10 - Stone Cold

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Il giardino della villa comunale era sempre uguale, eppure ogni volta che lo guardavo mi sembrava diverso. Il prato, rasato alla perfezione, era così verde che quasi faceva male agli occhi, specialmente quando il sole del mattino lo colpiva. I vialetti di ghiaia bianca, che scricchiolavano sotto i passi, si intrecciavano tra le aiuole di rose e lavanda curate in ogni periodo dell'anno.

Stavo camminando da circa un'ora, ormai. Era così tranquillo. Mi fermai di fronte alla fontana al centro di un incrocio e mi fermai su una delle panchine che incorniciavano la piazza.

A Oakland, i silenzi erano rari. Le strade oltre i cancelli della villa erano sempre vive. Il rombo delle moto, le urla dei bambini che giocavano, i venditori ambulanti con i loro carretti pieni di churros e frutta. Mi piaceva venire in città, all'epoca.

La mia casa, infatti, era lontana da tutto quel caos. Si trovava a nord, tra le colline di Montclair, circondata dal verde e vicina alla foresta. Lì il silenzio era più simile a quello della villa comunale, interrotto solo dai richiami degli uccelli o dal fruscio del vento tra gli alberi.

Ero ancora seduta sulla panchina e mi guardavo intorno per un po' di ispirazione. Tra le mie mani c'era la macchina fotografica che mi aveva regalato mia madre anni prima, ad un compleanno.

A quell'ora, i gabbiani spesso sorvolavano il giardino, diretti verso la baia, con il loro stridio che contrastava con il silenzio della villa. Ogni tanto, il vento portava l'odore del mare mescolato a quello del cibo dei ristoranti del centro.

Era da un po' che non scattavo una foto. Non sapevo se avevo perso davvero la passione o se fosse solo finita sepolta sotto il peso delle tante priorità che si accumulavano nella mia vita. A breve mi sarei diplomata, ma il futuro era ancora indefinito. Sapevo di voler proseguire gli studi, avevo anche discusso del college con Aiden. Lui mi aveva suggerito di fare domanda alla Berkeley, a pochi chilometri da casa. Era così ovvio, per lui.

Ma alla fine non la feci. Gli avevo detto che mi ero dimenticata, che non avevo trovato il tempo. Una bugia. La verità era che avevo presentato domanda per l'Università della California a Santa Barbara. Forse era solo il desiderio di cambiare aria, di mettere distanza tra me e lui. Non ne ero nemmeno certa. Non ancora.

L'unica cosa di cui ero sicura era che avevo bisogno di una scusa solida, qualcosa che Aiden non potesse contestare. Così mi ero aggrappata al fatto che mio fratello Ilan studiava già lì.

La mia attenzione fu catturata dal vibrare del mio cellulare, lo sbloccai e sullo schermo apparì il nome di Aiden. Mi aveva mandato un messaggio.

Dove sei? Abbiamo l'appuntamento con i miei genitori alle tredici.

Imprecai. Guardai l'ora, erano le le dodici e venticinque. Come avevo potuto dimenticarmene? Mi alzai in fretta, infilando la macchina fotografica nella borsa e rispondendo velocemente ad Aiden che stavo arrivando.

Con il cuore che mi martellava nel petto, uscii dai cancelli d'acciaio e mi diressi verso la fermata del bus più vicina. Pregavo che il mezzo arrivasse presto, altrimenti non ce l'avrei mai fatta.

Per fortuna, pochi minuti dopo, il bus arrivò. Salii di corsa, occupando un posto accanto al finestrino. La strada verso Montclair avrebbe richiesto venticinque minuti, e l'orologio segnava già le dodici e quaranta.

Iniziai a martellare la gamba sul pavimento del bus come se questa potesse accelerare la corsa mentre l'ansia cresceva in me man mano che mi avvicinavo a casa sua.

Quando scesi dal bus iniziai a correre verso casa sua, che distava cinque minuti a piedi.

L'aria fresca primaverile mi invase le narici, mentre correvo sembrava più fresca del solito. Probabilmente avevo cominciato a sudare freddo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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