XVI - Memories

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Sentiva il cuore battere con forza contro il torace senza sentire la risposta dell'altro petto. Piangeva ma non riusciva a visualizzare la scena. Era lui sia in prima che in terza persona, perché capiva di star piangendo ma non riusciva a capire il motivo, come se stesse guardando la scena da un diverso punto di vista dal suo e nel contempo stesse reggendo quel peso morto che lo faceva disperare.

«Buongiorno Boone! A proposito il mio nome è Marshall», la scena svanì, la mente di Boone fu riportata alla realtà; era sdraiato su uno scomodo pavimento di terra e sassi e guardava il ragazzo della sera prima che si avvicinava per parlargli.
«Dormito bene? Credo sia ora di andare, non puoi restare qui», disse prendendolo per un braccio e aiutandolo a mettersi in piedi.
«Perché, che succede?»
«Niente, solo non è il tuo posto qui»
«Ma credevo che dovessimo parlare, avevi promesso che mi avresti aiutato»
«Bene», disse cambiando espressione del volto, da gentile e disponibile a serio e scocciato, «andiamo comunque in un altro posto».
Boone lo seguì al di fuori della caverna fino a un'auto, probabilmente quella del ragazzo. Non salirono a bordo.
«Allora Boone, io non so chi ti ha fatto credere che io potessi aiutarti, e mi dispiace che tu abbia fatto un così lungo viaggio per niente...»
«Non sono venuto a cercare te, sono venuto a cercare un aiuto e tu mi sei sembrata la persona più adatta. Lascia almeno che ti spieghi...»
«Non ce n'è bisogno, so già qual è il problema»
Boone fece una smorfia, «no che non lo sai, non te l'ho ancora detto»
«Legame tra lupo e umano», rispose, «come ho già detto, non posso aiutarti».
«Come... non fa niente. Senti, non mi aspetto che tu risolva il problema, voglio solo delle risposte; voglio sapere tutto quello che sai su questi legami e se c'è una cura»
«Una cura? Ma cosa pensi che sia, un raffreddore? È molto più complicato di così»
«Beh allora dimmi tutto ciò che c'è da sapere!», rispose Boone che si stava innervosendo per la situazione.
Marshall sbuffò leggermente, «e va bene, è una storia lunga... Prima di tutto portami dal tuo branco, devo vedere il lupo»
Salirono in macchina e Boone non disse più nulla fino a quando non arrivarono dagli altri.
«Eccoci arrivati», disse Boone scendendo frettolosamente dall'auto e dirigendosi all'interno della casa per vedere come stessero Effy e Thomas.
«Deliziosa», commentò ironicamente Marshall vedendo la casa.
Raggiunsero i sotterranei. Boone aprì la porta e... non erano lì. Le catene erano rotte, ma non c'era sangue che potesse far credere a una rissa.
«Allora?», chiese Marshall, «dove sono?»
«Boone!», Boone si alleggerì sentendosi chiamare da una voce familiare. Effy scese le scale e si buttò tra le braccia di Boone, «eravamo in pensiero per te, stamattina non c'eri!»
«Lo so, lo so», rispose Boone accarezzandole i capelli, «mi sono trattenuto», disse vedendo comparire Thomas alla porta.
Non fecero caso a Marshall inizialmente, «allora hai trovato qualcosa?», chiese Effy.
«Ehm si in realtà si», disse Boone indicando il ragazzo, «ragazzi lui è Marshall».
«E questo sarebbe il tuo branco?», disse Marshall accennando una risata.
«Allora cosa devo fare?», chiese Effy, senza girarci intorno e senza farsi intimorire.
«Con calma dolcezza, devo prima vedere la situazione per capire cosa posso raccontarvi», disse con tono di superiorità, «devo dedurre che tu sia la lupa che si è cacciata nei guai, dov'è l'umano?»
«Non è qui», Effy incrociò le braccia, «è in ospedale»
«Bene, sono sicuro che riusciranno a risolvere la situazione», disse Marshall divertito, «perché si trova lì?»
«E cosa avremmo dovuto fare?», chiese Effy allargando le braccia incapace di capirlo. Stavano perdendo tempo in chiacchiere e questo faceva innervosire ancor di più Effy che non riusciva a capire come una persona come Marshall potesse aiutarli.
«Dovete farmelo vedere»
«Oh avanti», disse Effy alzando la voce e lanciando le braccia in aria. Aveva perso la pazienza, «non c'è tempo, se sai qualcosa diccelo altrimenti ci fai solo perdere tempo...»
«Si dia il caso, ragazzina, che io sappia molto più di qualcosa. Qui l'unica persona che ci sta facendo perdere tempo sei proprio tu. Devo vedere lo stato del vostro amico per sapere la gravità della situazione, quindi prima mi portate da lui e meglio sarà per tutti voi».
Effy si azzittì. Probabilmente portarlo da Dylan era la cosa giusta da fare o forse no. A prendere questa decisione per lei fu però Boone che capiva perfettamente l'importanza del tempo.
«Va bene, allora sarà meglio partire subito», Effy gli lanciò un'occhiata fulminante a cui però Boone non diede importanza.
Raggiunsero la macchina ed Effy non ebbe il tempo di parlare privatamente con Boone. Il viaggio di ritorno sarebbe stato molto lungo e ad Effy sembrava di non aver risolto nulla, per lei era come aver passato la notte fuori con degli amici. Thomas era rimasto in silenzio per tutto il tempo e nessuno sapeva cosa pensasse di Marshall o di tutto il resto. Era seduto dietro, appoggiato al finestrino e probabilmente concentrato alla ricerca di qualcosa fuori da esso. Effy era seduta accanto a lui e solo in quel momento si era accorta del suo insolito comportamento silenzioso. Gli prese la mano e gliela strinse forte. Thomas si girò lentamente con lo sguardo sulle loro mani, poi rivolse uno sguardo ad Effy. Lei gli fece un leggero sorriso e muovendo la bocca senza emettere suono per non attirare l'attenzione anche di Marshall e Boone seduti ai sedili davanti gli chiese, «tutto bene?». Thomas scuotè la testa e tornò a guardare fuori dal finestrino.

Al tramonto Thomas prese il posto di Boone per lasciarlo riposare e continuarono il viaggio verso l'ospedale senza perdere tempo.

La luna si levava in cielo, sembrava crescere ma era solo un effetto ottico causato dal dolore. Non si fermava, non riusciva a farlo, qualcosa lo stava controllando, qualcosa di molto forte. Stava per morire? Era qualcosa che non provava da moltissimo tempo. Le urla di terrore di Candice erano agghiaccianti: il tutto era a tratti amplificato, il volume della sua voce altissimo e un attimo dopo bassissimo e così via. Candice. Candice. Cosa ci faceva lì.
I rumori cessarono e così anche il dolore, ma solo per qualche secondo, poi svenne, continuando a sentire le urla intorno a lui.
Boone aprì finalmente gli occhi, con i primi raggi del sole che gli colpivano il viso. Sentiva molto caldo. Era sporco; terra, sangue e sudore gli coprivno il corpo nudo. Si alzò lentamente con i muscoli doloranti da terra, strisciando per mettersi in piedi. Camminò a lungo, seguendo le tracce di sangue che coprivano il prato. Trovò i suoi vestiti, strappati . Se li infilò e continuò a camminare, ancora stordito. Seguì la scia di sangue. Prima velocemente, poi sempre più lentamente fino ad arrestarsi quando finalmente capì e si accasciò sulle proprie ginocchia, in lacrime mentre scuoteva la testa incredulo. In lontananza c'era l'esile corpo della sua sorellina, immobile, senza vita, e ricoperto di sangue. La figura del suo viso era quasi irriconoscibile, ma Boone sapeva che era lei. Si alzò e si avvicinò al corpo senza vita di Candice. Le cadde vicino e la strinse a sè, piangendo e gridando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 18, 2017 ⏰

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