9. Wish You Were Here

33 4 2
                                    

« How I wish, how I wish you were here. We're just two lost
souls swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground, what have we found?
The same old fears,
I wish you were here »

Wish You Were Here - Pink Floyd

– Buon sedicesimo compleanno! – esclama mia madre, entrando nella mia stanza con un ampio vassoio tra le mani. Sopra, una ricca colazione sembra traboccare di sapori: una pila di morbidi pancakes dorati, su cui la luce del mattino si riflette leggermente, una ciotola di confettura di fragole cremosa che cola sul bordo del piatto, e accanto un bicchiere alto di vetro contenente succo d'arancia fresco, il colore brillante che risalta contro la tovaglietta bianca.

Mi alzo di scatto, ancora intontita dal sonno, i capelli arruffati e gli occhi socchiusi. Aggrotto le sopracciglia cercando di mettere a fuoco la situazione intorno a me: le tende grigie della mia finestra lasciano entrare una luce soffusa e, nella stanza ancora in penombra, i colori caldi della colazione mi danno un senso di serenità.

– Grazie, mamma – mormoro, cercando di scuotere la stanchezza, mentre afferro il piatto con i pancakes, sentendo il calore ancora tiepido della ceramica. La consistenza soffice sotto le dita e l'odore dolce della confettura mi risvegliano leggermente. Sorseggio un po' di succo, fresco e pungente, sentendo il liquido rinfrescante scivolare in gola.

– Stai diventando grande, Denise – sospira mia madre, guardandomi con un misto di affetto e malinconia. I suoi occhi, leggermente umidi, sembrano perdersi nel tempo, rievocando ricordi lontani di quando ero bambina, i miei primi passi, i giochi in giardino. Ogni angolo della stanza sembra intriso di quel passato, e anche il letto su cui sono seduta, con la coperta a righe sottili, porta con sé tracce di quegli anni.

– Purtroppo sto crescendo anch'io – rispondo con un lungo sospiro, mentre bevo un altro sorso di succo, il vetro freddo tra le mani. Il mio corpo, ancora appesantito dal sonno, si sveglia a poco a poco.

Mia madre si siede accanto a me sul letto, la coperta scricchiola leggermente sotto di lei. – Dovresti essere felice, come lo sono tutte le ragazze della tua età – riflette, cercando di alleggerire l'atmosfera con un lieve sorriso che le illumina il volto.

Guardo l'orologio appeso alla parete, con il suo ticchettio regolare che mi è sempre stato familiare. Le lancette segnano le sette meno un quarto, e l'idea di affrontare la giornata mi sembra quasi insopportabile. Ancora troppo presto, troppo buio dentro di me.

– Mamma, non mi va di crescere – mormoro, finendo il succo con un ultimo sorso deciso, sentendo l'acidità dell'arancia svanire in bocca.

Lei mi guarda con un'espressione più seria. – Lo so, vuoi tornare ai momenti con Tobias, vero? – mi chiede con quel tono leggermente indagatore, uno sguardo che cerca di comprendere i miei pensieri più profondi. Il nome di Tobias aleggia nell'aria come una nota dolceamara.

– Anche, ma non è solo quello... Mi sento diversa dalle altre ragazze – confesso, posando il piatto ormai vuoto sul comodino. – Non sono come loro, non mi interessa il trucco o le mode. È per questo che non hai mai visto amiche qui in casa – continuo, abbassando lo sguardo mentre addento l'ultimo pezzo di pancake, la sua morbidezza contrastante con il sapore intenso della confettura.

– Ti escludono perché non condividi i loro interessi? – chiede lei, cercando di afferrare il quadro completo della situazione, le sue dita accarezzano con affetto il mio braccio.

– Forse... – sospiro piano, gli occhi fissi sul piatto vuoto. La stanza sembra più piccola all'improvviso, come se tutto fosse racchiuso in quella domanda.

Dopo aver finito la colazione, mi alzo e mi preparo per affrontare un'altra giornata di scuola. La doccia è breve, l'acqua calda scorre sulla mia pelle svegliandomi completamente. Mi asciugo velocemente, il tessuto morbido dell'asciugamano mi avvolge mentre mi vesto, scegliendo abiti semplici e comodi: jeans stretti e una maglietta blu scuro.

Una volta pronta, esco di casa a piedi. La strada verso la scuola è breve, appena dieci minuti di cammino, ma oggi mi sembra più lunga, come se ogni passo fosse accompagnato da una leggera ansia. Le strade sono già animate dal suono delle auto e dai passanti frettolosi, ma io cammino tranquilla, con le cuffie nelle orecchie che mi isolano dal mondo.

Arrivata nei pressi della stazione, noto un ragazzo che sta scendendo da un treno. È alto poco più di me, con un fisico snello e slanciato. I suoi capelli castani lisci brillano sotto il sole, e i suoi occhi scuri, profondi e curiosi, si muovono rapidi mentre osserva l'ambiente circostante. Tiene in mano un opuscolo colorato che attira subito la mia attenzione: una piccola locandina piegata, che pubblicizza un mini concerto di cantanti locali, con nomi scritti in caratteri vivaci e accattivanti.

Mi avvicino con un pizzico di esitazione, cercando di usare l'opuscolo come scusa per rompere il ghiaccio. – Ciao, dove hai trovato questo opuscolo? – gli chiedo, la voce più timida di quanto mi aspettassi.

– Ciao! L'ho preso in stazione. Se vuoi, tienilo pure, tanto al ritorno ne prenderò un altro – risponde con un sorriso gentile, porgendomi l'opuscolo con disinvoltura. Le sue dita sfiorano le mie brevemente, mentre afferro il foglio leggermente stropicciato ma intatto.

– Oh, grazie mille – rispondo sorridendo, abbassando lo sguardo sul volantino. Scorro i nomi dei cantanti fino a trovarne uno che riconosco immediatamente.

– Oddio, c'è Alfa! – esclamo sorpresa, gli occhi che brillano per l'eccitazione.

– Eh sì, ti piace anche a te? – mi chiede il ragazzo, e io annuisco entusiasta.

– È uno dei miei preferiti – confesso con un sorriso.

– Se ti va, possiamo andarci insieme – propone lui con semplicità. Non ci penso due volte prima di accettare. Anche se l'ho appena incontrato, qualcosa in lui mi trasmette fiducia.

– Va bene! – rispondo con entusiasmo, seguendo quell'istinto che mi dice di non lasciar perdere questa occasione.

– Ah, che sbadata! Non mi sono nemmeno presentata. Piacere, Denise – dico, allungando la mano con un gesto spontaneo.

– Piacere, Carlos – risponde stringendo la mia mano con calore. I suoi occhi sembrano sinceri e aperti, e già mi sento più a mio agio.

Camminiamo insieme verso la scuola, parlando del più e del meno, finché non scopriamo di essere nella stessa classe e per di più, lui è nuovo. Il resto della giornata passa velocemente, tra lezioni noiose e sguardi complici, fino a quando, all'uscita, non ci ricordiamo della festa.

La sera arriva presto, e alle 20:30 in punto Carlos suona alla porta. Mia madre gli apre con un sorriso, invitandolo ad entrare. Giochiamo, ridiamo, e quando arriva il momento del regalo, non posso che rimanere senza parole davanti al braccialetto che mi porge, lucente e delicato, perfetto.

E mentre soffio sulle candeline della torta, circondata dall'affetto e dalla sorpresa, il mio desiderio rimane lo stesso, invariato da anni: vorrei solo che Tobias tornasse da me.

Next To You - Tobias Del Piero.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora