Capitolo 9 - Belived

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-Non ho intenzione di mentire ai miei migliori amici, ai miei... fratelli, perché tu possa andartene in giro insieme a... a... Nott!- la voce di Hermione salì di parecchie ottave, tanta era l'enfasi con la quale pronunciò il nome del ragazzo.
Ginny, dal canto suo, se ne stava tranquillamente seduta sul letto dell'amica a osservarsi pensosa le unghie. – Omettere, Hermione, ti sto chiedendo di omettere delle semplici, piccole, irrilevanti cosucce.- le disse, gli occhioni castani pieni di sincerità. Falsa.
- L'omissione è considerata un reato, è una bugia comunque. E poi, - continuò sul piede di guerra. – se queste "cosucce" fossero davvero irrilevanti, non avresti bisogno del mio aiuto per nasconderle a Harry e Ron!- l'accusò, posandosi le mani sui fianchi, mentre i riccioli ribelli sobbalzavano sulla sua testa.
- Credi davvero che Harry e Ron mi lascerebbero fingere di essere la fidanzata di Theodore, solo per puro spirito di solidarietà maschile?- le chiese. – Hai visto che cosa è successo soltanto perché Malfoy ti ha rivolto la parola!-
- Questo dovrebbe farti riflettere, Ginny! Malfoy non mi ha mai rivolto la parola in sette anni, se non per dirmi qualche brutta cosa che preferibilmente offendesse la mia sensibilità. –
- Anche stavolta?-
- Cosa?-
- Ti ha offesa?-
Hermione parve rifletterci su. Certo, Malfoy non l'aveva proprio offesa o, almeno, rispetto al restante milione di volte che l'aveva fatto, ci era andato leggero.
– Ci stai pensando troppo.- la voce di Ginny la irritò profondamente: si stava facendo in quattro per aiutare quella piccola peste a venir fuori dalla situazione in cui si era cacciata, ma lei non sembrava aver intenzione di ascoltare.
Era stato quasi impossibile convincere Harry e Ron della benevolenza? Di Malfoy. Per convincerli che la Serpe delle Serpi non aveva avuto nessun piano perfido in serbo per lei.
Adesso doveva riuscire a convincere Ginny della totale e indiscutibile assurdità della sua decisione.
- Non essere assurda, Hermione!- esclamò la piccola Weasley, roteando gli occhi al cielo.
La Caposcuola di Grifondoro pensò di essere impazzita: lei non doveva essere assurda?
- Ginny, potresti almeno spiegarmi la motivazione intrinseca o estrinseca che ti ha spinto ad aiutare Theodor Nott?- le domandò, sedendosi anche lei, sfinita.
Il viso dell'altra s'incupì e un velo di tristezza scese sul suo faccino sottile. Si schiarì la voce, fingendo un sorriso. – Vedi, Hermione, ho avuto modo di riflettere molto, ultimamente. Da quando... - s'interruppe, cercando di tenere ferma la voce. – da quanto Harry ed io abbiamo chiuso. Ho sofferto, come avevo sofferto solo per la morte di Fred. Mi sono sentita tradita, capisci?
Avevo già perso una persona a me cara, essenziale per la mia vita. Ma lui non ha avuto remore. Mi ha ferita così profondamente che ancora adesso ci sono giorni in cui stento a sopportare la sua vista. O, almeno, stentavo. Da quando Nott mi ha chiesto aiuto, sono riuscita a darmi pace. So che sembrerà un discorso senza capo né coda, ma è così. Durante questi mesi, mi sono chiesta più volte se sarei di nuovo stata innamorata, se avessi ancora lasciato entrare qualcuno nel mio cuore, correndo il rischio che potesse frantumarmelo. E per un lungo momento la mia risposta è stata no.
Ma quando ho visto Theodor cosa è stato disposto a fare pur di tenersi la donna che ama, mi sono sentita invadere da un calore nuovo, che non provavo più da tempo. L'amore, Hermione. Ho visto l'amore negli occhi di lui, l'amore che Harry non è stato in grado di darmi e per cui io non ho desiderato lottare. Forse per orgoglio, forse perché ero consapevole del fatto che non ci fossero speranze per noi. Ne ho bisogno, capisci? Ho bisogno di qualcuno pronto ad un gesto così estremo, che mi convinca che l'amore esiste, basta solo lottare per lui.-
Calò un silenzio innaturale nella camera da letto delle ragazze. Hermione lottò con l'impeto di gettare le braccia al collo dell'amica e sussurrarle che tutto sarebbe andato bene.
Fu Ginny a sorridere e ad aggiungere. – Non posso dirlo a Harry, perché ferirebbe troppo la mia dignità fargli sapere come mi ha ridotta. – le spiegò.
L'altra annuì, comprensiva.
-Ragazze, è ora di cena, che ne dite di andare? Harry e Ron borbottano già da un po', sembrano affamati. – sorrise Calì, mentre la sua testa faceva capolino dalla porta.
- Andiamo.- Hermione si alzò, tendendo la mano all'amica. Ginny l'afferrò. – Andiamo.- sorrise.
Chissà come aveva fatto la situazione a capovolgersi così da un momento all'altro.
Hermione se lo chiese mentre scendeva le scale diretta in Sala Comune, con Ginny al suo fianco.
Si sentiva divisa a metà, tra la sua lealtà intaccabile nei confronti degli amici e la solidarietà che nutriva nei confronti della piccola Weasley. Come avrebbe dovuto comportarsi?
Non se la sentiva di mentire alle persone alle quali teneva, la sincerità era sempre stato il tratto distintivo, quello che aveva concesso alla loro amicizia di superare gli ostacoli.
Gli occhi verdi di Harry si posarono dolcemente sul suo viso, forse un po' per chiederle scusa, mentre si avvicinava ai due ragazzi. Un sorriso spontaneo le disegnò le labbra, seguito a ruota da quello di Ron. Si scambiarono uno sguardo, uno sguardo colmo di affetto. Il ritratto si aprì e si avviarono lungo la scala.






- E cos'altro le hai detto?-
- Null'altro. Mi sono limitato a fuggire prima che mi cruciasse.- rispose Blaise, sistemandosi il cravattino.
Theodor e Draco si scambiarono un'occhiata complice. Il primo si schiarì la voce. - Blaise, ascolta, so che sei convinto di essere un grande intenditore, in fatto di donne e relazioni ma... -
Venne puntualmente interrotto dal ragazzo dalla pelle ambrata. – Credo? Theodor, io non credo di capirne di donne e relazioni. Io sono il mago delle relazioni.- esclamò.
- Sì, quelle destinate a finire con uno dei due stecchito.- intervenne Draco.
Zabini gli lanciò un'occhiataccia. – Taci, tu. – ce l'aveva ancora con lui per il polverone che aveva sollevato con Potter e Weasley, secondo Blaise le cose stavano così: se Draco si fosse comportato in maniera più gentile e galante con la Granger, allora questa non avrebbe dato di matto qualora lui le avesse rivolto la parola – com'era successo quel pomeriggio – di conseguenza Potter e Weasley non avrebbero avuto di che preoccuparsi e avrebbe affidato con gioia la loro beniamina alle braccia devote di Malfoy. – E' Daphne che è complicata. Credo sia l'unica donna ad avermi mai dato tanti problemi.- spiegò. – Un giorno sembra toccare il cielo con un dito, è tutta sorrisi e gentilezze. Il giorno dopo sembra la reincarnazione della figlia di Priscilla Corvonero, tanto il suo muso è lungo. E' troppo lunatica.- aggiunse.
- Questa cosa non ti fa' riflettere nemmeno un po', Blaise?- domandò Theodor.
- Su cosa dovrei riflettere? Sugli sbalzi d'umore della biondina? No, grazie, preferisco evitare mal di testa inutili.- rispose.
- Dannazione, ma come si fa ad essere così ciechi?- sbottò Draco, balzando giù dal letto.
Un'occhiata ammonitrice di Nott lo fece desistere dal continuare: entrambi i ragazzi avevano dato la loro parola a Daphne di non rivelare a Zabini i suoi sentimenti per lui.
Era frustrante, davvero, a Draco sembrava di impazzire. Ma Daphne gli era cara come una sorella e non poteva venir meno alla sua parola con lei, proprio come non riusciva a sopportare tutto il dolore che il suo migliore amico le procurava. Certe volte l'avrebbe strozzato, Zabini!
- ...non è poi così male.- si era distratto e non aveva ascoltato quello che Theodor aveva detto.
- Sì, insomma: non è da tutti decidere di aiutare qualcuno che per anni non ha fatto altro che denigrarti. E senza voler nulla in cambio, poi.- aggiunse lo stesso e Draco comprese che la conversazione si era spostata sulla minore dei Weasley.
- Ti avevo detto che il mio piano avrebbe funzionato alla grande.- fece Blaise, soddisfatto.
- Non ho affatto detto questo. – lo contraddisse Theo. – Non ho ancora visto Pansy correre da me, disperata, e professarmi il suo amore incondizionato. Tutt'altro. –
Zabini roteò gli occhi al cielo. – Da' tempo al tempo, malfidato.- rispose.
Uscirono insieme e attraversarono il corridoio, arrivando ai dormitori femminili.
Bussarono alla porta della camera di Daphne, Pansy e Millicent e queste ne uscirono subito.
Blaise si tenne – fortunatamente – a distanza di sicurezza dalla prima, che, naso all'in su e sguardo fiero, infilò la mano nell'incavo del braccio di Draco, trascinandolo via.
Pansy lanciò un'occhiata presuntuosa a Theodor, superandolo civettuola. Blaise alzò le spalle, dando una pacca sulle spalle dell'amico. – Tempo al tempo.- gli sussurrò.




Le tavole delle quattro Case erano perfettamente imbandite, come ogni sera. Harry lanciava di tanto in tanto lo sguardo verso il fondo della sala, dove sedevano i professori: vedere la McGranitt occupare il posto che una volta era stato di Silente non era semplice. La donna gli sorrise appena, intuendo i suoi pensieri. Hermione, al suo fianco, gli strinse una spalla e gli posò il capo nell'incavo del collo. Il ragazzo respirò il profumo di casa. Lo stesso profumo che l'anno prima, durante la ricerca degli Horcrux, gli aveva impedito di sentirsi perduto. Il profumo dei capelli di Hermione, quello dei maglioni di Ron, era il profumo di Hogwarts.
- Grazie.-
- Di niente.-
Ginny osservò distratta lo scambio di battute tra i due: c'era tra loro quell'intimità che l'aveva sempre vista antagonista indiscreta, estranea a quel legame così profondo e simbiotico che li accompagnava ovunque e comunque. Anche Ron, alle volte, sembrava assentarsi da quel loro piccolo mondo, eppure Ginny sapeva che suo fratello era una parte fondamentale di quel trio.
Lasciò spaziare lo sguardo per la sala, cercando qualcosa che la distraesse da quella fitta di gelosia che le pervadeva lo stomaco e i suoi occhi incontrarono uno sguardo grigio-verde.
Theodore, dall'altro lato della Sala Grande, stava prendendo posto insieme a Draco Malfoy e al resto dei ragazzi dell'ultimo anno di Serpeverde. Quando percepì il suo sguardo su di lui, il giovane sollevò il viso, regalandole un accenno di sorriso. La ragazza ricambiò spaesata, controllando, subito dopo, che nessuno avesse notato niente.
Dal tavolo delle Serpi si sollevò un ronzio fatto di risatine e colpi di tosse e Ginny fece appena in tempo a notare la gomitata che Blaise Zabini assestava allo stomaco di Nott, prima che la testa rossa di suo fratello le coprisse la vista al tavolo di fronte.
- Che cosa stai facendo?- le chiese Ron, rimanendo con la forchetta ferma a mezz'aria e la bocca semi-aperta. Harry e Hermione si voltarono simultaneamente nella loro direzione, in attesa.
- Cosa?-
- A chi sorridevi.- ripeté lui, prendendo un profondo sospiro tra una parola e l'altra.
