Speranza urgente - Parte 2

15 4 1
                                    

In mezzo ai soldati, scorsi Jhorin, arrivato in quel momento sul campo di battaglia. Appena mi vide mi venne subito incontro.

"Stanno arrivando?" Domandai, sperando in un cenno negativo, ma sapevo già la risposta.

"Sono quasi fuori dai cancelli, la vedetta li intravisti poco fa", borbottò il Varg con aria decisa, ma mi accorsi che la mano con cui impugnava l'ascia tremava lievemente. "Beh, che provino a entrare! La pagheranno cara quei maledetti!" Urlò Jhorin poi corse di fretta dentro una tenda vicina. Ne uscì fuori subito dopo, con una balestra e una faretra piena di dardi. Prima che potessi dire qualcosa, mi lanciò la balestra.

"Spero che tu non debba usarla, ma nel caso peggiore è meglio portarla con te." Detto ciò, mi porse la faretra e si rimise in posizione assieme ai suoi commilitoni.

Da lontano gli urlai: "Dov'è Celine?"

"Quando è suonato l'allarme ci siamo separati!" Urlò Jhorin da lontano. La sua voce era appena udibile sopra il frastuono delle grida e del clangore delle armi.

Feci un passo verso di lui, ma il caos dell'accampamento stava crescendo. Altri soldati continuavano a riversarsi vicino all'ingresso, e in pochi istanti una marea di uomini armati si frappose tra me e Jhorin.

"Jhorin!" Gridai, ma la mia voce si perse tra i tamburi di guerra e i comandi urlati dal generale.

In un attimo lo avevo perso di vista.

Confuso, osservai la balestra che mi aveva dato, cercando di capire come usarla. Era la prima volta che ne impugnavo una.

La struttura principale era di legno scuro e lucido, solido al tatto ma sorprendentemente leggero. Al centro spiccava un meccanismo rudimentale: un grilletto di metallo grezzo, con una leva incastrata in una fessura.

La corda sembrava fatta di fili intrecciati con cura, mentre il corpo era attraversato da incisioni leggere, probabilmente segni lasciati dal tempo e dall'uso. Una piccola scanalatura lungo la parte superiore indicava dove posizionare il dardo, ma l'intero meccanismo mi appariva stranamente complesso.

Tutti i soldati erano ormai in posizione, in attesa. Perfino Durghok aveva smesso di dare ordini ai soldati, e ora osservava il portone, con sguardo fermo e denti serrati.

Un clangore ruppe il silenzio, echeggiando nell'ombra della notte. Al primo ne seguì un altro, e poi un altro ancora.

Volevo vedere cosa ci aspettasse, perciò corsi verso l'enorme barricata in pali di legno dell'avamposto, e mi arrampicai fino ad una pedana rialzata. Il gruppo degli arcieri osservava la foresta Mantomutevole senza emettere un fiato.

Un brivido mi percorse la schiena mentre facevo capolino con l'occhio, per osservare i nostri nemici: tra le fronde degli alberi, delle luci violacee spiccavano, illuminando la foresta con un'aura spettrale. Erano una miriade di puntini luminosi, flebili e quasi evanescenti, che lentamente si stavano avvicinando.

Le luci si erano fatte più intense, e piano piano emersero dall'ombra: una schiera di armature nere come le nubi si riversava dai cespugli; il bagliore proveniva dall'elmo, una nube viola scuro che lentamente si sollevava al cielo. I fumi delle armature si incrociavano e intersecavano, formando dei filamenti di energia che univano le armature.

L'esercito avanzava verso di noi, e il suono dei loro passi metallici si propagava nell'aria. Ogni passo faceva tremare leggermente la barricata, ma per fortuna, i pali robusti e ben fissati dall'esercito di Ultimalega resistevano all'impatto della loro marcia.

Erano alle porte, perfino più di quanti ne avevo visto nella foresta. Accanto a loro, camminavano i soldati in veste cremisi che avevo ormai imparato a riconoscere: i BloodRunners. Cercai con lo sguardo il volto odioso di Silk Razor, ma purtroppo la maggior parte di loro aveva il viso coperto da una maschera.

Il Sussurro Delle OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora