45. "Where's my Tate?"

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Alice si avvicina di più a me, dopo aver visto che sono interessata a ciò che ha da dirmi.

L'ho riconosciuta quasi subito, è la barista da cui Channing ha ricevuto il due di picche e probabilmente ha appena finito il suo turno.

Indifferentemente da ciò, sono curiosa di sapere quale è la sua definizione di distrazione.

"Cosa hai da offrire? E come fai a sapere che è ciò di cui ho bisogno?" Dico soltanto, continuando a fissarle gli occhi scuri.

Sembra una ragazza di un anime giapponese, con i tratti orientali e ben definiti, cosa a cui prima non avevo fatto per niente caso.

Quasi certamente starebbe meglio lei vestita con i miei abiti.

"Non sei diversa dalle tante ragazze tristi che passano di qui, hai bisogno di qualcosa che ti faccia sentire senza pensieri, tutti ne abbiamo bisogno." Ribatte sicura, infilando le mani nella tasca della sua giacca.

Faccio dondolare il capo e mi nasce in volto un sorriso sghembo.

"E adesso anche i veggenti. Mi mancavano." Borbotto. "Non mi serve nessuna delle distrazioni che tu potresti mai offrirmi.
Sono ferita, non stupida."

Ho capito quello che intende e non ci tengo a fare la fine di Witney Houston.

Le pasticche non risolveranno il groviglio che ho nella testa e di nuove dipendenze posso anche farne a meno.

Mi basta Ian.

"Ti facevo più tosta." Afferma, estraendo dalla tasca una piccola pasticca bianca.

"Lo sono, ma non devo certo dimostrarlo ad una sconosciuta.
Non dovresti essere a servire alcolici a quella massa informe di giovani confusi?"

"Ho preso una pausa. E, guarda caso, ho incontrato te. Un segno del destino?"

"A casa mia viene chiamato stalking, poi sei libera di interpretarlo come preferisci."

"Vuoi?" Ignora la mia risposta, ma allunga la mano con la minuscola pasticca.

"Ti diverti a drogare le persone?"

"Mi diverto nel far divertire.
È una sola sera, cosa ti costa?" Ghigna Alice, avvicinando il veleno alla mia bocca e poggiando l'altra mano sul mio ginocchio.
"Dolcezza, lasciati andare."

È una cosa estremamente stupida, non voglio farla.

"Non posso."

"Non puoi o non vuoi?" Insiste.

Dio, la sua mano è così vicina e io so che è sbagliato affogare in questa maniera i problemi.

Nella mia mente girano "se", "ma", "eppure", e continuo a guardare il cielo.

"Lascia perdere, per favore." Balbetto, perdendo momentaneamente la mia sicurezza.

"Stai cedendo." Dice "Apri la bocca, farà effetto nel giro di poco."

Stringe piano la mia coscia e apro la bocca come effetto involontario.

Sto per cadere nel tranello del diavolo.

"Non farlo, ti prego." Mi lamento.

One Last Time [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora