1 - I bet you look good on the dancefloor

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La mia testa era poggiata contro il finestrino dell'auto usata di mia madre, i miei capelli mossi mi ricadevano sulle spalle, coprendomi le guance arrossate dal caldo. Al volante c'era mia madre, una donna estremamente bella. I suoi capelli mori erano legati in uno chignon disordinato, e la frangia le copriva gli occhi dello stesso colore. Le sue labbra erano tinte di un rosso acceso, ma lo portava con un'eleganza naturale, senza mai risultare volgare. La strada era fiancheggiata da alberi così fitti che non si riusciva a vedere cosa ci fosse oltre, mentre il sole splendeva alto nel cielo.

Quella mattina eravamo partite con largo anticipo, perché mia madre, Aline, era una persona estremamente precisa e voleva essere puntuale all'incontro con la signorina Richard, la donna che circa un anno prima ci aveva mostrato il campus e ci aveva convinte a fare domanda.

I miei pensieri furono interrotti dalla luce del telefono che si illuminava. Lo sbloccai e toccai la notifica di Instagram.

Ti prego, rispondimi

Un messaggio da Aiden, il mio ex ragazzo.
Una fitta improvvisa mi colpì lo stomaco, facendomi trattenere il fiato per un istante. Non l'avevo bloccato? Senza pensarci troppo, premetti sulla notifica e la chat si aprì sullo schermo. Il cuore mi batteva forte mentre, con un gesto automatico, cliccai sul suo profilo. Una sensazione familiare di vertigine e vuoto mi travolse, un mal di testa crescente che conoscevo fin troppo bene. Davanti ai miei occhi comparve un nuovo profilo Instagram: AidenM00. Era lui, senza alcun dubbio.

Non rispondere continuai a ripetermi, ma le mie dita furono più veloci e con un gesto automatico scrissi un messaggio.

Hai davvero creato un nuovo profilo?

La risposta sembrò non tardare, il mio messaggio era stato visualizzato all'istante.

Troverò un lavoro vicino a te, non bloccarmi ancora

Come faceva a sapere che mi sarei trasferita? La sensazione di disagio crebbe rapidamente, quasi soffocante. Guardai fuori dal finestrino e lo abbassai a metà, cercando disperatamente un po' d'aria fresca. Sentivo il bisogno di piangere, ma non riuscivo a far uscire nemmeno una lacrima. La rabbia, ormai, superava la tristezza. Mi feci forza e lo bloccai di nuovo. L'avrei fatto ogni volta, non sarei più caduta nella sua trappola.

"Stai bene?" chiese mia madre, lanciandomi un'occhiata di sfuggita mentre continuava a guidare, seduta dritta e composta al volante.

"Sì, l'aria condizionata mi sta dando alla testa" risposi con un sorriso forzato, richiudendo il finestrino. Senza dire nulla, abbassò leggermente l'aria e continuò a guidare, canticchiando una canzone che passava alla radio.

"Okay, dovremmo essere arrivate" mormorò lei, cercando di decifrare il navigatore. Eravamo già state lì innumerevoli volte, visto che mio fratello Ilan frequentava lo stesso college da più di un anno. Eppure, il suo senso dell'orientamento non ne voleva sapere. Ogni volta avremmo preso una strada diversa.

"Eccolo!" esclamai, indicando con il dito l'entrata del college mentre mi sporgevo dal finestrino. Su un palazzo di pietra grandi lettere d'acciaio formavano il nome del college: University of California Santa Barbara. Non mi ero mai allontanata da Oakland prima di allora, né ero abituata al mare. Venivo da un posto incastrato tra le montagne, dove faceva freddo sia d'inverno che d'estate. Ora, invece, mi trovavo in una metropoli sulla costa, e non potevo credere che da quel giorno avrei visto il mare tutte le mattine dalla mia finestra.

Mia madre parcheggiò, poi scese dall'auto e aprì il bagagliaio pieno di scatoloni.

"Okay, iniziamo." ridacchiò lei, cacciando dalla macchina una valigia che probabilmente pesava il suo doppio.

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