capitolo 10

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LUDOVICA
Ordiniamo tutti i tipi di pizza possibili e ridendo e scherzando ci siamo abbuffati come non mai. Che serata assurda! Le due sorelle se ne sono andate intorno alle 23:00 e ora dopo circa un’oretta me ne sto andando anche io. Ho la pancia completamente piena, non cela faccio più. Entrando a casa cerco di fare più piano possibile, anche se Matteo è uscito, quando mai, mentre i miei dormono. Mi lavo i denti, mi strucco e mi metto le mie cremine serali per la pelle, mi metto poi la sveglia perché anche domani c’è come ogni santa mattina scuola. Mi metto nel letto leggo un po’ un romanzo che mi ha prestato mamma poi dopo un po’ spengo la luce e cerco di dormire. Appena chiudo gli occhi sento una porta chiudersi, deduco quindi che sia Matteo. Non ci bado molto e torno a dormire, ma non faccio neanche in tempo a girarmi che il signorino apre la porta di scatto e visto che ho un angolo farmaci in camera per ogni evenienza lui si dirige proprio lì. Mi alzo per capire che diamine ci faccia lui qui e appena gira il mento mi sento svenire. Ha il labro spaccato, come il suo sopracciglio ed ha numerosi tagli, morsi e graffi sulle braccia. “Matteo che cacchio hai combinato?!” lui ovviamente non mi degna di una parola e cerca maldestramente con le mani tremanti di pulirsi il sangue ma ovviamente serve una mano ferma e i miei non devono vederlo assolutamente così quindi verso l'acqua ossigenata sulla garza e comincio a medicarlo. Lo faccio sedere sul mio letto ha lo sguardo fisso sul pavimento e la mascella serrata per il dolore. "Questa brucia un po'", mormoro mentre applico la garza sulla ferita più profonda, quella sul suo braccio. Matteo anche qui non mi degna di una parola, lasciandomi finire il lavoro. Il silenzio nella stanza è molto pesante, rotto solo dal fruscio del nastro adesivo tagliato per fasciare l'ennesima ferita. Vedo Matteo mordersi freneticamente il labbro inferiore, l'odore pungente del disinfettante gli dà fastidio. "Mi spieghi che è successo, eh?" cerco di mantenere la voce ferma, fallendo miseramente. “Ho visto cosa ti hanno fatto quei tre per colpa mia ludo! Un mio compare mi ha detto tutto e le ho date di santa ragione a quei tre, non te lo meriti!” sono sbalordita e un po’ impaurita “Non dovevi farlo” lui mi guarda con occhi spenti “Si invece cretina” io sbuffo “Senti non ricominciamo” e anche l'ultimo taglio è fatto, poi siamo rimasti lì per un attimo, io con le mani ferme sul suo braccio, come se volessi dirgli qualcosa di più. Invece, lo lascio andare e vado a riporre il materiale nella cassetta. Finalmente mi ringrazia con un filo di voce e mi fa sorridere la sua sfacciatagine “Bene ora che si fa con mamma e papà?” beh bella domanda “Allora domani come al solito stanno via tutto il giorno quindi esci prima di loro ed il gioco è fatto, dai vai a sistemarti che ti sveglio io domani mattina” ci diamo la buonanotte come non facevamo da tempo e ci rintaniamo ognuno nel proprio letto.

ELENA
La mattina sembra non finire mai. Sono le otto e mezza, e io sono già stufa. La prof di matematica sta spiegando alla lavagna qualcosa sui logaritmi, ma le sue parole si mescolano in un brusio monotono che mi entra da un orecchio e mi esce dall'altro. Fisso l'orologio appeso sopra la porta, contando i secondi che sembrano allungarsi all'infinito. Tic... tac... tic... tac. Non arriva mai l’intervallo. Attorno a me, gli altri sembrano presi dallo stesso torpore. Ludovica sta scarabocchiando fiori sul bordo del suo quaderno, mentre Diego, dietro di noi, si è appoggiato alla mano e finge di seguire la lezione, ma gli occhi semi chiusi lo tradiscono. Qualcuno nell’ultima fila soffoca uno sbadiglio, e io devo trattenere il mio. La luce grigia che entra dalla finestra rende tutto ancora più deprimente. È una di quelle giornate in cui il sole decide di non farsi vedere, e il cielo sembra una coperta pesante sopra la città. Anche fuori, il mondo sembra annoiato. Il cortile è vuoto, e ogni tanto sento solo il rumore lontano di un'auto che passa, un suono che mi sembra quasi un richiamo a qualcosa di più interessante, ma sono bloccata qui. Sbircio l’orologio ancora una volta. Sono passati solo cinque minuti dall'ultima volta che l'ho guardato. Sento la prof che continua a parlare, la sua voce un sottofondo costante di numeri e formule che non riesco a seguire. Provo a concentrarmi, ma ogni volta che afferro un concetto, sembra scivolarmi via come sabbia tra le dita. Mi rigiro sulla sedia, cercando una posizione più comoda, anche se so che nessuna lo sarà davvero. La sedia di legno è dura, e ogni spostamento fa scricchiolare il pavimento sotto i miei piedi. Guardo fuori dalla finestra e sogno di essere altrove, magari su una spiaggia con il rumore delle onde, lontana anni luce da questa classe soffocante. Quando finalmente suona la campanella, mi sento quasi liberata. Ma so che è solo una pausa breve, perché dopo ci sarà storia, e un’altra ora da far passare. Finalmente a casa mamma mia non ne posso più e per fortuna domani la scuola è chiusa per sciopero. Vedo Sara che dorme sul divano, oggi è uscita prima perché mancava una sua professoressa, che carina che è quando dorme, decido di stendermi accanto a lei e mi addormento anche io. Mi sveglio però di scatto quando una mano mi sfiora la gamba e tiro istintivamente un calcio “Ahiaa Ele che cavolo sono io!” riesco a capire solo ora la situazione: ho tirato un calcio a Sara che l’ha colpita in pieno sul braccio “Hahaha scusa sorellina! Mi hai spaventata. Tutto bene?” lei ride “Sisi tutto ok” ci sistemiamo e mi torna in mente il maneggio “Sara io vado dove sai tu, ho lezione con Carter” ci sono i miei in cucina e non voglio che sappiano nulla del maneggio. Per fortuna mia sorella capisce al volo “Si vai tranquilla ti raggiungo tra un paio d’ore se dovessi dilungarti” che sorella fantastica “Grazie Sa” mi preparo e mi invento una scusa lampo con i miei che se la bevono e mi salutano tutti indaffarati. Prendo il telefono, cuffie e mi sparo nelle orecchie Billie Eilish, la mia salvezza, prendo poi la bici e mi dirigo al maneggio. Arrivata la lego ed entro nel maneggio per la lezione di oggi, mi sistemo e poco dopo sono in sella a Legend, e tutto sembra fluire in perfetta armonia. La lezione di oggi è iniziata da poco, e io mi sento come se fossi un tutt’uno con il mio cavallo. Legend è calmo e concentrato sotto di me. Ogni movimento che facciamo è sincronizzato, come se avessimo un'intesa telepatica. Il maneggio è ampio e ben illuminato, e il profumo del fieno e della lettiera riempie l’aria. Il sole penetra attraverso le finestre alte e le ombre degli alberi fuori si muovono lentamente. Mentre cavalchiamo lungo il bordo della pista, posso vedere gli altri cavalieri e le loro montature che lavorano sugli esercizi di riscaldamento. Carter osserva attentamente da un angolo, con gli occhi penetranti che analizzano ogni dettaglio. Legend è reattivo ma tranquillo, e questo mi permette di concentrarmi sulla mia postura e sulla mia guida. Mi piego leggermente in avanti, mantenendo il busto eretto e le gambe ben salde ai fianchi del cavallo. Sentendo il mio peso, Legend risponde con una leggera spinta, e io avverto ogni muscolo sotto di me muoversi con fluidità. Il suo trotto è regolare e controllato, e mi concentro su come mantenere il ritmo perfetto. Carter ci osserva da vicino e, mentre passiamo davanti a lui, fa un cenno con la testa. "Ottimo lavoro con la sequenza dei passi, Elena," dice, e il suo tono è approvante. "Ora, proviamo il cambio di passo." Comando a Legend di passare al galoppo, e subito sento la differenza sotto di me. Il galoppo è potente e ritmico, e io mi lascio cullare dai suoi movimenti. La sensazione di velocità e controllo è esaltante. Guidiamo attraverso il maneggio, eseguendo un percorso di ostacoli. Legend salta con grazia e precisione, ogni salto è pulito e senza esitazioni. Dopo l'ultimo ostacolo, rallento e riporto Legend al trotto. Gli accarezzo il collo con gratitudine, sentendo il suo calore e il battito regolare del suo cuore. La nostra connessione è palpabile, e il tempo sembra volare mentre lavoriamo insieme. Carter si avvicina e ci fa un sorriso. "Bravissima, Elena. Legend e tu siete davvero una squadra eccezionale." Mi sento orgogliosa e soddisfatta. La lezione è stata intensa, ma ogni minuto è valso la pena. Legend mi guarda con i suoi occhi espressivi, e so che lui è felice tanto quanto lo sono io. Decido di farlo rilassare con una passeggiata al passo in aperta campagna. Paro Legend davanti alla nostra stradina di ghiaia, dove si lancia in un galoppo sfrenato pieno di energia, è il nostro modo per stare insieme e per rafforzare la nostra connessione incredibilmente forte, l’abbiamo sempre fatto e lui ama questo momento, solo che ora lo sento molto rigido, vedo le sue orecchie rizzarsi e girare da tutte le parti, segno che è molto nervoso “Ehi bello, shhh che succede?” solo dopo attimi di silenzio sento un grido femminile squarciare l’aria.

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