La vera amicizia e la prigione d'oro.

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Era stata portata nel dormitorio delle ragazze -o quello che ne rimaneva- d'urgenza ed era stata fatta sedere su uno di quei letti che ancora potevano chiamarsi tali. Il corpo inerme di Calì era stato portato via dai professori. Harry, incapace di starle accanto, aveva ceduto il ruolo da migliore amico/spalla su cui piangere, alla fidanzata Ginny Weasley; quest'ultima riportava un grosso e profondo taglio sulla fronte, medicato abilmente da Madama Chips. Ron, in piedi immobile accanto all'amico, fissava le due ragazze con sempre maggiore apprensione. Hermione era stata incapace di parlare. Non era riuscita nemmeno a dire una parola, emettere un verso, qualunque cosa.

Non avrebbe mai voluto che i suoi amici venissero a conoscenza di quel segreto in quel modo; non voleva lo scoprissero e basta. Non ancora.

Era tutto un'incertezza con lui: era iniziato tutto quasi come uno scherzo, uno scherzo di cattivo gusto. Uno scontro al momento sbagliato nel posto sbagliato. In una giornata sbagliata.

« Hermione... » ed eccola lì, l'unica capace di dire qualcosa, la piccola coraggiosa Weasley nata in una casa con troppi maschi, ma che aveva comunque sviluppato una non indifferente sensibilità. La ragazza chiamata in questione alzò lo sguardo per la prima volta e lo posò sull'amica.

« Hermione... » la chiamò ancora, ma venne interrotta da una parola di quest'ultima « No. » aveva detto prima di scoppiare a piangere e a rannicchiarsi contro l'amica.

Ginny l'aveva stretta e la dondolava come si fa con una bambina impaurita e spaventata. In quel momento entrò la professoressa McGranitt con gli occhi spalancati e le mani tremanti.

« Potter... » chiamò l'insegnante « Ho bisogno di voi tre nel mio ufficio... oh ma che dico! Non importa dove parleremo, ho bisogno di parlare con voi di ciò che è appena successo. »

Harry e Ron si guardarono « Professoressa, non credo che adesso sia il momento... » rispose quest'ultimo, grave.

« Non è mai il momento, Weasley » sentenziò la donna ancora tremolante ma capace in ogni caso di mantenere un controllo degno di invidia e un comportamento sempre adeguato anche nelle situazioni più estreme.

Ron non trovò più niente da ribattere e annuì in silenzio mentre Hermione si scostava da Ginny e si alzava in piedi, affiancando i suoi amici.

« È stato un attacco a sorpresa. Sono penetrati nella scuola con un aiuto interno e ci hanno attaccato. Volevano Harry e forse qualcos'altro. Non eravamo preparati... » prese pochissima aria mentre raccontava tutto l'accaduto, come se volesse liberarsene al più presto. Come se potesse sentirsi più leggera rivelando tutto quello che era successo.

Eppure le lacrime erano ancora lì, e non l'avrebbero abbandonata facilmente.

La McGranitt la guardava come si guarda una persona per cui si prova compassione, vedeva il dolore che provava, lo sentiva dalla voce incrinata, dal tremolio delle braccia e delle gambe, dagli occhi arrossati. Ascoltò la sua allieva con molta attenzione e rifletté a lungo sulle sue parole.

« Un aiuto interno? » domandò aggrottando le sopracciglia « Che tipo di aiuto? »

« Non saprei risponderle professoressa... »

« Per me è stato Malfoy... » di tutte le cose sbagliate che Ron avrebbe potuto dire -e ne diceva in gran quantità ogni giorno-, aveva sicuramente scelto la peggiore e la più inadeguata. Tutti si voltarono a fissarlo e quando si rese conto dell'assurdità che aveva appena proferito, s'incavò nelle spalle abbassando lo sguardo. Hermione era rimasta in silenzio. Lo guardava comunicando più cose di quante sarebbe riuscita ad esprimere parlando.

Harry diede uno schiaffo sulla testa di Ron e questi non osò lamentarsi oltre.

« Grazie signorina Granger. Andrò a parlare anche con gli altri studenti... magari sapranno far luce su questa faccenda. Siete stati coraggiosi. » l'insegnante, dopo aver rivolto un ultimo sguardo ai suoi alunni, uscì a passo veloce dalla stanza con il suo mantello svolazzante.

Il suono dei sussurri e il candore della neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora