La giornata di Sabato trascorse lenta e scandita dai colpi cartacei di una contrattazione carica di tensione: solo tale poteva, di fatti, esser definito lo scambio epistolare tra Serpeverde e Grifondoro, in atto fin dal rientro post colazione.
La questione era semplice e puramente logistica: risultava, ovviamente, impossibile, per Serpi e Grifoni, accordarsi pacificamente, riducendo lo spreco di tempo prezioso, su come agire per "lavorare in squadra". A sommarsi alle singole, prepotenti ed egocentriche personalità che i due trii vantavano, vi erano le omissioni e i segreti che due membri di questi anelavano di mantener tali.
Draco e Hermione, stoici nella loro dignità e forti dell'orgoglio che da sempre li contraddistingueva, giocavano il gioco della provocazione velata, aggiungendo ironici post scriptum al termine di ogni pergamena, senza rendersi conto che l'atteggiamento irritato e amareggiato assunto ad ogni volata di gufo o civetta o barbagianni, stonava con l'abituale desiderio di strangolarsi vicendevolmente.
Il loro strano modo di reagire ad ogni frecciata, suscitava altrettante reazioni nei rispettivi compari: Zabini sorrideva, - volutamente - malamente nascosto, Harry Potter lanciava occhiate cariche di tensione e sospetto e confusione alla sua diletta, Nott non faceva che blaterale riguardo il "senso dell'umorismo mai scoperto prima della Granger" e Ron, adorabile, distratto Ron, si domandava, ovviamente tra sé – per non dar man forte alle voci di corridoio che lo volevano poco perspicace – cosa diamine stesse succedendo e, soprattutto, perché tutti non si decidevano a darsi una mossa e stabilire un piano per quella notte.
Sorvolando su tali, inutili e infantili ripicche, era facile intuire il motivo per cui i due trii avessero bisogno di servirsi della posta per discorrere: passata l'ora di pranzo – senza alcun piano riguardo al prossimo futuro, dato che avevano passato il tempo a battibeccare tra loro, come richiesto e Grifondoro e Serpeverde che si rispettino – gli Auror avevano preteso che tutti gli alunni si affrettassero a rientrare nelle rispettive Case e che vi rimanessero fino all'ora di cena.
La McGranitt, che non si era vista per tutta la mattina, si era, probabilmente, recata al San Mungo per accertarsi delle condizioni di Daphne e incontrarne i genitori: Hermione rammentava ciò che la bionda Serpeverde le aveva raccontato della sua famiglia e si chiese, per un istante, se una tale tragedia potesse mitigare l'inflessibilità delle loro decisioni riguardo il futuro della giovane.
Rifiutò di dar retta alla voce nella sua testa – carica di nozioni – che le rammentava "Sempre che un futuro ce l'abbia!", poiché, se avesse avuto ragione, ciò avrebbe significato che anche Ginny – oh, Ginny! – un futuro non l'avrebbe avuto e lei non poteva accettarlo, non riusciva.
- Diamoci un taglio con queste stupidaggini.- sospirò, esasperata, strappando la pergamena che il barbagianni di Malfoy le aveva appena lasciato cadere in grembo. Passandosi una mano tra i capelli disordinati e legati alla meglio, sprofondata nella poltrona con un grosso tomo sulle ginocchia e Grattastinchi acciambellato ai suoi piedi, prese la piuma e si affrettò a scrivere con la sua grafia ordinata: "Siete in grado di raggiungere la Stanza delle Necessità subito dopo cena?". Il barbagianni, dopo aver accettato un piccolo chicco di mangime, volò via, passando per la finestra aperta.Harry, che si stava pulendo gli occhiali, scosse la testa. – Non sono ancora convinto che loro non c'entrino nulla.- disse.
Hermione roteò gli occhi al soffitto. – Oh, Harry, andiamo! Daphne è loro amica, non le avrebbero mai fatto nulla del genere.- affermò, sicura.
Ron, semi-sdraiato sul divano con un braccio a penzoloni, annuì. – Credo abbia ragione. E, poi, l'espressione sulla faccia di Nott, quando l'ha vista in terra era...- s'interruppe, incapace di trovare le parole, forse tormentato dal ricordo della sorellina. Hermione si sporse a sfiorargli piano il braccio e i loro occhi si incrociarono. Lei sorrise, cercando di rassicurarlo. – La salveremo, Ron. – mormorò.
Harry si agitò sull'altra poltrona, il viso livido, gli occhi spenti. L'idea che vi fosse anche una sola, minuscola, possibilità che Ginny non si svegliasse più lo gettava in un abisso di panico e dolore. Aveva spezzato il proprio cuore, lasciandola, per saperla al sicuro, viva e felice; ed ora lei era ferita, lontana, perduta. Hermione, osservandolo attenta, soppesava quanto tempo ancora il suo migliore amico avrebbe resistito a quel fiume di eventi: Harry aveva un limite, una soglia oltre la quale tutto il dolore e la rabbia accumulati esplodevano sotto forma di un'ira funesta. La Grifondoro si chiedeva quando l'esplosione sarebbe avvenuta, poiché sarebbe toccato a lei e Ron arginarla, per quanto possibile.
Il barbagianni tornò in picchiata e si appollaiò sul bracciolo della poltrona. Hermione srotolò il biglietto e lesse a voce alta: - "Ci saremo.".-null'altro. La ragazza si accorse subito che a scriverlo non era stato Malfoy poiché riconobbe una grafia diversa e a lei estranea: Malfoy era solito usare tutti quei ghirigori con le "g" e le "d", o allungare a dismisura il corpo della "t". Doveva essere opera di Nott o Zabini e ciò spiegava anche l'assenza di insulti o frecciate.
Sorvolando volutamente su quanto fosse brava a riconoscere la calligrafia di Malfoy per amor proprio, Hermione organizzò una scaletta di ciò che occorreva fare quella notte e ne mise a parte i suoi amici. – La biblioteca è ancora chiusa, ma dobbiamo entrarci ugualmente: nel Reparto Proibito potrebbero esserci delle informazioni su quelle strane scritte comparse sulla Mappa.- disse.
Harry e Ron annuirono. – Ricordiamo che il sospetto principale è Pansy Parkinson. Da ciò che ti ha detto Daphne era l'unica assente quella notte, quando le barriere di Hogwarts sono state infrante. – fece il primo, giocherellando col Boccino regalatogli da Silente. – Mi chiedo se...-
- Hm?- era stato Ron a sollecitare l'amico a concludere la frase.
- Hermione,- Harry aveva in volto la solita espressione – fronte contratta, mascella digrignata – di quando un'illuminazione improvvisa si rivelava la chiave per risolvere un mistero. – quella notte, quando tu, Ginny e la Greengrass avete duellato nel bosco insieme a Piton e alla McGranitt, Pansy non c'era, giusto?- domandò.
- No, non c'era.- confermò Hermione, non riuscendo a capire dove l'amico volesse andare a parare.Harry, carico di adrenalina, si sedette più in punta sui cuscini, drizzando la schiena. – Questo, però, non significa che non ci fosse realmente. Mi spiego: voi non l'avete vista ma lei può aver visto voi. La Parkinson non c'era in Sala Grande mentre fuori succedeva il finimondo ma non sappiamo se prima, durante la cena, ci fosse. Se fosse stata lei ad aiutare quelle persone ad entrare ad Hogwarts? – fece, esponendo la sua teoria. Hermione, immediatamente, corse con la mente all'armadio svanitore che, aggiustato da Malfoy, aveva costituito la via d'accesso per i Mangiamorte ad Hogwarts. Rabbrividì. – Credi che lei fosse già fuori, ad aspettare quegli uomini mascherati?- chiese. Harry annuì.
– Riflettendoci, la Parkinson da sola non potrebbe saperne tanto di Magia Oscura da utilizzare incantesimi così potenti. - concordò Ron, mettendosi seduto.
- Pansy sarebbe quindi la pedina di qualcuno, secondo te. Qualcuno che mirava al libro che Hogwarts doveva ospitare fino al suo trasferimento o, forse a ciò che il libro conteneva.- disse, pensosa, Hermione.
- Pensaci: Pansy si è lasciata sfuggire di mano le cose, con Ginny. Non ha resistito a colpirla, forte del suo nuovo potere. E, probabilmente, chiunque siano quelle persone, non le hanno impedito di farlo poiché sarebbe stato un ottimo diversivo per qualsiasi cosa stiano organizzando.- fece notare Harry, incrociando le braccia e poggiandosi allo schienale; un lampo di vittoria negli occhi verdi.
- Questo concorderebbe con ciò che la McGranitt ha detto ieri notte e sul perché il Ministero voglia rimandarci a casa: la minaccia non è Pansy, ma le persone per cui agisce. – affermò la Grifondoro, sorridendo all'amico.
- Quindi che si fa?- intervenne Ron, stendendo le lunghe gambe. – Come scopriamo chi sono questi tipi?-Hermione rifletté. – Prima di tutto dobbiamo accertarci che Pansy fosse nella Foresta, quella notte. Così avremo la certezza delle nostre affermazioni e potremo parlare alla McGranitt, comunicandole i nostri sospetti e sperando che ci ascolti.- disse.
