capitolo 36

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Blake

Socchiudo gli occhi, sbatto le palpebre ripetutamente, la stanza ruota intorno a me.

La mente è annebbiata da un torpidimento strano, la testa pesante.

Il sonno mi assale ma costringo i miei occhi a rimanere aperti e i ricordi piombano tutti addosso.

La vista è ancora appannata, mi guardo intorno e mi rendo conto di esser seduto su una sedia, mani e piedi legati. La stanza è piccola e buia.

'Dov'è Rosie?' Una strana ansia mi artiglia lo stomaco, cerco di muovermi ma i movimenti sono limitati dalle corde, giro la testa alla mia destra, un senso di vertigine mi fa serrare le palpebre.

Le riapro con cautela e la vedo, un po' nascosta nel buio. La morsa del mio stomaco si affievolisce anche se continua a persistere.

È ancora incosciente, la testa buttata un po' indietro. Anche lei ha le braccia portate dietro la sedia, i polsi e le caviglie legati. Muove la testa e schiude gli occhi, tossisce.

«Rosie…» Gira la testa dal mio lato, sgrana gli occhi per poi ridurli a due fessure. Mette a fuoco, schiude le labbra e realizza in che situazione siamo.

«Ma cosa caz-» si interrompe al suono di passi che irrompono nella stanza, un interruttore scatta e la luce viene accesa.

Socchiudo gli occhi per abituarmi al cambio di luce artificiale.

Una figura si erge davanti a noi, cammina lentamente ma in modo sicuro. Le mani nascoste nelle tasche.

Un uomo dagli occhi grigi che incutono terrore, un piccolo sorriso sulle labbra, ha un taglio sulla guancia destra.

«Vi siete svegliati, finalmente» scandisce le parole, il tono basso e inquietante. Sposta l'attenzione da me alla ragazza.

Solo ora noto che di Jacob non c'è nessuna traccia.

La tensione è fitta da potersi tagliare con il coltello. Il silenzio che gravita rende il tutto più difficile. Si ferma a pochi metri di distanza.

Rosie schiocca la lingua contro il palato.

«Canter», la voce impastata riecheggia nella stanza, «Ci rivediamo.»

'Lo conosce?' Canter sorride appena.

«Piccola Carpet era ora che mi riconoscessi, stavo perdendo le speranze.» Si avvicina alla ragazza mangiando la distanza che li separava, obbligando Rosie ad alzare la testa per guardarlo negli occhi.

«Ne è passato di tempo da quando lavoravi per mio padre.»

Ah. Oh, andiamo bene.

«Cosa ti fa pensare che io abbia smesso?» si inginocchia per arrivare alla sua altezza, «Sai, piccola Carpet, a volte i veri traditori sono proprio al nostro fianco.» Mi lancia un'occhiata fugace e io abbasso lo sguardo.

Il respiro di Rosie si fa pesante.

«Sei tu, vero?» domanda con disprezzo la moretta. Alzo lo sguardo e corrugo la fronte.

«Dipende da cosa stai deducendo, piccola Carpet» non si muove dalla sua posizione.

«Sei tu ad aver scritto i biglietti» afferma la ragazza.

Canter alza l'angolo della bocca, «Vedo che non abbiamo perso il senso di astuzia.»

L'osservo e finalmente capisco, lui era l'uomo visto la notte prima di trovare il foglio dietro la porta e lui era il poliziotto che ci stava scortando fuori.

Le sfiora il viso, Rosie si allontana girando la testa di lato e guardandomi. Gli occhi più scuri del solito, la fisso incapace di poter fare nulla.

Vedo la mano dell'uomo alzarsi in alto, solleticarle i capelli per poi chiuderli in un pugno e tirarle la testa all'indietro, con forza. Rosie urla e geme dal dolore, qualcosa dentro di me si rompe.

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