"Ripley, dove cavolo hai nascosto le mie batterie di ricarica al litio?!"
"Sei un robot, Samuels, usa la tua vista a raggi X no?"
Rise.
Entrambi risero.
"Molto spiritosa... sai bene che non esiste. Almeno, ancora non esiste.
Ora dammele subito o dovrò attivare il protocollo 49-cp."
"Protocollo 49-cp? Che cos'è?"
Samuels si avvicinò, paterno e sorridente.
La piccola Ripley giocava con le sue astronavi in miniatura.
"È un protocollo mooolto serio. Non costringermi ad usarlo... l'attacco del solletico!"
Ripley si divincolò, ridendo a crepapelle.
Samuels la abbracciò.
"Chris, quando torna la mamma?"
Christopher Samuels, androide di ultima generazione, si rabbuiò.
"...presto. Ora è in viaggio. Su una di quelle astronavi con cui giochi, solo molto più grandi. È con la Compagnia."
Ripley era sognante.
"Da grande voglio essere anche io come la mamma. Farò migliaia di viaggi nello spazio e lavorerò per la Compagnia come lei!"
Samuels sorrise tristemente.
"Certo, piccola Amanda. Ora torna a giocare."
Raccolse le batterie di riserva che cercava, cadute dalla tasca dei pantaloni di Ripley mentre scorrazzava via.
Appena fu sicuro che non la potesse sentire, sussurrò: "Non sperare mai di lavorare per la Compagnia, bambina. Ti prosciuga il cuore. Ed il tuo è così grande..."
Inconsciamente attivò la registrazione del suo battito cardiaco, schedata insieme ad altre millemila.[Ta-bum. Ta-bum. Ta-bum.]
***
"Attenzione. Collasso totale dei sistemi primari."
Una serie di scoppi e lampi seguono questa triste ed inevitabilmente vera informazione.
Infangata nel panico più totale, osservo debole ed impotente ciò che succede dall'altra parte del vetro: crolli, fusioni impossibili per la fisica teorica ma in corso davanti ai miei occhi, esplosioni grandi e piccole e un frastuono insopportabile si amalgamano in un macabro concerto suonato dal Fato e diretto dalla Morte in persona.
Una scarica dalla potenza indescrivibile si abbatte su Taylor, scaraventandola contro il vetro con un suono sordo per poi farla ricadere a terra, senza vita.
L'unica cosa che posso fare è urlare un "NO!" esasperato e confuso, carico di rabbia e risentimento verso tutta questa stupida avventura, nella speranza che sia solo un brutto sogno.
Un ennesimo scoppio mi riporta nell'astronave che a breve collasserà, negando per l'ultima volta l'opzione "Inception" e confermando amaramente che tutto questo è reale e che non posso fare niente per impedirlo.
Una vocina nella mia testa dettata dall'istinto mi urla "Scappa!", avendo capito sin da subito che da paralizzata come adesso non avrei potuto reagire da sola, nonostante l'abnormità degli avvenimenti.
Inizio una corsa disperata contro il tempo ed il mio destino dritta verso lo shuttle che mi ha portato qui, mentre per la strada mi fanno compagnia sirene disperate, lampeggianti depressi, soffitti crollati, continue scariche elettriche che mi mancano per pochi centimetri, depressurizzazioni istantanee che mi strappano il fiato con prepotenza per poi alternarsi a compressioni che mi schiacciano al suolo, tubi di gas che esplodono inondandomi di infinitesimali molecole aeriformi la cui voglia di scappare è sorprendentemente più debole di quella della sottoscritta, incendi violenti e repentini in ogni dove, vani tentativi acquosi del sistema antincendio in comunione con un calore insopportabile e il ritmo maledettamente veloce ed insistente che il cuore mi martella nella testa.[Ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum ta-bum.]
Continuo a correre, ma ecco che uno dei dispositivi di stabilità agganciati al sistema primario implode, facendo capovolgere l'intera nave.
Mi aggrappo ad una delle ringhiere che costeggiano il lungo corridoio che sto percorrendo, ma la mia presa poco salda si stacca in fretta e precipito nel vuoto creato dalla gravità sballata.
Atterro bruscamente, probabilmente storgendomi un polso.
Grido, ma la mia voce viene sovrastata da un'ulteriore scoppio e dalla miracolosa messa in funzione dei generatori barici secondari.
L'orizzonte torna ad essere il solito, quindi mi rialzo barcollante e continuo la mia strenua corsa verso una tanto agognata libertà.
Il panorama si ripete stanza dopo stanza, in un'alternanza di desolazione e distruzione che mi farebbe piangere se non fossi occupata a cercare di sopravvivere.
Piombo sfinita allo shuttle, e in tempi record lascio la nave, incredibilmente ancora viva e senza nemmeno un graffio (o quasi).
Il motore a ioni indipendente della navetta romba, e vengo eiettata nello spazio pochi secondi prima che l'Anesidora esploda, rimanendo cristallizzata per qualche secondo nel vuoto dello spazio prima di franare, inesorabile, verso il gigante gassoso KG-348, non più munita della protezione degli scudi di galleggiamento.
Così facendo, però, uno dei frammenti urta Sevastopol.
Ed è di nuovo l'inizio della fine.
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Alien Isolation
Ficção CientíficaMi chiamo Amanda Ripley. Ho deciso di salire sulla Stazione Spaziale Sevastopol per prendere la scatola nera dell'astronave Nostromo, e scoprire la verità su mia madre. Ma troverò ben più di una semplice scatola nera...