- Bella roba, come facciamo ad esser certi di cosa ci fosse o meno nella Foresta, quella notte?- ribatté Ron, portandosi le mani dietro il capo e spingendo in fuori i gomiti.
- Vorrei avere la mia giratempo...- mormorò, in un sospiro, Hermione, accarezzando Grattastinchi che le era saltato in grembo.
- Forse c'è un altro modo.- intervenne Harry, attirando su di se gli sguardi degli altri due. – Potremmo andare nella Foresta, stanotte e cercare qualcuno. Qualcuno che vive lì e che custodisce la Foresta. – sussurrò, piegandosi per avvicinarsi a loro.
- Fiorenzo?- domandò Hermione.
- Fiorenzo. E' stato riammesso nel branco, dopo la guerra. E' tornato nelle Foresta e saprà cos'è accaduto quella notte. Potremmo chiedergli se ha visto qualcosa o, meglio, se sa chi erano quelle persone, se lo immagina o ha dei sospetti e se Pansy era con loro.-
- Andare nella Foresta?!- esclamò Ron, alzando allarmato le sopracciglia. – No, davvero, spiegatemi perché ci ritroviamo sempre in posti bui, umidicci e pieni di animali di ogni specie!- sbottò. Harry rise. – Andiamo, Ron! Almeno niente ragni, stavolta!- lo prese in giro. L'altro, dopo avergli lanciato un'occhiata offesa, si lasciò cadere nel divano, borbottando tra se.
Hermione, rincuorata dal calore del familiare discutere con loro, si perse per un istante nell'immagine che la sua mente proiettava: uno specchio di com'erano al momento, insieme, seduti l'uno accanto all'altra, vicini, pieni di amore reciproco. Desiderò ardentemente di congelare il tempo a quel momento ed esser sicura che quel calore non l'avrebbe abbandonata mai.
Poi, tuttavia, si accorse della figura sfocata ai margini del suo ritratto ideale: dentro, nella Torre, le luci d'orate e l'affetto abbondavano, circondandola di calore; fuori, oltre la finestra alle sue spalle, il cielo era buio e cupo, una pioggia torrenziale cadeva e i fulmini illuminavano spicchi di cielo e gli occhi di quella figura sfocata: il vetro ghiacciato dei suoi occhi.
- Hermione?-
- Si?-
- Sei stanca?-
- Hm?-
- Sembravi imbambolata. – precisò Ron, guardandola curioso. Hermione avvampò. – No, no. Pensavo al nostro piano.- mentì talmente male che sentì addosso lo sguardo penetrante di Harry e lo evitò volutamente.Rimasero in silenzio, accarezzati dal sole che, spostandosi – o, almeno, quell'era l'illusione che dava – cambiava l'angolazione da cui illuminarli. La Sala Comune s'immerse in un torpore ovattato e sonnolento tipico delle giornate primaverili in cui i giovani sono costretti in casa.
Gli studenti che, a differenza di Harry, Ron ed Hermione, non avevano idea del perché le lezioni fossero state sospese – la McGranitt non aveva fatto alcun annuncio ufficiale e tutto sembrava terribilmente in bilico, come un equilibrista s'un filo sottilissimo, parlottavano tra loro, giocavano a scacchi o leggevano giornaletti consumati. Di tanto in tanto Neville lanciava uno sguardo ai tre, come per carpire da loro le informazioni che gli occorrevano, per poi tornare al suo libro d'Erbologia.
Quando furono suonate le cinque Hermione ripose il libro di Antiche Rune che si dilettava a leggere per rilassarsi e si apprestò a salire in camera: aveva bisogno di una doccia e di cambiarsi. Una stilettata al cuore le fece notare che tanta vanità – ebbene si, per quale altro motivo, se non l'incontro di quella notte con il trio delle Serpi, avrebbe potuto spingerla a sostituire la sua adorata divisa?! – non era da lei e che l'influenza di ciò che era accaduto quella notte con Malfoy era, probabilmente, più forte di quanto avesse immaginato.
Scuotendo i riccioli con fare perplesso e preoccupato – per sé stessa e il suo comportamento strano – si affrettò a lavarsi – con cura maggiore del solito – e, alla fine, cedette alla tentazione di lavare i capelli con quella lozione che Calì le aveva procurato.
Quando, uscita dalla doccia, si asciugò i capelli con phon, sollevò un sopracciglio, sarcastica: lozione liscia riccio, eh?
La criniera gonfia e vaporosa sulla sua testa, evidentemente, non aveva gradito l'assalto alla sua piega naturale e si era ribellata. Pazienza, pensò, infilando un paio di jeans al ginocchio e una camicia verde petrolio: riflettendoci, si rese conto di aver sempre adorato quel colore e il modo in cui esso si sposava alla sua carnagione di rose. Infilò la bacchetta nella tasca posteriore e, dopo aver lanciato uno sguardo titubante al rossetto regalatole da Ginny il Natale precedente, abbandonato sul comodino, alzò le spalle, scocciata, e scese di sotto: per quanto fosse cambiata – insomma, si era lasciata baciare da Malfoy, aveva baciato a sua volta Malfoy!- e per quanto ancora sarebbe cambiata, non aveva alcuna intenzione di trasformare sé stessa in una ragazzotta qualunque, ossessionata dall'aspetto fisico al punto da farne un dogma, calpestando tutto ciò in cui aveva sempre creduto. L'intelligenza è la più grande forma di bellezza che una donna possa possedere: era il suo motto, ci aveva sempre creduto ciecamente e avrebbe continuato a farlo.
Harry e Ron, anche loro si erano cambiati, probabilmente per comodità, l'aspettavano in Sala Comune: entrambi in jeans e magliette a maniche corte, il primo teneva gli occhi fissi sulla Mappa, controllando quello strano essere che appariva e scompariva nei corridoi, il secondo intento a picchiettarsi il mento con la bacchetta.
Prese un bel respiro: che la partita avesse inizio.
- Tutta questa teatralità: è troppo persino per i Grifondoro.- commentò Zabini, rivoltando con cura le maniche della camicia candida, che fasciava perfettamente le spalle e il petto del giovane, creando uno strano contrasto con la sua pelle d'ebano.
- Senti chi parla di esagerazioni!- sputò Draco.
- Come?- domandò Theodor, già perfettamente vestito e – rassegnato – seduto sul suo letto, in attesa che i due vanesi compari si affrettassero a darsi una sbrigata.
- Ma sì, non è evidente? Gli incontri nella Stanza della Necessità, la segretezza, l'agire furtivamente: perché non prendere Pansy, sbatterla in una stanza e torturarla fino a che non sputa la verità?- fece Blaise, ignorando il biondo ed entrando in bagno, uscendone con il suo profumo tra le mani.
- Zabini, non credo che il trio delle meraviglie abbia tutti i torti: non abbiamo prove contro Pansy e, se davvero è colpevole e noi l'accusiamo e lei viene scagionata, dopo hai idea di cosa potrebbe accaderci? Faremmo la stessa fine di Daphne e Ginny, nella migliore delle ipotesi.- fece notare Nott, mentre giocherellava con la bacchetta.Gli occhi cobalti di Blaise scintillarono, animati da una delle sue macabre idee. – Interessante teoria. – mormorò, attirando l'attenzione degli altri due – allarmati – su di sé.
- Zabini, non farti venire strane idee.- prevenne Draco, osservandosi allo specchio nell'anta del suo armadio. Continuava ad abbottonare e sbottonare l'ultimo bottone della sua camicia verde. Blaise, voltatosi verso di lui, sorrise.
- Non darti pena, mio buon amico: non hai bisogno di far colpo, è evidente. Così com'è evidente che nemmeno lei ce l'abbia.-
- Cosa blateri, Zabini?- volle sapere Nott, ora in piedi, raggiungendolo.Draco allontanò gli occhi dal suo riflesso per posarli su quelli dell'amico. – Parli con me?- domandò.
- Oui, ovviamente. – fece, sornione, Zabini. – Pensavi davvero che mi sarebbe sfuggito, Draco?-
- Non ho alcuna idea di cosa tu stia parlando.-
- Non insultare il mio acume, te ne prego.- affermò, melodrammatico, il bruno Serpeverde, gesticolando come se un odore insopportabile si fosse appena fatto strada fino alle sue regali narici.
- Vuoi parlare chiaramente, per una volta nella tua vita?- chiese, esasperato, Theodor. Draco mimò, al suo indirizzo, il gesto dell'indice che roteava intorno alla tempia e Nott rise.
- Certo, Draco, certo: da' pure a me del folle. Eppure, tra i tre, non sono io quello che si è invaghito dell'unica strega di Hogwarts sul quale non avrebbe mai dovuto neppure posare gli occhi.- commentò Blaise, spruzzandosi la sua essenza profumata e sorridendo, maligno.
- Quale strega?- incalzò Theodor, picchiando sulla spalla di Draco con fare bonario.
- Nessuna strega, Zabini piantala.- chiuse l'armadio con una spinta e si affrettò a recuperare la bacchetta di sua Zia Andromeda dal comodino. Come diamine aveva fatto a capirlo? Se nemmeno lui, ancora, sapeva cosa provasse per quella maledettissima strega?!Possibile che Blaise possedesse davvero un sesto senso per le questioni di cuore? O, magari, aveva un talento per la Divinazione e aveva previsto un futuro in cui loro due... No, no, stava cominciando a delirare: credere che Zabini potesse dire cose assennate era segno evidente della follia cui si stava abbandonando.
- Vuoi sapere come me ne sono accorto, non è vero?- quella vocetta fastidiosa e soddisfatta lo raggiunse mentre chiudevano la porta della loro stanza a chiave: prevenire, avevano imparato a loro spese, era meglio che curare.
- Non so di che parli.-Blaise gli fece passare un braccio intorno al collo, approfittando del fatto d'essere di poco più alto. – Parlo di "occhi da cerbiatta". Hai presente? Riccioli scuri – che necessiterebbero di una spuntata e di un professionista, a proposito -, labbra di rose, pelle chiara...- disse al suo orecchio.
Draco si svincolò dalla presa. – Dacci un taglio.- sbottò, gli occhi che emanavano scintille. Blaise rise, sollevando le mani in segno di resa. – Come vuoi, amico, ma, accetta un consiglio: per quanto poco recettivi, anche Potter e Weasley si accorgeranno di come la guardi e, soprattutto, di quello che dici. Ti tradisci più spesso di quanto credi, Draco.- quest'ultima frase fu pronunciata in tono serio.
- Weasley? Potter? Ma cosa state...- Nott, che li ascoltava senza intendere, si stava arrovellando in cerca di una personale illuminazione sulla faccenda.
- Mettiamo che tu ci abbia – lontanamente e, bada bene: molto lontanamente – azzeccato. Cosa mi avrebbe tradito, sentiamo?-Blaise, tanto soddisfatto e tronfio che il suo ego avrebbe potuto tranquillamente diventare il quarto membro del loro gruppetto e occupare tutta la Sala Comune da solo, sorrise con aria mesta. – Semplice: tu eri rinchiuso nella tua bella torre, nel buio, prigioniero della notte e...- l'occhiata scocciata di Draco lo convinse a tralasciare la sua vena poetica. - ...e Daphne non ha rivelato né a me né a Theodor chi era la persona di cui sospettava e sappiamo bene che non è riuscita ad incontrare la Granger, quella notte, perché è stata colpita prima. – mentre parlava di lei il suo viso si fece scuro. – Quindi, né Daphne, né io, né Theodor possiamo aver detto alla Granger che probabilmente era Pansy la responsabile di ciò che stava accadendo. Rimane una sola persona che poteva aver notato la sua assenza, quella notte, in Sala Grande, la stessa persona rinchiusa nella, poco prima citata, cella. – espose, limpidamente.
- Ti viene in mente qualcuno?- lo provocò, divertito, ottenendo un sibilo in risposta. – Sono davvero esterrefatto, a proposito: mai avrei creduto che la Granger possedesse un'indole tanto selvaggia e spericolata. Dimmi, Draco: com'è stato vedersela piombare in cella? Potter e Weasley non ne sanno nulla, è evidente, nemmeno sapevano che tu eri stato accusato dell'accaduto alla Weasley.Mi chiedo come la prenderebbero, l'idea della loro perla tra le mani di una Serpe.- ghignò.
- Che perla?!- sbottò, scocciato, Theodor, stanco di essere escluso dal discorso, evidentemente – data l'attenzione e la tensione di Draco – importante.
- Nulla di cui valga la pena parlare: le solite stronzate partorite dalla mente di Zabini.- fece, lapidario, Draco, fissando l'amico tanto intensamente da convincerlo a fare un cenno di resa del capo.
- E sia, Draco: spero solo che queste stronzate non ci si ripercuoteranno addosso.- disse. – Siamo già fin troppo invischiati con i Grifondoro.- aggiunse, in un sussurro tanto flebile che Draco non fu certo d'aver udito bene.
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La mia rivale bellissima
Fiksi PenggemarTutti sono ad Hogwarts per un ultimo anno da "ragazzi normali". Ovviamente non sarà un anno tranquillo. Dal capitolo III: "Avrebbe potuto chiedere alla McGranitt una camera singola, magari tentando di corromperla promettendole un po' della miracolos...