Capitolo 33 - Yield

575 29 1
                                    


Giunse il Venerdì, il primo venerdì di Aprile, portando con se una brezza estiva che scacciò presto via dalle mente degli studenti la bufera dei giorni di inizio settimana. Forse, pensarono i più ottimisti, la primavera si era decisa ad arrivare. Tra questi pensatori, rientrava la piccola e unica Luna Lovegood, intenta a camminare a passo di danza per i corridoi della scuola, con un cesti in vimini bianco tra le dita sottili, colmo di fuori. In molti la guardavano sorridendo, divertiti, altri rassegnati, qualcuno con una punta di fastidio; lei non ci badava, le occhiate della gente le scivolavano addosso, come l'abito turchese che indossava al posto della divisa. Le lezioni, per quel giorno e quella settimana, erano terminate e il poter vestire un colore diverso dal nero la metteva di buon umore. Posò, chinandosi con leggerezza, un paio di fiori ai piedi di un Gargoyle, poi fece qualche passo e, sollevandosi sulle punte, ne adagiò degli altri intorno a una fiaccola spenta.
- Luna? Cosa fai?- la voce roca di Ron attirò il suo sguardo cristallino e, voltandosi, trovò il ragazzo a pochi metri da lei, intendo a fissarla. Ron, però, non la guardava come la maggior parte degli studenti, con simpatia e confusione, poiché non la comprendevano. La guardava solo con curiosità, pure e priva di altri scopi.
- Ciao Ronald. – lo salutò, raggiungendolo. – Vedi, poiché siamo rinchiusi a scuola e non ci è permesso avvicinarsi al bosco, ho pensato di portare un po' di natura nella scuola, per non dover guardare sempre il grigio delle pareti.- gli spiegò.Il ragazzo, sorridendo, annuì. – Una bella idea. Se solo tu potessi anche portare il campo di Quidditch nella Sala Grande saremmo a posto.- aggiunse, più a se stesso che a Luna. Quest'ultima, colpita dal suo tono cupo, alzò un sopracciglio allarmata. – Allora è vero quello che mormorarono le statue.- constatò. Un espressione confusa si fece strada sul viso del Grifondoro. – Eh?-
- Le statue. – ripeté lei, come se fosse la cosa più naturale al mondo. – Mi hanno detto che Grifondoro e Serpeverde hanno intenzione di giocare una partita di Quidditch non registrata e senza supervisione.- continuò, senza però insinuare quella nota di rimprovero e disprezzo che avrebbe invece colorato la voce di Hermione al pronunciar quelle parole.
- Non so di cosa parli.- mentì Ron, senza trovare il coraggio di incontrare gli occhi della ragazza.
- Oh, Ronald. Mi spiace molto sapere che mi stai mentendo. Spero che non correrete rischi, comunque. Adesso devo andare. – mormorò lei, superandolo. Era piccolina, bassa di statura e Ron si sorprese di quanta energia si portasse chiusa in quel corpo minuscolo.
- Oh, Ron?-
- Hm?-
- Hai visto Hermione, in giro? L'ho cercata ma da quanto la biblioteca è chiusa, non riesco più a trovarla.-Ron, che con Hermione non parlava per timore di essere cruciato da almeno due giorni, arrossì vistosamente e, scuotendo la testa con energia, si affrettò a togliersi dal corridoio, quasi preoccupato che la diretta interessata comparisse da un momento all'altro per strozzarlo.
- Oh, peccato.- le parole di Luna rimasero sospese in aria.






- Malfoy, che sia chiaro: non ci sarà Piton a pararti il sedere regale, stavolta.- sputò Harry, sorridendo maligno. La testa bionda del diretto interessato si sollevò infastidita e lo sguardo trasparente del proprietario lo trapassò. – Potter, vedi di darci un taglio se hai intenzione di giocare, domani.- minacciò il Serpeverde.
- Chi credi di spaventare?-
- Torna a tenere la sottana della Granger.-
- Malfoy, bada a come parli!- s'intromise Ron, stringendo i pugni convulsamente e arrossendo fino alle orecchie.Zabini, sbuffando, li fissò tutti scocciato. – Ora basta. Ho caldo, sto sudando e la mia camicia di seta italiana si sta stropicciando. Firmate questo benedetto foglio, così possiamo andare ai due estremi di Hogwarts e non rivederci fino a domani notte!- ordinò, secco. Era veramente sconvolto. Stare chiusi nella Stanza delle Necessità, fatta apparire da quel geniaccio di Weasley, sotto forma di ufficio sei metri per sei, senza finestre né mobiletto bar, lo stava mandando fuori di testa. Il caldo lo aveva costretto a sollevare le maniche della camicia e, senza accorgersene, aveva allentato il nodo alla cravatta e si era spettinato i capelli per passare il dorso della mano sulla fronte sudata. Si sentiva in disordine, sporco e per niente elegante. Ergo doveva uscire al più presto da quel buco prima di schiantare tutti. Con un grugnito, quell'ammasso di muscoli senza cervello di Weasley afferrò malamente la piuma che Blaise gli porgeva e scarabocchiò il suo nome, con grafia illeggibile, sulla pergamena. Fu il turno di Nott, che passò poi il testimone a Malfoy. Potter firmò dopo aver riletto per l'ennesima volta tutti i punti dell'accordo che, in breve, prevedeva che nessuno di loro confessasse mai, nemmeno sotto cruciatus, ciò che avrebbero fatto la notte successiva e che non se ne sarebbero mai serviti per ricattare i membri del gruppo rivale. Indovinare a chi fosse venuta la brillante idea non era difficile. Blaise firmò il foglio per ultimo e, con un tocco di bacchetta, rese il contenuto vincolante e illeggibile a chiunque. – Salazar, fatemi uscire!- esclamò.
- Potter.- la voce di Malfoy lo fermò mentre, con una mano sul pomello della porta, si accingeva a varcare la soglia.
- Cosa?-
- Nemmeno la Granger deve essere informata. Comportatevi da uomini, per una volta.- sputò, superandolo e colpendo il ragazzo con una spallata.





- Blaise?-
- No, tu non mi hai mai visto.- rispose il ragazzo, passandole accanto come una furia. Daphne, che per poco non era finita col sedere per terra data l'irruenza del ragazzo, lo seguì preoccupata. – Blaise?- chiamò, dato che lui le aveva chiuso la porta della sua camera sul naso. Nessuna risposta. La Serpeverde rimase interdetta a fissare la porta, indecisa sul da farsi: non aveva mai visto Blaise in quello stato. Capelli arruffati, camicia smessa, cravatta dal nodo disfatto. Aveva forse sognato? Aprì la porta e se ne pentì all'istante: Blaise, senza camicia e intendo a sbottonare i pantaloni scuri, rimase a fissarla curioso dall'angolo del suo letto.
- Oh.- boccheggiò la ragazza, arrossendo involontariamente, con ancora una mano a reggere il pomello. – Oh, io...- riprovò, senza successo. Blaise era dannatamente affascinante. I capelli in disordine e il velo di sudore a impregnargli le spalle e la fronte, facendo luccicare la pelle bronzea; gli occhi accesi dalla frenesia dello spogliarsi, i boxer che si intravedevano dalla cerniera aperta.Anche Blaise tentennò. Sembrava profondamente combattuto tra il muoversi o meno. Il suo piede destro pareva deciso a fare un passo avanti ma il sinistro era bel saldo sul pavimento di marmo.
- Mi spiace, scusa, pensavo ti sentissi poco bene.- riuscì a sputare Daphne, senza smettere di fissarlo. Si sentiva una vera idiota. Sebbene tutti ne fossero convinti, lei non aveva avuto nessun compagno di letto. Era, sebbene la imbarazzasse ammetterlo, puramente vergine. Blaise, invece, era l'opposto della purezza. Ed era, come tutti, convinto che la sua bionda e bellissima amica fosse un'esperta nel campo. Il fatto di rimanere imbambolata di fronte ad un ragazzo a torso nudo, non era certo sinonimo di abitudine a quel genere di cose. Si stava fregando con i suoi stessi occhi. Senza pensarci più di tanto, spinta più dal calore che sentiva nel ventre che da altro, raggiunse lentamente Blaise. Lui, sconvolto, sembrava paralizzato sul posto, incapace di muoversi anche solo per fuggire. Daphne potè vedere nitidamente ogni piccola goccia di sudore che impregnava la fronte del ragazzo e, quando gli posò le mani sulle spalle per sollevarsi sulle punte, avvertì la pelle di lui rabbrividire a quel tocco. Gli posò un bacio leggero e lungo sull'incavo del collo, piegando di lato la testa. Avrebbe pensato dopo alla vergogna e all'imbarazzo, decise. – Sai: non sei affatto male così trasandato.- sussurrò al suo orecchio, tornando sui talloni e voltandogli le spalle. Quando uscì, richiudendosi la porta alle spalle, lasciò che il cuore le martellasse incessantemente, quasi a volerle esplodere nel petto.Blaise, ancora fermo come lei lo aveva lasciato, riuscii a chiudere la bocca e si ritrovò la gola secca.



- Giocheranno domani notte.- la informò Ginevra, mentre si metteva lo smalto alle unghie dei piedi. Hermione, intenta a posare i libri sui quali aveva appena finito di studiare, roteò gli occhi al cielo. – Non ci credo! Non possono essere così immaturi e idioti!-Ginny si limitò a guardarla sarcastica. – Si, lo so. Hai ragione.- convenne Hermione, sedendosi sul letto dell'amica. – Come pensano di raggirare gli Auror?- volle sapere. – Harry ha il mantello.- ipotizzò l'altra.
- Malfoy e Serpeverde no.-
- Problemi loro.-
- No, Ginny. Problemi nostri, dato che sono quegli stupidi dei nostri compagni di casa a giocare.-
- Hermione, è inutile agitarsi tanto. Hanno deciso e, tu sai meglio di me, che quando si mettono in testa una cosa non c'è McGranitt, Auror o Ministero che tenga.- esclamò Ginny.
- Godric! Vorrei averli sotto le mani!-
- Oh non credo succederà. Ti evitano.- ridacchiò l'amica.
- Ottimo: non hanno perso del tutto l'istinto di sopravvivenza! –
- Io ci vado.-
- Eh?- l'espressione di Hermione si fece seria e livida.
- Alla partita.- aggiunse Ginny, lanciandole un'occhiata in tralice. – Io ci vado.-
- Cosa? Perché?!- sbottò Hermione, balzando in piedi.
- Perché si. –
- Ginny!-
- Oh, Hermione! Tanto giocano uguale. Tanto vale che qualcuno assista e si accerti che non si uccidano con la scusa del Quidditch!-E la Caposcuola comprese che la piccola Weasley aveva paura che Harry e Nott non si accontentassero più degli insulti e passassero alle maniere forti. Il pensiero di Malfoy, Harry, Ron, Zabini, Nott e altri maschi carichi di testosterone sollevati a venti metri da terra e senza nessuno a sorvegliarli la terrorizzò d'improvviso. Lasciandosi cadere sul letto dell'amica, si portò un braccio alla fronte. – Godric! Va bene! Andiamoci.-  


La mia rivale bellissimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora