Fourteen

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-Io sto uscendo- tiro su i jeans velocemente, graffiandomi un dito con la mia stessa unghia e rompendo il gancetto della cerniera.

-Porca troiottola- borbotto con voce bassa, piroettando su un piede per la stanza.

Mi fermo con i calzini bucati all'alluce (come ogni teenager che si rispetti) e mi guardo una gamba nuda arricciando le dita nella stoffa sgualcita.

Devo depilarmi, ma calcolando il tempo per una doccia, per asciugarmi i capelli e per vestirmi di nuovo, uscirei domani mattina per le nove.

Butto la testa indietro e lascio andare la stoffa stracciata dei jeans, piegando le ginocchia e infilando le dita tra i capelli corti e piastrati di recente.

I nodi mi invadono la cute, penso che se provassi a passarci anche solo un dito in mezzo, mi troverei calva.

Dio, perché mi hai fatta nascere con dei capelli tanto merdosi?

In cinque minuti do un'occhiata alla sveglia e calcolo mentalmente tempi per risultare pronta, prima che Blue Jeans decida che aspettare una ritardataria come me non sia esattamente il suo passatempo preferito.

È escluso che io riesca ad essere in caffetteria per le cinque, ma conto di arrivare prima delle sei.

Squadro l'armadio lasciato aperto e un paio delle mie maglie preferite lasciate a perire a terra.

Le mutande della nonna che ho scartato formano una scia di stoffa lucida ed elasticizzata dal cassetto affianco al letto, fino alla porta e giù per un paio di metri in corridoio.

Non ho intenzione di farmi infilare due dita nelle mutandine (non prima della quarta uscita, almeno) ma presentarmi ad un appuntamento (spero per lui che lo sia) con le mutandone extra elasticizzate della nonna non è esattamente il massimo.

Infilo il nastrino del perizoma (scusatemi ma è l'unico prototipo di mutanda sexy che possiedo) e mi sento subito iper scomoda.

Ora mi domando come certe modelle possano sopravvivere con un laccio incastrato tra le chiappe.

Mi tormento per adocchiare un altro paio di jeans che mi strizzino le gambe come il paio che ho brutalmente ucciso, ma tutto ciò che riesco a racimolare dalla pila disordinata formata dai miei vestiti, sono un paio di leggins bucati.

Sbuffo e con una gamba infilata nei jeans zampetto in corridoio, fino alla stanza di Luke.

Do una spallata alla porta e mi trovo nella situazione più ambigua e scomoda dell'intero universo.

Se conoscessi un'altra lingua, oltre all'italiano e all'inglese, siate sicuri che a quest'ora avrei consumato tutte le bestemmie possibili e immaginabili in quella lingua.

Ma alle medie ho solo studiato un po' di francese e per inciso, l'unica cosa che ricordo con sicurezza è che la forma interrogativa mi da altamente al cazzo.

Qualcosa con esc-ce-pas-qua-ce, non ero un granchè (diciamo pure che la professoressa non era la mia più grande fan) ma io scrivevo l'alfabeto con le penne colorate e avevo un quaderno semi-integro.

Quella stronza non apprezzava la mia r moscia e gli sputacchi occasionali. Non capiva che un vero francese sputa e arrotola la lingua esattamente come facevo io.

Se potessi ricordare anche una sola delle parolacce che io e Federica cercavamo su google traduttore, adesso la userei con piacere.

-Datemi una sola buona ragione. Una sola, buona ragione per cui voi due dovreste stare nudi in un solo letto alle cinque e zero due del pomeriggio e io non dovrei scattare una foto e postarla su twitter-

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