Prima che i due ragazzi nascosti sotto il Mantello praticamente la travolgessero, Hermione non aveva alcuna idea di cosa fosse accaduto nel bagno delle ragazze.
Aveva immaginato che Blaise e Theodore avessero seguito le due e la cosa l'aveva gettata nel panico: come avrebbero fatto a portar via Astoria se c'erano di mezzo Pansy e il potere di cui era impregnata?
Nel vano tentativo di placare la propria ansia, Hermione aveva tentato di distrarsi, osservando i Signori Greengrass e il vecchio Mago, Oculideus. I primi due discutevano tra loro, nervosi, e Hermione intuì che alla donna non era piaciuta l'intromissione del Mago nella conversazione che stava avendo con la figlia. Oculideus, invece, sedeva tranquillo e mesto, il cappuccio era stato abbassato sulle spalle magre e il suo volto sfigurato era perfettamente visibile: quella che, a Hermione, parve un ustione che gli copriva metà volto, si estendeva anche dietro il cranio ed era probabilmente la causa della mancanza di capelli da quel lato del capo.
Aveva un naso aquilino e sottile e occhi a palla, piccoli e color miele, simili a quelli dei falchi.
Non aveva perso di vista il corridoio lungo il quale Astoria e Pansy erano sparite e la Grifondoro si era domandata se fosse capace, come Silente, di vedere oltre il Mantello dell'Invisibilità.
Un gesto nervoso e stizzito della Signora Greengrass aveva, poi, attirato l'attenzione della ragazza e Hermione aveva studiato il volto rigido e superbo di questa, sorprendendosi nel focalizzare il fatto che quella donna, tanto altera e acida, fosse la madre di Daphne.
Non aveva alcun tratto comune con la figlia maggiore, al contrario di suo marito: il Signor Greengrass aveva lineamenti forti ma armoniosi, grandi occhi verdi, labbra sottili e ben disegnate e il naso piccolo e dritto. I capelli biondi, tagliati corti sul capo, erano dello stesso oro pallido di quelli di Daphne.
Il dondolare della fiammella di una candela proprio accanto a lei l'aveva distolta dalla contemplazione della coppia e, quando Theodore era emerso da sotto il Mantello, sorreggendo la cuginetta svenuta per le spalle, Hermione aveva capito che qualcosa doveva essere andato storto dai vistosi segni rossi di legatura che gli striavano il collo robusto.
Blaise Zabini, riemerso subito dopo di lui, aveva un'espressione angosciata e si era affrettato ad aprire il passaggio segreto, precedendo Hermione mentre Theodore sollevava Astoria in braccio.
Una volta fuori dalla Sala Comune delle Serpi, Blaise aveva raccontato, rapido e conciso, l'accaduto alla Grifondoro.
- Non appena Pansy si sarà svegliata, tutti sapranno della nostra presenza. Dobbiamo sbrigarci a tornare nella Stanza delle Necessità.- aveva detto, mentre apriva il ritratto che dava nel corridoio in cui avevano lasciato il resto dei ragazzi.
- Astoria l'ha colpita con un vaso?- aveva domandato Hermione, pensierosa più che preoccupata: sapevano fin dal principio che sarebbero stati scoperti, una volta portata via Astoria, le pareva inutile piangere sul succo di zucca versato.
Blaise l'aveva guardata con un sopracciglio alzato e, illuminato dalle fiaccole alle pareti, le era sembrato esausto eppure curioso.
- Sì, lo so, lo so: l'apnea. – aveva esclamato lei, trattenendo un sorriso che, in quel contesto, sarebbe risultato sicuramente fuori luogo. – Stavo solo pensando che, forse, nonostante la Magia Oscura da cui è posseduta, Pansy, fisicamente almeno, non è invulnerabile.- aveva commentato.
- In duello... -
- Non mi riferivo a un duello magico.-
Non avevano potuto continuare il discorso, poiché erano giunti di fronte alla statua raffigurante i Gargoyle dietro la quale li attendevano gli altri.
Draco e Ron si erano subito fatti avanti. – State bene?- aveva domandato il primo, fissando lo sguardo cristallino su di lei, in particolare.
Hermione lo aveva ignorato, spostandosi quanto bastava affinché vedesse Astoria tra le braccia di Theodore. Draco si era fatto immediatamente avanti con uno sguardo cupo che minacciava tempesta.
- E' solo svenuta.- si era affrettato a spiegare Nott, scostandole una ciocca di capelli corvini dalla fronte.
L'altro era parso rilassarsi e la tensione aveva abbandonato i muscoli delle spalle.
- Dobbiamo andarcene da qui.- era intervenuto Ron, che teneva tra le mani la Mappa e la scrutava con attenzione, tanto da creare profonde increspature sulla fronte.
- Si stanno spostando in fretta e sono diretti tutti qui.- aveva detto, porgendo a Hermione la Mappa affinché potesse guardare lei stessa.
Scrutando attenta i nomi che si spostavano rapidamente sulla pergamena, la ragazza aveva annuito. - Si saranno accorti che Astoria è sparita.- aveva sussurrato.
Anthony Goldstein, rimasto in disparte fino a quel momento per lasciare al gruppetto l'intimità di cui aveva intuito avesse bisogno, si era fatto avanti, affiancandola.
- Hermione, guarda.- le aveva indicato l'ufficio della Preside e lei aveva colto al volo.
- Gli uomini di guardia si stanno spostando.- aveva detto, sollevando gli occhi luminosi in quelli del Corvonero.
Anthony aveva annuito. – Credo abbiano richiamato tutti per trovare la ragazza.- aveva affermato, indicando con un cenno del capo Astoria, tra le braccia di Theodore. – Forse, qualcuno potrebbe tentare di liberare la Preside e Piton.- aveva aggiunto.
E, con "qualcuno" era risultato ovvio che intendesse due persone, poiché sarebbe stato impossibile per un numero di persone maggiore a quello di camminare celati dal Mantello.
- Non dobbiamo dividerci.- era intervenuto Theodore, facendosi avanti con aria poco convinta.
- Theo ha ragione, sono pericolosi e non sappiamo se un "bombarda" sarà sufficiente a liberare Piton e la McGranitt.- era intervenuto Blaise.
Hermione, pensierosa, aveva rivolto uno sguardo a Draco per la prima volta da quando lui e Harry si erano quasi ammazzati a vicenda; non c'era stato bisogno di parole, poiché erano entrambi convinti di dover almeno tentare e nessuno dei due avrebbe lasciato andare l'altro da solo.
- Andiamo noi.- aveva decretato la Grifondoro, avvicinandosi a Ron e restituendogli la Mappa.
- Portali alla Stanza delle Necessità, con questa non correrete il rischio di imbattervi nel fratello di Liliana o nei suoi uomini.- aveva detto, mentre gli occhi azzurri di Ron si riempivano di incredulità.
- Hermione... -
- Ron.- la ragazza gli aveva preso le mani tra le sue. – Dobbiamo almeno provare: abbiamo bisogno di aiuto, non riusciremo a fare tutto da soli. Se dovremo combattere, Piton e la McGranitt saranno essenziali per noi.- aveva mormorato.
Il portiere di Grifondoro l'aveva guardata a lungo, tenendole le mani con tanta forza da sbiancarsi le nocche; era pallido e i suoi occhi erano tormentati.
Alla fine l'aveva abbracciata, stringendola forte come non aveva più fatto da troppo tempo, dato il calore improvviso che era parso rianimare entrambi, come una sorta di "bentornato a casa". La ragazza aveva trattenuto piccole lacrime e si era aggrappata alla maglietta logora di Ron, respirando il tipico profumo dei Weasley.
- Fai attenzione, Hermione, ti prego. Torna da noi.- le aveva detto Ron, sussurrando ogni parola la suo orecchio. Poi si era staccato da lei, le aveva posato il Mantello dell'Invisibilità sulle spalle.
Ron si era voltato a guardare Malfoy per un lungo momento e, sebbene non gli avesse rivolto alcuna parola, il messaggio implicito in quello sguardo era stato chiaro a tutti: "Abbi cura di lei". Al Grifondoro era costato moltissimo dover affidare la sua migliore amica nelle mani del Serpeverde, eppure aveva intuito cosa questi sentisse per lei e, sebbene non sarebbe mai stato facile accettarlo, almeno Ron sapeva che, al pari di sé ed Harry, Malfoy avrebbe protetto Hermione.
E, incredibilmente, Draco Malfoy aveva annuito in modo impercettibile e i suoi occhi erano parsi giurare che avrebbe sacrificato la vita, piuttosto che permettere che le fosse accaduto qualcosa.
Il momento di calma innaturale era stato interrotto da Blaise, avvicinatosi all'amico per battergli una manata sulle spalle. – Non morire.- gli aveva detto, sorridendo alla Grifondoro che lo guardava con occhi pieni di tenerezza.
- Trovate il libro.- gli aveva detto lei, prima che il gruppetto desse loro le spalle e si affrettasse lungo il corridoio, con Ron in testa intento a guardare la Mappa.
Diversi minuti dopo, riuscendo ad evitare gli uomini del fratello di Liliana grazie alla Mappa, Ron e gli altri avevano raggiunto il muro della Stanza delle Necessità e Blaise vi aveva camminato per tre volte davanti, trepidante e nervoso.
Una volta entrati, Astoria era stata affidata a Luna e Ron si era precipitato accanto a Harry, il cui sguardo preoccupato e interrogativo aveva vagato tra loro in cerca di Hermione.
Draco e Hermione erano rimasti, poco saggiamente, a fissare gli amici scomparire dietro l'angolo e poi l'incantesimo che li aveva ancorati al suolo si era come spezzato, costringendoli a voltarsi l'uno verso l'altra.
- Posso?- le aveva chiesto lui, con appena un filo di voce e tanta dolcezza che Hermione quasi aveva temuto di non riuscire ad arginare il mare di lacrime che minacciava di straripare dall'abbraccio di Ron, indicando il Mantello che lei teneva gettato sulle spalle.
La ragazza si era limitata ad annuire e il Serpeverde l'aveva sfiorata delicatamente, per infilarsi sotto il Mantello con lei.
Un brivido era corso tra loro, sebbene quello non fosse né il luogo, né il momento per pensare ai sentimenti che entrambi provavano. Ogni cosa era stata rimandata alla fine, sebbene nessuno avesse una chiara idea di cosa effettivamente significasse.
Dopo un cenno di assenso, erano partiti, silenziosi e cauti e, adesso, si ritrovavano di fronte alla scala a chiocciola che conduceva all'ufficio della Preside.
Avevano incontrato diverse difficoltà durante il percorso, come, ad esempio, il dover evitare alcuni uomini che si affrettavano in direzione dei sotterranei, appiattendosi contro le pareti e stando bene attenti a non fare alcun rumore o le scale, a cui, nonostante tutto, piaceva sempre cambiare e sulle quali era difficile affrettarsi senza inciampare l'uno nei piedi dell'altra o nel Mantello.
Quando, finalmente, erano giunti a destinazione, si erano scambiati uno sguardo carico di tensione: era il momento di agire e, dal preciso istante in cui Piton e la McGranitt sarebbero stati liberati, anche l'ultima parvenza di quiete sarebbe scomparsa, dando inizio al caos.
Salirono la scala lentamente, in fila indiana, con Draco che precedeva Hermione e, a metà, si liberarono del Mantello, divenuto ormai solo un ingombro; nessuno dei seguaci del fratello di Liliana era lassù, lo sapevano, anche se il timore che potessero sbagliarsi non abbandonava mai le loro menti.
Grazie a un colpo di fortuna, l'anticamera dell'Ufficio della Preside era aperta e poterono entrarvi e chiudere a chiave e, sebbene un semplice "Alohomora" sarebbe bastato a penetrare nella stanza, quella piccola vittoria ebbe l'effetto di smorzare di poco la tensione.
Avanzarono cauti con le bacchette tese di fronte a loro, fino a raggiungere la massiccia porta in legno; Draco, portandosi l'indice alle labbra, si accostò con l'orecchio alla porta, cercando di ascoltare i rumori provenienti dall'interno.
Hermione restava in attesa, di spalle alla porta, di guardia, pronta alla probabile irruzione che si sarebbe verificata da un momento all'altro. Di tanto in tanto, lanciava furtivi sguardi al ragazzo appena dietro di lei, ammirandone i lineamenti affascinanti e bramando di poter accarezzare ancora una volta quel viso, sebbene la rabbia non l'avesse abbandonata.
Si sentiva, in un certo senso, una traditrice nei confronti di se stessa: dov'erano i suoi ideali, i valori, le convinzioni che erano stati la spina dorsale della sua esistenza e del suo spirito, nei momenti in cui il tocco e la vicinanza di Malfoy le mancavano al punto da desiderare solo di abbracciarlo e sentirsi al sicuro contro il suo petto?
Non poteva arrendersi a quel modo, come una sempliciotta, un'infantile ragazzina.
Per quanto Draco Malfoy le mancasse, Hermione sapeva bene che, se fossero sopravvissuti e avessero avuto una chance di capire dove quei sentimenti assurdi e prepotenti li avrebbero condotti, lui doveva comprendere e rendersi conto che stare con qualcuno non significava esserne il padrone o poter decidere al posto suo.
E, nell'assurdo di quelle riflessioni, Hermione Granger fu consapevole di aver già perdonato Malfoy per ciò che era accaduto con Harry. Il perché, sua ossessione di sempre, lo avrebbe scoperto qualche ora dopo.
Malfoy, allontanatosi dalla porta, annuì. – Non sento altre voci oltre a quelle di Piton e della McGranitt.- disse, puntando la bacchetta alla porta e cercando il suo sguardo per ottenere un assenso.
- Prova.-
- Bombarda!-
La porta rimase stoicamente al suo posto, sebbene un rumore tremendo di schianto risuonò in tutta la torre.
Fu il turno di Hermione di sollevare la bacchetta. – Bombarda Maxima!- gridò, ottenendo solo un boato e qualche frammento di legno scheggiato.
I due ragazzi si fissarono, allibiti e allarmati: quei rumori tremendi sarebbero di certo stati uditi da chiunque nella scuola e, presto, il fratello di Liliana e i suoi uomini avrebbero fatto irruzione.
- Hermione?- esclamò una voce, attutita a causa della porta, proveniente dall'Ufficio.
- Sì, professoressa, sono io! – rispose la ragazza, avvicinandosi.
- Che cosa fai qui? Credevo fossi ancora al San Mungo, nascosta da qualche parte! Devi lasciare Hogwarts immediatamente!- affermò, risoluta e angosciata, la donna e Hermione poté visualizzare perfettamente le rughe di preoccupazione che le sarebbero comparse sulla fronte.
- Professoressa, non abbiamo tempo, ci dia un taglio.- intervenne, scocciato, Draco, che non si capacitava della cocciutaggine di quella donna e del suo ostinato desiderio di tenere "gli studenti" fuori da quella storia.
Come se la minaccia che gravava su tutti loro potesse rimanere confinata a Hogwarts!
- Malfoy?!- esclamò la McGranitt, in un tono offensivamente incredulo.
- Presente.-
- Signor Malfoy, devo dedurre che il resto del vostro improbabile gruppetto si aggiri nella Scuola in attesa di essere sterminato.- s'intromise Piton, la cui voce era sempre laconica e pedante, ma che non riuscì a dissimulare del tutto una sorta di sollievo nel constatare che, almeno per il momento, fossero ancora vivi.
- Deduzione esatta.-
- Hermione! Torna da Potter e tutti gli altri e portali via di qui!- intervenne la McGranitt.
- Professoressa, sorvoliamo sulle sue richieste di fuggire e i nostri "no" categorici. Come possiamo tirarvi fuori di qui prima che quei tizi facciano irruzione?- chiese Hermione, ormai schiacciata con l'orecchio contro la porta.
La Professoressa di Trasfigurazione tacque per un lungo momento e la Grifondoro sapeva perfettamente che le occorreva tempo per scendere a patti con se stessa e accettare il fatto che degli studenti non avrebbero obbedito al suo ordine e desiderio di mettersi in salvo.
- Hanno incantato la stanza con un incantesimo che non conosciamo: nessuno entra e nessuno esce.- spiegò loro.
- Avete provato... -
- I camini non si accendono neanche, Granger, le finestre non si aprono o rompono, non ci si smaterializza.- intervenne Piton, anticipandola.
Draco e Hermione si guardarono, frustrati.
- Proviamo ad attaccare, tutti e quattro insieme, la porta con il "Bombarda Maxima". – propose Hermione, scostandosi dalla porta.
- Professore?- fece, interrogativo, Draco.
- Potrebbe funzionare, se i quattro incantesimi fossero scagliati nello stesso istante e si abbattessero in contemporanea sulla porta.- rispose l'uomo.
- D'accordo, al tre.- disse Hermione, afferrando un braccio di Malfoy e tirandolo più dietro.
- Uno, due, tre. Bombarda Maxima!- l'incantesimo fu pronunciato all'unisono da quattro voci e il rumore che generò fu tremendo.
Quando la polvere sollevata si diramò, la porta era ancora in piedi, ma diverse travi erano saltate.
- Di nuovo!- esclamò Hermione, puntando la bacchetta.
- Bombarda Maxima!-
Fu necessario ripetere l'incantesimo per tre volte, prima che la porta saltasse in aria, disintegrandosi.
Piton e la McGranitt si precipitarono fuori e la Professoressa afferrò le spalle di entrambi i ragazzi. – State bene? Signor Malfoy, è ricoperto di sangue, è ferito?- chiese, agitata.
- No, sto bene.-
Piton si limitò a lanciargli uno sguardo di traverso.
- Il rumore avrà segnalato la nostra posizione.- mormorò Hermione. – Dobbiamo andarcene, in fretta.- aggiunse.
I due professori si guardarono, comunicando tacitamente, poi Piton si rivolse a Draco.
- Voi dovete andarvene. Trovate gli altri e... -
- Professore.- intervenne Hermione, frapponendosi tra i due e reclamando attenzione.
- Noi sappiamo come fermare il Devoratrix Animus. – e, a quelle parole, i due adulti rimasero a fissarla, increduli. – Abbiamo trovato Liliana, la figlia del primo mago che evocò la Magia Oscura e conosciamo la sua storia. Sappiamo che c'è un'arma, qui a Hogwarts, che può assorbire il Devoratrix e intrappolarlo.- aggiunse la ragazza.
- Non ci sono prove che un tale oggetto esista realmente.- replicò Piton.
- Liliana dice che uno di noi è in possesso dell'oggetto in questione.- ribatté Hermione. – Ma non abbiamo idea di che oggetti si tratti.- continuò.
La McGranitt, pensosa, fece qualche passo in direzione dell'Ufficio. – Silente lo saprebbe di certo.- mormorò, con un tono di voce stanco ed esasperato.
Solo allora Hermione si rese conto di quanto dovesse essere stato difficile, per la donna, prendere il posto di un Mago potente e amato e saggio, quanto Albus Silente.
Si avvicinò alla Professoressa e le posò una mano sulle spalle. – Professoressa, abbiamo bisogno di tempo. Dobbiamo capire quale sia l'oggetto e trovare il secondo libro, che, secondo Aberforth, potrebbe aiutarci a salvare anche Astoria Greengrass.- le spiegò, dolcemente.
- Il secondo libro?- domandò Piton.
- Silente crede che Helena Corvonero abbia mentito riguardo l'aver seppellito il secondo libro come promesso a Liliana. Crede possa averlo rubato e che il libro sia stato portato a Hogwarts.- spiegò Hermione.
Piton la osservò per un lungo momento, assente, poi nei suoi occhi parve accendersi una scintilla.
- Minerva, - disse, rivolgendosi alla Preside. – se ciò che Aberforth crede si rivelasse esatto, significherebbe che, trovando quel libro, potremmo combattere ad armi pari.- dichiarò.
La McGranitt sembrava incerta. – Quel tipo di Magia è Oscuro e ingovernabile. Divorerebbe e annebbierebbe l'anima e la mente di chiunque utilizzasse i suoi incantesimi.- spiegò.
Piton, ben consapevole della cosa, aveva un senso della morale molto diverso: sebbene quel genere di Magia fosse Oscuro, riteneva che, in un caso estremo come quello, dovesse essere utilizzato nonostante i rischi che avrebbe comportato.
Sconfitta, la McGranitt si rivolse a Hermione. – Cosa vi serve?- domandò.
- Tempo. Per trovare entrambe le cose.- rispose, immediatamente, la ragazza. – Ormai si saranno accorti che Astoria è scomparsa e che qualcuno è penetrato nella scuola: i corridoi saranno sorvegliati e ogni stanza perquisita. Serve un diversivo che ci permetta di cercare.- aggiunse.
- Il Professor Piton e io creeremo il diversivo.- dichiarò la donna.
- E' troppo pericoloso, Professoressa: non potreste vincere in duello. Vi serve aiuto, dobbiamo liberare gli altri Professori.- intervenne Hermione.
- Dove si trovano?-
- Rinchiusi nella Torre di Astronomia.- rispose Draco.
- E' impossibile raggiungere la Torre senza essere visti: è dall'altra parte della scuola.-
Hermione lanciò uno sguardo a Draco che assentì. – Andremo noi.- affermò la Grifondoro, sollevando il Mantello di Harry.
- Hermione... -
- Professoressa. – la ragazza le prese le mani. – E' l'unico modo. – disse, solenne.
Angosciata, la McGranitt annuì, sporgendosi per abbracciarla. – Fate attenzione e non mettetevi a duellare. Scappate, se doveste essere visti.- le sussurrò.
- Signor Malfoy.- il Professore si avvicinò al suo pupillo. – La Signorina Greengrass dovrà essere riconsegnata ai suoi genitori all'alba, nel caso in cui non doveste trovare ciò che cercate,- mormorò.
Draco sollevò lo sguardo di ghiaccio nel suo. – Che cosa mi sta dicendo?- domandò, sottile e gelido.
- Una vita per milioni, anche se è la vita della persona che amiamo.- disse Piton, con lo sguardo perso in ricordi solo suoi.
Draco si voltò a guardare Hermione, che lo aspettava col Mantello gettato sul braccio.
- Si può sempre barare.- dichiarò il Serpeverde, raggiungendo la ragazza.
Quelle parole risuonarono nella mente di Piton.
I due ragazzi attraversarono la scuola molto più lentamente di quanto avevano previsto, poiché dovettero più volte deviare nei corridoi per evitare gli uomini del fratello di Liliana.
Inoltre, quando si trovarono nei pressi della Sala Grande, una figura che Hermione riconobbe come Pansy Parkinson, furiosa e isterica, si stagliava sotto il grande portone, come fosse di guardia.
Accanto a lei se ne stava l'uomo col volto sfigurato, Oculideus che, calmo e apparentemente sereno come sempre, teneva lo sguardo fisso di fronte a sé.
Hermione e Draco uscirono dai porticati, attraversando il giardino interno, attenti a non entrare nel raggio d'azione di Pansy per timore di essere forviati dalla Magia Oscura.
Quando un ramoscello secco si spezzò sotto la scarpa del Serpeverde, Pansy scattò in quella direzione, precipitandosi in giardino.
I due ragazzi nascosti sotto il Mantello, si affrettarono a tornare in corridoio, approfittando della momentanea distrazione della Serpeverde.
Oculideus, che l'aveva raggiunta, sorrise, posandole una mano sulle spalle. – Pansy.- disse, ipnotico. – Lascia che cerchino e trovino. Saranno causa della loro stessa disfatta.- la sua voce risuonò chiara e limpida, quasi volesse che Hermione e Draco lo udissero.
- Li voglio morti, tutti! – gridò la ragazza, gracchiante e fastidiosa. – Vi ho già detto di trovare la Stanza delle Necessità! Perché non si sbrigano? Sono lì dentro!- aggiunse, pestando i piedi.
Rabbrividendo, i ragazzi si allontanarono in fretta, raggiungendo la Torre di Astronomia.
Due uomini, robusti e dall'aria poco amichevole, avevano rivoltato tutte le stanze del corridoio.
- Non c'è nessuno qui.- sbottò il più alto, afferrando per una spalla l'altro. – Dobbiamo raggiungere il Re nell'ufficio della vecchia.- aggiunse, trascinandoselo dietro.
Dopo un ultimo calcio ad una porta aperta, quest'ultimo lo seguì.
Hermione e Draco si affrettarono lungo la scala e, giunti in cima, furono sconvolti nello scoprire che tutti gli altri professori, l'Infermiera e la bibliotecaria comprese, erano legati con un incantesimo che li costringeva quasi contro il soffitto, con funi luminose e verdi.
- Finitem Incantem!- tentò la ragazza, invano, emergendo da sotto il Mantello.
L'incantesimo non ebbe alcun effetto, se non quello di portare le funi a stringersi maggiormente attorno alle vittime.
I professori li guardarono sorpresi e allibiti. – Signorina Granger!- esclamò Madama Chips.
- Dove?- chiese la Cooman, cercando di focalizzare i nuovi arrivati attraverso le lenti doppie e sporche degli occhiali.
- Come facciamo a liberarvi?- domandò la Grifondoro.
Il professor Vitious richiamò l'attenzione della ragazza. – Signorina Granger, attaccare non servirà a nulla.- le spiegò. – E' una sorta di Tranello del Diavolo misto ad un comune Incarceramus, ma di gran lunga più potente.- continuò.
- Professore, cosa possiamo fare per rompere l'incantesimo?- domandò Draco.
- Non c'è alcun contro incantesimo che funzioni, abbiamo tentato.- spiegò l'uomo.
Hermione, frustrata e incredula, prese a far vagare lo sguardo nella stanza larga e rotonda.
- Dev'esserci un modo, un oggetto, qualcosa che possa tagliare... - s'interruppe, congelandosi nel mezzo della Torre, mentre l'illuminazione la coglieva, folgorandola.
Con un rapido colpo di bacchetta, ignorando l'occhiata curiosa di Malfoy, fece apparire il Cappello Parlante.
- Ingegnoso.- commentò Vitious, sorridendo appena. – Adesso devi solo estrarre la spada.-
- Spada?- intervenne Draco, facendosi avanti.
- La spada di Godric Grifondoro.- mormorò la ragazza, fissando il cappello tra le sue mani.
Mentre osservava l'oggetto che, otto anni prima, aveva, inconsapevolmente, segnato il corso della sua vita per sempre, Hermione sentì, d'improvviso, tutto il peso dei due mesi appena trascorsi.
Ogni bugia, inganno, promessa, parola, bacio, carezza, sorriso, lacrima, emozione, sentimento, ogni singolo battito di cuore, vissuto fino quell'istante, parve ricaderle addosso come un macigno insostenibile.
Aveva paura.
Una paura folle e irrazionale, che quello fosse il momento in cui pagare il conto per le scelte fatte e subirne le conseguenze.
E se il capello non le avesse consentito di estrarre la Spada, perché non era più una vera Grifondoro?
Si era lasciata avviluppare dalle spire di una Serpe, aveva mentito e ingannato i suoi amici più cari, no?
Hermione prese a tremare e una morsa di panico le strinse lo stomaco, costringendola a stritolare i pugni e con essi la stoffa del Cappello.
L'oggetto parve rianimato da tale foga. – Allora, che aspetti?- le domandò, piegando la punta da un lato in un gesto curioso.
- Ho paura.-
- Lo so.-
- Se non dovessi riuscirci?-
- Avrai tentato. –
- Tentare non è sufficiente.-
- Ti hanno mai detto che il più infame dei bugiardi è colui che mente a se stesso?- le domandò il Cappello.
Hermione tacque.
- E' possedere un animo sincero, l'unico modo, avere il coraggio di lasciare libero il cuore.- continuò l'oggetto. – Non vi è corazza più forte di un cuore incontaminato![1]- esclamò.
- Ho paura che il mio cuore sia macchiato.-
- Da cosa?-
- Dai sentimenti che provo.-
- I sentimenti sono verità e non c'è macchia nella verità.-
- Perché?-
- Perché la verità è la verità, sempre la stessa, fino all'infinito.[2]-
Hermione, con il coraggio che era solo dei Grifondoro, si preparò ad affrontare il destino che l'attendeva, si trattasse anche della scoperta di non essere più degna d'appartenere a quella Casa.
Infilò la mano nel Cappello e, quando le sue dita sfiorarono qualcosa di freddo e liscio, il suo cuore prese a battere furiosamente. Con lentezza estenuante, tirò fuori la Spada di Godric Grifondoro e la sollevò, a fatica, per osservarla alla luce lunare.
La spada scintillò d'argento, riflettendo nella lama gli occhi della ragazza e, subito dietro di lei, quelli di Malfoy.
La felicità esplose, come fosse stata assolta di ogni accusa rivoltale da un tribunale superiore e infallibile: era una Grifondoro, lo sarebbe sempre stata, poiché il cuore che le batteva nel petto era e sempre sarebbe stato suo e a chiunque lei avrebbe deciso di donarlo, allora quella sarebbe stata la persona giusta.
Passò il capello a Malfoy e, con un colpo di bacchetta, fece levitare la spada fino alle funi.
Con gesti abili, la spada tranciò le corde, con diversi colpi e a fatica certo, ma, nonostante tutto, vi riuscì.
I professori levitarono fino al pavimento, sorretti dall'incantesimo di Draco, coordinatosi alla ragazza e, mentre i primi si avvicinavano alla Grifondoro, il Cappello parlante si rivolse a Draco.
- Tale è la forza del vero che, come il bene, è diffusivo di sé. [3]- disse.
- E se a diffondersi fosse il male che porto dentro io e non il bene che è lei?-
- Ahimè, da quanto ho potuto leggere o udire di racconti e storie vissute, la strada del vero amore non è mai piana. [4]- rispose il Cappello, quasi sospirando. – Io non sbaglio mai a smistare uno studente.- aggiunse, d'improvviso.
Draco aggrottò la fronte, confuso. – Non l'ho mai pensato.- ribatté.
Il capello sorrise. – Io non sbaglio mai a smistare uno studente, ma l'anima di alcuni è difficile da vedere, soprattutto se nascosta da un mare di Oscurità.- affermò l'oggetto. – L'ambizione può divenire coraggio, se il diamante per cui si combatte è fatto di luce. E il diamante prezioso, racchiuso con dieci sbarre di ferro in uno scrigno, è il coraggio in un cuor leale.[5] Non occorre appartenere alla stessa Casa per condividere valori e sentimenti.- aggiunse il Cappello prima di evanescere.
I professori avevano ascoltato il racconto conciso di Hermione e adesso stavano organizzando un piano per poter raggiungere Piton e la McGranitt e aiutarli a tenere impegnati gli uomini che avevano invaso la scuola, mentre i ragazzi cercavano il libro e l'oggetto che avrebbe distrutto il Devoratrix Animus.
Quando delle grida furibonde, miste a rumori di esplosioni e incantesimi scagliati, raggiunse i presenti nella Torre, fu chiaro a tutti che doveva essere in corso un duello.
I professori si rivolsero ai due ragazzi. – Sono gli Auror. – mormorò Vitious. Dovete restare qui.- dichiarò. – Noi andremo ad aiutare Minerva e Severus. Non è sicuro, per voi, uscire adesso, anche col Mantello.- continuò. – Potreste essere colpiti da un incantesimo vagante.- spiegò.
Draco e Hermione si scambiarono uno sguardo. – Dobbiamo tornare alla Stanza delle Necessità.- protestò lei. – Quando vi vedranno, sapranno che qualcuno vi ha liberato.-
La professoressa Vector l'afferrò per le spalle. – Signorina Granger, mi ascolti: Pansy Parkinson ha rivelato l'esistenza della Stanza delle Necessità a quegli uomini meno di un'ora fa e immediatamente sono cominciate le ricerche della Stanza in questione. Non è sicuro, adesso, nel mezzo di un duello, cercarla. Si fidi della materia che insegno e di cui è la migliore studentessa: attendete che il pendolo dell'orologio suoni le due e poi precipitatevi fuori e trovate la Stanza, nessuno entrerà nella Torre prima di quell'ora, crederanno che sono stati gli Auror a liberarci. Non prima delle due, signorina Granger, lo ricordi.- esclamò, fissando i suoi occhi scurissimi in quelli della ragazza; poi, si tolse il mantello scuro che l'avvolgeva e lo posò sulle spalle di Hermione. – Stai congelando.- disse, affettuosa.
- Cosa accadrà alle due?- domandò Draco, perplesso.
- Il fuoco divorerà la scuola e lui si rivelerà per chi è realmente.- mormorò la Cooman, con lo sguardo vacuo e fisso oltre il giovane.
Dopo un'ultima occhiata ai due studenti, il gruppo di Professori lasciò la Torre di Astronomia, scendendo le scale di legno e pietra e richiudendosi la porticina alle spalle.
Hermione chiuse a chiave la porta, anche se sapeva benissimo che fosse una precauzione inutile.
Quando Ron era tornato senza Hermione, una nota di panico si era insinuata nella mente di Harry e attendere che l'amico compisse i dieci passi che li separavano fu più difficile di quanto avesse mai creduto possibile.
Il portiere dei Grifoni aveva raccontato rapidamente all'altro cosa fosse accaduto e gli aveva indicato la ragazza, svenuta, ma salva, che Theodore Nott stava posando su un tappeto, accanto a Luna Lovegood.
La domanda implicita nello sguardo supplichevole di Harry aveva spinto Ron a sorvolare sui dettagli e spiegare che Hermione e Malfoy avevano deciso di fare un tentativo per liberare la McGranitt e Piton.
Harry, sconvolto e angosciato, si era sentito morire: se fosse accaduto qualcosa a Hermione non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe dovuto andare con lei e Ron, invece di rimanere a ribollire nella sua rabbia e crogiolarsi nel suo orgoglio, lasciandola andare da sola con Malfoy.
Se ci fosse stato lui, ad accompagnarla dalla McGranitt, Hermione sarebbe stata al sicuro e, invece, poiché lei era furiosa a causa del litigio tra Harry e Malfoy, il Grifondoro aveva deciso di non seguirla per dimostrarle di essere rimasto saldo sulle proprie posizioni.
E, adesso, Hermione era chissà dove a rischiare la vita. Da sola.
- Dobbiamo andare da lei, subito.- aveva detto, già diretto verso la porta.
- Harry, devi ascoltarmi.- aveva detto Ron, posandogli una mano sulla spalla per fermarlo.
- Hermione non è in pericolo, non il pericolo che credi tu, almeno.- aveva detto, cercando di evitare lo sguardo infuocato dell'altro. – Malfoy è... lui... - il ragazzo era parso incapace di trovare le parole esatte. – Godric, Harry, lui è innamorato di lei.- aveva esclamato, arrossendo bruscamente e allargando le braccia in un gesto rassegnato.
- Avresti dovuto vederlo, mentre era nella Sala Comune con Zabini e Nott: sembrava spiritato. Era incapace di star fermo, continuava a imprecare e se non fosse stato per Anthony si sarebbe fiondato a Serpeverde mandando al Diavolo ogni prudenza.- aveva spiegato.
- Non hai pensato che fosse in pensiero per i suoi amici?- aveva ribattuto Harry, alzando il mento a mo' di sfida.
Ron, allora, aveva sollevato lo sguardo nel suo per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata; uno sguardo sicuro e limpido, fermo e determinato. – Certo che era in pensiero per i suoi amici. Ma, è stato solo quando Hermione è ricomparsa davanti a noi che lui ha ripreso a respirare normalmente, invece di affannare; solo quando ha visto Hermione, le sue mani hanno smesso di tremare; solo quando ha visto Hermione ha ricominciato a... vivere.- aveva detto Ron.
Harry era rimasto zitto, congelato da ciò che il suo migliore amico stava affermando.
- So che non ti fidi di Malfoy, Harry e nemmeno io mi fiderò mai di lui. Ma mi fido di Hermione e, soprattutto, di quello sguardo negli occhi di Malfoy. Lo stesso sguardo determinato che hai tu adesso e che, se mi guardassi allo specchio, vedrei riflesso: la promessa di morire, piuttosto che lasciare che accada qualcosa a Hermione.- aveva sospirato Ron.
Harry, esausto, si era lasciato cadere seduto per terra, gettando il capo contro il tavolo instabile alle sue spalle.
Ron si era accomodato accanto a lui, incrociando le braccia. – E' assurdo lo so, ma, sinceramente, puoi dargli torto?- aveva chiesto.
- Per essersi innamorato di Hermione? No, assolutamente, come potrei?- aveva risposto Harry, parlando ad occhi chiusi. – Sono le ragioni di Hermione che non riesco a capire e giustificare.- aveva aggiunto, portandosi una mano al viso.
Avevano trascorso diverso tempo in silenzio, prima di gettarsi di nuovo nella ricerca del libro e che Ron parlasse di nuovo e, adesso, il loro discorso si articolava intorno alla ragazzina che osservava Harry con malcelata curiosità.
- Non sono riuscito a vederla bene, quando Nott l'ha portata fuori.- disse Ron. – Non somiglia per niente alla sorella. - commentò.
Harry fece vagare lo sguardo fino ad incontrare quello della ragazza.
Astoria Greengrass era una ragazza sottile, minuta e alta quanto Luna; aveva lunghi capelli corvini, della stessa tonalità di quelli di Harry, lisci e lucidi e li portava legati in una treccia disordinata. Il viso era tondo e dai tipici tratti dell'adolescenza, quando un volto abbandona le fattezza infantili per avviarsi alla maturità; aveva enormi occhi azzurri e un naso dritto e un po' a punta.
Era decisamente carina e affascinante, sebbene non possedesse la bellezza mozzafiato della sorella maggiore e sembrava più indifesa e fragile di Daphne, quasi fosse ancora una bambina, nonostante avesse quasi quattordici anni.
Quando lo sguardo di Harry incatenò involontariamente il suo, le guance rosa si imporporarono e, chinando in fretta il capo, Astoria Greengrass fuggì gli occhi del ragazzo.
Al suo fianco, il Grifondoro osservò Luna rispondere a una domanda della piccola Greengrass e poi la Corvonero scoppiò in una risata cristallina.
- Non ha la tipica espressione dei Purosangue Serpeverde, non trovi?- domandò Ron, indicandola con un cenno del capo.
- Non capisco che intendi.-
- Ma sì, quell'espressione superba e critica, il tipico atteggiamento pomposo e superiore.- spiegò l'amico.
- E' terrorizzata, i suoi genitori volevano ucciderla.- alzò le spalle Harry. – Credo sia normale che si senta confusa e spaesata.- aggiunse.
- Guarda Zabini o Nott: anche loro sono spaventati e a pezzi a causa di quello che sta succedendo, ma continuano ad ostentare quell'aria spavalda.- ribatté l'altro.
Harry tacque, osservando la Greengrass con la coda dell'occhio: si era alzata e l'abito turchese che indossava si era mosso in sincronia con lei, facendo dondolare la gonna a campana.
La ragazzina raggiunse il cugino e questi le posò, protettivo e consolatore, un braccio sulle spalle sottili. Le labbra di lei mossero, rapide, a formulare un nome e Harry, nonostante la distanza, colse benissimo cosa Astoria Greengrass avesse chiesto a Nott. –"Daphne?"-.
La risposta del Serpeverde fece comparire piccole gocce di rugiada negli occhi turchesi che la ragazza si affretto ad asciugare col fazzoletto che Blaise Zabini le aveva porto.
- Non so, Harry, a me sembra così... innocente.- disse Ron, sospirando e scuotendo la testa.
- Nessun Serpeverde sarà mai innocente.-
Luna si era avvicinata al gruppetto di ragazzi, composto da Blaise Zabini, Anthony Goldstein, Neville Paciock, Theodore Nott, Susan Bones e Hanna Abbott, che stava discutendo su dove potesse essere quel dannatissimo libro, dato che tutta la Stanza delle Necessità sembrava essere stata messa a soqquadro senza risultati.
- Blaise, credi che Hermione e Draco siano riusciti a liberare Piton e la McGranitt?- domandò la Corvonero, gioviale, al Serpeverde.
Blaise sospirò. – Non ne ho idea, Luna. – rispose, alzando le spalle.
Nessuno pensò a guardare la Mappa e cercare i due ragazzi, poiché il tempo scarseggiava e il nervosismo gravava sui nervi di tutti.
- La biblioteca sembra un ottimo nascondiglio, forse dovremmo cercare lì.- disse, intanto, Susan, passandosi una mano tra i capelli sfumati d'arancio.
Luna notò che Hanna Abbott non prestava grande attenzione alla conversazione, poiché era troppo impegnata a fissare Neville con aria assente.
- Non credo sia così facile, ragazzi. Insomma, Priscilla Corvonero era un tipo ingegnoso, non avrebbe nascosto un cimelio tanto potente e antico in un luogo tanto scontato.- protestò Anthony Goldstein, poco convinto.
- Da qualche parte dovremmo pur cominciare.- rispose Theodore, allargando le braccia.
Mentre il gruppo continuava a discutere riguardo la possibile ubicazione del libro – sempre se tale libro esisteva realmente – Harry e Ron si avvicinarono, portandosi accanto a Anthony.
- Dove credete possa essere?- domandò Calì a Ron, implorante, come se questi potesse evocare il libro dal nulla.
- Non saprei.-
Luna, che aveva lasciato vagare la mente, si rivolse a Blaise. – Blaise, potresti ripetermi com'è fatto questo libro?- chiese, mentre tutti si tacitavano, perplessi.
Il Serpeverde la osservò, curioso. – Di cuoio, con una luna piena disegnata... -
- Nell'angolo in alto a destra!- esclamarono, in contemporanea, Anthony e Luna.
– Ma certo!- continuò il ragazzo, rivolgendosi alla compagna di Casa. – Tipico di un Corvonero!- rise.
- Volete ragguagliarci?- domandò Blaise, scontento di non capire di cosa stessero parlando.
Luna annuì. – E' semplice, involontariamente Susan mi ha fatto riflettere su una cosa: se chiunque dovesse nascondere un libro, ovviamente lo porterebbe in biblioteca, così che, confondendosi ad altri centinaia, sarebbe difficile da trovare. – spiegò. – Ma, i Corvonero e Priscilla per prima, pensano in modo diverso e più astuto: il modo migliore per nascondere un oggetto è porlo sotto gli occhi di tutti.- continuò.
- Nella nostra Sala Comune, - intervenne Anthony. – posto sopra il caminetto, vi è un ritratto di Priscilla Corvonero.- spiegò. – Raffigurata con un libro tra le mani. Non ci avevo mai fatto caso fino ad ora, perché non mi ero mai soffermato a guardarlo, ma adesso ricordo perfettamente che il libro è in cuoio e... -
- Ha una luna calante disegnata nell'angolo in basso a sinistra.- terminò Padma al posto suo.
- Lo tiene capovolto.- mormorò Blaise, mentre un sorriso luminoso gli disegnava le labbra carnose.
- Luna sei brillante!- aggiunse, eccitato.
La Corvonero rise, cristallina.
- Dobbiamo andare a prenderlo, subito.- decretò Theodore.
- Non è prudente uscire tutti, dovremmo dividerci, poiché, ormai, si saranno accorti della fuga di Astoria e sarà difficile evitare gli uomini del fratello di Liliana. Qualcuno, inoltre, dovrà rimanere a guardia di Astoria, cercando di capire quale diamine sia quest'oggetto che potrebbe annullare il Devoratrix. - aggiunse Blaise.
- Io vengo.- dichiarò Luna. – Avrete bisogno di un Corvonero per entrare nella Torre.-
- Vado anche io.- si accodò Blaise. – Theo, tu resta con Astoria. Goyle, vieni con noi. -
I due Serpeverde annuirono.
- Io sono dei vostri.- si fece avanti Neville e, subito, Hanna si accodò.
- Vengo anche io.- disse Padma, abbracciando la sorella. – Conosco a memoria ogni corridoio.-
Harry, facendosi avanti, porse a Luna la Mappa del Malandrino.
Non ci fu bisogno di parole che spiegassero quanto quella pergamena fosse importante per Harry; Luna sorrise, prendendogli le mani. – Ne avrò cura.- promise.
Con un ultimo sguardo ad Astoria, Blaise varcò la soglia della Stanza delle Necessità, seguito dagli altri.
Mentre si affrettava a seguirli, Luna tornò sui suoi passi, correndo da Harry.
- Quasi dimenticavo!- esclamò, infilando una mano in tasca e porgendogli il Boccino d'oro lasciatogli da Silente. – Non ho idea del perché lo avessi io, ma l'ho trovato nella mia tasca quando siamo arrivati a Durmstrang.- spiegò, precipitandosi fuori.
Anthony Goldstein lanciò a Harry uno sguardo imperturbabile.
Hermione si era poggiata contro la ringhiera, per sfuggire allo sguardo di Draco Malfoy, proprio nello stesso punto in cui, due anni prima, lei e Harry avevano parlato del quasi omicidio che il Serpeverde in questione aveva commesso.
La Grifondoro rammentava ancora le parole di Harry: "Stava abbassando la bacchetta".
Fino a quel momento non si era resa conto di quanto la Torre di Astronomia significasse per lei, di quanto ricordi vi fossero rinchiusi, quanti segreti custoditi.
Era stato proprio in quella Torre, affacciata a quella ringhiera, con Harry Potter accanto a lei e Ron seduto alle loro spalle, che aveva osservato l'ultimo tramonto a Hogwarts, prima di partire alla ricerca degli Horcrux, prima che la Guerra divenisse una minaccia concreta e la morte un realtà ingombrante.
E, adesso, eccola di nuovo in quella stessa Torre, nascosta e rinchiusa, prigioniera di una nuova battaglia, in compagnia di colui che, un giorno di tanti anni prima, l'aveva distrutta urlandole in faccia "Sangue Sporco".
Le voce di Draco Malfoy la raggiunse, bassa e cauta. – Non mi rivolgerai mai più la parola?- le domandò, in un tono che voleva essere spavaldo, ma risultò timoroso.
Hermione lo ignorò, tenendo lo sguardo fisso sull'orizzonte.
I passi del Serpeverde riecheggiarono nella stanza vuota, disperdendosi quando fu fuori, sulla terrazza e il tocco gentile, ma fermo della sua mano sulla spalla della ragazza la costrinse a voltarsi.
La Grifondoro incontrò gli occhi inquieti di Draco Malfoy, fermo di fronte a lei, che aspettava ancora una risposta.
- Che cosa vuoi, Malfoy? Mi sembra di essere stata chiara riguardo le mie intenzioni nei tuoi confronti.- disse la ragazza, alzando il mento a mo' di sfida e incrociando le braccia.
Lui rimase in silenzio per un lungo momento, teso e nervoso, come se tentasse di elaborare frasi coerenti. – Granger, sei arrabbiata con la persona sbagliata.- rispose, serrando la mascella subito dopo. – E' quell'idiota di Potter ad averti ferita.- aggiunse, tra i denti, carezzandole i lividi sulle braccia con lo sguardo.
Hermione rise, scuotendo la testa, tristemente. – Credi che le uniche ferite siano quelle fisiche, Malfoy?- domandò, avanzando di poco verso di lui. – Sbagli, come sempre.- sussurrò.
Draco, frustrato dal ritrovarsela tanto vicina senza poterla sfiorare, si passò una mano tra i capelli e sul viso. – Io non ti farei mai del male.- decretò, incatenando il suo sguardo.
Hermione allargò le braccia. – Me ne hai già fatto.- disse, semplicemente.
I suoi occhi divennero più scuri, dello stesso colore della notte che si stagliava alle sue spalle.
- Malfoy, tu mi hai ferita per anni, perché, per te, non contavo assolutamente nulla. Tu ferisci le persone di cui non ti importa e questo è sbagliato. – affermò.
Colpito nel segno, Draco non poté far altro che tacere: lei aveva dannatamente ragione.
Non gli interessava di nessuno al di fuori di sé e della cerchia ristretta delle persone che amava.
Era sempre stato così e così sarebbe stato sempre.
- Mi importa di te.- le disse, faticando a tirar fuori quelle parole, implorandola con lo sguardo di credergli.
Lei sorrise, malinconica. – Ti credo. Quello che non capisci è che quando fai del male a Harry o Ron o chiunque altro, fai del male a me. – gli spiegò. – Io non sono come te. A me importa delle persone, anche di quelle che non conosco. Sapere che per te la vita degli altri non ha alcun valore è una cosa che non posso sopportare.- aggiunse, volgendo lo sguardo altrove.
- Lui ti ha toccata e ferita!- esclamò il ragazzo, esasperato.
- Mi avete ferita entrambi in un modo peggiore! Avete ferito i miei sentimenti, ignorando quanto male mi avreste fatto aggredendovi e ferendovi a vicenda!- gridò lei. – Come fai a non capire? Il dolore non è solo fisico, Malfoy! Se uno dei due fosse morto io sarei morta con lui!- strillò, isterica, mentre lacrime cristalline le solcavano il viso.
- Granger.- sospirò lui, stringendo i pugni e cercando di placare la rabbia. – Potter ti ha lasciato dei lividi addosso. Io mi toglierei la vita se pensassi di poterti fare del male, fisicamente.- cercò di farle capire, senza rendersi conto di essere lui quello che non riusciva a comprendere.
Hermione, frustrata, sollevò una mano e, con una sferzata violenta, lo colpì in pieno volto con uno schiaffo, finendo per dondolare incerta sulle gambe tale era stato il rinculo dell'impatto.
Draco, afferrandole al volo le mani e guardandola incredulo, fremette di rabbia.
- Che diamine fai?!- esclamò.
- Ti ho fatto male?- gli chiese lei, tranquilla, quasi preoccupata, con i grandi occhi spenti.
Lui fece schioccare la mascella. – E' passato.- la rassicurò, incapace di sopportare quell'alone di tristezza negli occhi della ragazza.
Hermione liberò delicata una mano, accarezzandogli la guancia e Draco chiuse gli occhi a quel contatto.
- Io non ti amerò mai.- la voce di Hermione fu un sussurro trascinato via dal vento che sferzava la Torre.
Gli occhi di Draco si aprirono di scatto, selvaggi. Era pietrificato, incapace di sottrarsi alla carezza di lei, a quelle dita che percorrevano, delicate, il profilo della ferita al labbro.
- Tu non sarai mai importante quanto Harry e Ron, nella mia vita.- disse ancora la ragazza, fissando lo sguardo perso oltre lui, sulla parete alle loro spalle.
Col cuore che gli batteva furioso nel petto e il sangue che pulsava nelle tempie, Draco smise di respirare.
- Mi dispiace, Draco. E' stato tutto uno sbaglio, tra noi.- mormorò, liberando anche l'altra mano con uno strattone e voltandosi verso la ringhiera, il mantello scuro a ondeggiare dietro di lei.
Fu probabilmente il suo nome, pronunciato dalle labbra di lei per la prima volta e in una circostanza del genere, a farlo crollare.
Draco, paralizzato dalla sua più grande paura che diveniva realtà, sembrava incapace perfino di fare un passo verso di lei.
Ogni cosa parve crollargli addosso in quell'istante, come se il buio lo risucchiasse in un vortice violento che divorava tutti i sentimenti del suo cuore e avvolgesse il suo mondo in spire di fiamme infernali, che non riscaldavano il gelo improvviso delle ossa.
Il cuore che non aveva mai creduto di possedere e, forse, mai realmente aveva posseduto poiché, dal primissimo battito che l'aveva rianimato, era stato proprietà di quella stessa ragazza che adesso gli voltava le spalle con tanta naturalezza, si distrusse in mille pezzi, costringendolo a piegarsi un istante, le mani sulle ginocchia, per respirare ossigeno a grandi boccate.
Una paura folle e irrazionale lo stava divorando e Draco Malfoy tremava convulsamente.
Quando, disperato, afferrò un braccio della Granger e la costrinse a voltarsi, baciandola con un'irruenza dettata dall'angoscia, si accorse del sapore salato delle labbra di lei.
Allontanandosi dalle sue labbra senza lasciarla, vide le lacrime copiose di Hermione Granger e il sorriso mortificato che gli stava rivolgendo.
Gli occhi di Draco, folli di disperazione, si fecero apprensivi.
- Ha fatto male?- gli domandò, dolce e comprensiva.
La testa di Draco prese a girare furiosamente e dovette aggrapparsi a lei che, prontamente, lo sostenne.
- Cosa... -
- Il cuore, Malfoy. Ti ha fatto male?- ripeté lei, posandogli una manina sul petto.
Sudato e affannato, Draco Malfoy annuì, chinando il capo, sconfitto.
- Adesso capisci?- domandò la Granger, con voce tanto bassa da sembrare il sibilo del vento.
Il ragazzo l'afferrò per le spalle, stringendosela al petto con una forza tale da rischiare di spezzarla; la Granger non si ribellò e si aggrappò alla sua maglietta, singhiozzando in modo convulso.
- Scusa, mi dispiace. Non sapevo come farti capire.- disse, sollevando una mano a sfiorargli la guancia e sussultò quando la scoprì rigata di una lacrima solitaria e prepotente.
Draco chinò il volto tra i suoi capelli, baciandole la fronte. – Adesso siamo pari, Granger.-
Lei annuì sul suo petto, aggrappandosi al collo del ragazzo e sollevandosi sulle punte per baciarlo.
Il bacio, iniziato come dolce e delicato, consolatorio, si tramutò presto in bisogno.
Un bisogno impellente, violento, che li costrinse a fare a meno dell'ossigeno e stringersi come se ne andasse della loro vita e, forse, era davvero così.
Le mani di Draco si mossero lungo la schiena della ragazza, tra i capelli, costringendo il suo viso più vicino, mentre la spingeva contro la ringhiera, aderendole addosso.
Hermione gli afferrò il collo della maglietta, obbligandolo a piegarsi e gli infilò una mano dietro la schiena, stringendosi a lui.
Il vento soffiava violento contro di loro, quasi cercando di insinuarsi tra i loro baci, senza riuscirvi.
Draco la sollevò per la vita, tenendola con un braccio, mentre le scostava i capelli dal viso e riprendeva a baciarla, allontanandosi dalla ringhiera.
Fece qualche passo all'indietro, tenendola stretta, fino a raggiungere il Mantello dell'Invisibilità abbandonato per terra.
Allungò una mano per afferrarlo, ma Hermione lo fermò, scuotendo la testa. – Non quello.- disse sulle sue labbra, senza aprire gli occhi.
Draco, allora, le sciolse il fermaglio che legava il mantello della Vector sulla gola e lo lasciò cadere a terra, inginocchiandosi e facendo distendere la ragazza delicatamente.
Si fermò un istante a guardarla, con il cuore che pompava gioia e timore, incantato: i capelli scuri si confondevano al tessuto, sparsi un po' ovunque intorno al capo della Granger, la pelle diafana risaltava in netto contrasto col mantello nero e le labbra erano rosse e gonfie di baci e lacrime.
Gli occhi di Hermione Granger brillavano sotto il suo sguardo, luminosi, vivi, timorosi ed eccitati.
Gli sorrise appena, imbarazzata, sollevando con lentezza una mano per scostargli una ciocca di capelli biondi dalla fronte.
Draco le afferrò la mano, baciandone il dorso, poi il palmo e, infine, intrecciando le dita con le sue, mentre si chinava, appropriandosi delle sue labbra.
Le baciò il viso, il mento, le tempie, la fronte, i lobi, poi scese verso il collo, le clavicole e ogni lembo di pelle di Hermione parve bruciare sotto la scia rovente della lingua di Malfoy.
Mentre le mani del ragazzo l'accarezzavano con dolcezza estenuante lungo i fianchi, il ventre, le gambe, la Grifondoro azzardò a sfiorargli le spalle, artigliando la maglietta e aiutandolo a sfilarla.
Affascinata dal torace del giovane, Hermione si concesse di osservare i muscoli che si tendevano sotto il suo tocco leggero e il fremito che attraversava il ragazzo.
Quando lo sguardo di Hermione cadde sul Marchio Nero, Draco se ne accorse, quasi le leggesse dentro e si scostò da lei, sollevando il braccio così che lei potesse vederlo bene.
Hermione, attenta, sfiorò il segno con la punta delle dita e lui si ritrasse come si fosse scottato.
La ragazza si tirò sui gomiti, costringendolo accanto sé e, posandogli una mano sul petto, lo spinse supino.
Sorpreso e curioso, Draco la lasciò fare e quasi sussultò quando lei si accomodò su di lui, chinandosi a baciarlo, timida e insicura.
Il Serpeverde le infilò una mano tra i capelli, tirandola a sé e approfondendo il bacio, cercando la sua lingua, mordendole le labbra.
Hermione intrecciò le mani con le sue, obbligandolo a tenere il sinistro accanto alla testa e, quando Draco comprese ciò che lei stava facendo, strinse i pugni convulsamente.
Le labbra di Hermione si posarono, leggere, sul suo polso, lasciando piccolissimi baci, scendendo lungo l'avambraccio e, quando la lingua sfiorò il Marchio Nero, Draco tremò.
- Non voglio che quella roba ti sfiori.- confessò, coprendo il disegno con l'altra mano.
Hermione scosse la testa, mettendosi dritta e sbottonandosi uno ad uno i bottoni della camicia.
Draco la osservò, eccitato e accaldato, mentre il reggiseno nero compariva avvolgendole i seni ben disegnati; Hermione si sfilò la camicia, per niente imbarazzata, sollevando il braccio affinché lui lo vedesse.
La cicatrice risaltò sulla pelle chiara. – Non significa niente. E' solo un graffio.- disse lei, accarezzando il Marchio Nero. – Ha importanza solo se tu gliene dai.- aggiunse.
Draco l'attirò a sé e la baciò, stringendosela addosso con entrambe la braccia.
Hermione gli morse la spalla, accarezzandogli il ventre nudo, scendo a baciargli il petto.
Il ragazzo l'afferrò per i fianchi, ribaltando le posizioni e lei allargò appena le gambe, consentendogli di sistemarvisi in mezzo.
I cuori dei due battevano furiosamente, finalmente liberi dalle briglie che erano stati amici e pregiudizi di entrambi; non vi era un muscolo che non fremesse, non un bacio che fosse meno voglioso del precedente
Draco le fece scivolare una spallina del reggiseno, baciandole il segno rosso lasciato dall'elastico e, quando sfiorò il seno con la lingua, lei inarcò la schiena, permettendogli di sganciare il ferretto.
Rossa in viso, Hermione si aggrappò alla sua schiena, mentre la lingua di Malfoy carezzava con dolcezza la curva del seno, baciandola leggero e, infine, si appropriava del capezzolo.
Succhiò e leccò, mentre Hermione avvampava e stringeva le cosce contro i suoi fianchi.
Draco continuò la sua discesa, baciandole il ventre, i fianchi, lasciando piccoli morsi ovunque, girò attorno all'ombelico e, quando raggiunse la cucitura dei jeans e slacciò il primo bottone con calma, Hermione tremò.
Draco fece scivolare i pantaloni giù con lentezza, sfilandoglieli piano e baciandole la caviglia sinistra, poi il polpaccio, il ginocchio, l'interno della coscia.
Quando tornò su di lei, Hermione era accaldata e stordita, persa nel girotondo di sensazioni mai provate prima.
- Non voglio che tu lo faccia solo perché potremmo morire domani.- le sussurrò Draco all'orecchio.
Hermione rise contro la sua spalle e si sporse a mordergli il collo. – Malfoy, lo voglio per il motivo opposto: voglio vivere.- disse.
Lui sorrise sulla sua pelle e la baciò, voglioso, afferrandole il viso; si mosse lento, facendo scivolare una mano ad accarezzarle il seno, poi il fianco e, qui, le sue dita si infilarono sotto la stoffa degli slip.
Quando, attento, la accarezzò, Hermione boccheggiò e spalancò gli occhi, fremendo.
Il tocco di Draco si fece più profondo e ritmato, colmandola di un calore nuovo e piacevole, irresistibile.
Hermione fremeva: lo voleva, voleva fare l'amore con lui, in quel preciso momento.
Gli posò una mano alla base della schiena, spingendoselo contro e, quando sentì l'eccitazione del ragazzo premere contro di lei, sorrise, imbarazzata.
Con mano tremante gli slacciò i jeans e lui li fece scivolare con una mano fino ai polpacci, calciandoli via.
Senza la stoffa a separarli, Hermione arrossì, nascondendo il viso contro la spalla del ragazzo.
- Granger.- la chiamò lui, dolcemente. – Guardami.- disse, mentre con un dito le faceva voltare il viso. – Sei sicura?- le domandò, tremante.
Lei si sporse a baciarlo. – Sì.- soffiò, sulle sue labbra.
Draco, senza interrompere il bacio, le fece scivolare giù le mutandine e lo stesso fece con i boxer, sistemandosi tra le sue gambe.
Col cielo sopra di lei, immenso, buio, puntellato di miliardi di stelle luminose, e brividi di freddo, paura, eccitazione a contrarle i muscoli, lenirle la pelle, e un calore assurdo e insensato a divorarle le viscere, Hermione Granger si sentì finalmente libera.
Quando Draco Malfoy entrò dentro di lei, lentamente, tenendosi sui gomiti per non pesarle addosso, senza fretta, per darle il tempo di abituarsi al dolore, acuto e bruciante, che sentiva divagarle in basso, piccole lacrime le scivolarono lungo le guance.
Le mani di Draco si intrecciarono alle sue e lei le strinse con violenza; il ragazzo ricambiò la stretta, condividendo il momento con lei.
I suoi occhi parevano ardere di un fuoco inestinguibile, mentre fendeva la notte sopra di loro e assaporava il respiro di Draco Malfoy sulle labbra, dolce come il vento tra i capelli di entrambi e dal sapore di casa.
Il ragazzo le baciò le guance, asciugando le lacrime e le accarezzò i capelli, depositandole piccoli baci sulla fronte.
Quando il dolore scemò, lasciando il posto ad un piacevole intorpidimento, Hermione piegò le gambe contro i fianchi del ragazzo, in un tacito assenso.
Draco si mosse, prima lentamente, entrando più a fondo, facendo oscillare i fianchi, poi sempre più in fretta, afferrandole i fianchi e stringendosela addosso, come a voler fondersi con lei.
Il senso di assoluto ed eterno sembrò divenire parte dei due, quasi non avessero fatto altro che inseguirsi da quando erano venuti al mondo, solo per giungere a quel momento, insieme.
Vi era, nel cuore di Draco, una gioia quasi dolorosa, tanto era profonda, più difficile da sopportare di ogni altro tormento patito fino a quell'istante; la consapevolezza di aver trovato una ragione e un senso alla sua vita, il rendersi conto di quanto a fondo Hermione Granger gli fosse penetrata nel Sangue e nell'anima e il comprendere che non si sarebbe mai saziato di quel sapore e quell'essenza che lei possedeva, era al contempo folle felicità e atroce tortura, poiché mai avrebbe creduto fosse possibile essere posseduto a quel modo da un altro essere umano.
Aggrappata alle sue spalle, le unghie nella carne del ragazzo a lasciare segni rossi e il respiro ansimante contro il suo collo, Hermione perse per un istante contatto col mondo.
Si ritrovò sudata, stordita, col capo che le girava, preda di un piacere mai provato in precedenza.
Quando la sensazione scemò, un calore piacevole prese il suo posto e, dopo le ultime spinte violente, Draco Malfoy venne, mordendole il collo.
Sfinito, restò dentro di lei, posando il capo sul suo seno, l'orecchio premuto contro il petto, ad ascoltare il battito del cuore impazzito della Granger che era eco del suo.
Mentre osservava, affascinata, le gocce di sudore che impregnavano la schiena e la fronte di Malfoy, Hermione si rese conto che di qualsiasi cosa fossero fatte le loro anime, la sua e quella di Malfoy erano la medesima cosa [6].
E Draco, mentre respirava il profumo di mandorle e vaniglia, misto ad un sottile alone di sudore di entrambi, che lei si portava cucito addosso, si accorse di riuscire aconcepire come un amore potesse durare tutta una vita: mentre finora era assolutamente convinto che nessun amore potesse resistere un anno. [7]
Quando il vento li accarezzò e Hermione rabbrividì, Draco si sistemò al suo fianco, stringendosela addosso e baciandole una tempia, avvolgendola nel Mantello e osservando il cielo infinito sopra di loro.
Quel senso di eterno non avrebbe mai abbandonato nessuno dei due fino a quando fossero stati stretti l'uno nelle braccia dell'altro.
Solo in quel momento di silenzio prepotente, si resero conto che, dal di fuori della Torre, non giungeva alcun rumore di combattimento.
Come avevano fatto ad isolarsi a quel punto dal mondo, dimenticandosi che, in corso, c'era una Guerra?
Hermione sorrise. – Siamo pazzi.- mormorò, scuotendo la testa.
Draco tacque, timoroso di rompere quella bolla di calore che li avvolgeva.
- Malfoy, stai bene?- gli domandò lei, puntellandosi su un gomito, interrogativa e preoccupata.
Lui aggrottò le sopracciglia. – Questa è una domanda che, in genere, pone l'uomo.- disse.
- Mi stai dando del maschiaccio?-
Draco sospirò, sorridendo. – Tu stai bene?- le chiese.
Hermione annuì, sorridendo.
Lui le accarezzò il viso, guardandola intensamente con gli occhi luminosi e calmi.
- Vorrei riuscire a dire qualcosa di solenne, eclatante, poetico.- borbottò, mentre lei riprendeva posto sul suo petto.
- Avresti dovuto chiedere a Zabini.- lo prese in giro lei.
- Granger, com'è che ti viene in mente Blaise in un momento come questo?- le chiese, crucciato, scostandola per guardarla.
- Scherzi, vero?-
- Affatto.- protestò lui, incrociando le braccia. – Non è che Zabini ti affascina?-
Hermione scoppiò a ridere, allibita. – Ma cosa ti salta in mente?- chiese.
Draco la guardò, sospettoso. – Hai un'ossessione per i biscotti al cioccolato e non degni di uno sguardo quelli al burro. – disse, come se quello fosse sufficiente a suffragare la sua teoria.
La ragazza spalancò gli occhi sconvolta. – Malfoy, sei allucinante, giuro!- sbottò, dandogli le spalle e sistemandosi su di un fianco.
Subito lui l'abbracciò da dietro, baciandole il collo e avvolgendola con braccia e gambe.
Lei si ribellò un poco, poi si arrese, accontentandosi di mordergli una mano.
- Ahia! Sei violenta, Granger.-
- E tu idiota.-
- Gentile.-
- Devi smettere di vedere una minaccia in qualsiasi essere umano si sesso maschile, Malfoy.-
- Ma quale minaccia!- fece lui, arrogante, nascondendo il viso tra i suoi capelli e stringendosela contro. – Se tu non fossi sempre spalmata addosso a Potter e Weasley, forse non avrei motivo di essere gel... – s'interruppe appena in tempo.
- Chiamalo come ti pare, non mi importa, - intervenne lei. - Harry e Ron sono miei amici e fanno parte della mia vita, faranno sempre parte della mia vita. Vorrei che ne facessi parte anche tu, quindi ti conviene fartene una ragione.- aggiunse.
Lui tacque, accarezzandole un fianco; infine, sbuffò. – Quindi perdonerai Potter?- le domandò, cercando di apparire indifferente.
Hermione annuì. – Ho perdonato te, no?- chiese, retorica.
- Mi stai paragonando a... sì, sì, certo, ho capito.-
La ragazza rise, voltandosi e lui l'abbraccio, stringendosela contro e baciandola con gli occhi luminosi che incantarono Hermione come accadeva ogni volta.
La Grifondoro sapeva che la natura di un uomo non sarebbe mai cambiata e, in cuor suo, non desiderava che Malfoy smettesse di essere se stesso; le bastava che dimostrasse di comprendere i suoi sentimenti e si sforzasse di sacrificare il suo orgoglio, di tanto in tanto, perché lei fosse felice con lui e i suoi miglior amici.
- Vorrò delle scuse, comunque.- gli disse, riferendosi a Harry.
Draco tacque, mentre le accarezzava i capelli, giocherellando con i suoi riccioli.
- Granger?-
- Hm?-
- Ho trovato la parola solenne.-
Lei, accucciata contro di lui, annuì. – Sentiamo.- disse.
- Mia.-
Mentre Harry si rigirava il Boccino tra le mani, Anthony lo raggiunse, sistemandosi di fronte a lui.
- Potter?-
Il Salvatore del Mondo Magico sollevò il viso e il suo sguardo si fece cupo.
Anthony Goldstein sorrideva in modo sinistro e teneva in mano la bacchetta, puntata contro di lui.
[1] Shakespeare.
[2] Shakespeare.
[3] Eco.
[4] Shakespeare.
[5] Shakespeare.
[6] Emily Bronte.
[7] Emily Bronte.
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La mia rivale bellissima
FanfictionTutti sono ad Hogwarts per un ultimo anno da "ragazzi normali". Ovviamente non sarà un anno tranquillo. Dal capitolo III: "Avrebbe potuto chiedere alla McGranitt una camera singola, magari tentando di corromperla promettendole un po' della miracolos...