Axel

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"STAI. FERMA."
Una roca quanto terrorizzata ed egoista voce maschile alle mie spalle mi ordina l'immobilità.
Il terrore scaccia le rimanenti allucinazioni, sostituendole con pensieri che spaziano dal mio cervello dipinto sul muro al suo cervello dipinto sul muro.
Sento la pistola allontanarsi tremolante dal mio cranio, mi giro pian piano a mani alzate.
Ottimo, siamo passati da 'Nessuno-su-questa-stracazzo-di-astronave' a 'Vecchio-pazzo-pelato-che-mi-punta-una-pistola', nel giro di 45 minuti di esplorazione.
Direi che oggi non è il mio giorno fortunato.
Lo sconosciuto è calvo, con indosso una tuta arancione da membro dell'equipaggio; ha degli occhi da schizzoide e delle enormi borse sotto gli occhi, sembra non dorma da anni.
Sul suo braccio sinistro è legata una bandana.
Mi strappa il piede di porco dalle mani e armeggia la pistola come se dovesse usarla da un momento all'altro.
"Mi chiamo Ripley." dico titubante.
"Da dove arrivi, Ripley?", mi chiede aggressivo.
"D-da fuori. Da una nave!" balbetto io, tremando.
"NON CI SONO NAVI!" esclama lui, sempre con un aria guardinga e sospettosa.
"Ora sì..."
"Beh, buone notizie, perché qui non ce la passiamo bene..." racconta, muovendosi con cautela.
Si guarda intorno.
"C'è stata un esplosione, ha fatto tremare tutto!"
"Lo so!"
Scatta verso sinistra, torcendo il collo, come se avesse sentito qualcosa di inudibile.
Ride nervosamente, sempre tenendomi la pistola puntata addosso.
"Ma, dolcezza, quello è l'ultimo dei nostri problemi!"
"Ah sì?"
"Sì. C'è qualcosa su questa stazione. Non ci crederesti MAI."
"Di che parli?"
"Un assassino. Capisci?!"
E con un gesto fulmineo riavvicina la pistola alla mia gola.
"Ok... ok. Come ti chiami?"
"...Axel."
"Stavo salendo a bordo con due miei colleghi, in EVA. L'esplosione ci ha separati. Mi aiuti a trovarli?"
"Perché?"
"Perché sembri conoscere il posto."
"Sì ma... perché? CHE CI GUADAGNO?!?"
Scuote la pistola e la stringe.
"Un posto sulla nave."
"E perché dovrei fidarmi di te?"
"Devo trovare l'area comunicazioni. Devo contattare la mia nave."
Io non rispondo alla sua domanda.
Lui non risponde alla mia richiesta.
In compenso, mi torna il piede di porco.
Faccio per prenderlo, ma lui lo trattiene.
"Oggi... sei fortunata."
Lo guardo negli occhi scuri e cerchiati dall'ansia, pensandola molto diversamente.
"Andiamo tesoro, la Seegson Communication è nella torre Systech. Non è vicinissima, ma con una navetta la possiamo raggiungere attraverso l'area di carico. Ma stai attenta, in quel posto ci sono spesso guai, ok?"
Torno ad occuparmi della spranga.
Ecco l'ennesima stanza con graffiti.
Axel mi si piazza davanti, e perentorio afferma: "Resta dietro a me."
Non capisco il motivo di ciò, ma poi sento il fischio dell'ascensore a ioni e realizzo.
"Ehi! Non muoverti!" ordina Axel.
Ci sono un uomo ed una donna che armeggiano con il sistema operativo dell'ascensore.
"O-ok! Non vogliamo problemi! Chi siete voi?", dice la donna a mani alzate.
"Io Babbo Natale, e lei un elfo.", ribatte sarcastico Axel.
"Sono solo un paio di stronzi, Jara, andiamo, non abbiamo tempo da perdere." interviene seccato l'uomo.
"Dobbiamo arrivare all'area comunicazioni, potete aiutarci?" chiedo io.
"Non ci serve il loro aiuto!" mi rimprovera Axel.
"Senti, non dirgli niente. Ho fatto funzionare l'ascensore. Jara, andiamo.", ordina marmoreo l'uomo.
"M-mi... mi dispiace. Buona fortuna.", dice la donna.
In quel momento le porte della cabina si chiudono.
"Che cosa voleva dire? E perché sei stato così aggressivo?", domando.
"Sono tutti terrorizzati, ognuno pensa a sé. È più sicuro così."
Proseguiamo, e troviamo un elevatore per le merci.
Lo prendiamo.
"Cerca di non fare rumore, potrebbe esserci qualcuno qui."
"Sarebbe carino se tu mi dicessi che diavolo sta succedendo. ADESSO."
"Senti tesoro. Quando saliamo sulla tua nave, ci sediamo, ci rilassiamo e chiacchieriamo quanto ti pare davanti ad un caffè-"
"Già, sulla mia nave. Devo sapere che sta succedendo, e subito cazzo!"
"Bene. Come ho detto, c'è un assassino."
"Un assassino? E che vorrebbe dire?"
"Non l'ho visto ma è qui. Ci sta eliminando uno per volta."
"Che stai dicendo? Uno psicopatico, una persona-"
"No! Qualcos'altro... un mostro."
Prima che possa porre altre domande, l'ascensore si ferma ed usciamo.
Quasi subito incontriamo un altro gruppo di sopravvissuti, che discutono se sia sicuro o meno rimanere lì dentro.
Decisamente non sono aperti al dialogo, a giudicare dagli enormi e letali fucili che sfoggiano con indifferenza.
Ci nascondiamo dietro a delle pile di scatole.
Axel propone di aggirarli per proseguire verso la Seegson Communication, entra in un condotto ed io lo seguo a ruota.
Sbuchiamo dunque nella sua stanza, e lì - finalmente - mi munisco di torcia.
Ora ho i superpoteri: vedo al buio.
Passiamo attraverso un numero innumerevole di condotture: devo ammettere che mi inquietano parecchio, sono anguste e buie, illuminate solamente da qualche rara scintilla.
Ad un certo punto, da una presa d'aria vedo gli stessi sopravvissuti di prima, e ho la conferma che di certo non sono quel tipo di persona disposta a discutere pacificamente e a collaborare.
Axel mi dice che per arrivare alla Seegson Communication dobbiamo attraversare una porta controllata a vista da loro. Mi dice di andare a spegnere il generatore di corrente, in modo da poter creare un diversivo.
Ma perché mi devo beccare il lavoro di merda!? Sono su questa stazione da meno di un'ora e già la odio.
Rimanendo costantemente accovacciata nel terrore che mi vedano, mi dirigo verso il generatore, e lo disattivo.
Il gruppetto interrompe la loro conversazione e si dirige fulmineamente verso di me, convergendo nella strettoia in cui mi sono infilata come uno stormo di avvoltoi.
Merda!
Non ci avevo pensato, sono in un vicolo cieco!
Riesco a nascondermi in un condotto sotterraneo, che porta esattamente dov'è Axel, e ce la filiamo nel più totale silenzio come due amanti che scappano di casa nel cuore nella notte.
Peccato che qui nessuno ami nessuno, peccato che scappiamo da dei probabili omicidi e peccato che rischiamo di finire in uno di quei sacchi per cadaveri di prima.
L'oscurità però rimane.

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