capitolo 17

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#Valeria

Erano passate due settimane dall'incidente e finalmente potevo ritornare a casa, Justin non si era mai allontanato da me il che mi fece innamorare ancor di piu di lui.

Lisa, Samantha e Michelle erano arrivate due ore fa in canada, il che voleva dire che fra qualche ora sarebbero arrivate qui.

«Hai preso tutto?» mi chiese Justin guardando per la decima volta, tutti i cassetti e l'armadio della camera

«si Justin» gli dissi , lui mi sorrise, prese la borsa con i vestiti, mentre io mi limitai a prendere i fiori e i bigliettini che ricevetti da Justin, mia mamma, Stephanie e Jake.

«Possiamo andare» mi disse, cosí uscii dalla stanza con un ampio sorriso sulla faccia, ero elettrizzata all'idea di uscire, ma sopratutto ero felice di rivedere le mie migliori amiche.

«Me le farai conoscere?» mi chiese prendendomi la mano

«certo, saranno felici di conoscerti finalmente» lui sorrise e ci dirigemmo verso la segreteria dell'ospedale.

La segretaria era impegnata a leggere un libro e non ci prestò neppure attenzione

«mmh» mi schiari la voce per farci notare e lei appoggiò il libro sul tavolo e ci guardò

«Buongiorno desiderate?» ci chiese annoiata

«buongiorno io sono Valeria Tood, vorrei dirle che ho liberato la camera e che sono pronta per andare» lei scrisse le cose sul computer e poi mi sorrise

«bene signorina buon proseguimento» io contraccambiai il sorriso e usci dal ospedale.

Justin mise le cose nel bagagniaio e mi aprí la porta

«wow che cavagliere» lui sorrise, fece il giro della macchina per poi salire e accenderla.

Non si versò una parola da quando il viaggio era iniziato e l'atmosfera era tesa

«mi dispiace» disse ad un tratto, io mi girai per guardarlo

«non é colpa tua Justin... La colpa é mia, ero troppo concentrata a farti cambiare idea che non ho badato al semaforo» Mi posò una mano sulla coscia

«dovevo proteggerti» io gli accarezzai la mano

«Justin ormai é successo, non si può tornare in dietro, ma adesso sono sicura che saprai protteggermi» gli dissi cercando di consolarlo, la colpa é mia, dovevo prestare attenzione, ma lui non lo voleva capire nonostante io e mia mamma gliel'avessimo spiegato mille volte.

«Potevi morire» mi tolse la mano e la posò sul volante premendolo

«ma non é successo sono qui con te» dissi frustrata.

Parcheggiò la macchina nel posto che inizialmente prendeva spazio la macchina di mio papà.

Justin uscii e prese tutte le cose che erano nel bagagliaio, io lo segui ed entrammo a casa che come sempre era vuota

«hai fame?» mi chiese, io annui, non avevo fatto colazione in ospedale «aspettami qui, vado a prendere qualcosa da mangiare e poi torno» io gli sorrisi e lui posando le cose sul tavolo usci di casa lasciandomi da sola, cosí decisi di farmi una doccia e di cambiarmi per poter accogliere al meglio le mie amiche.

Entrai in bagno, accesi l'acqua, mi tolsi i vestiti e li misi nella cesta, l'acqua mi riscaldò e mi rilassò, poi presi il sapone, me lo passai sul corpo per poi risciacquarlo via, uscii dalla doccia e mi allacciai l'accapatoio per poi dirigermi in camera mia.

Aprí l' armadio e optai per delle calze color carne, una gonna nera a vita alta e una maglia corta bianca con un cardigan nero, ai piedi misi delle ballerine.

La porta si aprí e la voce di Justin rimbombò

«Vale sono a casa» io decisi di non rispondergli continuando a prepararmi, poco dopo senti dei passi veloci che salivano le scale. «Pensavo te ne fossi andata» mi disse con voce strozzata «pensavo ti avessero di nuovo portato via da me» io mi girai e andandogli in contro lo strinsi in un abbraccio

«sto bene sono qui» lui mi fece sdraiare sul letto e si mise sopra di me, affondando le sue labbra sulle mie in un bacio appassionato, la sua lingua si scontrò con la mia e iniziarono a danzare insieme.

Ci staccamo per prender aria

«sei bellissima» mi disse con voce roca

«tu sei bellissimo» gli dissi portando le mie mani sui suoi capelli.

Fece scorrere una mano sulle spalle togliendo piano piano il cardigan che poi adagiò per terra, la mano scivolò fino all'inizio della maglietta, il mio respiro divenne sempre piu irregolare mentre scorreva lungo il mio corpo, per poi finire anch'essa per terra, si piegò togliendomi le ballerine, le calze e la gonna, io mi morsi il labbrò.

*Che cosa mi stava facendo?*

Ero in intimo davanti a lui e quando finalmente me ne accorsi arrosí, presi l'estremità della sua maglia, gliela levai depositandola per terra insieme a tutti i miei vestiti e lo stesso feci con i suoi pantaloni.

Ci guardammo negli occhi per quelle che sebravano ore, poi lui mise le mani sotto alla mia schiena e con un rapito strattone mi slaccio il reggiseno, mi guardò e si leccò le labbra, si chinò e lasciò umidi baci sul mio seno destro, quando arrivò al capezzolo lo mordicchiò facendomi inarcare la schiena e gemere, poi diede le stesse attenzioni pure al mio il seno sinistro.

Guardandomi posò le sue labbra sulle miei e la mano mi accarezzó la pancia fino ad arrivare alle mutandine che mi tolse, lasciandomi completamente nuda sotto di lui, quando la sua mano arrivò fino al pube il mio respirò divenne subito più affannoso, così sorridendo spostò le sue dita più sotto disegnando piccoli cerchiolini ed io gemetti piu forte mordicchiandogli il labbro inferiore.

Le sue dita si spostarono all'apertura dove inserí un dito, io inarcai la schiena e gli impiantai le unghie nella schiena gemendo forte, lui staccandosi iniziò a darmi umidi baci lungo tutto il mio corpo, poi quando arrivò li, la sua abile lingua cominciò a fare il suo lavoro, succhiando e mordendo, io mi aggrappai al lenzuolo godendomi questa nuova e magnigica sensazione, gemetti piú forte ancora ed urlando il suo nome venni.

Mi rimisi i vestiti e mi guardai allo specchio, avevo le guance arrossate, le labbra rosse e gonfie e i capelli tutti in disordine, maledí mentalmente Justin che era ancora disteso sul letto che mi guardava

«vestiti che fra un pò arriveranno» lui sorrise e si rivestí, era cosí perfetto da togliere il fiato.

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