XV - I need help

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L'arena si aprì e il ragazzo entrò con noncuranza. Passò vicino al lupo, fiero del risultato della lotta. Posizionatosi dalla parte opposta si ingrandì diventando più alto e più grosso del lupo davanti a lui e divenne più peloso e brutale. Tirò un ringhio spaventoso. Il lupo indietreggiò spaventato, visibilmente incosciente di ciò che stava per succedere. Il grande lupo fece pochi passi lunghi con le zampe posteriori e raggiunse l'altro lupo immobile, con la lunga zampa anteriore e gli artigli altrettanto lunghi e spaventosi graffiò il lupo squarciandolo in due. Era un lupo diverso in tutto e per tutto dagli altri. L'aspetto, il modo in cui si muoveva, il verso, la trasformazione. Non era un semplice lupo mannaro. Si ritrasformò in essere umano e con uno sbadiglio espresse la sua noia, mentre usciva dall'arena e si diresse in una stanza a parte.
Boone un po' scosso lo seguì. Non sapeva come ma gli avrebbe parlato e chiesto spiegazioni per aiutare Dylan.
Quando entrò nella stanza, il ragazzo era in piedi, girato verso Boone, come se lo stesse aspettando.
«Ti è piaciuto lo spettacolo?». Boone gli ringhiò contro. Quel ragazzo lo infastidiva, ma tirò indietro il ringhio, doveva cercare di farsi dire ciò che gli serviva e andarsene. L'unico problema era comunicarglielo nel suo stato attuale; non sapeva se sarebbe riuscito ad aspettare fino al sorgere del sole, doveva tornare al più presto a controllare Effy e Thomas.
«Parla! So che tu puoi farlo, rispetto agli altri tu hai il pieno controllo di te stesso anche da lupo. Siete una cosa sola», gli sorrise nuovamente e Boone non potè far altro che chiedersi come questo ragazzo, tanto giovane, potesse sapere così tante cose senza avere dubbi. Boone non aveva idea di come parlargli, il ragazzo diceva che lui poteva, ma non c'era mai riuscito.
«Coraggio Boone!», Boone spalancò gli occhi nel sentir nominare il suo nome. Come faceva a conoscerlo non lo sapeva, non ricordava di aver mai visto quel ragazzo, «devi solamente parlare come fossi il te umano. Pensa di farlo e io sentirò quel che mi dirai direttamente in testa. Devi concentrarti».
Boone era certo fosse una cosa stupida, ma ci provò, anche perché se non fosse stato vero il ragazzo non avrebbe mai saputo che lui ci aveva provato. Focalizzò dunque nella sua mente le parole che voleva dire, lesse lettera per lettera fino a comporre la frase "Ho bisogno di aiuto", giusto per iniziare e per capire se valeva la pena fare tutto quello sforzo per parlare o se era una stupidaggine che il ragazzino si era inventato per divertirsi. Boone si girò intento ad andarsene, era stata una cosa stupida.
«Allora? Sto aspettando! Non andartene; qual è il problema?», disse il ragazzo, allargando le braccia e sorridendo, «non puoi dirmi che hai bisogno d'aiuto e poi andartene lasciandomi così». Aveva funzionato; Boone era riuscito a parlargli nella testa.
«Facciamo così», continuò il ragazzo, «domani, quando tornerai in forma umana, me lo dirai. So che può essere molto stancante e difficile parlare in questo modo all'inizio, ma sono molto sorpreso per come ci sei riuscito al primo colpo». Senza aspettare un segno di Boone, il ragazzo fece un cenno di saluto con la mano e se ne andò.

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