19. La lotta inesperta

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Ritornai a casa ridotta come uno zombie, il mio cuore era infranto per quella persona che non aveva fatto nulla, non era stata mai sua intenzione sapere quelle cose sui vampiri... mai. Aveva vissuto da poco a Mistic Falls e da quanto avevo capito aveva conosciuto le famose famiglie fondatrici. Era un uomo intelligente, che sapeva tanto, era bravo, gentile, sembrava simpatico, anche carino per donne della sua età... lo avevo intuito subito che Alaric sapeva qualcosa su di noi... il suo modo di guardarci, di dire le cose e da come difendersi dai colpi e dalle forti parole che gli venivano dette, ma questo non significava che bisognava ucciderlo spezzandogli il collo e lasciarlo li immobile. James, invece, era stato serio e brusco; non lo avevo mai visto in uno stato così difensivo con una persona pur di tenere il branco al sicuro... era un'Alfa e doveva difendere, ma almeno si poteva trovare una soluzione migliore... parlare per esempio, ma la cosa sapevo che non sarebbe durata visto che James è un lupo dalla poca pazienza, suo fratello era un lupo solitario... il che dava un po' di problemi dal suo non partecipare, Paul era un lupo simpatico e delle volte imprevedibile e non si capiva da che parte stava... Selena era un'Ibrida... cosa che sinceramente non mi era mai entrata in testa veramente, non l'avevo mai vista come Ibrida, lei era come Paul aveva lo stesso carattere, non era come il mio.... apparte che io ero di Settembre, quindi era vergine e Selena non lo sapevo che segno era. Io ero una ragazza che anche essendo vergine, mi ritenevo come un'altra me che teneva nascosti piccole parti degli altri segni zodiacali.
Quando arrivai a casa era già buio nel cielo perché ero rimasta del tempo a scuola accoccolata a me stessa consolandomi da sola, il dolore nel petto che avevo era pungente e nonostante avessi anch'io ucciso il dolore non c'era... non l'avevo mai provato e credevo che questa era la mia prima volta. Tornai a casa piuttosto tardi e non sarebbe successo se esseri stati con il branco significava dover uccidere una persona. Quando entrai in casa tenevo la mano destra con poca pressione sul petto mentre mi dirissi verso il salotto dove dalla televisione si sentivano le battute degli attori dei film.

"Liz, hai fatto tardi. Come..." cominciò a parlare mentre prese il telecomando e selezionò muto per poi fermarsi al mio soffocato singhiozzò che mi uscii dalla gola, non sapevo se era per tutti i problemi che stavo provocando io, la mia nascita, oppure della morte di Alaric che forse sarebbe potuto essere un nostro nemico.

Mio padre si alzò dal divano stiracchaindosi velocemente che sembrava non l'avesse neanche fatto e si avvicinò a me preoccupato. "Che cosa ti succede?" Chiese.

Lo guardai venirmi incontro con una preoccupazione che solo un padre sapeva a darsi a vedere. In quel preciso istante lo guardai con più attenzione, e una luce nella mia testa brillò nonostante tutta la luce che ci fosse attorno e odiai quel momento; mi sentivo come se fosse la prima volta a non piangere a non fare brutta figura davanti a mio padre, ma la sensazione era più forte di me. Le mie labbra cominciarono a tremare, i miei occhi si mossero con velocità a destra e sinistra saltando la figura di mio padre ogni volta che cambiava posizione e li sentivo bagnati, lucidi; sentivo un grosso nodo nascermi lentamente dentro la gola e farmi sempre più male quando lo sentivo pulsare e cercare di uscire, ma io non aprii bocca... lo feci solo quando vidi mio padre che mi abbracciò profondamente. "Non sai quanto vorrei dirti la verità... papà... non sai quanto..." era questo il dolore che provavo dentro il petto e le mie lacrime cominciarono a sgorgare con velocità, ma rigare con lentezza le mie guance per poi arrivare alla fine del mento e cadere come se fosse pioggia solitaria.

"Qualunque cosa sia, ti puoi fidare di me." Certo che mi fidavo di lui, era l'unico di tute le persone che avevo conosciuto a fidarmi di più, ma nonostante ciò era l'unica persona che avrei potuto mettere in pericolo.

Sospirai rumorosamente. "Non posso..." sussurrai vicino al suo orecchio.

"Fai quello che tu senti..." rispose staccandosi lentamente e accarezzandomi con il pollice le righe invisibili lasciate dalle lacrime. Mio padre era una persona eccezionale, meravigliosa e la cosa che più mi piaceva di lui era che non ti forzava...
Annuii per poi salire sulle scale per avviarmi alla mia stanza ancora un po' traballante tenendomi con le mani alcuni ciuffi di capelli. Quanto entrai nella stanza la tapparella marrone era già abbassata, la luce della lampada a forma di sfera decorata con fiori vinca era già accessa e riscaldava la stanza; mi svestii per mettermi il pigiama, andai in bagno ad asciugarmi la faccia e rinfrescarmi per poi entrare nel letto sotto le lenzuola e le coperte che mi nascondevano. Non presi neanche il cellulare quella stessa sera... solo per il motivo che sapevo che cosa mi avrebbe ricordato e aspettato il giorno seguente.

La mia eternitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora