Capitolo 1.

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Il suono della sveglia in una stanza con dieci ragazzi riversi sui letti e sul pavimento, risuona come le unghie su una lavagna.

"Cazzo"- apro gli occhi di scatto notando dall'orologio ammaccato sul muro che, se non alzo subito il culo, finirò per perdere il mio lavoro.

Mi trascino fuori dal letto, e dopo aver atteso che le persone prima di me usassero il bagno, mi lavo, mi vesto e vado a lavoro.

Qui a Londra la pioggia é il pane quotidiano, ma stamattina ho dimenticato l'ombrello perciò mi limito a camminare sotto i tetti spioventi dei negozi in centro cercando di evitare di bagnarmi.

Arrivo nella caffetteria in cui lavoro, e mi ritrovo davanti il mio capo.

"Stamattina hai fatto tardi Heine. Ricorda-non sei insostituibile". Tuona, chiamandomi per cognome, e lanciandomi il grembiule addosso.

Sono abituata alle umiliazioni, soprattutto quando c'é in gioco la mia paga.

Quindi, come sempre, trattengo un sospiro e comincio a prendere le ordinazioni. Come al solito il mattino londinese é affollato, tra studenti, lavoratori e donne in carriera. E questo significa: niente tregua.

Ho i piedi che fanno male, non sento più le gambe e sono stanca da morire.

Ma poi, nel bel mezzo della confusione, e soprattutto del momento in cui sto per crollare, fa il suo ingresso nella caffetteria un ragazzo:

alto, castano, due occhi dello stesso colore dei suoi capelli.

Ha uno sguardo tenero, ed un sorriso che riporta il sole persino nel grigio fumo di Londra.

Si siede al primo tavolo libero, e mi dirigo da lui dopo che il mio capo mi ha lanciato un'occhiata che recita -datti una mossa- vedendomi ferma per mezzo secondo.

Appena scocca mezzogiorno, fumerò l'intero pacchetto di sigarette che ho nella borsa per lo stress.

Prendo il taccuino e la penna, e con un sorriso gentile mi rivolgo al ragazzo: "cosa posso portarti?"

"Un caffelatte, per favore"- mi rivolge a sua volta un sorriso gentile.

"Glielo porto subito"- mi dileguo portando la comanda a Joshua, che dietro al bancone sta preparando miliardi di caffè e schiume di latte.

-"arriva subito"- afferra il foglietto per poi preparare il caffelatte.

Lo consegno subito a quel ragazzo, che intanto si era assopito nei propri pensieri.

Sembra piuttosto grande: direi che abbia quasi trent'anni o giù di lì. Riesco ad intravedere diversi tatuaggi sparsi per il corpo, ma nonostante il suo aspetto da spaccone e i suoi vestiti in tema, il suo viso, i suoi occhi e le sue labbra raccontano un'altra storia.

La storia di un ragazzo sensibile, forse ferito.

"Ecco a lei"- sorrido- "posso chiederle un'altra cosa?" Domanda-

Sento divampare le mie guance dall'imbarazzo.

Annuisco, e così, mi fa la sua domanda: "saresti così gentile da uscire con me, stasera?"

Sentendo le sue parole, sono diventata dello stesso colore dell'insegna qui fuori.

Rossa come un semaforo.

"Come? Cioè, aspetta"- scoppio a ridere- non é un buon segno, il mio sistema nervoso centrale sta andando in tilt-

Forse dovrei dirgli che i miei incontri sono a pagamento,

forse dovrei dirgli che sono una prostituta,

forse dovrei dirgli che ho 16 anni.

No, decido di non fare alcuna di queste cose, eccetto una.

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