11. Find a way

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Toby era immerso nel bianco delle lenzuola, a rigirarsi nel letto nel tentativo di prendere sonno. Ma ogni volta che chiudeva gli occhi, risentiva le labbra di Jennifer sulle proprie. Sentiva il suo tocco ed i suoi fianchi pressati forte contro i propri.
Poi, per ultimo, sentiva le sue parole, e desiderava morire.
Lui voleva soltanto proteggerla... avrebbe sopportato molto più di questo: tutte le avversità, le sfide, e l'odio... Lui avrebbe combattuto contro il mondo, per potere avere Jennifer. Per farla propria...
Ma avrebbe lottato invano. Lei non l'amava, lo sapeva già.
Appena prima che le sue lacrime si tramutassero in una crisi di pianto, il cellulare squillò emettendo la solita melodia. Toby si sentiva troppo stanco per parlare...
Ma appena vide che il numero sul display era il fisso di Jenny, si buttò letteralmente sul cellulare e si affrettò a rispondere. Si spaventò da solo quando sentì la propria voce deformata:
-Pronto?-
-Toby!-
Toby sussultò: era Annie.
-Annie?-
-Toby, io... non riesco più a raggiungere Jennifer. Ha il telefono spento ed è quasi mezzanotte... ho troppa paura, io...-
Annie singhiozzava, e le sue parole erano interrotte e piangenti. Toby sentì il cuore esplodere, e fu impossibile imporre a se stesso di stare calmo.
-Annie, aspettami in linea...- bisbigliò.
Compose il numero di Jennifer più e più volte, ed altrettante provò a chiamarla, sino a quando la sua visita venne appannata dalle lacrime.
Si gettò contro la parete, ed iniziò a piangere in maniera incontrollata. Dovevano averla presa loro. Non c'era altra spiegazione. Jennifer doveva avere rifiutato di appartenergli, e loro l'avevano presa con la forza...
D'un tratto, si ricordò del proprio sogno: lui era al centro della stanza per gli interrogatori... dopo l'omicidio di Jennifer.
Sentì una rabbia cieca dentro di sé, e si alzò immediatamente. Quando raggiunse il bracciolo della poltrona, vide che alcuni raggi di luna trasparivano dalle serrande, e si riflettevano sull'acciaio dell'accetta.
Allora, e solo allora, si ricordò di quell'indirizzo: Phantome Boulevard, 145.
Sapeva che era un'idea assurda pensare che avrebbe trovato lì Jennifer, ma era l'unico indizio che aveva. Avrebbe potuto girare a vuoto per l'intera Città, ma non l'avrebbe trovata. Valeva la pena tentare.
-Annie, dov'è il Phantome Boulevard?- chiese Toby, serrando il pugno attorno il manico dell'accetta.
-Taglia a metà l'intera Suburbia. C'è la stazione metropolitana lì, non puoi sbagliare.- rispose la ragazza, vincendo le lacrime.
-Barricati in casa e non fare entrare nessuno. Io tornerò con Jennifer molto presto...-
Prima che Annie potesse aggiungere un'altra parola, chiuse la chiamata e prese a guardare l'accetta. Era lucido, e le voci nella sua testa stavano tacendo.
Stavolta l'intento partiva da lui. Stavolta era disposto ad uccidere di propria iniziativa.

-Vieni, mia cara: mi sembri sciupata. Perché non ti siedi sul letto?-
Simeon, soprannominato "Sue" per la donna nuda tatuata sul braccio, era un uomo parecchio impostato, con una grande dose di muscoli in tutto il corpo ed un viso scolpito. Era calvo, ma dal colore della sua peluria Jennifer capì che doveva essere biondo.
-Se lo faccio, voi la smetterete di ferire i miei amici, vero?- domandò lei, guardando il pavimento: era in legno, e molte assi erano marcite e sollevate. L'aria era stagnante e sapeva di muffa, e al centro della stanza c'era un materasso impolverato. Lui l'aveva portata in una specie di rudere, e Jennifer non poteva fare nulla per proteggersi. Doveva rassegarsi: era quello il suo destino. Vendere il proprio corpo sino a rigettare l'anima.
-Oh, piccola bambolina...-
Sue aveva preso ad avvicinarsi a lei con una lentezza snervante, e le aveva poggiato le mani sui fianchi, costringendola alla parete. No, Jennifer non doveva avere paura...
-Tu vedi di fare la brava, e non sentirai niente...-
Lui aveva iniziato a calarsi verso di lei, ed aveva poggiato le labbra sulle sue. Quel contatto dolce durò pochissimi secondi, prima di diventare un bacio possessivo e soffocante.
Jenny provò a vincere il disgusto, a ricambiare, ma lei avrebbe voluto avere Toby lì con sé. Voleva il suo modo di fare impacciato, il suo sguardo tenero e le sue carezze.
Voleva i suoi tic involontari, ed i suoi denti affondati nella pelle. Gli mancava come la faceva sentire, e la devozione che metteva nei baci. Se ci fosse stato lui, lì, Jennifer si sarebbe fatta fare di tutto.
Ma con Sue non era la stessa cosa.
Lei lo spinse di lato, decidendo che non avrebbe sopportato un secondo di più. Appena la loro bocche si staccarono, la saliva produsse uno schiocco liquido, e Jennifer si passò una manica per pulirsi le labbra. Subito, uno schiaffo la fece cadere al suolo.
-Eravamo rimasti che ti saresti comportata bene, Jennifer...-
Sue parlò con un sussurro, e Jenny venne colpita di nuovo. Questa volta, dietro la testa.
La sua mente vagò per un tempo indeterminato, come se stesse sognando. Poi sentì una fitta ai polsi, e si risvegliò incatenata alla struttura del letto. Non aveva più la maglietta, e per terra c'erano alcune chiazze di sangue. Solo il dolore le fece capire di avere un taglio al polpaccio, e quando prese a guardarsi intorno, vide che Sue aveva uscito un coltello a serramanico.
Il suo cuore era stretto in una morsa, ed il terrore la stava facendo impazzire. Provò a strattonare le catene, riuscendo soltanto a farsi male. Urlava, ma nessuno riusciva a sentirla. Nessuno...
-Stai ferma, bambolina: ora comincia la parte divertente...-
Sue ebbe appena il tempo di avvicinare il proprio coltello a Jennifer, che si sentì un suono liquido, e dalla sua bocca colò un rivo di sangue e saliva.
Cadde a terra, con la schiena tranciata: le vertebre erano ben visibili da oltre la carne alzata ed il sangue zampillante, ed il suo midollo spinale era scoperto e tagliato a metà. Nonostante questo, ci volle un altro colpo di accetta prima che morisse, e Jennifer alzasse lo sguardo verso chi la sovrastava: un ragazzo incappucciato con occhiali da saldatore e maschera di ferro.
Quanso lui alzò l'accetta in sua direzione, Jennifer tornò ad urlare, sino a quando non sentì uno stridio metallico e la morsa che le attanagliava i polsi non si fu allentata.
-Jennifer... che cosa hai fatto?-
Jennifer rabbrividì, ed il mondo le cadde addosso: conosceva quella voce.
-Toby...?- chiese con un sibilo flebile.
Lui si tolse la maschera, e gettò l'accetta di lato, inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza. Lei lo guardò da oltre le lenti arancioni, prima che le lacrime oscurassero la sua visione ed iniziasse un pianto convulso.
Toby aveva ucciso...
Aveva ucciso per difenderla...
Ed era tutta colpa sua...
Si portò le ginocchia al petto, pressandole contro il reggiseno per rimanere un po' meno nuda, e pianse. Pianse per la vergogna e per la paura, fino a quando una mano non si posò sulla sua.
-Va tutto bene...- sussurrò Toby. Jennifer sentì le sue braccia avvolgersi lungo la sua schiena, e lei sprofondò nel suo petto, coprendosi il volto fino a quasi soffocare.
Annaspava, e l'aria passava dai suoi polmoni con flebili rantoli. Toby continuò a stringerla a sé per una buona mezz'ora, sino a quando lei non si fu calmata. Nel frattempo, continuava a lasciarle una scia di baci sulla fronte, sino a quando lei non intercettò le sue labbra con le proprie, producendo uno schiocco liquido.
-Perché lo hai fatto...?- chiese Jennifer, con voce tirata.
-Ti aveebbe ucciso, Jenny... Ed io non potevo permetterlo.- rispose Toby. Jenny combatté contro l'impulso di guardare il cadavere, e puntò i suoi occhi in quelli del ragazzo.
-Cosa farai, adesso?- chiese.
Toby si sfilò gli occhiali e cacciò dentro un lungo respiro:
-Sono pazzo, Jennifer. Non è la prima volta che uccido: ho ucciso mio padre l'anno scorso, e tutti mi credono morto in un incendio...-
Abbassò lo sguardo e sorrise flebilmente. Provava una specie di ironica liberazione, nell'aver ammesso tutto. Già si vedeva seduto sulla poltrona ad ascoltare gli Evanescence alla radio, con le voci che gli ordinavano di suicidarsi e la polizia alla porta. Già si vedeva solo, senza Jennifer...
-Tu non sei pazzo, Toby...-
Sussurrò lei, portando una mano al suo volto. -Tu sei... la persona che amo...-
Bastò uno sguardo, ed entrambi capirono di appartenersi. Toby non ci poteva credere: lui, così magro, irrilevante e problematico, piaceva alla ragazza più bella ed ambita di tutta la Suburbia?! L'unica spiegazione che seppe darsi fu quella che, ogni tanto nella vita, i miracoli accadono.
-Sei il mio miracolo, Jennifer...-
Non erano state le voci nella sua testa a parlare: era stato il cuore, e lui stesso si era sorpreso delle proprie parole.
Lei gli gettò le braccia al collo, e lui sentì una vibrazione oltre l'addome scoperto. Stava ridendo? Aveva rischiato lo stupro, assistito ad un omicidio, e stava ridendo?
-Ti amo tanto, Toby!- esclamò, portando le labbra sulla sua guancia. Toby ricambiò l'abbraccio, rendendosi conto di essere felice. Per una volta, lui era veramente felice!
C'era qualcosa d'incredibile in questo pensiero, che lo portò a ricambiare la risata. I loro corpi vibravano sulle stesse frequenze, e continuarono così, sino a quando non uscirono insieme per le strade della Suburbia, lasciandosi dietro un corpo ed un edificio in fiamme.


What lies Beneath {Ticci Toby}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora