5. Grace

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Non capisco perché sia così tanto supponente e spocchioso. Io volevo solo scusarmi, compiere la mia buona azione del Natale. Ma con alcune persone mi viene impossibile farlo, pur armandomi di tutta la mia buona volontà. Semplicemente hanno perso lo sguardo incantato con cui si guardavano intorno durante questo periodo dell'anno da bambini.

<<Ehi>> qualcuno mi chiama dal basso, mentre provo a fissare al muro l'ultimo festone dopo essermi arrampicata su una vecchia scala che ho trovato abbandonata nel magazzino. Si tratta di Darren, il figlio del capo che mi ha accolto con molto più entusiasmo di quanto immaginassi.

Scendo dalla scala e gli sorrido gentilmente. <<Lascialo stare, quel farabutto di Farrell. Si diverte a fare lo stronzo, è così di natura. Non prenderla sul personale>> prova a rassicurarmi, ed io lo ringrazio con un cenno del capo, per poi tornare a concludere il mio lavoro.

Sento che mi sta osservando, ma poco dopo, richiamato dal signor Gray, torna al suo posto.

<<Hai già portato un po' di allegria in più, vedo>> mi dice l'uomo in giacca e cravatta mentre il suo sguardo da bambino tradisce quella sua formalità. Seguo il suo sguardo: intorno ai festoni ho avvolto delle lucine che ancora non provo ad accendere ma che spero con tutto il cuore che si rivelino funzionanti; qui e lì ho attaccato delle palline di Natale dalle forme più particolari e colorate.

<<Allora, che te ne pare di questo luogo? Siamo casi recuperabili?>> mi chiede, torturandosi le dita come un ragazzino.

Mi copro la bocca con una mano per nascondere una risata e lo rassicuro con un cenno del capo, prima di essere invitata nel suo ufficio.

<<Ho visto che hai conosciuto il mio protetto>> ridacchia, mentre prende posto sulla sedia prima occupata da Darren.

<<Sì, il signor Darren Gray, suo figlio?>>

Muove la mano e scuote la testa. <<Oh, no, non mi riferivo a quel buono a nulla. È il mio figliastro, la mamma mi ha pregato di prenderlo con me e, sai, per amore si è disposti a fare di tutto, a volte>> si giustifica, cercando consenso nella mia espressione. Gli do ragione mormorando un sonoro <<Mhmh.>> Ma allora a chi si riferiva?

<<Stavo parlando del signor Douglas, ma pensavo vi conosceste già per l'occhiata che vi siete rivolti al momento della presentazione.>>

Sgrano gli occhi e mi porto nervosamente una mano ai capelli, iniziandoli a pettinare con le dita. <<Be', vede...>> inizio a balbettare. <<Diciamo che non prova molta simpatia nei miei confronti.>>

<<Questo è quello che vuole farti credere lui. Quello che vuole far credere a qualsiasi persona diversa da lui in cui si imbatte.>>

<<No, vede...>> come glielo spiego? <<Stamattina ci siamo incontrati nella metropolitana.>>

<<Incontro di fortuna>> commenta.

<<Fortuito, direi>> lo correggo io e lui resta in silenzio ad ascoltarmi con le mani nelle mani. <<Ero... con i miei animali, diciamo così. Il mio gatto gli ha rovinato la giacca, su cui poi ho versato, contro la mia volontà, ahimé, dell'acqua.>>

Mi guarda con un'espressione contenta sul volto e si gira a guardare il panorama dall'ampia finestra. La neve scende lenta e il suo planare mi infonde un incredibile senso di pace.

<<Gli incontri che ci cambiano la vita sono proprio quelli che capitano per caso, nei momenti più inaspettati e imprevedibili>> mi spiega, guardando il mio riflesso nel vetro. Stringo i pugni sulla gonna. <<Nel bene e nel male>> aggiunge <<lei non crede?>>

A Natale mi innamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora