preoccupazione, scacciando ogni campanello d'allarme che il mio corpo mi stava lanciando.

Mi porse una mano sul viso accarezzandomi, passando le sue labbra sui miei capelli e prendendo grandi respiri.

<Gianmarco per favore>

Con un filo di voce per non svegliare gli altri decisi di drizzarmi a sedere guardandolo negli occhi.
I suoi pozzi scuri si tuffarono nei miei, mentre con un respiro pesante si morse il labbro inferiore.

Era un punto di non ritorno, avrei duvuto essere estremamente sincera e parlargli di questa storia, chiudendola una volta per tutte.

STREGHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora