24. Fiducia bugiarda e scoperta

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Ovviamente non era stata una mia intenzione iscrivermi alla gara della scuola per andare in Mongolia con James, Jack e Paul. Le idee dell'Alfa mi mettevano sempre più in difficoltà da farmi andare quasi la testa letteralmente calda e la questione peggiorò quando mi ricordai che non sarebbe potuta neppure venire Selena con noi. Tutto andava al massimo con lei, perché era una ragazza come me, mi aiutava, con l'aiuto di una o dell'altra potevamo stare abbastanza alla larga da James e dalle sue inaspettate azione. Avevo paura di quello che mi sarebbe successo lì, da sola con lui, con colui che mi voleva. Dovevo dimostrare di sar essere una ragazza capace, di non farsi mettere i piedi in testa anche se ormai lui l'aveva già fatto, ma non pretendevo di voler fuggire, ma di essere in grado di studiare le sue mosse restando il più possibile fedele a lui per poi passare allo scoperto dopo aver capito la sua tecnica e forse... ero certa che non sarebbe stato così difficile. Questo, però, non fu l'unica cosa a cui pensai veramente; ma riflettei anche sulla conversazione fatta con mio padre del secondo ragazzo che stava al secondo posto dopo Nick. Le intenzioni di mio padre che aveva in testa, ma che fino alla sera precedente non erano state lasciate libere mi fece sentire leggermente più sicura e convinta. James, questo era il mio obbiettivo di oggi. Dovevo fingere di avere fiducia in lui standogli il più vicino possibile durante la giornata, sperando che il mio piano avesse avuto lentamente successo in quelle ore senza farmi scoprire. Non avevo intenzione di chiedere aiuto a qualcuno perché sapevo che sarebbe stato tutto inutile, almeno per una volta dovevo fare qualcosa da sola cioè guadagnarmi la fiducia dell'Alfa senza che sospettasse di qualcosa a fondo. Era oramai una decina di minuti che stavo con gli occhi aperti ad osservare e il soffitto della mia stanza, mentre ero ancora sdraiata sul materasso con le coperte che mi coprivano prima del naso e dovevo assumermi tutte le responsabilità della mia sveglia mattutina per iniziare il piano. La luce del dì segnava che erano almeno le sette di mattina e avevo un'ora prima di entrare a scuola; per questo mi svegliai indipendente, come se avessi un orgoglio all'interno del mio corpo incorporato mezz'ora prima. Non ne avevo fatto una tragedia, non avevo imitato le mie vecchie amiche delle Marche che andavano in escandescenza e si lamentavano perché non erano riuscite a terminare il piano della "conquista del ragazzo bello" e non poterlo mettere in atto lo stesso giorno. Non ero affatto così, non era affatto così complicato di quanto sembrasse mettere per primi punti il motivo per cui lo facevo, come lo facevo e come non dovevo fammi scoprire.
Il punto primo era il motivo per cui lo facevo: cioè non volevo essere sempre meno inferiore a James anche se si trattava di una legge della natura. Egli usava i suoi poteri per conoscere la famiglia e la ragazza che amava. La falsità nell'essere un vero licantropo che va a caccia con il branco era stato spostato e ci aveva nesso al posto la magia. Non mi andava giù sapere che una legge di natura veniva infranta da un essere creato della stessa discendenza.
Il secondo punto era quello di capire che cosa tramava oppure se era il vero carattere. Nonostante ciò, dovevo essere certa e questo mio pensiero mi fece venir voglia di alzarmi con determinatezza. Senza l'aiuto delle braccia, ma con le gambe e i piedi scansai le coperte che mi tenevano le gambe e le poggiai al bordo del letto. Mi sedetti mantenendo una posizione eretta e toccando il pavimento con i piedi, mentre tesi le braccia per stiraccharmi e sentendo il rumore del ossa che scricchiolavano, perciò sciolsi le braccia portandole dietro alla testa ed accarezzai i capelli soffici. Avevo caldo ed ero certa che il motivo erano i pensieri che mi mettevano sempre più l'ansia e mi facevano riflettere sul mio piano. Alzai leggermente i capelli che cadevano sulle spalle e le strinsi fra le dita della mano sinistra mentre con la destra allargavo l'elastico per poi girarlo intorno tre volte ai capelli e farmi una coda bassa. Mi alzai dal bordo morbido e stroppicciandomi ancora gli occhi assonnata mi diressi verso la sedia della scrivania dov'erano appoggiato i vestiti. Indossai alle gambe i leggins neri in tessuto sintetico ed elasticizzato, al busto una maglia color arancio con una scollatura a V e una lunga collana con alla fine una stella deformata di diamanti in oro bianco per far risaltare il decoltè. Andai in bagno e mi sciolsi la coda, per poi prendere la grossa spazzola e iniziare a pettinarmi con fatica e vedendo nello specchio la mia espressione di dolore a causa dei piccoli nodi. Dopo un minuto a litigare con i miei capelli, riuscii ad aprire il rubinetto e far scorrere l'acqua fredda e sciaquarmi la faccia per riprendermi; mia asciugai il viso con un asciugamano rosa pallido e inserii un poco di matita nera all'interno dell'occhio. Avevo una voglia matta di andare a scuola, i miei piedi si muovendo da soli non sentendo più il controllo del mio corpo, quindi uscii da bagno e velocemente aprii lo zaino per poi scendere le scale ed entrando in cucina dove feci un largo sorriso a mio padre che gustava una brioche alla crema.

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