25. Erica & Renier

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Oggi è Venerdì, l'ultimo giorno di scuola della settimana. Doveva essere il Sabato, ma visto che alcuni ragazzi devono studiare per la gara e i professori sono indaffarati per eseguirla, hanno dettato una comunicazione in cui dicevano che avevano tolto il Sabato come giorno scolastico per tutti i giorni della prossima settimana. Ero stanca sia fisicamente che mentalmente e i motivi erano tanti e ripeterlo un'altra volta poteva sembrare più faticoso di quanto già non fosse ed avevo paura che se gli avrei ripetuti, il giorno dopo ne sarebbe sorto un'altro ancora. Ero nel letto caldo e piacevole, il piumino leggero ma che sembrava pedante a causa del sudore sulle gambe era un po' fastidioso, e comunque sia non volli togliermelo. Non volevo che i piaceri che avevo raramente rimanessero a metà, non lo avrei permesso anche se si trattava solo di un po' di calore. Anche se avessi voluto alzarmi dal letto non ce l'avrei fatta, perché alcune parti essenziali del mio copro non reagivano ai miei, mentibili, comandi. Le mie palpebre pesavano, soprattutto ai lati, facendo sì che si richiusero nuovamente come quando toccava terra una piuma, in poche parole con velocità. Chiesi a me stessa se tutti i pensieri e le teorie che avevo fatto in tutti quei minuti mi sarebbero servita a qualcosa, visto che di continuo cambiavano con velocità, come quando mandavi avanti le scene di un film. Non capivo se fossi già rilassata, oppure ci provavo ma non riuscivo a causa dei muscoli. Alcuni scienziati dicono che non fare, pensare a nulla non sia un metodo per rilassarsi, ma bensì fare quei piccoli hobby che ti tengono impegnato sia un modo per rilassare la mente e i muscoli. Eppure io provavo a fare uno di quei hobby che mi veniva meglio, ma il risultato era sempre più negativo, il mio hobby migliore era pensare. Ma non perché non riuscivo così a rilassarmi di più, ma il motivo era sempre quello... che non facevo altro che pensare ed ero consapevole che non era un'azione che faceva bene se la si ripeteva. Espressamente mi sentivo i muscoli molli, quasi afflosciati ed era diverso dalla sensazione che provavi quando ridevi. Avevo capito, adesso.
Con la mano afferrai la punta del piumino dove le mie dita sprofondarono e riuscivo a sentire il tatto delle altre dita oltre al piumino, così lo sollevai e lo lanciai sopra l'altra metà del piumino fresco. Cercai immediatamente di alzarmi, ma l'unico risultato fu per sedermi a ha gambe incrociate con le mani al centro e i capelli non ricci, ma mossi, raccolti in una bassa cosa e spettanata.

Mandai al diavolo il rumore di uno schianto e saltai così in alto e velocemente che non me ne resi neanche conto, fino a quando non compresi che il rumore dello schianto era dovuto alla porta della mi stanza. "Ma che dannazione..." anche se lo schianto fu piuttosto forte, girai la testa lentamente e colma di tranquillità. "Papà, ti sei fatto male?" Chiesi alzandomi dal materasso comodo e infinocchiandomi su di lui. Non capivo a cosa era dovuto lo schianto, né perché mio padre er ab entrato con così fretta dentro la stanza ed era una cosa che non accadeva mai. Era caduto per terra con le ginocchia che toccavano il pavimento, le mani si erano raggrinzitei in forti pugni ed aveva la testa inclinata. La sua reazione così improvvisa e spaventata mi fece venire un'ansia immensa. "Papà, cos'è successo?" Chiesi sentendo un poco di freddezza. Lui non rispose, rimase in silenzio con la testa inclinata e il suo filo di respiro che quasi sembrava scomparire. Il suo petto si muoveva su e giù ad un ritmo non normale, troppo veloce, troppo... temevo che gli stesse accadendo qualcosa. "Papà, rispondimi! Che cosa hai?" Alzai il volume della voce, mentre inclinavo verso sinistra il capo per trovare i suoi occhi. Cercai di toccargli la mano che premeva sul suolo, ma la ritolse subito, come una foglia portata via dal vento che saliva verso l'alto.

Quando alzò la testa, il suo viso era sconvolto, era stanco, era distrutto. "Ho incontrato tua madre." Spaancai la bocca incredula della sua frase.

Mossi il busto e le ginocchia per avvicinarmi a lui. "Mamma?" Ripetei più a me che a lui.

Riprese. "In un sogno. Era così bella... ma era seria."

"Cosa ti ha detto?" Era noto che la mia stessa voce stesse diventando troppo insistente.

La mia eternitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora