Capitolo 22.

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Il sole lentamente iniziava a sorgere quando Alice era intenta a stropicciarsi quei grandi occhi segnati da profonde occhiaie: in quel periodo dormiva pochissimo.
Le preoccupazioni erano entrate a far parte della sua vita ed aumentavano in maniera esponenziale. In mente solo mille e mille problemi che una ragazzina di quell'età non avrebbe dovuto incontrare.
Avrebbe voluto trascorrere un'adolescenza tranquilla e serena.
Avrebbe voluto una famiglia normale, non perfetta ma normale. Una di quelle in cui si parla di tutto senza timori, dove magari si fatica ad arrivare a fine mese ma si stringono insieme i denti e ci si fa forza per attraversare le difficoltà.
Senza alcol, senza droga, senza dover passare una tenera infanzia entrando ed uscendo da centri di recupero e dalle salette fredde e spoglie in cui si incontrano i detenuti.
Si, suo padre era stato molte volte in galera: furti, violenza, detenzione di armi e di droghe.

Alice era sempre più stanca della sua vita. Giorno dopo giorno il peso diventava sempre più gravoso e le sue spalle iniziavano ad incurvarsi dal grande carico.

Ora si ritrovava alle luci dell'alba accanto alla sua unica e vera amica la quale nascondeva un segreto sulle sue braccia. Un segreto che ormai era venuto alla luce del sole.

Qualche ora dopo la giovane Ania aprì gli occhi.
- Buongiorno dormigliona! - disse l'amica saltellando sul letto.
- Ma quanto ho dormito? - chiese Ania.
- In realtà sono solo le 9, sono io che sono mattiniera. Oggi è domenica, il giorno in cui il Creatore decise di prendersi una bella pausa e così decise anche noi avremmo dovuto riposare in questo giorno di festa. -
Sul viso di Ania si disegnó un ampio sorriso. La presenza di Alice rasserenava le sue giornate.
In cuor suo si sentiva come responsabile della felicità dell'amica, ci teneva a rendere le sue giornate un po' meno amare del solito.
"Chissà quanto dev'essere stato orribile vivere certe esperienze!" pensó e nel mentre, a voce alta, aggiunse:
- Forza, scendiamo da questo letto! -
Alice si mise un vecchio paio di pantofole colore del cielo che l'amica le aveva prestato per farla sentire comoda e a suo agio durante la permanenza in quella casa.
Ania, cautamente, sgattaioló in bagno e si chiuse a chiave.
- Arrivo subito Ali. -
- Hey, perché ti sei chiusa a chiave? -
- Sarà l'abitudine! -
La giovane non vedeva positivo quel gesto, ma ne comprendeva il significato. Era palese che Ania cercasse scuse per le sue azioni che, per chi non conosceva la situazione, sarebbero sembrate completamente sensate. Eppure Alice aveva visto chiaramente quei profondi segni rossi sulle sue braccia e quelle vecchie cicatrici che non si sarebbero cancellate se non con ripetute sedute al laser.

Passó un quarto d'ora abbondante e Ania stava tentando di coprire quello scempio con quintali di correttore e fondotinta. La spugnetta era talmente impregnata che quasi si faticava a riconoscerne il colore lilla originale.
Dopo cinque passate uscì.
- Ma cosa diamine hai combinato li dentro? -
- Alice, che domande! Tu cosa fai in bagno di solito? -
- Io non sto ore a tamponarmi correttore sulle braccia! -
Ania sbiancó.
- C-cosa? -
- Hai capito bene. Forza non trovare scuse. Non sono arrabbiata, ho solo capito. -
- Alice scusa ma non me la sentivo di riempirti la testa di cazzate che mi riguardano! - disse abbassando lo sguardo.
- Le giudichi così? Cazzate? Non lo sono! Ed io sono seriamente preoccupata. Sminuisci così il tuo dolore? Era da tempo che volevo dirtelo ma eri troppo impegnata a preoccuparti di me. -
- L'ho fatto perché a te ci tengo e perché volevo aiutarti! -
- Si cazzo Ania, anch'io voglio aiutarti! Dovremmo parlarne di queste cose. Ti prego, non nascondermi niente. Sono tua amica! - disse leggermente irritata.

Ania, senza dire niente, le porse il braccio.
- Uno per gli insulti, uno per il labbro rotto a scuola, uno per i miei genitori, uno perché mi odio, uno per la pelle che indosso...- disse scoppiando a piangere.
Alice corse ad asciugarle le lacrime salate che sgorgavano da quegli occhi tristi.
- Ci sono qui io per te -
- Ti prego non andartene -
- Non riuscirei mai -

Passarono la mattinata tra quelle lenzuola perché la forza di scendere al piano di sotto era scesa a livelli bassissimi. Non avrebbe voluto farsi vedere dalla madre in quelle condizioni.
Il pallore si stava lentamente allontanando dal suo viso anche se risultava chiaro che le sue forze stavano diminuendo sempre di più. Il suo peso era ormai diventato troppo basso e neanche gli abiti più larghi avrebbero potuto nasconderlo per altro tempo.
La situazione era lampante.

- Ti supplico non parlarne a mia madre -
- Non lo farò anche se, Ania, si vede quanto stai dimagrendo e il correttore non durerà a lungo. Forse tua madre potrebbe aiutarti. -
- Mi rinchiuderebbe in una clinica! -
- Dove forse staresti meglio! -
- Oddio, ti prego! Non pensarlo nemmeno! -

Salvami. Adolescenza, bullismo e amore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora