Capitolo 41 - Compromise

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  - Ron, allora, dicci qualcosa!- la voce di Harry investì l'amico che aveva appena varcato la soglia del ritratto per entrare in Sala Comune. Vi si respirava un'aria tetra, sebbene fossero da poco passate le cinque del pomeriggio e il sole illuminasse ancora pienamente l'esterno. Gli studenti erano quasi tutti sparpagliati nelle rispettive stanze, qualcun altro – i più avventurosi – si era arrischiati in Sala Grande, scoprendo ben presto che le direttive della McGranitt non erano state solo chiacchiere al vento: gli Auror erano ovunque. Sorvegliavano la scuola, gli ingressi alle Case, i confini di Hogwarts. Nessuno studente riusciva a fare un passo senza che fosse intercettato, che ne fosse accertata l'identità e la Casa di appartenenza e fosse rispedito, inesorabilmente, al proprio dormitorio. Una situazione del genere non giovava certo all'umore generale e, se la circostanza fosse stata diversa, Hermione Granger sarebbe di certo stata l'unica a trovare quei pomeriggi da reclusa piacevoli e utili: avrebbe, così, potuto ripassare tranquillamente il programma degli anni precedenti, anticipare i compiti per gli interi ultimi due mesi di scuola, dare ripetizioni a destra e a manca e tutto ciò che faceva di lei la petulante, noiosa, prevedibile, Caposcuola Granger.Nessuno dei suoi due migliori amici avrebbe mai immaginato che l'aggettivo "prevedibile" fosse – ormai – tanto lontano dalla loro favorita. Per questo motivo, quando si accomodò sul divano accanto ad Harry, Ron non trovò nulla di strano osservando Hermione, sistemata sulla poltrona con un grosso tomo di Antiche Rune tra le mani. Se fosse stato più acuto – o meno preoccupato per la sorella – probabilmente si sarebbe accorto che il libro era aperto solo alla terza pagina e che Hermione invece di leggere, sembrava trapassare le pagine con lo sguardo. Harry, dal canto suo, repelleva qualsiasi libro nel raggio di dieci metri dalla sua persona, almeno ché non si trattasse di una rivista sul Quidditch, di conseguenza Hermione si trovava – per quanto lo riguardava – nascosta dietro una barriera che ne oscurava la vista alla sopracitata.
- Sì, Ron, dicci come sta Ginny.- si accorò la ragazza, chiudendo il tomo e posandoselo sulle ginocchia.Ronald Weasley era l'unico, (s)fortunato, studente al quale era stato accordato il permesso di lasciare la scuola – ovviamente accompagnato dalla Preside – per recarsi in visita a sua sorella. Ginny era stata ricoverata al San Mungo la settimana prima e ancora non aveva ripreso conoscenza. Medimaghi da ogni parte del mondo erano accorsi per visitarla, Maghi esperti e potenti, antichi, eppure nessuno di essi pareva avere idea di cosa avesse colpito Ginevra. I signori Weasley, con la dignità e la forza che caratterizzava la loro famiglia, affrontavano la cosa con grande coraggio, convinti che, prima o poi, una soluzione sarebbe giunta.
Hermione era meno propensa ad affidarsi al fato e la destino, così come Harry Potter – che col destino aveva parecchi conti in sospeso – e Ron.
- Mi hanno fatto restare con lei solo per cinque minuti. – spiegò il portiere dei Grifoni. – Non ho potuto toccarla.- aggiunse. – Dicono che può essere "contagiosa" o qualcosa del genere.- ovviamente, quanto a fornire dettagli precisi, Ron non era la persona più adatta. – Contagiosa? – ripeté Harry, ansioso: sperava che, prima o poi, la McGranitt si decidesse a concedere anche a lui una visita a Ginevra ma Hermione sospettava che, nel caso ciò non fosse accaduto, il ragazzo stesse organizzato una piccola gita all'ospedale in sordina. Immediatamente la mente la rimandò alla sua ultima gita e avvampò violentemente.
- Ti senti bene, Hermione?- chi altri, se non Ronald Weasley, poteva essere l'autore di quella domanda? Ron, unico al mondo a possedere la capacità di notare ciò che non doveva essere notato.
- Certo. Stavi dicendo di Ginny.- cercò di deviarlo.Lui annuì. – Sapete, è qualcosa di oscuro, come se l'aria nella stanza fosse pesante e impregnata di rabbia. Non saprei spiegarlo, ma so che, se anche mi avessero concesso più tempo con Ginny, sarei uscito da quella stanza io stesso, cinque minuti dopo. Cominciavo a sentirmi male, il cuore mi batteva forte, i muscoli erano tesi, mi sentivo furioso. Una volta fuori, è come se tutto avesse fatto "puff".- continuò, facendo schioccare le dita.
- Sciocchezze.- decretò Harry. – Tua sorella è stata affatturata a scuola, il luogo che dovrebbe essere più sicuro al mondo. Nessuno sembra in grado di curarla e Nott, intanto, se ne va in giro indisturbato. Io sono furioso e non sono suo fratello, non vedo chi, più di te, avrebbe diritto a sentirsi così.- asserì. Ron, supportato dal consenso dell'amico, annuì. Hermione, invece, prese a riflettere, poiché qualcosa, nelle parole del suo primo amore, le aveva messo in moto il brillante cervello: Hermione rammentava bene la reazione della McGranitt nei confronti di Draco, la notte dell'incidente a Ginny. La preside sembrava folle di rabbia in un modo tanto incontrollato che Hermione non rammentava aver mai visto impossessarsi di lei. Poteva esserci un collegamento, tra le due cose? Doveva scoprirlo e, soprattutto, doveva scoprire dove si trovava Pansy Parkinson la notte in cui gli studenti furono riuniti in Sala Grande. Le parole di Draco Malfoy erano il suo unico indizio, l'unica strada da percorrere. Doveva fidarsi di lui, sebbene, al momento, non si fidasse nemmeno di se stessa. Avrebbe tanto desiderato abbandonarsi tra le braccia dei suoi migliori amici e piangere e urlare, perché Ginny stava male e nessuno sembrava in grado di aiutarla, perché nel mondo Magico stava succedendo qualcosa eppure a loro non veniva spiegato nulla, ma non poteva. Rimanere concentrata su di un obiettivo era il suo unico modo di non crollare e, lo sapeva bene, doveva rimanere razionale e vigile, poiché Ron era distrutto psicologicamente ed Harry pieno di un'ira tanto funesta da far invidia a quella di Achille. La ragazza, di fatti, temeva che i due potessero far qualcosa di avventato nel tentativo di vendicarsi.
- Vedrai che troveremo un modo.- stava dicendo Harry a Ron. – Non è vero, Hermione?-
- Come?-Harry alzò un sopracciglio. – Ho detto a Ron che riusciremo ad andare a trovare di nuovo Ginny, stavolta tutti insieme. Non sei d'accordo?- ripeté.
- No.- rispose la ragazza, pronta alla controversia che ne sarebbe nata.
- Perché?- volle sapere il ragazzo sopravvissuto, che aveva incrociato le braccia e ora le prestava tutta la sua attenzione.
- Perché non abbiamo idea di cosa ci sia là fuori, di cosa abbia colpito Ginny e del perché sia stata spiegata una tale, massiccia, forza di Auror a difesa della scuola.- disse.
- Qualsiasi cosa ci sia là fuori, siamo in grado di affrontarlo.- ribatté Harry.
- Harry, abbiamo combattuto contro Voldemort e i suoi Mangiamorte, è vero. Siamo sopravvissuti, è vero. Siamo forti, coraggiosi, addestrati, ottimi maghi, è vero. Ma non siamo infallibili. Se a noi capitasse qualcosa, chi aiuterebbe Ginny?-
- Per il momento nessuno sta aiutando Ginny.- intervenne Ron, frustrato.
- Lo so. – sussurrò Hermione. Era arrivata ad un punto in cui decidere se e quanto rivelare ai suoi amici di ciò che aveva scoperto; dir loro del Mago di cui Luna Lovegood le aveva parlato poteva essere una buona idea, ma di certo alimentare i loro sospetti – già radicati – sui Serpeverde, raccontando di Pansy Parkinson e della sua assenza quella notte, non poteva portare alcun giovamento. Prima di tutto perché si sarebbero convinti che fosse tutto un piano escogitato dalle Serpi contro di loro; in secondo luogo, perché avrebbe dovuto trovare un modo per spiegare loro come faceva lei a saperlo e avrebbero scoperto della sua visita a Malfoy; terza cosa, a quel punto, avrebbe dovuto affrontare le conseguenze della notte passata, cosa che non era assolutamente pronta a fare.Decise che avrebbe parlato loro solo del Mago.
- Ho qualcosa da dirvi.- esordì, quindi. L'attenzione dei due ragazzi rimase immutata per tutto il tempo che lei impiegò per raccontar loro ciò che le aveva detto Luna.
- Da quanto lo sai?- volle sapere Harry, offeso.
- Da ieri sera.- e finalmente potè dire la verità senza omettere altro.
- Cosa significa?- domandò Ron. – Che il libro scomparso è stato trovato e consegnato a Hogwarts?-
- Esatto, è quello che credo. E ritengo che sia stato rubato, la notte in cui ho scoperto che la scuola sarebbe stata messa in isolamento. E, a questo punto, ritengo che le persone che hanno fatto irruzione, rompendo le barriere di protezione di Hogwarts, cercassero proprio quel libro.- spiegò.
- Da quanto sapevi dell'isolamento?- chiese, ancora, Harry.
- Dalla partita Serpeverde contro Grifondoro.-
- E non ci hai detto niente.-
- No, non vi ho detto niente, perché eravate troppo impegnati col Quidditch e a litigare con me per Nott e Ginny, per potermi prestare attenzione.- sbottò la ragazza, guardandoli male.
- Dacci torto, ora! Hai visto com'è andata a finire!- esclamò Harry, allargando le braccia.
- Non avete nessuna prova che sia stato Nott! Era stato schiantato, per la miseria!-
- Non puoi difendere un Serpeverde, Hermione! Dimmi il nome di un solo Serpeverde di cui ci si può fidare!- la sfidò Ron.Hermione tacque per un momento, riflettendo. Ritrascorse l'ultimo mese, il rapporto che aveva instaurato con Daphne, l'amicizia fragile che ne era derivata, le confessioni reciproche, la stima che aveva provato per lei, il supporto che lei le aveva dato, quella stessa notte in cui si erano ritrovare a fronteggiarsi, l'una contro l'altra, per decidere di questioni riguardanti la lealtà. E Daphne aveva accettato di seguirla nella Foresta, mettendo a rischio la sua vita, sebbene quello non fosse un principio delle Serpi. Daphne le aveva, a quel modo, dimostrato, che potevano essere amiche, che non era tutto bianco e nero, che le Serpi non sempre si comportano da Serpi e che il bene e il male hanno confini molto labili.
- Daphne Greengrass.- si arrischiò a rispondere, guardandoli negli occhi. Rischio. Il rischio non era una prerogativa dei Grifondoro, sebbene lei e i suoi amici avessero rischiato molte volte la vita, in molte circostanze. Non era, tuttavia, quello, il genere di rischio a cui Hermione pensava: ella sentiva che il fidarsi di una Serpe era come saltare nel vuoto, col cervello. Significava rischiare i propri ideali, mettendoli nelle mani di qualcuno che avrebbe potuto ridurli in pezzi. Rischiare la propria integrità e la stessa essenza – poiché non si diveniva Grifondoro o Serpeverde, lo si nasceva, a parer suo – per trovare un compromesso.
- Non fai sul serio.- affermò Harry.
- Sono seria invece. – rispose Hermione.
- E' inutile stare qui a discutere del fatto se poter considerare Daphne Greengrass degna di fiducia: non migliora la situazione di Ginny.- fece notare Ron. – Che facciamo?- chiese, poi.
- Dobbiamo scoprire qualcosa su questo libro: contenuto, autore. Sono certa che sia la risposta alla domanda: perché delle persone hanno fatto irruzione ad Hogwarts, rischiando la vita o – peggio- di finire ad Azkaban, per un libro.- disse la ragazza.
- E chi sono quelle persone.- aggiunse Harry.
- E se sono state loro a ridurre Ginny in quello stato.- si accorò Ron. Si accorsero che l'antica complicità tra loro era stata ristabilita e che di nuovo lavoravano come una squadra. Si sorrisero, dandosi sostegno reciproco. Hermione, tuttavia, aveva un enorme peso a gravarle sulla coscienza e si sentiva una traditrice, sporca, come se le labbra di Malfoy avessero lasciato su di lei un marchio indelebile. Qualcosa che si sentiva cucito addosso e che creava una barriera che l'avrebbe per sempre separata dai suoi migliori amici. Insormontabile, eterna, irrimediabile. Quello che aveva fatto l'aveva strappata dalla sua vita fino a quel momento, segnando una netta frattura con essa. Scosse la testa: non era il momento per pensare a quello. Se Harry e Ron erano, adesso, intenzionati a trovare notizie sul libro incriminato, lei aveva un altro obiettivo: parlare con Daphne Greengrass. Doveva, di fatti, capire cosa si dicesse a Serpeverde, e, soprattutto, avere notizie di Pansy.
- Malfoy non era a lezione nemmeno oggi.- sentì dire a Ron.Harry fece un'espressione piena di disprezzo. – Probabilmente mammina e paparino lo avranno portato via da scuola, temendo che si facesse male. Gli avranno fatto una scorta di guardie del corpo, perché non si fidano degli Auror.- disse. Hermione si ritrovò col fiato corto: era una fortuna che a Serpeverde i segreti fossero mantenuti così bene. Non una parola, di fatti, sulla reclusione di Draco Malfoy nella cella in cima alla torre era giunta all'orecchio del resto della scuola. Serpeverde era una tomba. Hermione sperò di non ritrovarvisi seppellita.





- Blaise, dacci un taglio.- fece, secca, Daphne. Se ne stava seduta sul letto di Theodor, quest'ultimo accanto a lei con la bacchetta tra le mani e l'aria tesa. – Ho bisogno di rilassarmi, va bene?- rispose l'interpellato, versandosi un altro bicchiere di Whiskey incendiario.
- C'è uno stuolo di Auror fuori dal dormitorio! Se ti beccano sei nei guai.- continuò la ragazza, imperturbabile.
- Nei guai eh?- sorrise, amaro, Zabini. – E, di grazia, che guai potrebbero essere peggiori del tuo migliore amico accusato di aver quasi ammazzato una Grifondoro, Weasley per giunta? – domandò, retorico.
- Draco non ha fatto niente.- affermò, deciso, Theodor.
- Lo so. Questo non migliora la situazione: la McGranitt, quella strega – e, notate, uso il termine come dispregiativo – è sicura del contrario. Avete visto con quanta ira l'ha accusato? Sembrava volesse mangiarselo!-, Zabini accompagnò le parole con un gesto secco.
- Non è una novità che la McGranitt sia contro Serpeverde.- confermò Theodor.
- La novità è che accusi senza avere altre prove, se non una bacchetta, che tra l'altro Draco ha affermato fosse stata persa o rubata. La McGranitt resta una Grifondoro, sebbene sia un'insegnante e i Grifondoro sono per la giustizia: non condannerebbero qualcuno se questi non è colpevole.- s'intromise Daphne.Blaise la guardo malissimo. – Stai dicendo che Draco è colpevole?- la accusò.
- Non dire stupidaggini, Zabini. E smetti di usare quel tono con me. – sbottò la ragazza.- Sto dicendo che, probabilmente, qualcosa sta influenzando il giudizio della McGranitt. E aggiungo, che, di certo, analizzando la bacchetta di Draco sia risultata proprio questa la bacchetta che ha scagliato l'incantesimo che ha ridotto Ginevra in quello stato. Ora, chi sia stato ad averla impugnata, è un'altra storia.- spiegò. Blaise parve rilassarsi. – A chi pensi? So che hai un sospetto, te lo leggo in faccia.- le disse.Lei sorrise. – Da quando sai leggere, Zabini?- lo rimbeccò.
- E' vero, Daph? Pensi di sapere chi è stato?- le domandò il cugino, guardandola, ansioso.
- Ho un'idea, ma non ne sono sicura. – rispose. – Theodor, dimmi una cosa: hai più trovato quel profumo francese che avevi perso?-Il ragazzo scosse la testa. – Sinceramente l'ho completamente dimenticato: con quello che è successo a Ginny e Draco, avevo altro a cui pensare.- spiegò. Lei annuì. – Vuoi metterci a parte dei tuoi sospetti, Daphne?- la invitò Blaise, semi-sdraiato sul suo letto.
- Non ancora. Devo parlare prima con una persona.-
- Chi?-
- Hermione Granger.-Blaise aggrottò le sopracciglia. – La Granger? Credi che ti darà retta, ora? Hai visto come ti guardava, in Sala Grange, ieri sera? Crede Draco colpevole. E crede che noi lo stiamo proteggendo. Mi sorprende che non sia ancora corsa a fare la spia ai suoi amichetti.- disse.
- Che intendi?- chiese Theodor.
- Che nessuno ha ancora sfidato a duello uno di noi, non è scoppiato il putiferio a Grifondoro, perché messi al corrente del fatto che Draco è accusato di ciò che è successo alla Weasley: ergo, la Granger ha tenuto il segreto per lei.- rispose Blaise.
- Perché credi lo abbia fatto?- domandò, ancora, Theodor.
- Non lo so.-
- Non fate di un'erba un fascio: Hermione è amica di Harry e Ron, ma questo non significa che ragiona come loro.- intervenne Daphne.
- Sono Grifondoro, e questo basta.- ribatté Blaise.
- Basta a cosa? Ma se tu non hai mai creduto alle distinzioni di sangue!- esclamò Daphne, mettendosi in piedi.Blaise sospirò, roteando gli occhi al cielo. – Quando mai ho parlato di sangue, di fatti? – si mise seduto sul letto, per poterla guardare meglio. – Sto parlando di Case, Daphne. Di diritto di nascita. Hermione Granger è una Grifondoro e lo resterà tutta la vita, forse anche dopo morta. Questo fa di lei un grande impasto di presunzione, coraggio, lealtà, onestà fino all'esasperazione, incuranza delle regole, tronfiezza e moralità. Tu sei una Serpeverde. Devo continuare?- le chiese, con un cenno del mento.
Daphne andò verso la porta. – No, Zabini, non devi continuare. – rispose, aprendola. – Ma, nel tuo lungimirante e appassionato, per non diresaggio, discorso, hai dimenticato qualcosa: sacrificio. I Grifondoro sono pronti a sacrificarsi per le persone che amano e per quelle che nemmeno conoscono. – affermò.
- Quindi?-
- Cosa sei disposto a sacrificare, per Draco?-Blaise aprì e richiuse la bocca, incapace di rispondere. Se ne fosse stato in grado, la risposta, ovvia, sarebbe stata: "ogni cosa". Daphne fece vagare lo sguardo, fissandolo su suo cugino. Anche lui chinò il capo, sconfitto. Perché anche lui avrebbe sacrificato qualsiasi cosa, per un amico, per la famiglia.
- Esatto. Si chiama "compromesso", idioti, o, se preferite, "punto di incontro".- sorrise, amara, Daphne, uscendo e sbattendosi la porta alle spalle. Il silenzio regnò sovrano per qualche altro istante, poi i due ragazzi si guardarono.
- Ha problemi di controllo della rabbia, tua cugina.- fece Zabini.
- Hai proprio ragione. – lo assecondò Theodor. – Tu hai problemi a nascondere il piacere che ti crea stuzzicarla.- aggiunse.Blaise ignorò la frecciata e fece un grande sospiro, alzandosi. Arrivò all'armadio di Draco e lo aprì, osservando le camicie di ottima fattura appese in modo perfetto, i pantaloni stirati ad opera d'arte, le scarpe perfettamente allineate. – Non sono venuti a prendergli nulla.- mormorò.
- Hm?-
- A Draco. Non sono venuti a prendergli un pantalone o una camicia di ricambio. Significa che avrà ancora gli stessi vestiti di una settimana fa.- spiegò. – E' inumano. Davvero. Assolutamente inaccettabile. Dobbiamo fare qualcosa.- asserì, andando verso la porta.
- Cosa?-
- Dai, muoviti.-
- D'accordo. Ma dove andiamo? Abbiamo gli Auror cuciti al culo!- esclamò Theodor, seguendolo.
- A parlare con Piton.- rispose Zabini, già fuori dalla porta.



Trascorsero diversi minuti dopo che i ragazzi furono usciti, poi, da sotto il letto di Draco, Pansy Parkinson, pallida in viso, affannata e con gli occhi tanto scuri da rendere invisibile il confine tra pupilla e iride, scivolo fuori. Si mise a posto i vestiti sgualciti, raggiunse il lato della stanza che apparteneva a Blaise, scavò qua e là e, trovato ciò che voleva, richiuse il cassetto sbattendolo. Sorridente, malefica, lasciò la stanza per tornare in camera sua, accertandosi di non essere vista.  


La mia rivale bellissimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora