finale

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Quando arrivai a casa, la porta che si chiudeva dietro di me sembrò riportarmi bruscamente alla realtà, ma la sensazione di calma che avevo dentro non si spezzò. Mi tolsi il cappotto, lo appoggiai sulla sedia, e per un istante rimasi in piedi, con gli occhi chiusi, cercando di fare in modo che il silenzio della stanza non fosse invaso dal suono delle mie stesse azioni. La pace che avevo trovato in quel pomeriggio continuava a risuonare in me, come un'eco distante, ma vivida. Il telefono vibrò di nuovo, interrompendo quel momento di riflessione. Aprii il messaggio di Jannik con un sorriso, come se l'avessi aspettato, ma senza fretta di rispondere. Le sue parole mi confermavano qualcosa che avevamo entrambi capito, ma che non avevamo ancora detto: "Ciò che abbiamo vissuto oggi è stato diverso. È qualcosa che va oltre la semplice compagnia." Era una frase che portava con sé una verità che avevamo avvertito in quel silenzio condiviso, senza necessità di tradurla in parole. "Non mi è mai capitato di stare in un posto così a lungo senza sentire il bisogno di fare altro."
Mi risposi con un semplice messaggio: "Nemmeno a me." E poi, mi sedetti alla finestra. Guardavo fuori, la città che non smetteva mai di respirare, ma che in quel momento mi sembrava lontana, come se mi avesse fatto il favore di rallentare, di permettermi di vivere in quel piccolo angolo di tempo che avevamo rubato al caos.

Mi accorsi che non c'era bisogno di avere certezze sul futuro, perché la bellezza di quel momento risiedeva proprio nella sua incertezza. Non dovevamo sapere cosa sarebbe successo domani. La magia stava nel "qui e ora", nell'essere presenti senza obblighi, senza aspettative, solo con l'intenzione di vivere ciò che si stava costruendo, passo dopo passo.

La notte ormai si era stesa completamente sopra di me. La città sembrava più piccola, come se il mondo intero avesse ridotto la sua portata per lasciare che quello che era accaduto tra noi si sedimentasse, come un piccolo segreto che si nascondeva tra le pieghe del silenzio.

Mi alzai dalla finestra e, mentre mi preparavo per la notte, sentii una consapevolezza che mi scaldava il cuore. Anche se la storia tra me e Jannik non era ancora scritta, sapevo che qualcosa era iniziato. Non si trattava di parole, di promesse, o di un futuro lontano. Si trattava di un istante che, senza preavviso, aveva cambiato tutto, facendoci sentire finalmente liberi di essere noi stessi, senza difese, senza maschere.

Forse non sarebbe mai stato facile, ma in quel momento, la bellezza del cambiamento stava nel fatto che non avevamo paura di viverlo, di affrontarlo senza sapere dove ci avrebbe portato.

Mi distesi nel letto, con il cuore ancora leggero, e prima di chiudere gli occhi, pensai che, in fondo, non è necessario sapere cosa accadrà domani. Basta accogliere il silenzio, ascoltarlo, e permettere che ci parli nella sua forma più pura.

E così, in quella tranquillità che mi avvolgeva, la certezza che la nostra storia fosse iniziata davvero, senza bisogno di parole, mi fece sorridere. Forse, pensai, non è mai stato necessario un inizio formale. Forse basta solo essere pronti a camminare insieme, senza sapere dove ci porterà il cammino.

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