31: Il figlio del mare e del fuoco

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Terre di Alaron, Contea di Istmil

Erik Howanelsh si destò dopo un lunghissimo sonno, senza neppure ricordarsi quando si fosse addormentato.

Probabilmente era svenuto, tanto per cambiare. Era piuttosto imbarazzante continuare a svenire a diciotto anni, ma non poteva farci nulla se il suo corpo non voleva fare pace con se stesso.

Si alzò in piedi, lentamente, quasi avesse paura di crollare di nuovo.

La confusione rimbombava nella sua testa. Impiegò addirittura qualche istante a ricordare come si chiamasse, dove fosse.

Si guardò intorno: il paesaggio era lo stesso di sempre: gli alberi della Selva della Speranza abbracciavano tutto il territorio circostante, e ospitavano sui loro rami le abitazioni degli Elfi. Da quell'altezza del bosco, il suo sguardo riusciva a spingersi fino alla piazza centrale, ai mercati e alla scuola di musica, offrendogli una vista panoramica della sua piccola città.

Per un istante gli parve quasi di non riconoscerla, di non sapere perché si trovasse in quel posto.

Cercò di ricordare: non gli sembrava di essersi addormentato, né di essere svenuto.

C'era stata una bufera fredda che lo aveva avvolto, e poi il buio, come se fosse stato trascinato in luogo lontano di cui non sapeva neppure l'esistenza.

Ma il buio non era durato per l'intero suo sonno. C'erano stati anche dei sogni, delle visioni lunghe e realistiche, di cui ricordava pochi sprazzi.

Ricordò una casa coperta di rampicanti, strani cappelli e vestiti, città dove l'erba e gli alberi crescevano a stento e strade più sbiadite. Poi, qualche volto: una donna severa, un uomo dai capelli grigi, una ragazzina dal viso lentigginoso e allegro.

Non riusciva a trovare un filo logico in quel sogno. Ma, per qualche strano motivo, si sentiva come privato di parte della propria vita, anima ed esperienza. Che diavolo era successo?

La testa si era fatta pesante. Le parole rimbombavano nel cranio con un martellare incessante.

Ivy.

Ivy.

Ivy.

Più la propria mente gli ripeteva quel suono, meno gli sembrava che avesse senso. Chi era Ivy? Non si sapeva assolutamente rispondere.

Scosse il capo. Dovevano essere i residui di qualche sogno lontano. Intorno a lui non c'era alcuna traccia di tempeste o tornado. La quiete sembrava regnare sovrana in ogni elemento. Si era immaginato tutto, doveva essere così, per forza! Era soltanto svenuto, e fine della storia.

E poi, c'erano questioni più urgenti da sbrigare: sentiva ogni fibra del corpo contorcersi dal dolore.

Si osservò le mani, le braccia, la pelle sottile, quasi trasparente, sotto alla quale le vene bruciavano, incandescenti per tutto il fuoco che vi scorreva. Aveva bisogno di acqua, e il più urgentemente possibile, o sarebbe esploso in scintille, arso come legna al fuoco. E poi, quand'anche avesse avuto acqua a sufficienza, dopo un po' avrebbe ricominciato a sentirsi debole, perché l'acqua prosciugava il fuoco e né uno né l'altro elemento voleva convivere pacificamente con il proprio opposto. All'acqua e al fuoco interessava predominare, sopprimere l'altro fino a raggiungere un limite così alto da rischiare di distruggere anche il ragazzo.

Lo chiamavano "Il figlio del mare e del fuoco", giù al villaggio. E a parole suonava come un qualcosa di forte e potente, ma a conti fatti era una fregatura bella e buona.

Tutti conoscevano la sua storia: era stato trovato da un gruppo di elfi della casa-famiglia Howanelsh, sulle rive del mare di Theralin, un fagottino sperduto in mezzo alla sabbia. Non piangeva neppure, gli avevano detto. Per poco non l'avrebbe notato nessuno.

Silver Soul Libro 1: Gli IncantatoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora