Capitolo 13.

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Abigail's Pov

Sul serio? L'avevo baciato? Ma a me non piaceva, era solo per cercare di sopportare meglio il dolore, vero?
Era stato un bel momento, peccato sia durato poco. Ma cosa dico! Non dovevo farlo a basta.

Dopo avermi medicata e bendata, Dylan mi lasciò sola in camera sua per cambiarmi. Mi aveva dato una T-shirt blu scuro e degli short rossi.

Mi tolsi delicatamente la mia maglietta e il mio jeans e andai allo specchio, per poco non diedi un urlo. Ero piena di lividi e graffi.
Non volevo ripensare a quell'uomo che mi metteva le sue luride mani addosso e abusava di me. Esistevano davvero persone in grado di fare questo? Le persone sono cattive, sono senza pietà, senza sentimenti, era la volta buona per cambiare. Sarei diventata ancora più stronza, sarei diventata e ancora più apatica. La vita non ha avuto pietà e compassione per me e io, non ne avrei avuta per gli altri.

Le lacrime rigavano le mie guance per l'ennesima volta, le asciugai velocemente.

Diedi un'altra occhiata allo specchio, ero ridotta malissimo, mi guardavo con ribrezzo, ero veramente io la ragazza riflessa? 

"Abi, hai finito?" Chiese Dylan fuori bussando alla porta, prima che potessi rispondere, entrò. Quando si rese conto che ero in intimo arrossì e si girò verso il muro e dopo un paio di secondi si rigirò verso di me, mentre stavo indossando la t-shirt in fretta e furia.
"Cosa cazzo hai fatto alle gambe?" Chiese preoccupato.
"S-sono caduta, p-per le scale ieri." Risposi flebilmente balbettando.
"E' la scusa meno credibile sai? Sei piena di lividi! Guardati. Non penso che se una persona cade dalle scale si procura quei lividi viola anche all'interno coscia." Disse alzando la voce, non risposi.

In quel momento volevo piangere, sfogarmi con qualcuno, trattenevo a stento le lacrime, l'unica cosa che riuscii a fare era abbassare lo sguardo.

"Voglio vedere quell'uomo morto." Disse mentre stringeva i pugni e ad un tratto vidi che sferrò un pugno contro o specchio, questo si frantumò in mille pezzi. Indietreggiai per lo spavento.

"Ehi, 'sta calmo. Sto bene." Dissi avvicinandomi a lui cercando di evitare i frammenti.
"Non stai affatto bene! Guardati, sembri una che sta bene? Non di certo!" Disse alzando il viso e incrociando i nostri sguardi per qualche secondo. Gli occhi sembravano neri e non marroni, era davvero arrabbiato.
"Andiamo a denunciarlo. Ora!"
"Domani, non ho nemmeno i miei vestiti, non posso uscire così." Risposi.
"Te li vado a prendere io nel pomeriggio. Rimani a dormire da me, non voglio che ti succeda qualcosa durante la notte."
"Abbiamo messo gli allarmi, posso dormire anche a casa mia."
"Finchè arriva la polizia potresti essere già morta. Non c'è tua madre a casa?"
"No, torna tra qualche giorno." Dico in imbarazzo, beh, sinceramente, mi imbarazzavo ad avere una madre così.
"Peggio ancora. Ora vestiti e scendi di sotto, io pulisco in un po' qui."

Feci ciò che mi aveva detto di fare e scesi lentamente di sotto.

Recuperai il cellulare che avevo nella borsa scolastica e mi sedetti sul divano, avevo tre messaggi e otto chiamate da Kimberly.

Da:Kim
'Perchè nemmeno oggi sei a scuola? La preside ha convocato tuo padre.'

Da:Kim
'E' venuto a parlare con me, la preside voleva espellerti, dice che come prima settimana hai fatto più giorni di assenza, ma tuo padre le ha fatto cambiare idea.'

Da:Kim
'Nella scuola tutti dicono che tuo padre ha fatto cambiare idea alla preside facendole qualche servizietto. Dicono che li hanno visti. Non parlano d'altro. Dove cazzo sei finita?'

Non ci potevo credere, mio padre era capace di fare una cosa del genere. In un paio d'ore la mia vita era precipitata. Decisi di non risponderle, spensi direttamente il cellulare.

Non volevo pensare a quanto facesse schifo mio padre o la mia 'famiglia'. E' sempre stato così, mio padre e mia madre si tradivano perfino nella stessa casa, e io, ero costretta a sopportare tutto, non si accorgevano nemmeno della mia presenza la maggior parte delle volte.

"Eccomi." Disse Dylan scendendo le scale e sedendosi accanto a me.

Restammo in silenzio per un paio di minuti, mi sentivo a disagio, sentivo il suo sguardo posato su di me, non mi era mai capitato, anzi, amavo quando le persone mi guardavano.

"Dai, non guardarmi." Dissi girandomi verso di lui e interrompendo il silenzio.
Sul suo viso apparve un sorriso rilassato, segno che si era relativamente calmato.
"Hai un sorriso fantastico." Dissi pensando ad alta voce. Lui sgranò gli occhi e si grattò la nuca.
"C-cioè... non intendevo questo. Io volevo solamente..." Cercai di riparare al danno, non era mia intenzione di dirlo. Stupida. Stupida. Stupida.
"E' tutto okay, e grazie del complimento. Anche tu se fai sparire quell'espressione seria e imbronciata dal viso, sei molto più bella." Disse un po' titubante.
"Grazie." Risposi più come un sussurro.
"Cosa vuoi fare, Madame?" Mi domandò guardandomi e mettendomi un braccio attorno le mie spalle.
"Hai qualcosa tipo la Playstation, Wii o Xbox?" Proposi.
"Ho l'Xbox, a cosa vuoi giocare?"
"Hai qualche gioco di Mario?" Chiesi entusiasta.
"Tutti. Non pensavo sapessi giocare ai videogame." Rispose lui, avanzando verso il mobiletto accanto alla tv, prendendo i vari giochi.
"Quante cose non sai di me, caro O'Brien." Dissi alla fine indicando il gioco 'Super Mario Bros'.

Passammo la mattinata davanti i videogame, esultando per le vittorie o affliggendoci per le sconfitte, finchè un rumore di chiavi e serratura che scattava mi fece sobbalzare.
"Chi è?" Chiesi, i miei occhi racchiudevano il terrore allo stato puro.
"Vado a vedere." Disse alzandosi e camminando cercando di non far rumore e si sporse verso il corridoio.
"E' solo mia madre." Concluse alla fine guardandomi con un sorriso.
"Come mai niente scuola oggi, e chi altro c'è? Uh, Abigail! Giusto?" Disse entrando in salotto e salutandomi calorosamente.
"Come mai niente scuola oggi?" Chiese nuovamente in tono severo.
"Posso?" Chiese Dylan lanciandomi un'occhiata, annuii.
"Beh, ti ricordi che la settimana scorsa era entrato qualcuno in casa di Abigail? Quel qualcuno oggi ha deciso di rifarle visita e l'ha, l'ha aggredita, quindi, beh, l'ho portata qui e medicata." Disse titubante.
"Oh tesoro, mi dispiace tantissimo che tu debba sopportare questo, cosa ti hanno fatto?" Disse con gli occhi lucidi.
"Ora è tutto okay, sto bene, stia tranquilla. Probabilmente se non ci fosse stato Dylan mi avrebbero uccisa, ma non ci sono riusciti." Dissi cercando di trattenere le lacrime e di mantenere un tono calmo.
"Siete andati a denunciarlo?"
"Lo faremo domani." Rispose Dylan al posto mio.
"E' la cosa giusta da fare." Sorrise calma. 

Era una donna così disponibile e sensibile.

"Ah, un'ultima cosa, può rimanere un paio di giorni finchè torna la madre, farla rimanere sola in casa con quel pazzo maniaco in giro non è sicura come cosa." Disse Dylan.
"Certo cara, è un piacere averti qui."
"Perchè sei di ritorno così presto? E' solo l'una." Chiese infine Dylan a sua madre.
"Mi hanno fatta staccare prima, per fare la notte questa sera. E riguardo voi due, non azzardatevi a dormire nello stesso letto, non voglio in giro per la casa altri piccoli O'Brien, sono troppo giovane per essere una nonna!" Rispose puntandoci il dito contro, poi scoppiammo tutti in una fragorosa risata.


Spazio autrice:
Buonaseraa ragazze, okay è un po' tardi però ho aggiornato :D 
Scusatemi per il ritardo ma sono stata impegnata a fare la nuova copertina, cosa ne dite? Meglio questa o la vecchia?
Coomunque, eccovi il tredicesimo capitolo e niente, spero vi piaccia e se vi va lasciate una stellina o un parere. Baci <3



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