13 - Creepin'

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Giorno. Notte. Giorno. Notte. Giorno. Notte. 

Erano passati tre giorni, e in ognuno mi ero trascinata avanti, consumata dal pensiero di ciò che avevo fatto — o meglio, non fatto. Tre giorni da quando avevo dimenticato l'appuntamento con Aiden. Maledetta me.

Quando tornai da lui, quel giorno, non c'era più. Fuori dal viale della casa di mio fratello, la sua moto non era più al suo solito posto. La strada sembrava vuota, quindi, alla fine, mi incamminai verso il campus da sola.

Provai a chiamarlo più volte lo stesso giorno, ma non rispose. Forse, una parte di me preferiva così. Ogni squillo senza risposta mi lasciava una sensazione strana addosso, un misto di sollievo e frustrazione. Sollievo, perché avevo paura della sua reazione. Allo stesso tempo, ogni volta che ero in attesa mi bruciava il petto. Non sapevo nemmeno se volessi davvero vederlo, non dopo aver visto come aveva trattato Ilan. La sua rabbia, il modo in cui aveva perso il controllo... non riuscivo nemmeno a pensarci. Eppure, una forza che non riuscivo a spiegare mi portava a cliccare sul suo nome, a provare ancora. Era come un riflesso involontario, qualcosa che odiavo profondamente di me stessa. Lo odiavo, tremendamente. Ma più di tutto, odiavo il fatto che ancora avevo bisogno di una sua risposta.

Non uscii dalla mia stanza molto spesso, anzi quasi mai. La maggior parte del tempo rimasi sotto le coperte, nel mio letto. Mi proteggevano dall'esterno, o almeno quella era l'impressione che mi davano. Era come se mi vergognassi di quello che era successo quella mattina. Ripensavo allo sguardo di Julian su di me, al fatto che non avessi protetto Ilan e che me ne fossi apparentemente andata con Aiden. Mi vergognavo di essere sembrata un giocattolo senza iniziativa. Ecco come mi sentivo.

Ma quello che gli altri non sapevano — quello che nemmeno Julian o Ilan potevano capire — era il caos che c'era nella mia relazione con Aiden. Era come se fossi intrappolata in un ciclo di pensieri contrastanti, una battaglia tra quello che avrei voluto fare e quello che riuscivo a fare. Forse era questa la cosa che più odiavo di me stessa, non essere in grado di spezzare quel ciclo. Sapevo che era la cosa giusta da fare eppure, non ci riuscivo.

Giorno. Notte.

Passò un altro giorno e le ore passavano sempre più lente. Il tempo sembrava scandito solo da Naomi che entrava e usciva dalla stanza. Ogni tanto mi parlava di qualcosa, mentre si preparava per uscire o per andare a lezione. Io annuivo distrattamente, più per abitudine che per reale attenzione. A volte le chiedevo gli appunti, e lei mi raccontava cosa aveva detto il professore quel giorno a lezione.

Probabilmente avevo la febbre, così le dissi. In effetti, non mi sentivo tanto bene. A tratti sentivo il calore salire, la pelle bruciare, e un dolore sordo che si diffondeva nelle ossa. Ogni movimento era un peso.

Mi stancava persino andare in bagno, nutrirmi e bere acqua. Quando ne facevo un sorso lo stomaco mi faceva male, quasi non era più abituato.

I ragazzi continuavano a scrivere sul gruppo. Ava mi mandò qualche messaggio, uno dopo l'altro, chiedendomi come stavo. Gavin fece lo stesso, ma con un tono diverso, più diretto, meno emotivo. Risposi a lui rare volte, con messaggi brevi e senza dettagli. Stava uscendo con una ragazza, mi disse. Ma non seppi di più. Il mondo continuava a girare, anche senza di me.

Giorno. Notte.

Ilan aveva provato a chiamarmi una volta al giorno, sempre alla stessa ora. Ogni volta il telefono vibrava sul comodino, e ogni volta non rispondevo. Più passava il tempo, più cresceva in me il desiderio di premere quel pulsante verde e sentirlo parlare. Mi mancava, terribilmente. Mi mancava l'idea di lui, visto che non eravamo mai stati così tanto tempo insieme. Mi mancava perché l'ultima volta che ci eravamo visti era stato in quell'occasione, con Aiden. E mi mancava perché quei giorni a letto mi stavano facendo pensare troppo al passato.

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