CAPITOLO 16

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TOMMASO POV'S

Erano le 13 quando finalmente la campanella segnò la fine della lezione, portando cosi tutti gli studenti che erano seduti all'interno dell'aula ad alzarsi dal proprio posto per dirigersi verso la mensa.

Erano tre giorni che partecipavo a quelle lezioni ma il senso di vuoto che avevo nel non capire nulla di quello che diceva il professore non era migliorato di una virgola; per fortuna quella tortura sarebbe finita il giorno dopo, quando finalmente avremmo finito le lezioni del workshop.

Mi alzai dalla sedia, riponendo poi il computer nello zaino.

<< Sto morendo di fame>> disse Matteo vicino a me, intento ad aspettarmi.

Gli altri, che nel mentre erano arrivati all'uscita dell'aula, non tardarono a farci cenno di sbrigarci.

Erano giorni frenetici, non avevamo neanche il tempo di girare per visitare la cittadina che ci stava ospitando. Eravamo riusciti ad uscire solo una volta, tre giorni prima, e da quel momento ci eravamo rinchiusi in camera per portare avanti sia i corsi dell'università che quelli di questo workshop maledetto.

Forse l'unica cosa positiva successa mentre ero in viaggio era stata proprio quell'uscita, e avevo guadagnato pure un libro gratis.

La giornata proseguì come al solito, un pranzo veloce, il ritorno in aula e di nuovo un corso sulla struttura di un'azienda, tutte robe incomprensibili, specialmente se dette in un'altra lingua. Ero seduto al mio posto, con i gomiti appoggiati sul banco e la faccia sconsolata di chi prega che quella tortura finisca presto. Girovagavo con lo sguardo per la stanza, accorgendomi che metà degli studenti era tutta concentrata, mentre l'altra metà era tanto se non stesse lanciando areoplanini di carta.

Puntai lo guardo su una schiena che era seduta poco più avanti di me, concentrandomi sui ricci perfettamente messi in piega del ragazzino. Dall'uscita di qualche giorno prima Nicolò non aveva spiaccicato parola, era già tanto che mi salutasse quando ci incontravamo. Negli ultimi giorni le sue parole continuavano a frullarmi per la testa, occupavano gran parte dello spazio libero nel mio cervello.

Non riuscivo a capire come quel ragazzino era il migliore del suo corso, ma era cosi facile da prendere in giro, e cosa ancora più inspiegabile era il perché a me piacesse cosi tanto farlo arrabbiare.

Ad un tratto il suono di una penna che cadeva riportò la mia attenzione a Nicolò, intento a piegarsi dalla sedia, cercando di raccogliere la penna caduta alla sua sinistra. In quel momento riuscii ad intravedere il suo profilo e l'occhio mi cadde inconsapevolmente di nuovo sulla schiena, per esattezza sulla porzione di pelle che la maglietta alzandosi lasciò scoperta. ma subito dopo il suo vicino di banco ci impiegò un secondo a piegarsi per raccogliere la penna, per poi porgergliela con un sorriso a trentadue denti. Mi raddrizzai di poco sulla sedia, il ragazzino faceva strage di cuori pure in un altro stato; in quel momento provai un po di compassione per il suo futuro ragazzo. Feci scivolare lo guardo sul ragazzo biondo seduto vicino a Nico. Alto, biondo, occhi azzurri, lentiggini sul viso...niente di che. Il ragazzino poteva avere molto di meglio.

Non mi resi neanche conto che la lezione era appena finita fino a quando non vidi Nico alzarsi dal suo posto e girarsi verso di noi. Distolsi subito lo sguardo e mi alzai dalla sedia di fretta, mettendo tutta la mia roba che in quel momento era disseminata sul banco dentro lo zaino.

Non ci mettemmo molto ad uscire dallo stabile, fuori era già buio.

<< Mangiamo qualcosa?>> chiese Stella prendendo a braccetto il ragazzino, che nel mentre stava battibeccando con Matteo; ormai era diventata routine.

TU ED IODove le storie prendono vita. Scoprilo ora