Il Mare era l'unica realtà che conosceva, e la sua intera esistenza.
Tuttavia, c'era sempre stato qualcosa che semplicemente non risuonava in lei; ed era la tradizione plurimillenaria della sua famiglia di collezionare cuori umani per testimoniare la propria superiorità.
Le casate reali erano in conflitto da almeno duecentocinquanta anni e la corsa al trono era, ora più che mai, nel vivo: chiunque avesse sacrificato all'Abisso il cuore più puro avrebbe ereditato le Acque.
Ligea non aveva l'ambizione di concorrere al primato sull'Oceano, ma c'era chi la incoraggiava fortemente. E lei, in quanto erede diretta della famiglia Lacor, non poteva esimersi da essa; tuttavia, ciò non significava che non potesse tentare di, quantomeno, scivolare tra le pieghe della burocrazia.
Sentì la voce di Partenope urlare il suo nome a gran voce, ma la ignorò; avrebbe solo tentato di riportarla al Palazzo per rinchiuderla nella sua gabbia dorata. Sorpassò anche Leucosia.
Chiuse gli occhi e si lasciò le sorelle alle spalle.
Voleva scappare da quel luogo quanto prima, almeno finché la sua presenza non fosse stata espressamente richiesta. Cosa che non era successa e, se tutto fosse andato come pensava, non sarebbe successo per molto tempo ancora.
Il Mare era un dominio matriarcale; le principesse eredi al Trono di Corallo erano tutte giovani, curiose e vivaci. Alcune avevano rifiutato il ruolo centrale affidato loro nel processo di successione, mentre altre lo avevano accolto con entusiasmo. Malgrado le loro personali volontà, a ognuna di loro era stata concessa una, per così dire, zona di caccia.
A Telsiope l'Oceano Artico.
A Peisinoe l'Oceano Pacifico Meridionale.
Ad Imeropa l'Oceano Pacifico Settentrionale.
A Himerope l'Oceano Meridionale.
Ad Aglaofeme l'Oceano Indiano.
A Molpe l'Oceano Atlantico Meridionale.
E, infine, a Ligea l'Oceano Atlantico Settentrionale.
Fu lì che si diresse alla ricerca di una serenità mentale che probabilmente non avrebbe trovato. Nuotò fino a non sentire più la coda: odiava la burocrazia e avrebbe voluto solo esplorare le acque misteriose, quelle dove nessuno aveva mai messo pinna, vivere delle magiche avventure e rilassarsi senza il peso delle responsabilità sulle sue spalle.
Invece, avrebbe dovuto esplorare, ma solo per trovare il cuore più puro da dare in pasto all'Abisso, avventurarsi, ma solo per far fronte a un dovere, per non parlare di una pausa; le principesse come lei non ne avevano il diritto. Le sembrava ingiusto, ma ingoiò il disappunto. Non aveva senso crogiolarsi in ciò che era e ciò che non sarebbe mai stato, dopotutto.
Respirò per davvero solo quando vide in lontananza una landa di terra: non avrebbe ucciso nessuno. Non era neanche a caccia, a dire la verità, però vedere la quotidianità spensierata della controparte terrena delle sirene e dei tritoni le donava un certo grado di serenità, cosa di cui aveva in quel momento estremamente bisogno.
Si nascose tra le rocce del molo e uscì dall'acqua quanto bastava per osservare l'andirivieni umano. In quel periodo e per qualche mese ancora avrebbe fatto freddo, motivo per il quale si era osata ad avvicinarsi tanto alla terraferma; durante le stagioni calde, invece, si teneva alla larga.
Restò con lo sguardo fisso su quelle creature a due gambe finché il buio non calò sulla terra e anche gli Abissi calarono nelle tenebre. Poi, tornò a casa. Nessuno disse nulla, pensando che, dopotutto, stesse cacciando la preda perfetta.
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Where Hearts Collide (and Love Unfolds)
Teen Fiction«Pensò a cosa lo aspettava dietro quella porta: due occhi verdi come la speranza, capelli chiari come una calda coperta in una fredda notte d'inverno, un'anima brillante come le stelle nella notte più buia. E lui, come un marinaio sperduto alla volt...