- Io... a nessuno.- mormorò la ragazza, chinando il capo nel tentativo di sottrarsi agli occhi verdi e limpidi del suo ex ragazzo. Harry la guardava con espressione neutrale, rilassato. Possibile che nemmeno lo infastidisse leggermente la situazione? Se non perché non stavano più insieme, almeno perché Theodor era un Serpeverde. Lo sguardo freddo del ragazzo fu la risposta alla sua domanda.
Ignorò il fratello, cercando un appiglio per non crollare: mostrarsi all'altezza della reputazione che aveva – quella di forte e indipendente giovane donna – non era affatto semplice in determinati momenti. Sentì su di lei un calore dorato e si ritrovò negli occhi scuri e dolci di Hermione, che l'ammonivano e confortavano allo stesso tempo.
La stanchezza della giornata appena trascorsa si fece sentire tutt'ad un tratto e le palpebre si appesantirono.
- Sono sfinita, torno alla Torre.- disse, alzandosi.
Tre paia di occhi, forse quattro, si puntarono su di lei. – Ginny, dovresti almeno finire la cena... - mormorò pensierosa Hermione.
- Sono a posto, davvero. Ci vediamo in stanza.- scavalcò la panca e si avviò in fretta verso la porta, prima che qualcun altro potesse bloccarla.
Accadde tutto talmente in fretta che nessuno parve accorgersi di niente. Theodor seguì Ginny fuori, sotto lo sguardo incredulo di Draco, quello soddisfatto di Blaise, quello iroso di Pansy e quelli angosciati di Ron, Harry e Hermione.
Fu il Salvatore del Mondo Magico a scattare per primo, mentre la Caposcuola di Grifondoro si affrettò a trattenere Ron per la manica della camicia.
- Dove credete di andare?- chiese con voce un tantino stridula.
Harry la ignorò completamente, come se nemmeno avesse aperto bocca. Ron si dimenò nella sua stretta, ottenendo soltanto di ritrovarsi con Hermione che penzolava letteralmente dal suo braccio.
La rimise giù delicatamente, sebbene un miscuglio di sensazioni contraddittorie gli attanagliassero il cuore e lo facessero sentire confuso. Lei si portò le mani sui fianchi. – Ginny è grande, Ronald, sa quello che fa. – lo rimproverò.
- Quindi tu approvi questa pazzia?-
- Che pazzia?-
- Non far finta di non averlo notato, Hermione, sei tu quella intelligente.- soffiò il ragazzo, incrociando le braccia sul petto con l'aria di chi la sa lunga.
- Non so di cosa parli.- lei sostenne il suo sguardo.
- Parlo di Nott. Theodor Nott. – sputò il nome, come se si trattasse di qualcosa di velenoso. – Che flirta con mia sorella. La riaccompagna alla Torre. Le lancia sguardi languidi da quel tavolo laggiù.- indicò con la sua grossa mano l'altro lato della Sala Grande dov'era situato il tavolo di Serpeverde.
Hermione si voltò e seguì l'immaginaria linea che il dito di Ron, sollevato a mezz'aria, aveva tracciato. Si ritrovò a scontrarsi con lo sguardo contro la parete grigia o almeno fu quello che credé.
Solo qualche istante dopo si rese conto che quel colore spento e cupo non erano le pareti, bensì gli occhi di Malfoy. Non l'aveva mai guardato negli occhi, forse non l'aveva mai visto. Lui sembrava non starsi perdendo nemmeno una lettere della loro discussione e teneva le labbra arricciate in un sorrisetto divertito e ironico. Sembrava dirle: "Chi è che non è in grado di guardare oltre, eh Granger?" Sbuffò. Se le sentiva già risuonare nelle orecchie, queste parole, pronunciate con quella voce odiosa e petulante.
-Hermione, non mi presti un briciolo di attenzione!- la voce irritata di Ron la costrinse a voltarsi di scatto. Il suo amico era passato da un colorito roseo ad un rosso infiammato.
- Perché stai facendo discorsi senza senso, Ronald!-
- Senza senso, dici? – fece, ironico, il ragazzo, indicandogli con la testa il tavolo delle Serpi.
La maggior parte degli studenti o, meglio, delle studentesse, sembrava impazzita: gridolini simili allo squittire dei topi, occhiatine, sospiri. Hermione avrebbe voluto tirarsi una manata in fronte.
Ron approfittò del momento per tornare alla carica. – Vedi? Ho perfettamente ragione. Sta succedendo qualcosa tra Ginny e quello là. E io devo scoprire cosa. – le disse, scattando di nuovo in piedi e imboccando la porta come un razzo. La Caposcuola di Grifondoro lo seguì immediatamente.





- Ehi! Weasley, diamine, aspettami! – il Serpeverde avanzò il passo nella speranza di raggiungere quella saetta rossa che attraversava a testa china il corridoio. – Ginny! – la chiamò per nome e lei si fermò all'istante. Theodor si avvicinò con calma per poi indietreggiare con un balzo quando vide le sue spalle scosse dai singhiozzi. – Che... che ti è successo?- le chiese, cercando di mantenersi lucido. Non era mai stato granché a consolare le ragazze in lacrime. Temeva di farla star peggio.
Lei non rispose, si limitò a continuare a singhiozzare. Il ragazzo sospirò, stringendo i pugni.
Poteva tentare di avvicinarsi, magari di... toccarla. Toccarla? Scosse la testa violentemente. Cosa gli saltava in testa? Se avesse osato sfiorarla l'avrebbe spedito direttamente in America.
La raggirò, schiarendosi la voce e si posizionò davanti a lei. Teneva gli occhi bassi e le lacrime scivolavano lungo le sue guance, tuffandosi poi dal mento sul pavimento in pietra.
Trovò il coraggio di allungare una mano – gli sarebbe piaciuto visitare l'America, dopotutto. – e sollevarle il mento per costringere i suoi occhi castani a guardarlo. Lei non si ritrasse.
- Che succede, Weasley?- le chiese, sottovoce.
Ginny storse il naso e un accenno di sorriso le colorò le labbra. – Ginny suonava meglio.- rispose, con voce incrinata.
Anche Theodor sorrise. – Ginny. Che hai? – ripeté, senza lasciare la presa.
Gli occhi castani della ragazza s'incupirono ancora e un velo di lacrime cristalline le offuscarono la vista. Parve indecisa se parlare o meno: non voleva, non poteva, rivelare la sua debolezza a nessuno.
Tanto meno al suo peggior nemico. Si morse le labbra, insofferente. Poi prese una decisione.
Theodor rimase qualche secondo interdetto, incredulo, allibito. I suoi arti si congelarono per la sorpresa. Temeva di fare qualche movimento sbagliato, di darle l'impressione sbagliata. Il corpicino tremante di Ginny si premeva contro di lui, il visetto nascosto sul suo petto, le lacrime a inzuppargli il colletto della camicia. Chiuse lentamente le braccia intorno a lei, leggero. La sentì singhiozzare più forte. – Shhh, sta buona.- le sussurrò. In che diamine di situazione si era andato a cacciare?
Era tutta colpa di Blaise. Salazar, gliel'avrebbe fatta pagare. Lui voleva soltanto riavere la sua Pansy. E invece si ritrovava ad essere la spalla sulla quale la giovane Weasley versava le sue preziose lacrime. Purtroppo per lui era perfettamente conscio di doverle quello e altro. Lei aveva accettato di aiutarlo senza pretendere niente in cambio. Era il minimo che potesse fare.
Perché era così onesto? Suo padre glielo aveva sempre ripetuto: " Essere onesti non paga.", gli diceva. Immerso nelle sue riflessioni, non si accorse di aver preso ad accarezzarle i capelli fino a quando qualcosa non scintillò nel buio. S'irrigidì, in allerta. – C'è qualcuno.- sussurrò tra i capelli di Ginny. Lei emerse dal suo petto, senza lasciare la presa. Trattennero il fiato, fin quando una figura non raggiunse la luce del candelabro lì accanto. – Harry.- mormorò Ginny.




Stretta nell'abbraccio confortante di Theodor, si ritrovò a fissare il motivo della sua disperazione.
Gli occhi verdi di Harry scintillavano freddi e taglienti alla luce rossastra delle candele. Sembrava indispettito, alterato, sebbene non ne avesse motivo. Lui l'aveva abbandonata, aveva spezzato il suo cuore nel momento peggiore. La ignorò, concentrando la sua attenzione su Theodor.
- Potter, in cosa posso esserti utile?- domandò quest'ultimo, la voce ferma intrisa di sfida.
- Strano che tu me lo chieda. Non saprei proprio da dove cominciare.- rispose Harry, avanzando di qualche passo. Il cuore di Ginny prese a battere furioso. Non poteva succedere, non doveva.
Non avrebbe permesso allo stupido orgoglio maschile di quei due di farli cacciare nei guai.
- Comincia da dove ti pare, basta che ti dai una mossa.-
Gli occhi di Harry si assottigliarono pericolosamente. – Allora comincia col dirmi che vuoi da lei.- indicò la ragazza con un cenno del capo. Le braccia di Nott si mossero svelte, quasi in risposta alle parole del ragazzo. Strinse più forte Ginny a sé. – Hai davvero bisogno che sia io a dirtelo? Non ci arrivi da solo?- ironizzò.
- Non provocarmi, Nott. –
- Non che io ti tema, sia ben chiaro, Potter, ma non era una provocazione; è' la verità.-
- Lei non lo farebbe mai. Non con te. -
Ginny sentì la rabbia ammontare dentro di lei. Come osavano parlare per lei e di lei come se non ci fosse? Strinse i pugni. – Che intendi dire, Harry?- chiese, guardandolo dritto negli occhi.
- Perché... perché stai piangendo?- le chiese, accorgendosi dei suoi occhi rossi.
- Lascia perdere. - gli rispose, maledicendosi: non doveva vederla così.
- Che cosa ti ha fatto? Che cosa le hai fatto?- esclamò, avvicinandosi a loro e posando una mano sulla spalla di Theodor. Il ragazzo rimase impassibile, si limitò ad afferrare il braccio di Harry continuando a tenere Ginny con l'altro.
- Non le ho fatto niente.-
- Levale le mani di dosso. Andiamo, Ginny.- le prese un polso, nel tentativo di allontanarla da Nott.
- No!- la ragazza si divincolò dalla sua presa. – Non mi ha fatto niente, Harry! Non hai capito niente!- gli urlò in faccia.
- Non mi interessa, andiamo!- l'agguantò di nuovo, ignorando le sue protese.
Theodor si frappose tra loro, portandosi Ginny dietro le spalle. – Non vuole venire con te, Potter. Lasciala in pace. – sillabò con voce ferma.
- Cominci sul serio a farmi infuriare, Nott, chi diamine sei per dirmi di lasciarla in pace?
Sei solo un Serpeverde, uno di quelli che fino ad un anno fa avrebbero pagato migliaia di galeoni per poterci catturare e magari vendere a Voldemort! E adesso ti ergi a difensore di Ginny?-
- Quanto sei prevedibile, Potter! Tirare fuori la storiella dei Mangiamorte! Rassegnati all'inevitabile realtà dei fatti: le cose sono cambiate. Noi siamo cambiati.- gli disse.
- Le persone come te non cambiano.-
- Smettila, Harry! Non puoi permetterti di venire qui e spadroneggiare su di me. Mi hai mollata. Hai chiuso la nostra storia. L'ho accettato e ho deciso di andare avanti. Con chi e quando sono decisioni solo ed esclusivamente mie, tu non devi entrarci. – la vocina di Ginny li raggiunse da dietro alle spalle di Theodor.
- Non capisci, Ginny! – il tono di Harry si addolcì. – Lui vuole solo usarti. Per arrivare a me, a noi. Per ferirci, per distruggere il nostro legame, la nostra amicizia.-
Theodor roteò gli occhi al cielo e scosse il capo, rassegnato: Potter soffriva di manie di persecuzione. Forse anche della sindrome da prima donna.
La risata amara della piccola Weasley rimbombò nei corridoi. – Certo, Harry, nonostante la Guerra sia finita, il Mondo Magico continua a ruotare intorno a te. Godric, quanto sei ipocrita e narcisista!-
- Ipocrita? Senti un po' da che pulpito! Non sono io che me ne vado in giro a flirtare con un Serpeverde!-
- Come osi?!- la ragazza emerse dalle spalle di Theodor, inferocita. – Pensa agli affari tuoi, Potter e non osare mai più metter bocca nella mia vita!- gli urlò in faccia.
- Bene! Fa' come vuoi! Cosa credi che me ne importi?! –
- Che Godric ci sei venuto a fare, allora?!-
- Perché sei la sorella del mio migliore amico! Sei la migliore amica di Hermione. Perché sei stata importante per me, ti ho amata. Ma è il passato ormai. La tua vita non è più affar mio, hai ragione.- girò sui tacchi e se ne andò.
Il silenzio divenne assordante, prima che i singhiozzi esplodessero. Stavolta Theodor la strinse immediatamente. – Mi dispiace che lui... che tu abbia dovuto... - singhiozzò lei.
-Non dirlo nemmeno.- le sussurrò. Aveva capito. Adesso era tutto chiaro. La piccola Weasley amava ancora Potter, ma a quanto pareva non si poteva dire lo stesso per lui. L'Eroe del cavolo voleva soltanto essere certo che nessuno osasse oltraggiare i suoi territori. Considerava quella ragazza una sua proprietà: non la voleva lui, ma non doveva essere di nessuno.
La ragazza tra le sue braccia riuscì a placare le lacrime. Era forte. Perdere per sempre l'amore della propria vita e rimanere in piedi era un grande segno di forza. Lui lo sapeva.
Ginny si liberò delicata dalla sua presa. Sorrise, un po' forzata. – Io... ti ringrazio. Per essermi stato accanto.- gli disse. – Adesso, torno alla Torre. – s'incamminò incerta. Theodor le prese una mano.
- Sono il tuo ragazzo, ricordi?- le strizzò l'occhio. – E' mio preciso dovere riaccompagnarti.-
Lei arrossì. – Grazie.- mormorò. Camminarono in silenzio, persi ognuno in una serie di ragionamenti complessi e impossibili. – Theodor, potresti... - s'interruppe a metà frase.
-Hai la mia parola, Ginny: nessuno lo saprà.-



Hermione sbatté col naso contro la schiena di Ron. – Ahi! Godric, Ronald, ti sembra il modo di fermarsi?- lo riprese, massaggiandosi.
Il ragazzo la zittì con un cenno della mano e lei si portò le mani sui fianchi, indispettita.
Fece capolino dalla sua spalla per osservare anche lei il motivo che aveva provocato la brusca frenata dell'amico. Harry stava venendo verso di loro, a passo di marcia e con aria alterata.
Non era mai stata una buona combinazione. Sembrò non vederli nemmeno, quasi passò loro accanto. – Harry!- esclamarono in coro.
- Che c'è?-
- Che è successo?- domandò Ron. – Dov'è mia sorella?-
- Tua sorella?- gli occhi verdi del ragazzo scintillarono. – E' col suo ragazzo.-
- "Ragazzo"?- fece Hermione.
- Sì, "ragazzo". Tu non ne sapevi niente, vero?- marcò Harry, fissandola inviperito.
- Non usare questo tono con me. – si difese lei.
- Intendi Nott?- s'intromise Ron, allarmato.
- Esattamente. Nott. E' il suo ragazzo adesso.-
- Miseriaccia Harry, dobbiamo fare qualcosa.-
- No, invece. Io non devo fare proprio niente. E' un tuo problema.-
Ron lo fissò incredulo. – Credevo fossimo amici.- disse, lapidario.
- Anch'io credevo tante cose. – sibilò Harry, lasciandoli in mezzo al corridoio.  


La mia rivale bellissimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora