What lies Beneath.

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Quell'estate la Suburbia era più animata del solito: il fumo di sigaretta appestava i muri porosi e malmessi dei bagni pubblici, e le cicche che coprivano l'asfalto erano bordate di giallo a causa della nicotina.
Le note di basso rimbomabavano lungo il perimetro del locale dove Lynn si stava esibendo, facendo tremare i tavoli e le sedie.
Attaccata al microfono con quella dolcezza sensuale di cui era dotata, Marilyn cantava un vecchio classico degli Arctic Monkeys, muovendo i fianchi in un tremito di libido aumentato dalla potenza dei bassi.
Jennifer rimase ad ascoltarle mentre masticava il ghiaccio del suo cocktail: da quando Marilyn era stata dimessa, Lynn e lei si erano promesse di ricominciare tutto daccapo, ed avevano messa su una band in niente grazie ad alcuni loro amici musicisti. Si erano rimesse insieme rubandosi a vicenda un bacio dopo il primo concerto, e da allora erano state inseparabili.
Accanto a Jennifer sedevano Sam ed Annie, che cantavano battendo i pugni sul tavolo con ben poca femminilità, trascinate nell'euforia della musica. Solo Jenny aveva lo sguardo assente, e mansticava il ghiaccio in modo distaccato. Quella sera sarebbe dovuta uscire con un ragazzo, e invece l'aveva mandato al diavolo non presentandosi all'appuntamento. Non ce la faceva ancora a dimenticare Toby, dopo l'incendio alla vecchia fabbrica...
-E con questo brano...-, annunciò Marilyn, avvicinandosi al microfono, -vogliamo ricordare un nostro grande amico, che ci ha lasciati l'anno scorso, e senza il quale molte di noi non sarebbero vive.-
Jennifer sentì il silenzio calare nel locale: tutti conoscevano Toby lì nella Suburbia. Tutte le ex prostitute avevano raccontato la sua storia, ed erano stati fatti graffiti su di lui lungo i muri delle stazioni. Molti lo rappresentavano come un ragazzo dai capelli scuri e dal volto coperto, con le braccia in croce. Per loro lui era il Gesù della Suburbia; un eroe che non sarebbe stato dimenticato. Se solo lui avesse potuto vedere il branco di punk svampiti che lo inneggiavano come un salvatore senza nemmeno averlo conosciuto, o avesse potuto vedere il muro scarabocchiato in suo nome nella Bocca del Diavolo, chissà cosa avrebbe pensato. Chissà se il bambino deriso da tutti avrebbe ritrovato l'orgoglio davanti a tutta quella stima. Dio si era ripreso il proprio Gesù di periferia, ed aveva liberato tantissime donne come Sam dalle catene del sesso.
-"Summer has come and passed..."-, aveva iniziato a cantare Marilyn sulle note di "Wake me up when September ends", e già Jennifer sentiva di dover piangere. Perché doveva fare così male dover dire addio per sempre al proprio primo amore?
-Devo smaltire la sbornia...-, sussurrò ad Annie, mentre si apprestava ad andare fuori dal locale prima che le lacrime le rovinassero il trucco. La sorella cercò di trattenerla, ma Jennifer fu più veloce.

C'era uno strano odore per strada, quella sera. Sembrava un miscuglio di alcol e di carne alla brace, ed ogni tanto brandelli di nebbia si alzavano dal terreno. Il cielo era chiaro, e la luna splendeva, piena e bianca come un occhio nel blu. Una notte luminosa, con poche persone per strada e con l'aria meno umida del solito.
Jennifer si asciugò una lacrima dal volto, e respirò lentamente per non piangere ancora. Si concentrò sul proprio respiro per non cominciare a pensare, e sui propri passi per non perdersi fra i vicoli. Voleva andarsene nel suo nascondiglio preferito, allontanarsi da tutti e contemplare la propria malinconia. Forse, pensò, avrebbe dovuto incontrare Jose ed uscire con lui come aveva programmato. Lui le avrebbe offerto la cena, magari le avrebbe anche comprato delle rose, e poi l'avrebbe riaccompagnata a casa di sua zia, dove adesso vivevano lei ed Annie. Sarebbe stato semplice e si sarebbe divertita, ma lei aveva l'attitudine ad essere difficile.
Ma era troppo complicato accettare di dovere andare avanti dopo la morte di Toby.
Jennifer raggiunse la Bocca del Diavolo e si girò in direzione di uno dei palazzi là vicino. Lo faceva ogni volta che ne sentiva il bisogno, e nessuno le aveva mai fatto problemi per questo. Le bastò entrare e premere il bottone per l'ascensore, e le porte metalliche dinanzi a lei si aprirono.
Non era un ascensore panoramico, eppure più diventava alto il numero sul quadrante, più lei si sentiva vicina al cielo. Era come se fosse ogni piano sempre un po' più libera, sempre un po' più leggera, sempre un po' più vicina a Toby...
E in quella notte chiara, era come se avesse potuto riportarlo in vita.
Quando raggiunse la terrazza in cima al palazzo, si spose verso il basso ed osservò la città con meraviglia. Ogni volta era come la prima: le luci correvano e si inseguivano per strada, insieme alle insegne colorate ed i lampioni rotti che costeggiavano la Suburbia. Era una linea indefinita quella che separava la città dalla periferia, e Jennifer era completamente al centro, in grado di godersi la magnificenza di entrambe. Solitamente restava lì a godersi lo spettacolo sino a quando le palpebre non si facevano pesanti, ma quella notte non aveva sonno.
Se solo ci fosse stato Toby con lei, a guardare la luna...
Jennifer non seppe quanto tempo passò con esattezza, ma sapeva di essere stata sull'orlo di addormentarsi un paio di volte. Erano passate ore da quando aveva iniziato a guardare la città dall'alto, ed era sicura che Annie e Sam dovevano essere in pensiero per lei, ormai. Fece per andarsene, quando udì qualcuno cantare:
-"If I put my hands around your wrists, would you fight 'em?"-
Un brivido le percorse la schiena nel riconoscere il testo di Hatefuck, e si mise a cercare con lo sguardo la fonte del suono. In un altro angolo della terrazza c'era un figura poco più alta di lei, con i capelli castani scompigliati ed il corpo scosso da alcuni sporadici tic. Solo allora Jennifer iniziò a pensare di essersi addormentata, ma questo genere di sogni era una cosa a cui era abituata, ormai.
Lo aveva sognato spesso, i primi mesi, ed aveva pensato a lui. Aveva conservato i messaggi, aveva pianto fino ad addormentarsi... ma sopratutto, era andata avanti. Era arrivata ad una specie di stato di quiete, in cui rimaneva fedele al ricordo, ma senza farsi schiacciare dal dolore. Era come se tutto il male della scomparsa, quel costante dolore al cuore, fosse diventato parte di lei. Quasi come se si fosse unito al suo sangue, senza più avvelenarla, assopendosi sotto la sua pelle. Toby le mancava, ma lei aveva smesso di aspettarlo, notte dopo notte. Adesso, quando sarebbero finiti quei sogni, lei sarebbe stata libera di andare avanti.

La figura di Toby le si avvicinò, continuando a cantare fino alla fine della strofa, e Jennifer sentì la parte dietro al naso iniziare a bruciarle. Lo sterno le faceva male, e già la sua vista era appannata dalle lacrime. Non si sarebbe risvegliata in buone condizioni da quel sogno: era tutto così dolce, così melodico, nonostante il rumore dei clacson in lontananza e l'aria umida che le incideva la pelle di brividi. Adesso con lei c'era Toby, e stava allungando una mano verso il suo volto. Centimetro dopo centimetro, Jenny sentì la nostalgia comprimerla, e le mani presero a tremarle nello sforzo di trattenere il pianto.
-Sei anche più bella di quanto mi ricordassi..."-, commentò lui, e subito le prime lacrime di Jennifer iniziarono a caderle lungo le guance.
-Mi manchi troppo...- bisbigliò lei fra i singhiozzi.
-Ti manco?- chiese lui, poggiando la mano sul suo viso per fermare un torrente di lacrime, -Ma io sono qui con te...-
Jennifer si slanciò in avanti, e le sue braccia lo strinsero in un abbraccio spasmodico, quasi una morsa, mentre il suo volto si rifugiava sul petto di Toby. Poteva sentire i muscoli e le ossa da sotto la maglietta, e l'odore della pelle da oltre il tessuto. Ma soprattutto, sentiva l'amore nel petto, sentiva il battito del proprio cuore cambiare, uniformarsi a quello di Toby, come se entrambi stessero cercando di venire alimentati dalla stessa energia. Il loro sangue scorreva con la stessa intensità, in uno spasmo doloroso che ne aumentava il ritmo e che sembrava pugnalarli in pieno petto. C'era qualcosa di vivo, una vibrazione pura, che faceva coincidere le note delle loro anime. Un'accordatura perfetta, un respiro di vita. Un respiro di felicità. E nel mentre le dita di Jenny stringevano, si impuntavano sulla pelle di Toby, per non lasciarlo andare. Ed era come se stesse cercando di fare in modo che entrambe le loro anime prendessero lo spazio di una sola.
Toby prese ad accarezzarle i capelli con lieve dolcezza, in netto contrasto con la violenza e l'energia che Jennifer stava impiegando per trattenerlo.
-Sono andato via dalla Suburbia di mia volontà, sai? Avevo bisogno di prendere fiato, di rimettere insieme la mia vita... sono anche tornato nella mia vecchia casa. L'hanno ricostruita tutta, adesso ci abita una nuova famiglia, con due figli. Credo si chiamino "Woods". Sembravano così felici, così uniti...-
Nel metre che parlava, le dita di Toby scorrevano lente fra i capelli rovinati di Jennifer, accarezzandole la testa, nell'attesa che lei smettesse di piangere.
-Credo anche di avere capito una cosa...-, proseguì Toby. -Credo di aver capito cosa intendevi dire quando hai detto che la famiglia è "qualcosa che si nasconde all'interno". Non ci ero mai arrivato prima, non avendone mai avuta una. La famiglia non è un aggregato di persone, né di consanguinei. Si tratta delle persone con cui credi di avere qualcosa in comune, che ti hanno sostenuto quando stavi per cadere. Famiglia significa fare parte di qualcosa, ecco perché sono tornato: perché ho fatto ordine nei miei pensieri ed ho ucciso le voci. Adesso lo so cosa si nasconde al mio interno, Jennifer, e non è odio: è amore.-
Jennifer sollevò la testa con un movimento lento, mentre i suoi occhi verdi cercavano quelli scuri di Toby. Il suo sguardo era sconvolto, i suoi pensieri dilaniati dal dolore fisico del pianto. Ma adesso, sembrava essersi arrestato tutto, era come se ogni cosa fosse tornata al proprio posto. E lei? Lei cosa nascondeva dietro quegli occhi?
-Io ti amo...-, bisbigliò, facendo fregare appena il pearcing fra i denti.
Ecco cosa si nascondeva all'interno. Ecco cosa aveva unito le loro anime anche dopo il lutto, dopo l'addio: il loro legame. Erano stati lontani, sul punto di dimenticarsi, ma le loro anime erano sempre state cucite insieme, come se fossero state fabbricate con lo stesso tessuto, sotto la stessa vibrazione. Il loro legame aveva continuato a tessere migliaia di fili invisibili, a mostrare a Toby tutte le ragioni per cui tornare indietro. Perché, se non per amore...?
Il suono di un bacio umido, tremante, violento e dolce, risuonò nell'aria. E in quel momento sembrò che la Suburbia fosse più silenziosa, in attesa di una scossa, di un brivido di vita. Tutto, quella notte, era in attesa di fare cadere le maschere e di scoprire, finalmente, ciò che realmente si nasconde oltre gli occhi freddi ed i sorrisi falsi. E se la verità e l'amore avevano lo stesso sapore di quel bacio, allora nessun sentimento era mai stato più vero.

Risvegliarsi fu strano per Jennifer: era sul suo letto, sdraiata vestita sopra le coperte, con ancora le scarpe addosso. Sentiva brividi in tutto il corpo, ed una sensazione di bagnato dietro le palpebre, come se avesse pianto per molto prima di addormentarsi. Quando però vennero i ricordi del sogno della notte prima, sentì il mondo crollarle addosso. Perché continuava a tormentarla così? Perché ricordava la sua voce, il suo aspetto ed addirittura il suo profumo così alla perfezione? Perché continuava a sognarlo? Cosa la legava ancora così tanto ad un... ad un morto?
Non ebbe il tempo di realizzare a pieno l'ultima domanda, che il cellulare squillò. Lei lo trasse fuori dalla tasca e guardò il display.
Ciò che lesse le fece aumentare il battito, e Jennifer si sentì morire.

-"Scappa scappa, angioletto..."-

What lies Beneath {Ticci Toby}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora