Twelve ?

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Se mamma mi avesse sentito sbattere la porta (ma che dico?) se mi avesse anche solo sentito accostare la porta provocando un sibilo, creato dall'attrito del legno contro lo stipite, mi sarebbe corsa dietro con una ciabatta in una mano e una pantofola con lo zoccolo di legno nell'altra.

Ovviamente mento.

Mia mamma non correrebbe, mai. Al limite la vedreste sostenere quel suo passo da "signora della morte" e impacchettare il suo solito sorriso gentile nello sguardo della furia assassina alla "ora che ti prendo ti faccio uscire un dente dal deretano".

La cosa positiva del vivere a Los Angeles, oltre il sole perenne, l'aria umida e i capelli che mi si arricciano alla base del collo (ah, ovviamente anche l'alone sudato sotto le ascelle alle sette di mattina dopo una doccia di due ore e mezzo) è il vivere a Los Angeles con una banda di ragazzi di età (parliamo di quella mentale) compresa tra i cinque e i dodici anni.

Dico dodici perché a dieci anni non ti scopi la tua ragazza contro un muro, né sfondi la porta scorrevole della doccia praticando sempre la stessa attività disgustosamente illecita. (Riferimenti ad Ashton Fletcher Irwin, australiano, settanta chili (ma anche ottanta) per un metro e un broccolo fritto, puramente ed accuratamente scelti da me).

Quindi, incazzata come sono, posso anche scardinare la porta della mia magnifica stanza senza che nessuno mi rompe il cazzo (che per giunta non ho. Tecnicamente).

Naturalmente, come per ogni cosa, c'è anche il lato negativo di tutta questa faccenda dell'avere sedici anni a malapena e un tutore legale di età mentale pari ad, appunto, dodici anni. (undici e mezzo).

Il problema è che non puoi fare una scenata che termini con una decente uscita ad effetto (con tanto di sculetto e schiocco di dita) che tre energumeni altri un metro e ottanta (Luke sarà tipo due metri e una patata) ti seguono come se avessi una salsiccia al posto di un polpaccio e loro non vedessero carne da due mesi e mezzo.

Ammetto che con le similitudini faccio schifo, ma per la mente mi passano solo pensieri orribili su come spezzare il collo di Ashton senza farlo morire troppo velocemente.

Quando mi siedo sul letto, con la schiena rivolta verso la porta, ho già realizzato da un bel pezzo che una morte lenta e dolorosa non può coinvolgere né lo strangolamento, né l'utilizzo di puntine di ferro.

Lancio un'occhiata dispiaciuta e malinconica alla scrivania, guardando con la coda dell'occhio il mio barattolo di spille e puntine colorate. Sarà per la prossima discussione.

-Non dovevi andartene così- la voce da canarino sgolato di Michael mi raggiunge all'istante, la porta sbatte contro il muro e ci manca davvero poco che mi giro per lanciargli una sardella di quelle super.

Desidero avere gli arti sganciabili, così da non dovermi alzare ma da poter comunque prendere a calci la faccia di chiunque mi scassi le palle in momenti tanto ... non adatti alla rottura di palle.

-Infatti ho aspettato anche troppo- quasi mi mordo il polso di una mano, cercando di tapparmi la bocca, ma proprio non ci riesco. Per me è andare contro la mia natura, violazione di un codice d'onore stabilito con me stessa, beh ... non l'ho mai fatto, ma se dovesse avere un codice d'onore con me stessa, includerebbe il "stai zitta anche quando non dovresti". Sicuramente.

-Dovevo alzarmi più o meno quando è entrato in cucina con il grembiule da cuoco fallito mezzo slacciato- faccio una smorfia e mi tengo una mano schiacciata contro il materasso.

Ora mi prendo a schiaffi.

Sta zitta, sta zitta, sta zitta.

-Avresti dovuto rispondergli senza rabbia. Avreste dovuto conversare e non discutere- ora è Luke a parlare. Riconosco, oltre alla voce da gigante buono, il tremore nella voce quando mi parla.

Vivere con i 5SOS (cinque sotto un tetto)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora