Toby era seduto ad un tavolo, al centro di una stanza. Stava giocando con le fasciature sulle mani, e si sentiva male. Era come se avesse un peso schiacciante sul petto, ma l'ansia gli impediva di piangere. Era come se fosse morto qualcuno, e Toby sapeva di non essere colpevole.
Alzò piano il collo, e si accorse della luce che proveniva da sopra di lui. Era una lampadina singola, in un lampadario al centro del soffitto. Davanti a lui, due uomini vestiti di blu lo guardavano a braccia conserte, e lui capì di essere in una stanza per gli interrogatori.
-Credi che non sappia cosa ci sei venuto a fare qui, Tobias Rogers?- chiese uno dei due poliziotti, spazientito. Toby lo guardò in faccia, e venne preso da un senso di disperazione.
-Ditemi cosa volete sapere...- farfugliò, scoprendo di avere la gola secca. Doveva aver pianto tanto, perché si sentiva sfinito ed aveva gli occhi gonfi.
-Dicci quello che vogliamo sentire,Toby.-
Toby si alzò in piedi, guardando negli occhi l'agente dinanzi a sé. Si sentiva d'un tratto arrabbiato, e avvertiva la mancanza dell'accetta nella sua mano destra.
-Non c'era un movente per questo crimine: Jenny era mia amica!-
A quelle parole, il poliziotto che non aveva parlato si portò sotto il raggio di luce, e Toby riconobbe l'uomo del bar. Ancora lui. Ancora una volta...
Toby cercò di reagire: voleva ucciderlo, voleva ucciderlo adesso! Lui doveva morire, non avrebbe avuto Jennifer, mai!
Gli portò le mani al collo, e lo spinse al muro. Lo riempì di pugni, e l'altro agente guardò senza far nulla.
-Ma a cosa serve, ora che è morta?-
Quelle parole lo soffocarono, e Toby si sentì ingoiato dal pavimento. Vide delle piume volare attorno a sé, ma prima di risvegliarsi udì:
-Phantome Boulevard, 145.-Toby spalancò gli occhi, svegliato dalle note liquide di Hatefuck, e scoprì che un raggio di luce penetrava già dalle serrande rotte della soffitta.
Accanto a lui, il cellulare stava squillando insistente.
Si alzò dal pavimento sul quale si era addormentato, e provò a mettersi in piedi. Purtroppo, un capogiro lo costrinse a cadere di nuovo al suolo.
Allungò il braccio per rispondere, e fece del suo meglio per non rantolare. Si sentiva spossato, ed il suo corpo era così gonfio da rendergli impossibili i movimenti.
-Toby...-
Quando la voce di Jennifer lo accolse, lui sgranò gli occhi.
-Jenny!- esclamò. Cos'era stato quello strano sogno? Perché aveva sognato la morte di Jennifer!?
-Toby... ho bisogno di te. Sono a casa di Lynn e... è successo un casino.-
-Jennifer, non ti muovere. Sarò lì in venti minuti, va bene?- il suo tono era affannato, e Toby capì in ritardo di avere il fiatone ed i polsi deboli.
-Spero tu possa fare qualcosa, giuro...-
La voce di Jennifer era deformata, e lei sembrava sul punto di piangere. Lui si sentì morire realizzando questo dettaglio.
-Tu stai bene?- chiese semplicemente.
-Sì, ma devi raggiungerci, ti prego.-
-Sto arrivando.-
Toby si affrettò a chiudere, e si controllò i vestiti: la sua maglietta era imbrattata di sangue, e non avrebbe mai potuto uscire con quella addosso. Doveva cambiarsi, e per questo doveva mettersi in piedi.
Si alzò con lentezza, saggiando il terreno ed aiutandosi col bracciolo della poltrona. Gli ci volle almeno un minuto prima di riconquistare la postura eretta, ed appena ci fu riuscito le sue ossa produssero un concerto di schiocchi.
Ripensò alla notte prima, e si sentì male.
Jennifer non apparteneva a loro. Jennifer apparteneva a se stessa. Loro non l'avrebbero mai avuta, per nulla al mondo. Doveva proteggerla, doveva fare di tutto perché non la trascinassero con sé. Lei non si sarebbe venduta alla notte, almeno sino a quando lui fosse rimasto in vita.
Si tolse la maglietta, e si guardò i lividi: per una persona normale il dolore sarebbe stato disabilitante, ma lui ne era immune. Il livido allo stomaco, poi, aveva un colorito che variava dal nero al verde ossido, ed era il più gonfio di tutti.
Ma loro non avevano idea di chi fosse lui; non sapevano che lui era Ticci Toby, e che non si sarebbe arreso davanti a nulla, pur di avere Jennifer."Non avrò alcuna pietà di te,
Tu non hai avuto pietà di me"Mentre la metropolitana si fermava alla Bocca del Diavolo, le strofe risuonavano chiare nella testa di Toby. Si sentiva... arrabbiato, e non era per colpa delle voci. Aveva I nervi a fior di pelle, ed un tic ogni minuto. Aveva voglia di uccidere, ma era perfettamente in sé. Voleva soltanto farla pagare a quei vermi, e fare in modo che Jennifer fosse libera da loro. Libera di essere felice.
Salì le scale a due a due, e presto fu dinanzi alla porta di Lynn. Oltre quella, poteva sentire delle grida e dei rumori provenire dall'interno.
Quando la serratura scattò, Jennifer lo prese per la maglietta e lo lanciò dentro casa.
Toby non ebbe nemmeno il tempo di salutarla, che si trovò davanti una scena raccapricciante: una ragazza dai lunghi boccoli rossi si stava contorcendo sul divano in preda agli spasmi, e Lynn stava cercando di contenere la sua crisi abbracciandola. Lei la respingeva, ma Lynn continuava a tenerla con sempre maggiore forza.
-Lynn, lasciala...- intervenne Toby, avvicinandosi alla ragazza dai capelli rossi. Lynn obbedì e lui cercò di avvicinarsi a lei, che lo guardava con occhi sgranati. Le sue pupille erano dilatate, e sembravano vitree, lo sguardo assente.
-È stata drogata...- sentenziò lui. Poi le guardò i polsi: erano rossi, e in più punti la pelle era sollevata e tagliata. Qualcosa doveva averla tenuta ferma per molto, molto tempo.
Toby si sedette accanto a lei, e lei si calmò di botto, prendendo a fissarlo con occhi assenti.
-Perché non avete chiamato l'ambulanza?- domandò, ricambiando lo sguardo.
-Toby, Marilyn è...- bisbigliò Jennifer, cacciando via una lacrima. Toby capì subito, e gli ci volle un solo istante per mettere insieme i pezzi del puzzle: loro volevano Jenny, era lei il diamante grezzo; Marilyn non gli serviva più. Era un ricatto per farle capire che se non avesse lavorato per loro, loro avrebbero ferito chi amava.
Lynn stava piangendo sconvolta, non sapendo come reagire dinanzi lo sguardo vitreo dell'amata.
-Lynn, devi chiamare qualcuno. Ha subito una violenza, la polizia non dirà niente riguardo le sue attività illegali...- cercò di persuaderla Toby. Marilyn sembrò recepire le sue parole, e cominciò ad urlare una seconda volta, facendosi prendere dagli spasmi.
-Lynn! Chiama un'ambulanza, subito!- gridò Jennifer. Toby la guardò sconvolto: aveva le guance rosse e gli occhi in fiamme, eppure si era riscossa ed aveva preso in mano un lembo della situazione. Aveva abbandonato una parte della sua debolezza ed aveva reagito. Facendo così, forse, sarebbe riuscita a non cadere nella trappola di quei vermi. Stava reagendo alla minaccia.
Toby non ci vide più, e compose il numero d'emergenza sul proprio cellulare. Lynn saltò in piedi e cercò di fermarlo:
-No! No! La porteranno via da me! Lo faranno di nuovo!- strillò con quanto fiato aveva in corpo. Jennifer la prese per i polsi e la costrinse a sedersi di nuovo.L'operatore dell'ambulatorio aveva risposto. Presto sarebbe tutto finito.
Marilyn si stese dormiente sulla moquette, e Lynn si mise accanto a lei, per accarezzarle la testa. Iniziò a baciarle la fronte, e si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle:
-Non importa cosa ti hanno fatto. Ti amo.-
Toby venne percorso da un brivido gelido al suono di quel l'ultima sentenza, ed il suo stomaco si attorcigliò su se stesso.
La sensazione di vuoto arrivò quando Lynn posò un bacio sulle labbra di Marilyn. Allora Toby ebbe l'orrenda consapevolezza di essere sempre stato solo.
Si voltò in direzione di Jennifer, e scoprì che lei lo stava guardando. I suoi occhi brillavano di una lieve luce verde, e le sue labbra erano leggermente schiuse in un'espressione rilassata, tagliate a metà dall'anellino. Lui non aveva più forze. Era stato pestato ed aggredito dagli incubi, ma adesso voleva una tregua. Adesso voleva un gesto di felicità, una prova del fatto che Jenny non si sarebbe mai venduta, e che lei apparteneva solo a lui. Tutto ciò che voleva era un suo bacio.Rimpianse parecchio quel pensiero, quando l'ambulanza portò con sé Marilyn, e Lynn volle venire con lei in ospedale. Adesso erano soli, e ne erano spaventati a morte.
Toby prese a guardarsi le mani: c'era voluto parecchio prima che smettesse di mangiarle, e adesso la pelle era sfaldata, a chiazze sulle punte delle dita. Stava già pensando di andarsene, quando Jennifer lo fermò.
Le sue braccia si allacciarono dietro il suo collo, e lei poggió la testa sul suo petto, aspettando di essere stretta.
Quello non era un abbraccio come un altro, e Toby lo sapeva. Prese ad accarezzarle la schiena con un certo timore, soffermandosi sulle pieghe della maglietta. Sentiva dentro di sé un calore insostenibile, e presto le guance gli diventarono rosse.
-Jenny... voglio parlarti.- bisbigliò.
Aveva usato un tono sottile, ma Jennifer lo udì comunque. D'un tratto la mano di Toby fu stretta in quella di Jennifer, e lei disse:
-Seguimi...-
Lo scortò fino alla camera di Lynn, e si richiuse la porta alle spalle. Oltre qualche fascio di luce che illuminava chiaramente il letto, la camera era buia e non potevano vedersi. Solo sentirsi.
-Non lo fare, ti prego...- sussurrò Toby. Jennifer lo strinse di nuovo a sé, e ridacchiò:
-Fare cosa?-
Il suo cuore era impazzito. Cosa sarebbe successo?
-Non venderti, Jennifer. Tu sei molto più di questo. Sabato possiamo suonare e racimolare soldi, tu puoi vivere da tua zia ma ti prego: non appartenere mai a loro...-
I loro corpi si stavano facendo ancora più vicini, e Toby poteva sentire il fiato di Jennifer sul suo collo. Era una sensazione stupenda, ed il suo profumo lo mandava in ecstasy.
-E allora a chi appartengo?-
La voce di Jennifer era più che bassa, ma Toby la sentiva. La sentiva dentro di sé, e rimbombava assieme all'eco del suo cuore. Non c'era modo di tornare indietro: l'avrebbe fatto adesso. Doveva.
Voltò appena la testa, e le sue labbra raggiunsero quelle di Jennifer. Sentiva il freddo dell'acciaio ed il sapore della carne e, dentro di lui, qualcosa aveva preso a danzare. Era una dolce armonia che si contrapponeva alle voci, e quelle labbra sapevano di vita, erano carne pulsante e lo facevano sentire amato. Per una volta, Toby era felice per davvero.
Lei gli impose un ritmo più rapido, che Toby non rifiutò, e sotto la provocazione lui si staccò da lei, solo per affondarle i denti alla base del collo.
Non aveva stretto tanto, ma dalla bocca di Jennifer era nato un rantolo soffuso. Subito, lei aveva reagito spingendolo verso il letto.
-Jenny, ti ho fatto male?- si affrettò a chiedere lui impacciatamente. Lei non sembrava arrabbiata, e in un secondo gli fu addosso, pressando nuovamente le labbra sulle sue. Solo in quel momento Toby capì a che gioco stava giocando.
A quel punto, soffocato dall'immagine di Jenny a cavalcioni su di lui, fece la cosa più idiota di sempre: si sfilò la maglietta.
Fu quando Jennifer si allontanò per prendere fiato, che la sua faccia divenne un misto fra il disgusto e lo sgomento.
Nella fioca luce della stanza, lei aveva visto i lividi.
-Toby, che cosa hai fatto...?- chiese lei, atterrita.
-Jenny, io voglio soltanto proteggerti... non sono il ragazzo debole che credi io sia, posso sopportare più di questo...-
Troppo tardi: lei indietreggiando si era avviata verso il fondo della stanza, ed aveva già una mano sulla maniglia della porta. Toby si sentì nudo e spaventato dall'assenza del suo contatto, e tutto ciò che riuscì a fare fu guardarla negli occhi da oltre i raggi di luce.
-Toby, stammi lontano. Devi starmi lontano...-
Lui non ebbe il tempo di replicare, che lei fuggì via sbattendosi la porta alle spalle.In quel momento, Toby si rese conto di essere rimasto solo.
Di nuovo.Adesso, in lui c'era il silenzio. Nessuna cacofonia, solo silenzio.
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What lies Beneath {Ticci Toby}
FanfictionToby non ha mai avuto un assaggio di vita vera. Non ha mai frequentato nessuno al di fuori della sua famiglia, e non conosce quella belva famelica della società. Che può saperne lui di quella classe fredda e povera, che si vende per guadagnare l'omb...