Andrea Fiore guarda fuori dalla finestra della sua camera da letto: sono le due di notte ma non riesce a dormire.
Fuori, il buio abbraccia il piccolo paesino in cui vive da quando è nata e che considera parte di sé.
L'abat-jour sul suo comò emana una luce flebile che a malapena illumina le pagine ancora scarne del suo diario e la sua penna nera. Oggi è nera, il giorno prima era blu e quello prima ancora era una matita: quando Andrea vuole scrivere, afferra qualsiasi cosa abbia sottomano prima che passi quel nodo alla gola e quel bisogno fisico di svuotare la mente.
Ha le occhiaie, Andrea. Maya le ha detto più volte che vedere quella faccia di prima mattina le rovina l'intera giornata o peggio, l'intera settimana.
Ma che ci può fare lei, se ha il cuore spezzato? Che ci può fare se apre la conversazione con Lorenzo e rilegge i messaggi e ne digita un milione senza inviarglieli.
Che si devono dire, quando si sono già detti tutto?
È così? Si sono già detti tutto per davvero?
Forse ci sono ancora delle cose, che si devono dire...
Forse, si dice Andrea, se continua a scrivere di loro, riuscirà ad andare avanti.
Andrea rilegge ciò che ha scritto fino ad ora, che sono le due e quindici di notte.
Elena quel giorno decise che doveva torturarmi: accadeva una volta ogni quindici giorni, spesso coincideva con quando sua madre andava a trovarla o quando il capo chiamava dai piani alti dicendo che 'si stava facendo poco'.
Così, Elena, come ogni Responsabile che si rispetti, se la prendeva con me o con Michele.
Poco prima che la porta dell'ufficio si aprisse, Elena stava criticando la scelta mia e di Michele di abbinare il blu elettrico con il verde abete: a quanto pareva, una scelta inaccettabile.
«Buongiorno.»
Furono le prime parole di Lorenzo Spina quando entrò in ufficio.
A quel 'buongiorno' seguì il laconico buongiorno mio e di Michaele che ovviamente stavamo avendo tutto meno che un buon giorno.
Al contrario, Elena esclamò un buongiorno così pieno e allegro che mi ricordò Topolino quando saluta i bambini a Disneyland.
«Allora: piaciuta la pubblicità?»
Mentre Lorenzo rispondeva ad Elena, riuscii a sentire i suoi occhi bruciarmi addosso. Io, infatti, da quando sentii suoi occhi addosso, continuai a rileggere la stessa riga circa sei, sette milioni di volte.
«Perfetta.»
Per fortuna, quando si accorse che non avrei ricambiato il suo sguardo, tornò a parlare con Elena.
«Sono venuto a saldare il conto.»
«Ottimo.»
Elena iniziò a trafficare nella sua scrivania, dove c'erano talmente carte da domandarmi se in realtà lavorasse per la CIA o l'FBI.
«Andrea, dov'è il POS?»
«Nel cassetto della tua scrivania.»
«Oh! Giusto. Che testa!»
«Ho un altro evento in una ventina di giorni», riprese Lorenzo, con una voce calda e avvolgente. «Posso rivolgermi sempre a voi?»
«Devi», rispose caldamente Elena.
Michele ed io ci guardammo e ci trattenemmo dallo scoppiare a ridere.
«Ci vieni?»
«Certo», incalzò subito Elena. «Mi piacciono i...»
Elena si interruppe e mi voltai a guardare giusto per vedere se non le fosse venuto un infarto o cose del genere. Lì mi accorsi che Lorenzo, in realtà, stava parlando con me.
«Andrea», mi richiamò Lorenzo. «Ci vieni?»
«Che evento è?»
Lui accennò un sorriso. «Ha importanza?»
«Perché se fosse uno di quegli eventi in cui si fanno i vasi di ceramica, per esempio, non ci vorrei venire. Al contrario, se fosse...»
«Non è un evento in cui si fanno vasi di ceramica», tagliò corto. «Quindi puoi venire. Questo venerdì.»
Il suo viso era inclinato di lato, un sorriso di traverso gli illuminava gli occhi ambrati vagamente ipnotici.
Io, alla fine, mi limitai ad annuire senza dire nulla.
Il suo sorriso si allargò: simile a quello di un cacciatore quando trafigge la preda giusto al centro del petto.
Ai tempi, però, non lo pensai.
Andrea aggiunge qualche dettaglio a penna, toglie qualche parola ridondante e volta la pagina, ricominciando a scrivere.
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Scriverò di t͟e͟
Romance"Scrivere. Chi ha mai scritto? Io, da piccola. In uno di quei momenti in cui in un giornaletto in edicola trovai in regalo un diario col lucchetto di Barbie e decisi che da quel momento in poi avrei raccontato la storia della mia vita su quelle pagi...