Prologo

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Ho sempre avuto le gambe piene di lividi.​​ Spesso mi trovo a guardarle e ne noto un paio. Non mi ricordo mai dove mi sono fatta male; eppure, le macchie violacee un po' tendenti al giallo, ci sono... anche se non ricordo cosa mi ha fatto male.​​ 

È uno strano modo per cominciare a raccontare una storia, vero? Ve ne do atto.​​ Proviamo così.​​ 

Il cielo sta ingoiando il mare all'orizzonte.​​ È un cielo grigio, arrabbiato. Travolge il mare calmo, è violento. I lampi lo crepano come se fosse fatto di ceramica, i tuoni lo seguono subito dopo: vicini, mi avvertono. ​​Ho il mento appoggiato sulle ginocchia strette al mio petto, nel tentativo vano di proteggermi dal vento che rende fruste i miei capelli.

​​La mia testa suona la stessa canzone da quando mi sono seduta qui, sulla sabbia dorata e umida.​​ Ce l'abbiamo tutti quella canzone, no? Quella che si ripete nella mente a disco rotto, quella che anche se ti dici di smettere, continua a suonare. Come il quartetto di violini sul Titanic nel giorno del naufragio.​​ La mia mente passa in rassegna il passato. 

Un passato che sembra presente per quanto lo ricordo bene.​​ Avete mai pensato che potreste rivivere un intero anno in una manciata di secondi? Basta proiettarlo nella vostra mente. Un anno che se ne va in un pugno di secondi, come se non fosse mai avvenuto.​​ Il mio anno è stato bellissimo e come tutte le cose belle, poi, è finito.

Come uno specchio rotto, frantumato in tanti piccoli pezzettini che, fanculo, non so più dove cazzo sono andati a finire.​​ Scusate la volgarità.​​ La luce fredda di un lampo mi risveglia dal flusso disordinato dei miei pensieri. Accanto a me, le pagine del mio Diario, aperto giusto nel centro, mosso dal vento e macchiato dalle gocce di pioggia rotonde, decise e marcate come le ferite lasciate da un proiettile.​​ Il cielo e il mare sono diventati un'unica cosa, da lontano non si riesce a vedere dove comincia uno e dove finisce l'altro.​​ 

Si sono divorati a vicenda o c'è stato qualcuno che ha vinto?​​ Probabilmente hanno perso entrambi. ​​Io la mia battaglia l'ho persa, sapete?​​ L'ho persa nell'esatto momento in cui ho preso le armi. E le ho prese qui, su questa stessa spiaggia, in questo stesso punto, quasi un anno fa.​​Una goccia di pioggia atterra sul naso.

​​«Andrea? Sta diluviando! Ti ho cercata ovunque! Vieni, ti sei bagnata tutti i vestiti...»​​ Chi è che mi sta parlando?​​

I miei occhi incontrano quelli preoccupati di Maya, non le rispondo perché non mi sembra nemmeno reale.​​ Sono di nuovo in piedi e nemmeno me ne sono accorta. Ad essere onesti, non ricordo nemmeno quando mi sono seduta o come sono arrivata qui.​​ Maya appoggia la sua giacca sulle mie spalle e mi rendo conto solo adesso che, in realtà, stavo tremando dal freddo.

​​«Come cavolo ti hanno ridotta...» dice e vista l'occhiata che mi rivolge, quello era un pensiero che avrebbe dovuto sussurrare a sé stessa e non manifestare ad alta voce.​​'Fa niente, Maya', penso. 'Non hai poi così tanto torto.'

Come mi sono ridotta?


Scriverò di t͟e͟  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora