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Blake

Alex mi trascinò per il polso per tutta la base fino in macchina dove ad aspettare c'erano Andrew e Aaron.
Aaron cerca lo sguardo del suo amico per capire della situazione ma lui non lo sta cagando minimamente, sembra che la sua rabbia potesse esplodere da un momento all'altro.

Arrivati alla villa, Alexsander mi butto letteralmente fuori dalla macchina, mantenendo la espressione di uno che sta per ammazzare qualcuno.
Abbiamo appena varcato il cancello della villa, ed ero già stanco di lui. Per tutto il tragitto dalla base fino alla villa non aveva fatto altro che starmi addosso come se fossi un bambino che aveva bisogno di una guardia del corpo.

"Muoviti, Blake," mi disse, spingendomi leggermente verso la porta.

"Sono ancora in grado di camminare da solo, grazie," risposi lanciandogli un'occhiataccia.
Mi accorsi che stavo stringendo i pugni, ma mi costrinsi a rilassarmi.

Non voglio dargli la soddisfazione di vedermi in questo modo, neanche per idea.

"Ne dubito"  ribatté lui sorridendo appena, poi continua.

"Con tutto quello che hai fatto oggi, direi che è meglio tenerci preparati."

"Ah sì? E cosa avrei combinato di così terribile?" chiesi, fissandolo con aria di sfida.
"Hai iniziato a mischiare tutto, dei argomenti che non c'entrano affatto, tuo fratello e in più È STATO TUTTO UN INCIDENTE, io che ne sapevo che il pulsante servisse a distruggere il sistema scusa?"

La sua espressione cambiò leggermente, gli occhi che si facevano più freddi.
"Hai messo in pericolo la mia base con il tuo comportamento infantile che non sai gestire un po' di pressione. Te ne rendi conto, vero?"

"Eccoci qua" sbuffai appoggiandomi al muro.

"Pensi sempre a te stesso cazzo, mi hai rapito senza darmi nessuna spiegazione, ti ho rubato i dati ma non ci ho fatto nulla, ho risolto il mio stesso casino ma eccomi, mi stai facendo esaurire"

Alexsander mi guardò per un lungo istante, poi scoppiò a ridere.
Che cazzo ridi.
Una risata che in un altro momento avrei detto di tipo ironico ma no, è quasi crudele.
"Oh, povero piccolo hacker. Vuoi che ti prenda in braccio e ti culli?"

CHE RISPOSTA È.

"Se lo facessi, saresti l'ultimo al mondo a cui mi affiderei" ribattei incrociando le braccia al petto.

"E comunque, non ho bisogno della tua pietà. So cosa faccio."

"Evidentemente no" replicò lui avvicinandosi di un passo.

"Perché tutto quello che hai fatto oggi è stato giocare con i sistemi e prenderti gioco dei miei uomini. Non sei al parco giochi, Blake."

"Giocare? Io non stavo giocando! Stavo cercando di mantenere la calma in una situazione di merda che TU hai creato!" Alzai un po' la voce, senza riuscire a trattenermi.

"Potevi mantenere la calma e non fare come fai sempre" Ribatte lui.

"Scusa come faccio di solito? NON MI CONOSCI NEMMENO"
Ok ho un po' alzato la voce.

"Potevi restare fuori da tutto questo ma non mi hai ascoltato" Ribatte con una calma incredibile.

Mi avvicinai a lui, fissandolo negli occhi.
"Mi hai incastrato non sai nemmeno perché mi tieni qua poi scopro che era nel programma di tuo fratello che io venissi rapito. E adesso fai pure finta che sia colpa mia, come se fossi solo un ragazzino ribelle che ha esagerato."

"Sei tu che ti comporti da ragazzino," sibilò Alexsander, abbassando il tono di voce, come se volesse che solo io potessi sentire.
"Sei intelligente, Blake. Ma non abbastanza da capire quando è meglio stare zitto."

Quella frase mi colpì più forte di quanto volessi.
C'era qualcosa nel modo in cui l'aveva detto, come se sapesse esattamente dove colpire per farmi male.
Feci un passo indietro, ma mantenni lo sguardo fisso su di lui.

"E tu sei un bastardo manipolatore" dissi, le parole taglienti come lame.

"Sei solo un altro pezzo di merda che usa le persone finché gli fanno comodo."

"Può darsi," disse, scrollando le spalle. "Ma tu sei ancora qui, Blake. E sai perché?"

"Perché non posso andarmene, evidentemente" risposi sarcastico.

"Perché sei bravo," disse lui, ignorando il mio tono.
"E hai bisogno di sentirlo dire da qualcuno, anche se quel qualcuno sono io."

Rimasi in silenzio per un momento, cercando di capire se stesse prendendomi in giro o se fosse serio. Il problema era che Alexsander sapeva sempre come confondermi. Non riuscivo mai a capire se mi stesse manipolando o se ci fosse davvero qualcosa di più dietro il suo comportamento.

"Forse" ammisi infine, abbassando un po' lo sguardo.
"Ma non vuol dire che devo sopportare le tue stronzate, so di essere bravo però il fatto che tu mi hai scoperto non vale nulla, è stato totalmente fortuna"

Lui rise di nuovo, ma questa volta la sua risata sembrava meno fredda, quasi divertita.
"Allora sei libero di vivere ancora così, senza fare niente. Ma resti ugualmente qui e segui le mie regole."

"Le tue regole fanno schifo," borbottai.

"Imparerai ad apprezzarle," disse Alexsander, con un sorriso storto. "Prima o poi."

"Ne dubito," ribattei, ma c'era una parte di me che non riusciva a smettere di chiedersi se avesse ragione, sul chiedere se ho bisogno che qualcuno mi dicesse che sono bravo, che non ho fallito nella vita.
Ho soltanto paura, ma in un momento come questo non posso sfuggire e basta.

Devo affrontare la realtà e scoprire di più.

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