«Buongiooorno».
«Hey!», Effy si stiracchiò nel suo letto e appena aprì gli occhi vide Dylan, sdraiato nel sacco a pelo con lo sguardo addormentato che cercava di alzarsi.
«Coraggio Effy, dobbiamo andare a scuola», disse, vedendo che si girava dall'altra parte prendendo la coperta e infilandocisi dentro. «Non avrai intenzione di restare a casa anche oggi».
«Perché no?».
«Te lo dico io perché; ieri hai saltato il compito di inglese e oggi devi andarlo a fare o non potrai più recuperarlo», disse dandole un pugnetto sul braccio per farla alzare.
«Si si. Cinque minuti e mi alzo, intanto vai tu al bagno». Era stanchissima: quella fu la prima notte che passò in pace da un mese. Niente incubi. Cosa molto strana dopo quello che aveva passato la sera prima.
Si vestirono e andarono a prendere il pullman insieme. Quella mattina Effy si sentiva molto strana. Non aveva però quella sensazione di tristezza e paura del giorno prima, eppure ricordava bene quel che era successo nella foresta, ma in quel momento tutto ciò le sembrava normale.
Nella prima ora di lezione Effy affrontò il test di inglese che non aveva svolto il giorno prima. Le risultò molto semplice anche se non aveva ripassato. In seconda ora aveva biologia, così andò a posare i libri di inglese per prendere gli altri. Aprì l'armadietto e lo vide. Sentì il ringhio. Davanti a lei, per un solo secondo, vide la stessa creatura che l'aveva aggredita. I denti serrati. Gli occhi gialli. Lo sguardo cattivo. Il pelo grigio drizzato. Un lupo. Per lo spavento Effy cadde all'indietro. Prima di finire per terra, qualcuno la afferrò. Effy girò la testa. Era uno studente. Effy si alzò e lo ringraziò. Il ragazzo sorrise ed Effy ricambiò. Era un ragazzo alto, con capelli castani e riflessi biondi. I suoi occhi erano i più belli che Effy avesse mai visto, di un colore azzurro acceso che tendeva anche un po' sul verde.
Effy ricambiò il suo sorriso specialmente perché come lui aveva sorriso le aveva fatto ridere. Non sapeva il perché. Il suo era un sorriso leggero. Infatti lo accennò solamente. Alzò l'angolo della bocca destro e lo riabbassò subito. Effy voleva provare a chiedergli come si chiamava ma la campanella suonò e lui con un cenno della mano la salutò e se ne andò in classe. Effy rimase lì con la bocca mezza aperta e con le parole piacere Elizabeth lì lì pronte per uscire. Si recò nell'aula di biologia dove ad aspettarla al banco vi era Dylan e affrontò le ore restanti alla fine di questa giornata scolastica.
All'uscita Effy aspettò Dylan. Sapeva che avrebbe dovuto aspettare un bel po' prima che uscisse, così si sedette a bordo del marciapiede e prese sigaretta e accendino. Gli studenti uscivano e come al solito Dylan sembrava aspettare di essere l'ultimo ragazzo nella scuola. Accanto a lei si sedette il ragazzo che qualche ora prima aveva evitato che facesse una brutta figura. Effy gli sorrise e gli offrì una sigaretta che accettò volentieri. Non si eravano scambiati ancora neanche una parola ma sembrava non servisse. Dopo il primo tiro però si presentò, «ciao, io sono Boone», e allungò la mano. Effy prese la sigaretta con l'altra mano e con quella libera gliela afferrò, «Elizabeth, ma chiamami Effy».
Lo fissò e poi chiese «non sei di qui, giusto?».
«No, Louisiana», rispose tra un tiro e l'altro.
«Ah. Bella. Da quanto tempo sei qui?», chiese.
«Un paio d'anni. Mi hanno trasferito qui dopo la morte di mia madre. Ora vivo con mio padre, anche se lo conosco solo dal trasferimento; i miei si sono separati quando io ero appena nato, quindi non l'ho mai conosciuto fino alla morte di mia madre», Effy rimase stupita dalla scioltezza in cui le rivelò tali dettagli. Erano due sconosciuti, eppure le aveva già raccontato una parte della sua vita molto privata.
«Mi dispiace molto», disse Effy continuando a fissarlo mentre lui guardava nel vuoto. Non l'aveva ancora guardata negli occhi da quando si era seduto, mentre lei al contrario non avevo fatto altro che fissarlo. «Perché mi dici tutto questo?»
«Perché me l'hai chiesto», rispose semplicemente.
Senza pensarci chiese, «com'è morta?», poi desiderò non avergli chiesto una cosa così delicata.
«Un incidente», fu molto generico questa volta e la cosa la fece sentire in colpa; era stata scortese.
Finita la sigaretta, Boone la lanciò a terra, schiacciandola con la scarpa si alzò in piedi, «è stato un piacere conoscerti Effy», ora i suoi occhi fissarono quelli di Effy, «ci si vede».
Effy accennò un sorrisetto e lo salutò.
Subito dopo arrivò Dylan e tornarono a casa.
Tornata nella sua stanza, Effy decise di fare l'ultima ricerca sulla sua situazione. Se non avvesse trovato una risposta in questo momento e in questo modo non l'avrebbe più trovata. Così accese il computer e aprì internet. Aveva sempre cercato informazioni riguardanti i sogni, ma dopo l'ultima novità aveva ristretto il campo. Le bastò vedere il ciclo lunare del 2015. A quanto c'era scritto, le lune piene corrispondevano alle notti in cui si erano verificati i due incidenti. Il 4 febbraio in cui fu attaccata e il 5 marzo in cui, da quel che poteva immaginare, si era trasformata per la prima volta.
Spense il computer e sprofondò sul bordo del letto, fissando il monitor del pc. Le sue paure erano oramai certe. Era un mostro.
Sentì mille voci dire mostro nella sua testa. Era sicuramente frutto della mia immaginazione ma la cosa la spaventò e le sfuggì di mano. Iniziò ad urlare e a darsi botte sulla testa. Si tirò i capelli e gridò di smetterla. Pianse e buttò qualsiasi cosa le capitasse in mano per terra. Infine, incapace di reagire in modo razionale, si accovacciò per terra e rimase lì a piangere.
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Premonitory Nightmare
WerewolfA volte si fanno sogni talmente surreali che poi è strano credere che abbiano influenzato la tua vita, cambiando chi sei. Un sogno che ha stravolto la vita di un'adolescente. Questa storia è in parte vera. L'ho voluta in parte modificare per non ren...