Forse mi piace

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Georg e Gustav se l'erano presa comoda con il visitare Los Angeles, siccome non tornavano in America da molto tempo.
Erano a casa nostra da due settimane e mezzo ormai, e per quanto la loro gentilezza mi agevolasse molto la vita dal punto di vista emotivo-cercavano di capirmi, facevano conversazione, scherzavano con me, certe volte mi accompagnavano addirittura a scuola per non far alzare troppo presto Freddie e Tedd-non riuscivo ad essere preoccupata.

Pian piano, le figure che vedevo di sfuggita aumentavano notevolmente. Riuscivo a contarle. Un pomeriggio le vidi circa sette volte.

Pensavo di essere pazza, perché sapevo che non era solo la preoccupazione che mio padre potesse essere morto.

Non avevo ricevuto sue notizie da parte di mia madre, quindi fui costretta a chiedere sia a Maryna che ai bodyguard, e tutti e tre mi diedero solo una risposta vaga. Il loro aiuto non mi serviva.

Ormai mi relazionavo solo con persone del posto. Stavo iniziando a dimenticarmi delle mie amica in Italia, come la mia scuola, oppure i verbi corretti.

Mi sentivo perseguitata, abbandonata ed esclusa, ma iniziavo a sentirmi a casa.

Quel giorno uscii di casa con mia sorella e Valentina per non pensare alle mie visioni. Chiesi a Leni se lei ultimamente avesse visto qualcosa di strano, ma anche con lei, non c'era niente da fare. Ero io la pazza in famiglia.

<<Che ne dici di questo?>>, sentii chiedere Leni a Valentina mentre io tornavo dal bagno del centro commerciale. Beh, insomma, chiamarlo centro commerciale era un tantino sminuente: in quel posto c'erano i vestiti più costosi che avessi mai visto. Chanel, Yves Saint Laurent, Gucci e addirittura Valentino! C'erano tutti. Ormai non mi sorprendeva vedere la mia famiglia acquistare in questi posti, ma entrarci di persone era una cosa davvero diversa. Potevo sentire il profumo delle borse di pelle a chilometri di distanza.

<<Uhh! Mi piace un sacco!>>, le rispose la sua amica. Le due erano occupate a toccare con mano un lungo vestito verde, fatto di lustrini luminosi e diamanti sparsi qua e là per il tessuto.

Mi avvicinai a loro, più che sicura che i miei occhi stessero luccicando. <<Cazzo, è meraviglioso. Quanto costa?>>.

Leni si girò per guardarmi in volto, dato la mia voce sognante, e mi rivolse un mezzo sorriso. Controllò il prezzo del vestito. <<Tredicimila dollari>>, disse Leni, con tutta la calma del mondo. Io sgranai gli occhi ad un prezzo così alto.

La nostra amica Valentina, invece, inziò a sorridere come una matta. <<Ma è un'affare!>>.
<<Un'affare?! Potrei pagarmi l'affitto per un'anno intero con tredicimila dollari!>>. Sbottai.

Non che non mi piacesse l'abito. Era stravagante, e non avrei esitato due secondi per comprarlo, ma non mi ero ancora abituata allo stile di vita che loro avevano.

<<Andiamo! Ce ne possiamo permettere almeno sette di questi vestiti>>, disse Valentina, scherzosa. Nelle settimane in cui l'avevo imparata a conoscere avevo capire che era una persona molto dolce, ma che spendeva un mucchio di soldi.
<<Non ci hai ancora fatto l'abitudine, eh?>>, rise.
Io scossi la testa, con un'aria divertita. Non era la mia tipica immaginazione pensare che lo "shopping tra amiche" fosse così, ma non mi stavo di sicuro lamentando.

<<Beh, comunque... penso che abbiamo finalmente trovato degli abiti per andare al ballo della scuola>>, disse Leni, con una punta di eccitazione nella sua voce.
<<Aspetta un secondo>>, la interruppi, con una faccia sconvolta, <<Tu, vuoi seriamente andare ad un ballo della scuola vestita come se dovessi presentarti a un Met Gala?>>.
Mia sorella rise. <<Oddio sai quanto costano i vestiti per un Met Gala? Alcuni arrivano al milione di dollari!>>.

Oh father o' mine - Tom Kaulitz (Italian version)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora