CAPITOLO 10

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Canzone che ascoltavo mentre scrivevo il capitolo: So High School - Taylor Swift

Cavolo, ho appena baciato Ace Hall.

«Viola, per favore, vieni qui, ti accompagno a casa» disse lui, visibilmente confuso. La situazione era surreale, i nostri sentimenti erano un groviglio di emozioni. Almeno, io mi sentivo così.

«Prenderò un taxi» sbuffai.

«Non ci pensare nemmeno, Viola. Sono le tre del mattino» mi sgridò, convinto di potermi fermare. Povero illuso. Mi alzai da terra e scappai via all'improvviso. Lui mi chiamò più volte, ma lo ignorai.

Una macchina gialla sfrecciò davanti a me, rischiando quasi di investirmi. Alzai la mano per attirare l'attenzione, ma, come se il karma volesse vendicarsi, anche il taxi mi ignorò.

All'improvviso, una Mercedes si fermò accanto a me. Lo sportello si aprì e ne uscì un vecchio ubriaco.

«Ehi bambolina, che ne dici di fare un giro con me?» disse con voce perversa. Era disgustoso, sembrava l'incarnazione di una tragedia genetica.

«Vattene, stronzo» risposi con disgusto.

«Ehi, piccola troia, non ti azzardare a parlarmi così» replicò, avvicinandosi sempre di più, fino a quasi sfiorarmi.

Un rumore forte e improvviso interruppe quel momento orribile. Una macchina gialla si avvicinò: era un taxi.

Spinsi via il vecchio e corsi verso il taxi, sperando che il conducente non fosse pericoloso. Non mi rimaneva altro che sperare.

«Dove ti porto, signorina?» chiese gentilmente il ragazzo al volante. Sembrava davvero una brava persona. Mai giudicare un libro dalla copertina, come diceva sempre mia madre. Esattamente come era successo con Ace: pensavo fosse arrogante e antipatico, ma si era rivelato la persona più dolce e simpatica che avessi mai conosciuto.

«Al Les and Maise's bar» risposi subito.

Lui annuì, e io scoppiavo in lacrime ripensando a quello che era successo con Ace solo dieci minuti prima. Ci eravamo baciati, ma la vecchia zia ci aveva interrotti.

«Ehi, perché piangi?» chiese, preoccupato.

«Ho appena baciato il ragazzo che mi piace e la zia ci ha interrotti» risposi, sbuffando.

«Accidenti, che stronza» commentò cercando di confortarmi.

«Eh già» annuii tra le lacrime.

Non ci eravamo ancora presentati. La mia mente cercava di associare un nome alla sua faccia – un'abitudine che avevo fin da piccola. Con quei lineamenti dolci e delicati, lo immaginavo come un Marcus, un Lukas o forse un Samuel.

«Ehi sconosciuta, come ti chiami?» mi chiese, guardandomi dallo specchietto retrovisore.

«Viola Thompson. E tu?» gli domandai a mia volta.

«Arion Beking» rispose. Che bel nome. ARION E VIOLA... Ma che cavolo sto dicendo? Io penso solo a Ace Andrew Hall.

«Siamo arrivati a destinazione, piccola e dolce Viola» mi disse con un sorriso a trentadue denti.

Scesi dalla macchina e corsi via verso casa.

Quelle parole continuavano a rimbombarmi in testa: "Arrivati a destinazione, piccola e dolce Viola." Mi svegliai con quella frase ancora in mente.

Il campanello suonò.

Una, due, tre volte, fino ad arrivare a venti. «Arrivo!» urlai dal piano di sopra. Suonò di nuovo. «Un attimo!»

Scendendo di corsa, aprii la porta... ma non c'era nessuno.

Feci un passo avanti per controllare meglio. L'unica cosa che notai fu un rumore sotto i miei piedi. Abbassai lo sguardo e vidi un mazzo di fiori, precisamente girasoli – i miei preferiti, e nessuno lo sapeva. Una coincidenza? Appeso ai fiori, c'era un bigliettino rosso fermato da una molletta azzurra. Titubante come sempre, lo aprii.

«Cara V, sono molto contento per ieri sera...» lessi frettolosamente il biglietto. Lo chiusi subito dopo, ma non resistetti e lo riaprii per vedere chi me l'avesse mandato. Firmato: «-A».

Arion?

Come sapeva dove abitavo?

Domani scoprirò tutto.

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⏰ Last updated: Aug 29 ⏰

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