Jennifer era scalza, all'impiedi sul tavolo della cucina, con il cilindro della carta assorbente che le faceva da microfono. Se qualcuno al Daisy Dream le avesse detto che si sarebbe trovata lì, sul tavolo, a cantare una canzone degna di un sadista, lei avrebbe riso nel modo più sarcastico possibile.
Ma era Toby il re del sarcasmo, così come il genio che aveva scelto "Hatefuck" come prima cover sperimentale del loro piccolo complesso.
Toby non era un genio alla tastiera, così come nessuno di loro lo era a suonare: Jennifer faceva facce strane ogni volta che doveva alzare tono, Lynn era molto più brava alla chitarra che al basso e Toby... oh, lui ce la stava mettendo realmente tutta, e non soltanto nel suonare.
Jennifer l'aveva già notato: aveva visto il suo modo di muoversi e gli scatti che aveva. Durante quella giornata che era rimasto a casa sua, poi, aveva avuto il modo di conoscere la parte che Toby aveva tenuto ben nascosta. Oltre quella corazza di rabbia, sarcasmo ed indifferenza, Toby era... un idiota.
Un cretino a trecentosessanta gradi, per la precisione. Non aveva fatto altro che fare battute stupide, e con Annie avevano parlato di paperelle ed anatroccoli. Aveva cominciato a minacciare le stoviglie di uccidere la teiera se non si fossero lavate da sole, ed aveva composto si e no tre canzoni che parlavano di un albero rosa, discriminato dagli altri alberi.
Per quanto aveva potuto ridere, Jennifer aveva ancora male alla pancia.
Toby la faceva sentire... libera. Per una volta aveva un amico reale che non la obbligasse a baciarlo, e non doveva più mostrare le cosce a nessuno.
Quando lo abbracciava, non sentiva il fastidioso odore del dopobarba, ma il reale profumo della sua pelle, e questo le stringeva il petto in una morsa, facendole accelerare il cuore. Più e più volte durante il giorno aveva dovuto coprirsi il rossore delle guance, mentre Toby ne diceva una delle sue per farla ridere.
Lynn, di contro, era distrutta. Quando non rideva o giocherellava col basso, calava le palpebre per cacciare dietro le lacrime. Jennifer sapeva che la sua rottura con Marilyn era stata disastrosa, ma non voleva parlarne davanti a Toby. Almeno non fino a quando Lynn non avesse deciso di aprirsi con lui...
L'idea della band, ovviamente, era di Annie. Lei era rimasta a guardare e a girare un video mentre suonavano, e adesso si preparavano ad inviarlo ad un amico di Lindsay. Se il loro modo di suonare gli fosse piaciuto, sarebbero andati a esibirsi sabato stesso. La paga era esigua, ma era pur sempre un buon inizio.
-Brindiamo alla nostra band!- annunciò Lynn, che aveva portato un vino scadente per l'occasione.
-Ai Failure Marmalade!- gridarono in coro, prima che i bicchieri picchiassero gli uni contro gli altri e loro iniziassero a bere.
Pochi minuti dopo, il cellulare di Lynn squillò, e lei lesse il messaggio. Poi, alzò lo sguardo e disse in aria teatrale:
-Jennifer, complimenti per il lavoro: sei una cantante, adesso.-
Il sorriso che si disegnò sul volto di Jenny fu così radioso che Toby non fu in grado di dimenticarsene, e lo portò con sé fino all'istante prima di addormentarsi. Dopo un anno di tenebre e follia, stava finalmente collezionando dei ricordi felici.
Dopo un anno di tristezza, finalmente il suo cuore batteva per qualcuno.-Pronto, Toby? Sei arrivato a casa?-
Jennifer lo aveva chiamato nel bel mezzo della sua passeggiata serale, verso le due di notte. Se n'era andato da casa sua mezz'ora prima, dopo un brindisi grandioso grazie al quale aveva dovuto riaccompagniare Lynn a casa. Almeno, adesso, sapeva qual'era il motivo per cui i suoi l'avevano cacciata di casa: l'avevano sorpresa insieme ad una certa Marilyn, e dopo una settimana di odio familiare ed angosce, era stata la stessa Lindsay a volersene andare. Almeno, i suoi la mantenevano ancora.
Purtoppo la storia con Marilyn era finita, e Lynn sosteneva che fosse colpa di una certa associazione che si arricchiva alle spalle di qualcuno... e poi aveva iniziato a farfugliare e Toby non ne aveva capito più nulla.
-No, sono a metà strada, perché lo chiedi?- le rispose Toby, al telefono.
-Io... ecco, ti volevo sentire. E volevo anche ringraziarti...-
Toby sentì un pugno allo stomaco nel decifrare la prima frase: "ti volevo sentire". Davvero!? Lei stava cercando lui? Lo trovava anche solo lontanamente piacevole?
-Ma non hai bisogno di ringraziarmi...- farfugliò lui. Jennifer sembrò esitare:
-Oh, sì! E anche Lynn, per avermi aiutato a trovare un lavoro...-
-Oh, ma figurati! Dovrei essere io a ringraziare te, piuttosto!- lui rise, e Jennifer sussultò di nuovo.
-Ma perché!? Io cosa ho fatto per te?- ribadì la ragazza. Toby assunse il tono più tenero che era capace di sfoggiare, e bisbigliò nel microfono:
-Per essere stata te stessa, Jennifer. Per aver superato la tua maschera di tatuaggi e borchie ed essere stata vera. Buonanotte...-
-Toby, io non ho parole...- si affrettò a dire lei, prima che lui chiudesse. Toby sentiva ancora quella sensazione che lo schiacciava, stavolta ancora più forte delle precedenti. Jennifer non lo stava solo cambiando, lo stava guarendo da quel niente che lo infestava.
-Allora non dire niente... ssh...- sussurrò anche questo, senza un motivo ben preciso, e si immaginò di trovarsela davanti: un metro e cinquantasette in pantofole, con i capelli scombinati ed il trucco sfatto. Era più bella la Jennifer che l'aveva accolto quella mattina, che quella tutta agghindata e perfetta che aveva conosciuto in webcam. Dio, come l'aveva fatto innervosire quel suo lato di lei. Ma adesso era diverso. La ragazza che aveva cantato sul tavolo era l'unica Jennifer di cui aveva bisogno, senza bisogno di trucco o filtri per migliorare le foto.
-Buonanotte, Toby...- bisbigliò lei. Toby si immaginò le sue labbra mentre pronunciava il suo nome, e con le gote rosse si chiese che sapore potessero avere.
-Buonanotte, Jenny...- rispose lui. Fu una volta chiusa la chiamata, che la sua gioia divenne lentamente tristezza.
-Credi veramente che lei possa amare te? Sei diventato scemo?-
Eccole: ancora prima che potesse avvertirle, le voci erano arrivate. Volevano buttarlo giù, e non si sarebbero fermate sino a quando non fosse morto.
Poi, Toby si trovò a terra, riverso sul marciapiede. La sua spina dorsale venne attraversata da un brivido, e quello fu l'unico segno che gli disse di essere stato colpito alle spalle.
Si voltò, scoprendo il suo corpo stordito dal colpo. Davanti a lui, c'erano l'energumeno del Daisy Dream ed altri due uomini armati di bastoni.
Toby venne colto dall'impeto della paura: lui non poteva sentire dolore, era vero, ma quei tipi non si sarebbero fermati fino a quando le sue ossa non avrebbero prodotto un sonoro "crack!".
Un calcio lo fece cadere di nuovo all'indietro, e lui fece come aveva fatto Annie: si raccolse il posizione fetale, e si parò la faccia con le mani. Sentiva gli organi contorcersi ad ogni colpo, ed un calcio al braccio gli lussò la spalla. Soltanto una recita avrebbe potuto salvarlo, adesso, anche se sarebbe equivalso a supplicare.
Gridò e si dimenò per terra, come avrebbe fatto una sua vittima, e finse di provare un dolore accecante. Aumentò la respirazione e spalancò gli occhi, lasciando scoperto il viso. Dopo questo, sperava si sarebbero fermati.
Il loro capo si abbassò su di lui, e gli sussurrò in un orecchio, soffiandogli sul collo.
-Stammi a sentire, marmocchio: tu puoi fare tutto quello che vuoi, qui nella nostra Suburbia. Tutte le nostre donne con paga adeguata saranno a tua completa disposizione, e se vuoi ascoltare la tua musica da cani fai pure, ma non dimenticare mai una cosa...-
Ci fu una pausa, poi quello che giunse all'orecchio di Toby lo ferì come una lama. Poteva sentire lo stesso dolore che aveva finto fino adesso, solo trasferito sulla sua sfera emotiva. Il mondo gli stava cadendo addosso, e nessuno poteva salvarlo. Nemmeno le voci.
-Jennifer appartiene a noi, chiaro?-
Gli schiacciò la faccia sul marciapiede e gli diede un calcio allo stomaco. Toby sentì un conato di vomito risalirgli lungo la gola, ma una volta aperta la bocca, sputò una sostanza rossa e vischiosa.
Sangue, misto a saliva. Più sangue di quanto ne avesse mai perso in tutta una vita, che si diffondeva sul marciapiede e gli sporcava i capelli ed i vestiti.
-Lasciate... stare Jenny...-
Farfugliò, mentre lacrime si univano alla pozza di sangue. Purtroppo, i tre se n'erano già scappati. No, non poteva finire così. Lui doveva combattere, Jenny doveva salvarsi, doveva essere felice...
Doveva amare chi amava, anche se non si fosse trattato di lui.
Avrebbe dato la vita perchè lei si fosse salvata da quel destino, ed avrebbe vomitato tutto il sangue che aveva in corpo pur di proteggere il suo sorriso.Jennifer aveva in mano un intero tubetto di aspirina, e guardava le pillole sul palmo della sua mano come se non ne avesse mai viste in vita sua.
Quelli del circolo le avevano offerto ancora soldi, l'avevano riempita di lusinghe, e le avevano giurato che quello che avrebbe guadagnato sarebbe bastato per assicurare una vita felice ad Annie. Doveva soltanto lavorare per loro, ed il gioco di squadra sarebbe stato vantaggioso per tutti. Non avrebbe perso la dignità, dicevano, ed i clienti erano tutti persone per bene.
Ma lei aveva troppa paura. Erano meno spaventose le pillole, rispetto al futuro che la stava attendendo. Sapeva di dovere scegliere fra la morte ed una vita di tristezza e rimpianti.
-Spero che potrai perdonarmi...- bisbigliò, guardando in alto.
Proprio mentre stava per ingerire le pillole, però, i suoi pensieri andarono a Toby.
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What lies Beneath {Ticci Toby}
FanfictionToby non ha mai avuto un assaggio di vita vera. Non ha mai frequentato nessuno al di fuori della sua famiglia, e non conosce quella belva famelica della società. Che può saperne lui di quella classe fredda e povera, che si vende per guadagnare l'omb...