2. Farrell

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Sospiro e metto via il cellulare. Non so perché mi ostini a leggere questa roba, i viaggi mentali di una blogger che si nasconde dietro lo pseudonimo di PhilosoGracer. Sono uno dei pochi che la segue e si ostina ugualmente a portare avanti il racconto della sua vita interiore. Le sue parole, per me, nell'ultimo anno sono state di una strana consolazione, come se le sue esperienze, seppur molto diverse dalle mie, la portassero a formulare pensieri non troppo lontani da quelli che giorno e notte abitano la mia testa.

Sono davanti la metro ferma da ormai dieci minuti. La circolazione all'esterno è completamente bloccata per via della neve. Una volta sarei stato entusiasta del manto freddo e bianco che nasconde questo letamaio di città alla mia vista, ma, dopo i ventisei anni, quando nelle favole e nelle cazzate sul Natale non ci credi più, lo trovi solo una grande rottura di palle.

La situazione della viabilità sotterranea non è affatto diversa, e questo perché un idiota ha deciso di uccidersi proprio stamattina, probabilmente per l'incombente stagione natalizia. Non c'è da biasimarlo. Se avessi abbastanza coraggio, lo farei senz'altro anch'io, ma non ci trarrei nemmeno troppa soddisfazione nel vedere la gente piangere la mia morte.

Vorrei pensare che qui, intorno a me, ci sia almeno una persona triste o colpita dal fatto che un quarantenne probabilmente senza fissa dimora si sia buttato sotto la vettura in corsa davanti ai suoi occhi, ma l'espressione scocciata che tutti hanno dipinta in volto, il modo nervoso in cui dondolano sui talloni, ciondolano da una parte all'altra o accendono ripetutamente il cellulare per controllare l'orario mi fa pensare il contrario.

Vorrei dire che quella che mi conduce al luogo in cui sono diretto e che mi auguro di raggiungere in tempi brevi è una bella storia con il tipico lieto fine, ma non è così. Ci sono persone per le quali non è prevista felicità alcuna: sono predestinate a una reiterata sofferenza, giorno dopo giorno, e tra quelle rientro indubbiamente anche io. È quella gente alla quale il Signore, per qualche motivo ignoto, deve far scontare le pene più grandi che ci siano.

Un anno fa mi sono trasferito qui dal Texas. Ho abbandonato la mia famiglia, i miei amici, lasciato il mio lavoro che mi portava a fatturare centomila netti annuali per lei, quella maledetta ragazza. L'avevo conosciuta per caso, quasi per sbaglio, in una di quelle circostanze in cui non avresti mai scommesso di incontrare l'amore della tua vita. Il giorno in cui la conobbi ero uscito di casa con il solo pretesto di andare a comprare una fetta di pizza, una di quelle rancide che vendono al supermercato nel reparto per gli scansafatiche che di voglia di cucinare ne hanno tanta quanta quella di vivere il lunedì mattina. Lei era lì, proprio come me, ma non mi permetteva di scegliere il mio fottuto pezzo di pizza. Se ne stava là impalata come se esistesse solo lei, senza contare che forse in quel supermercato ci fosse qualcuno che portava un po' più fretta. Cercava la fetta che avesse più formaggio di tutte le altre. Si credeva furba ma in realtà quel formaggio in più lo avrebbe pagato, essendo il prezzo ponderato sul peso.

Insomma, io stavo là che la guardavo allungarsi quasi sul cestello, cercando di mantenere la calma, mentre un'altra signora mi fissava come se quello che avesse causato tutto quel macello fossi io. Ricordo bene il suo outfit, perché fu quello a colpirmi più di tutto: un meraviglioso abito attillato di alta fattura, che poi avrei scoperto essere stato ideato proprio da lei, che gestiva una casa di moda, ragione per cui si trovava a Houston per prendere parte a delle sfilate. Nel giro di qualche secondo, anche una coppia di fratellini e un uomo dall'alito nauseante erano lì a osservarla sconvolti.

Ci mise ben due minuti e mezzo, i più lunghi della mia vita.

Fu lei a puntare me, in realtà. La colpì la mia eleganza, il mio viso da rivista, la mia figura alta e statuaria: insomma, voleva portarmi al letto. E io la accontentai perché la trovavo abbastanza folle da meritare una possibilità. Se fosse stata anche un'esperienza di una notte, perlomeno ne sarei uscito fuori con un aneddoto simpatico da raccontare.

A Natale mi innamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora