Capitolo 12.

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Dylan's Pov

Era lunedì, rimasi i due giorni precedenti in camera mia, evitando mia madre, non volevo vedesse ciò che avevo in faccia, si sarebbe preoccupata per nulla.
Avevo finito il progetto da consegnare mercoledì, ignorando i messaggi di Abigail che dicevano cose tipo:

Da:Abigail
'Ehi Dylan, senti, per l'altra sera, non volevo farlo, ero ubriaca e fatta, non era il mio intento.'

Da:Abigail
'Ho perfino cercato di scusarmi e nemmeno fai la parte di rispondere? Vaffanculo.'

Non m'impotavano le sue scuse, non ci facevo nulla con delle parole.
Quel giorno, mi svegliai presto, come sempre del resto, erano le 6.30 e mia madre era scesa già da un po', quindi approfittai per sgattaiolare fuori casa.

Passai per Starbucks e presi un frullato al cioccolato e mango per fare colazione e mi diressi al parchetto dove solitamente andavo.

Tra poco più di un'ora sarei dovuto andare a scuola, non ne avevo proprio voglia, non volevo essere deriso, per l'ennesima volta nella mia vita. Sia alle elementari che alle medie venivo preso in giro perchè ero il bambino grassottello e secchione, i bulli avevano sempre la meglio su di me, non mi sapevo difendere o rispettare, quindi perchè anche questa volta dovevo farmi mettere i piedi in testa, per di più, anche una ragazza? Mi sarei fatto forza e avrei ignorato tutte le risate o i commenti, me li sarei fatti scivolare addosso, almeno all'apparenza, perché in realtà, mi rodevano dentro.

"Aiutatemi! Ho bisogno di aiuto!"
Sentivo urlare da qualcuno appena svoltai l'angolo del piccolo vicolo buio, anche se giorno, quel vicolo era malfamato e tetro, ma ormai lo facevo quel tragitto da sempre e non mi era mai capitato nulla di male.

"Ho bisogno di aiuto! Mi stanno aggredendo!"
Questa volta le urla divennero più forti e vicine, scorgevo una figura in lontananza che correva verso di me.
Volevo tanto scappare, se avessero aggredito anche me? Sentivo le urla strazianti di quella ragazza, non mi andava di lasciarla lì a morire, così le corsi incontro.

Più mi avvicinavo, più quella ragazza aveva un'aria familiare.

"Dylan! Aiutami!" Urlò ancora più forte.
Cazzo. Era Abigail!

Le corsi incontro, la vidi accasciarsi a terra.
"Devi alzarti!" Le dissi in preda al panico.
"Sono ferita. Vogliono uccidermi." Disse per poi indicare la maglietta sporca di sangue.
"Alzati, ci stanno raggiungendo. Muoviti." Le dissi aiutandola ad alzarsi.

Due tipi stavano guadagnando terreno. Urlavano cose incomprensibili.

Abigail si era alzata, faceva fatica a camminare, così la presi delicatamente in braccio.

"Cosa diamine stai facendo?" Il suo tono era di rimprovero. Non la risposi, non volevo discutere in un momento del genere.
Iniziai a correre più che potevo anche se non potevo raggiungere una velocità doppia a quella dei due uomini, ma alla fine riuscii ad uscire dalla stradina, l'importante era quello, non avrebbero potuto aggredire a piazza pubblica, iniziavano a esserci un po' più di persone, non avrebbero potuto.

"Mettimi giù, riesco a camminare da sola." Disse cercando di scendere, l'accontentai.
"Vieni a casa, ti medico." Dissi più come un'ordine.
"Ce la faccio da sola. Non ho bisogno del tuo aiuto."
"Dylan, aiutami." Dissi prendendola in giro con una vocina acuta.
"Non parlo così. E poi riesco ad arrivare a casa MIA da SOLA."
"Smettila di essere così orgogliosa."

Notai che stava piangendo.
"Ehi, è tutto finito." Dissi fermandomi e cercando di accarezzarle la guancia, ma si spostò.
"Non toccarmi." Disse per poi fare qualche passo in avanti barcollando.
"Fatti aiutare. Potresti svenire per strada." Dissi sbuffando, la raggiunsi e l'aiutai a stare meglio dritta.
"Accetto il tuo aiuto solamente perchè insisti troppo. Non voglio discutere ora. Ce l'avrei fatta comunque da sola." Disse facendo una smorfia di dolore.

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