Una serra e un bacio a stampo

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Anderson guida per diverso tempo e non seguo neanche il percorso con lo sguardo. Per la prima volta nella mia vita, non mi guardo per niente intorno. Gli occhi sono chiusi, quasi sbarrati e non faccio neanche caso al freddo che la velocità porta con sé. Sto così, sistemata sulla sua schiena tranquillamente, persa in pensieri strani. Sono talmente rilassata che sento di poter cedere al sonno, mentre una mano si stringe salda al suo stomaco e l'altra è intrecciata ancora alla sua, tanto stretta da farmi soffocare. Tanto stretta da esser piacevole.  E le labbra pressate quasi in un bacio sul tessuto della sua giacca. Vorrei poter baciare proprio la sua pelle, vedere ogni solco. Superare quella stupida barriera e rimanerci per un po'.

Non mi rendo conto neanche del fatto che la moto si sia fermata, fino a quando le sue dita non si separano dalle mie e Anderson scrolla piano le spalle. Apro gli occhi e mi guardo intorno, quasi stralunata. Siamo in un parcheggio, le macchine sono poche e non riesco a riconoscere niente di quello che mi circonda. Possibile che siamo arrivati così lontano?

L'aria è piuttosto pungente e comincio a strofinarmi le braccia con le mani. La frizione mi scalda un poco. "Hai freddo?" Ian è sceso dalla moto, ha messo il cavalletto e mi sta guardando con espressione di attesa. Mi mordo il labbro per la tensione nervosa che percepisco. Sembra quasi che non siamo più noi, tremendamente tesi e - forse - impacciati. "Si, ma non è niente. Veniamo da Londra, non scordiamolo. Lì il clima è cinque volte peggio." Cerco di ironizzare, ma ci riesco davvero di merda. Lui ride a denti scoperti.

"Questo non è per niente patriottico, straniera. Insultare così l'amata Inghilterra." Ride ancora e, nel frattempo, toglie la giacca e la poggia sulla mie spalle. "Poi dovresti spiegarmi perché ti è venuto in mente di non indossare una giacca." Scuote la testa e mi aiuta a scendere. "O desideri ammalarti davvero tanto, oppure immaginavi che da perfetto cavaliere ti avrei fatto da scudo con la mia armatura." Lo guardo un attimo in silenzio, dopodiché scoppio a ridere.

"Grazie per averci tolto dall'imbarazzo con la tua stupidità, Ian."

"Non c'è di che." È tenero e fanciullesco, così come bellissimo e irresistibile. Si distingue nei piccoli gesti, quelli che meno ti aspetti, che riescono a migliorare la situazione: una risata, una giacca, una sorpresa. E poi, Dio, la sua giacca profuma in maniera assurda. Ha quel suo odore singolare. Forte tanto che me lo sento addosso. "Ma ora devo bendarti. Una sorpresa deve rimanere tale fino alla fine." Estrae una bandana rossa dalla tasca dei pantaloni e si avvicina. "Non sbirciare, mi raccomando." Come posso, se mi stai coprendo  gli occhi, idiota?

Mi ritrovo a guardare il nulla, ed è una sensazione che odio tremendamente. Non sapere dove sto andando, quando arriverò, come procedere. Sento il nervosismo prendere possesso di me e alzo le mani a tentoni, fino ad aggrapparmi alle braccia di Anderson. "Non mi piace molto il buio, sai?" Dico, stringendo la presa. Percepisco l'avvicinarsi del suo corpo e un bacio viene stampato sulla mia fronte.

"Non ti fidi di me?"

"Certo, salti tu, salto io, Jack. Non è così che si dice?"

"Se salti, io sto sotto e porto un materasso." Gli dò uno stupido pugnetto sul petto. "Gentile da parte tua." Borbotto.

Separa le sue mani da me e cammina, dopodiché le sue dita si piantano sui miei fianchi. È dietro di me. "Forza, ora andiamo. Ti dico io dove mettere i piedi." Fa un po' di pressione, una pressione gentile e delicata. E mi costringo a muovere i piedi, stendendo le braccia davanti a me. "Hannah zombie." Mi prende in giro e freno pestandogli un piede. "Cretino."

Procediamo così per qualche minuto, siamo entrambi stranamente silenziosi. Ad un certo punto, blocca i suoi passi e mi fermo anche io. La bandana viene levata dai miei occhi. Rimango basita.

One Last Time [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora