Quando Calum è arrivato (con un quarto d'ora di ritardo) la Maialetta era di turno in segreteria, così per uscire da quell'inferno quasi ho dovuto vomitarle in faccia, per accreditare la nostra versione della febbre, della sonnolenza, del mal di pancia e del dolore alla testa livello dieci.
Da come mi sono trascinata fuori dalle porte a vetri, così mi ha detto Calum, ero credibilissima come vittima di peste.
Mi ero ficcata due dita in gola, nel bagno con Camila, così che avevo preso un colorito davvero poco sano e mi ero data forti pizzicotti sulle guance per far salire il sangue in superficie.
Mi ero strofinata i polsi e la fronte con l'acqua bollente per fingere una seppur lieve, ma persistente febbre e per il mal di testa mi era bastato ciondolare mollemente contro il petto di Cal e mugolare strane risposte all'interrogatorio della Maialetta.
-Bene, vai pure, ma domani mi aspetto che tu sia in anticipo- dieci fottuti minuti per darmi il fottuto permesso di lasciarmi andare e altri quindici, bloccati nel traffico, per tornare a casa.
-Luke è ancora nell'armadio?- abbasso il volume della radio e poso i piedi scalzi fuori dal finestrino, mentre il sole californiano mi solletica le dita dei piedi.
-Chiedo updates da cinque minuti, ma Ashton non risponde- mette il telefono sul cruscotto e mi blocca un polso, prima che potessi afferrarlo.
Mi faccio apparire un sorrisetto malizioso all'angolo della bocca e lo guardo socchiudendo gli occhi -qualcosa mi dice che sta mattina fossi bloccato in bagno a spulciare YouPorn e che ora te la stia facendo sotto per la cronologia sporca del tuo telefono- carezzo con un dito la superficie nera del suo IPhone e tolgo la mano quando quella grande e calda di Calum, schiaffeggia il dorso della mia.
Porto l'indice ad un labbro e ce lo poso con la piena intenzione di stuzzicarlo -Non preoccuparti, non guarderò la tua cronologia.- faccio spallucce e tolgo un capello dal tessuto dei miei jeans stretti.
Non stretti quanto quelli di Luke.
Cerco ancora di estorcergli informazioni sul posto magico e fatato nel quale fa compere di tutti i suoi skinny jeans.
Non posso solo rubarli, come mi ha più volte fatto notare Michael, perché Hemmings ha gambe lunghe quanto me e strette quando un bastoncino di legno.
-Non ho fatto nulla con il mio telefono sta mattina, la mia cronologia è pulita- mormora lui, suonando il clacson ad un minivan fermo al semaforo (verde) da almeno cinque minuti.
-Cretino- sussurra tra i denti.
-Allora non ti darà fastidio se lo prendo- alzo le sopracciglia in attesa della sua risposta infastidita -No!- esclama subito, con le guance leggermente arrossate.
-Perché?- muovo le dita nell'aria tiepida al di fuori dell'abitacolo e guardo i suoi capelli riccioluti con la coda dell'occhio.
Si morde freneticamente un labbro pieno, alternando gli occhi dalla mia figura stesa sul sedile in pelle alla strada affollata.
-Lo sai che mi da fastidio- borbotta squadrandomi velocemente ed arrossendo vigorosamente, guardando il mio seno.
Ridacchio e copro il pezzo di pelle che la felpa grande e lasciva aveva scoperto.
E' carino.
Ed è anche il mio migliore amico. Uno dei quattro.
Distolgo lo sguardo con nonchalance e lo punto al tappetino della macchina, vuoto.
Controllo nello specchietto retrovisore e vedo il mio zaino della vans, rigorosamente nero, buttato ed in bilico sui sedili posteriori.
-C'è qualcosa che ti turba?- non gli rispondo, cercando di tenere i commenti sarcasticamente sprezzanti nella mia bocca, ma la gola fa quasi male.
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Vivere con i 5SOS (cinque sotto un tetto)
ФанфикDavvero serve una intro? Avanti, il titolo è più lungo delle gambe di Hemmings. Solo una grande accozzaglia di situazioni, spero divertenti, nate da una semplice domanda: come sarebbe vivere con i 5SOS? Highest: #19 in funny