Capitolo 56 - Amid Evil and God

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Era l'ultimo Venerdì di Aprile.
Hermione si rese conto del fatto che due mesi fossero praticamente volati solo in quell'istante, quando, passandosi una mano sul volto stanco dagli occhi gonfi e infiammati di pianto e sonno, l'albeggiante luce estiva filtrò attraverso la stoffa della tenda che circondava il suo letto.
Aveva trascorso quella notte divisa democraticamente tra dolore e rabbia, strazio e offesa, disperazione e risolutezza; alla fine, stremata dal piangere e maledire, si era addormentata.
La sveglia incantata aveva suonato in quell'istante, ridestandola.
Tese l'orecchio, cercando di cogliere qualche suono proveniente dall'esterno – contro il quale il Rifugio piacevole e caldo di quella tenda non poteva nulla -, per rendersi conto se Harry e Ron fossero già svegli. Nessun rumore sospetto la indusse a pensare che, sì, i due Grifondoro fossero in piedi e un sorriso malinconico le colorò le labbra: quante volte li aveva svegliati lei stessa, ovviamente in ritardo, perché dormivano come sassi e a nulla servivano sveglie incantate e le urla di Molly Weasley dal basso?
La Tana e quegli anni fatti di estati afose e inverni gelidi parvero lontani e perduti, come i tre Grifondoro in quel momento.
Hermione scosse il capo, decisa a lasciare tra le braccia dell'ultima traccia di sonno ogni ricordo e sentimento del litigio avvenuto durante la nottata; occorrevano concentrazione e mente lucida, proprio come aveva detto Zabini, per affrontare il pericolo e l'ignoto che li attendeva.
Per questo motivo, ogni decisione grave fu rimandata e la ragazza cinse intorno a sé l'armatura di fredda determinazione e raziocinio che sempre l'aveva contraddistinta, pronta a sfruttare ogni capacità mentale per garantire la propria sopravvivenza e quella degli altri ragazzi, poiché Hermione Granger era certa di una cosa soltanto, in quel momento: per quanto fosse furiosa e delusa da Harry e Ron, non avrebbe mai permesso che accadesse loro qualcosa.
E non avrebbe permesso che accadesse qualcosa a Malfoy, ma questo lo sapeva sin dal momento in cui le loro labbra si erano toccate per la prima volta, perché lei aveva assaporato l'innocenza dalle accuse rivoltegli nella dolce disperazione di quel tocco.
- Buongiorno, Hermione.- la vocetta squillante di Luna la fece sussultare e, voltandosi, la Grifondoro la vide sorriderle.
- Buongiorno.- disse, studiando l'espressione serena e riposata dell'altra e domandandosi come fosse possibile che il suo visetto fosse disteso e i suoi capelli perfettamente in ordine anche dopo una nottata come quella appena trascorsa.
- Ho appena controllato il sole.- fece Luna, tirandosi a sedere a gambe incrociate.
– Dovrebbero essere circa le sei.- continuò.
Hermione sorvolò sul fatto che c'era la sveglia e non occorresse "controllare il sole" per sapere che ore fossero e si sollevò anche lei, mettendosi seduta. Annuì. – Le sei meno venti minuti, per la precisione.- rispose, raccogliendo i lunghi capelli, ricci e pieni di nodi, in una crocchia disordinata.
La Corvonero studiò l'altra per qualche momento, prima che questa se ne accorgesse e la guardasse, interrogativa. – Cosa c'è?- chiese.
Luna sorrise. – Non riesco a capire se stai bene o sei a pezzi.- disse, sincera tanto da lasciare Hermione basita. – Quando ti guardo negli occhi, vedo una disperazione immensa, che, subito dopo, è sostituita da un sentimento egualmente potente.- aggiunse.
- Quale sentimento?- la voce della Grifondoro tremò, mentre formulava la domanda.
Luna le posò una mano sulle sue. – Non sta a me dirlo, Hermione. La prima volta spetta a te.-
L'altra rimase in silenzio, troppo concentrata sul mascherare quegli stessi sentimenti che la Corvonero era capace di leggerle con tanta abilità nello sguardo; in quel momento, la mancanza di Ginny si fece sentire, prepotente più di ogni altra cosa. Aveva bisogno di raccontarle ogni cosa, di sentirsi sicura nel suo abbraccio, di udire la sua voce che le prometteva una soluzione a tutto.
- Dobbiamo alzarci. Non c'è tempo da perdere.- scattò, decisa a non lasciarsi andare alla disperazione.
Scostò la tenda e, mentre lo faceva, registrò di ringraziare Luna per la delicata gentilezza che le aveva usato, la sera prima; Hermione si rese conto che la Corvonero possedeva un'intelligenza acuta e brillante, una sensibilità unica e incredibilmente sviluppata, celate dal carattere ingenuo e fiducioso.
Si recarono insieme al piccolo bagno, dandosi il cambio tra il lavandino e la doccia – Hermione aveva trasfigurato la vasca per mancanza di tempo – e in meno di un quarto d'ora erano entrambe vestite comodamente con jeans e t-shirt. I capelli di Hermione, sebbene puliti di shampoo, non erano esteticamente migliorati e le circondavano il viso pallido come una nuvola vaporosa e scura.
La Grifondoro notò un'occhiata penetrante dell'altra, mentre lasciavano il bagno, ma non se ne curò, poiché era arrivato il momento di ridestare i due ragazzi dal sonno.
Giunta nei pressi dei loro letti rimase a contemplarli per un lungo momento: Harry dormiva a supino, un braccio contro gli occhi, gli occhiali abbandonati accanto a lui; Ron era disteso a pancia sotto, il viso schiacciato per metà contro il materasso, il cuscino in terra.
Un moto di tenerezza misto a dolore le scoppiò nel petto, costringendola ad arretrare bruscamente, ritirandosi il più lontano possibile da coloro che quel cuore lo avevano spezzato.
Luna la superò senza esitazioni, sollevandola anche da quel fardello. – Harry, Ronald, dovreste alzarvi, sono le sei.- disse, ai piedi dei loro letti.
Ovviamente, non ottenne alcuna risposta.
La Corvonero, accigliata, si chinò, puntandosi la bacchetta alla gola. – Harry! Ronald! Siamo in ritardo, la colazione è finita, Neville ha mangiato tutto il porridge!- esclamò.
La sua voce, amplificata dalla bacchetta, fece sussultare entrambi; Harry scattò seduto e Ron cadde dal letto, imprecando come uno scaricatore di porto babbano.
Mentre la testa rossa faceva capolino dall'altro lato del materasso e Harry inforcava gli occhiali, Luna, soave ed eterea, sorrise. – Buongiorno.-
Harry e Ron ebbero la decenza di lavarsi e vestirsi in fretta e, alle sei e trenta, i quattro ragazzi, muniti della Mappa del Malandrino per evitare i corridoi sorvegliati, si ritrovarono nei pressi della Torre dei Grifoni.
Due Auror sostavano proprio di fronte al ritratto della Signora Grassa e, sebbene fino a quel momento i due Grifondoro avessero accuratamente evitato di posare lo sguardo su Hermione, la ragazza si ritrovò, in quel momento, oggetto dell'osservazione di tutti gli altri.
Sospirò e, guardando oltre le loro teste, parlò rivolgendosi a Harry. – Li addormenteremo.- disse. – Quindi, occorre che qualcuno indossi il Mantello, li raggiunga e faccia l'incantesimo.-
Harry la scrutava, deciso a costringere gli occhi di lei nei propri per comprendere quali fossero state le conseguenze della notte su Hermione e sulle sue decisioni; Ron, invece, imbarazzato, teneva lo sguardo basso, sulle scarpe. – Tu sei la migliore con gli incantesimi.- mormorò, arrossendo violentemente.
Hermione non ebbe alcuna reazione evidente, sebbene una stilettata la scosse
Luna annuì. – Puoi farlo tu, Hermione?- chiese, lanciando un'occhiata a Harry e al Mantello che portava gettato su di una spalla.
La ragazza si limitò ad annuire senza muoversi: stava al Salvatore del Mondo Magico porgerle l'indumento, lei non avrebbe allungato alcuna mano per afferrarlo.
Fu un momento carico di significati impliciti, poiché, rimanendo salda al suo posto, Hermione dimostrò d'essere rimasta, al contempo, ferma sulle sue decisioni e affermazioni e Harry, muovendosi con lentezza estenuante per affidarle il Mantello, fu costretto ad accettare che la ragazza non avesse cambiato idea durante la notte, nemmeno sotto la minaccia di perdere ogni cosa le fosse appartenuta di diritto fino a quel momento – come la loro amicizia.
Quando le loro dita si sfiorarono, sopra la stoffa, gli occhi di Hermione, bruni e lucenti, si scontrarono contro quelli verdi e lampeggianti di Harry: uno sguardo fatto di accuse, dolore e perdita, che scosse entrambi e li costrinse a volgere il capo altrove, sfuggenti.
Hermione non impiegò più di una manciata di minuti per addormentare gli Auror e dare il via libera ai ragazzi e, in fretta, varcarono il ritratto, introducendosi nella Sala Comune deserta.
A quel punto si separarono; Harry e Ron corsero al dormitorio maschile e Hermione, accompagnata da Luna, imboccò le scale per quello femminile.
Attente a non fare alcun rumore per non destare Calì, addormentata, Hermione aprì il baule che teneva accanto alla scrivania ne tirò fuori la borsa su cui aveva fatto l'incantesimo Estensivo Irriconoscibile due anni prima. Poi, spalancò i cassetti e l'armadio e afferrò tutte le pozioni che aveva conservato, una mappa, diversi indumenti per sé e Luna, la tenda da campeggio rimpicciolita e il suo portafogli contenenti soldi babbani.
Qualcosa la spinse a infilare in borsa anche diverse coperte proprio mentre Calì mugugnava qualcosa nel sonno.
- Sbrighiamoci.- disse, sottovoce, a Luna e uscirono in fretta, scendendo le scale rapidamente.
In Sala Comune trovarono Harry e Ron, già pronti, cosa che sorprese Hermione.
Dall'espressione frustrata di Harry e quella nervosa di Ron, la ragazza intuì che doveva essere successo qualcosa. Non voleva parlare con loro, quindi non si arrischiò a chiedere nulla.
Fu Ron a risolvere il mistero. – Neville si è svegliato mentre prendevamo le Firebolt. – spiegò, indicando le due scope, gemelle, posate contro il divano.
Ron aveva ricevuto la sua in regalo da Bill e Fleur quel Natale ed era superfluo descrivere l'orgoglio e la felicità derivata da quel dono.
- L'abbiamo pietrificato.- continuò, sfuggendo lo sguardo di Hermione che decise che non ci fosse tempo per demoralizzarsi e alzò le spalle. – Dobbiamo andare. Sono quasi le sette, gli Auror stanno per darsi il cambio.- disse, precedendoli oltre il ritratto.


Come aveva predetto la Granger, non ebbero problemi a raggiungere i Sotterranei e il Dormitorio di Serpeverde, quella notte.
Utilizzando il passaggio segreto nel muro che, prima di loro, anche la sventurata Daphne aveva attraversato, si erano ritrovati direttamente nella Sala Comune.
Gli studenti erano tutti nelle rispettive stanze, ma, se anche qualcuno di loro fosse stato sveglio e li avesse visti, nessuno avrebbe aperto bocca con gli Auror perché erano terrorizzati dal gruppetto formato da Malfoy, Zabini e Nott.
Quei tre ragazzi, tanto diversi eppure legati da un qualcosa di impalpabile e potente, erano pericolosi per le capacità magiche, l'intelligenza e lo spirito vendicativo che contraddistinguevano ogni Serpeverde che si rispetti, ma, al contempo, erano anche totalmente sprezzanti del pericolo e indifferenti alle regole in modo quasi masochista.
Ciò li differenziava nettamente da tutti gli altri, poiché la prima regola di una Serpe è sopravvivere a qualunque costo, anche strisciando.
Quando avevano messo piede in camera loro non avevano avuto bisogno della Granger per rendersi conto che Pansy Parkinson vi fosse stata: la sensazione di malessere e la rabbia improvvisa che aveva avvolto il loro animo fu una prova sufficiente.
Domarsi fu difficile e, dopo aver litigato per ogni cosa animatamente, perfino su quante camicie Blaise dovesse mettere nella sua sacca – rigorosamente modello maschile e in tono con il completo scelto per la partenza – si erano addormentati, fissando la sveglia alle sei.
In realtà, ognuno di loro era rimasto sveglio a lungo, nel proprio letto, tormentato da fantasmi, paure e pensieri che gli altri non avrebbero potuto capire.
Theodore, ritrovatosi a contatto con il Mondo dei Grifondoro così d'improvviso e iniziando a comprenderne le dinamiche e i legami che lo tenevano in piedi, si era più volte domandato come sarebbe riuscito a convincere Ginny dell'amore che provava per lei. Lei che era abituata alla sincerità sopra ogni cosa, alla trasparenza dell'onestà, al sacrificio per il bene comune, come avrebbe fatto ad accettare che Theodore non fosse Potter e non possedesse quel lato esageratamente generoso e al contempo masochista del suo carattere?
Lui non avrebbe mai sacrificato se stesso e la propria felicità per il bene di qualcun altro, no signore. Potter si era lasciato uccidere da Voldemort, per salvare la Scuola e proteggerne gli occupanti, per liberare il Mondo Magico. Lui se la sarebbe data a gambe, caricandosi Ginny in spalla e lasciando due righe a Daphne, Draco e Blaise. Ginny avrebbe potuto accettarlo?
E se anche lei avesse risposto positivamente, lui avrebbe potuto accettare di sapere che la ragazza di cui si era innamorato lo vedesse sempre un gradino al di sotto di qualcun altro?
Mai abbastanza Harry Potter per lei?
Blaise aveva paura. Una paura di quelle che stringono lo stomaco in una morsa perenne che non allenta mai la presa, che accompagnano per mesi, anni, come ombre silenziose.
La paura di aver aspettato troppo a capire di cosa non potesse fare a meno nella propria vita, la paura di veder fallire l'unico piano la cui riuscita era, al contempo, garanzia di felicità eterna e l'obbligo di impegnarsi come mai aveva fatto prima, la paura di perdere una donna che non era mai stata sua solo a causa del suo essere immaturo e superficiale.
Daphne. Non aveva il coraggio di immaginarla, di lasciare che il suo viso e i suoi occhi affiorassero nei ricordi, poiché non era capace di affrontare l'ondata di dolore e panico che l'avrebbe di certo avvolto al pensiero che non si svegliasse mai più.
Comprendeva, solo in quel momento, quanta energia avesse speso nel rinnegare i propri sentimenti e convincersi ad allontanarla quale tentazione carnale e nient'altro, mentre la fanciulla dagli occhi carichi di luce si spezzava, frantumava e cadeva, sotto il suo sguardo.
L'aveva abbandonata, in balia di una vita già destinata a cui lei si era ribellata, indifferente a qualsiasi rischio. Sapeva quanto i Signori Greengrass fossero rigidi, severi e privi d'amore, eppure l'avrebbe condannata alla loro ira, piuttosto che prometterle il suo cuore e garantirle la salvezza.
L'aveva lasciata a combattere da sola.
Draco era furioso e preoccupatissimo, un misto pericoloso per il Serpeverde. Il pensiero della Granger, sola ad affrontare l'idiozia cieca di Potter e Weasley o anche semplicemente sola con loro lo mandava in bestia. Possibile che fosse bastato un bacio per renderlo dipendente da lei?
Che, d'un tratto, gli fosse impensabile anche passare un solo momento lontano dal calore e dalla luce che la Granger emanava?
Come domare e dar voce a quei sentimenti che gli opprimevano il cuore e stordivano l'animo, costringendolo a desiderare il profumo della Granger, la sua mano calda tra le sue, il suo sguardo limpido fisso nei propri occhi?
Draco non si era mai innamorato prima di allora e tutto era nuovo per lui. Stava, lentamente e con grosse difficoltà, cercando di imparare che non poteva semplicemente pretendere l'amore di quella ragazza o strapparle il cuore per tenerlo al sicuro tra le mani.
Doveva, inoltre, riuscire a gestire la folle gelosia che si impossessava di lui ogni qual volta chiunque si avvicinava a lei o ne reclamava attenzioni e sorrisi. Quella possessività ossessiva rischiava di allontanarla e convincerla di aver fatto una scelta sbagliata, fidandosi di lui.
Infine, cosa più grave e nefasta, non poteva sperare di liberarsi definitivamente di Potter e Weasley e doveva rassegnarsi all'idea che loro fossero una parte importante della vita della Granger e che avesse bisogno di loro, quanto ne aveva di lui. Quel pensiero era una lama incandescente dritta nel cuore.
Doverla dividere con loro, la più grande delle punizioni.
Al mattino si ridestarono a fatica, poiché il sonno agitato che aveva posseduto tutti aveva impedito loro di risposare bene; lavatisi e vestitisi, afferrarono le rispettive sacche e scope e si affrettarono ad uscire.
Passando davanti alla porta della stanza di Pansy non udirono alcun rumore e, lanciandosi un'occhiata complice, aprirono la porta sguainando le bacchette.
Pansy non c'era e la cosa li raggelò: dov'era quella pazzoide? Che fosse in giro per la scuola? Dovevano dire a Piton che era lei il Contenitore, in modo che trovasse un modo di intrappolarla e non ridurre in fin di vita qualcun altro?
Il rischio di essere rinchiusi nell'Ufficio della McGranitt e di non riuscire a trovare una risposta fu più forte della paura che Pansy decidesse di agire ancora.
Entrarono nella stanza e aprirono cassetti, armadi, controllarono sotto il letto, perfino tra il materasso e la rete; del libro rubato non c'era alcuna traccia, tuttavia, nascosta sotto alcune assi mobili del pavimento, trovarono la bacchetta rubata a Blaise e il profumo di Theodore.
- Bastarda.- disse, tra i denti, Zabini. Quella maledetta lo aveva fatto accusare dell'incidente a Daphne, perché sapeva che lui ne era innamorato e, se Theodore non avesse testimoniato per lui, a quell'ora sarebbe stato chiuso nella stessa cella di Malfoy. L'avrebbe pagata cara, giurò a se stesso.
- Dobbiamo andarcene.- fece Theodore, posando una mano sulla spalla di Blaise e reggendo la scopa con l'altra.
Uscirono in fretta e si chiusero la porta alle spalle, attraversando la Sala Comune e raggiungendo il passaggio segreto. Sbucarono nel corridoio e, dopo aver impastoiato. alle spalle. due Auror, corsero a perdifiato fino all'ingresso, dove dovevano incontrarsi con i Grifondoro.
L'essere cauti e il non farsi scoprire era divenuto, a quel punto, inutile: dovevano solo riuscire a lasciare Hogwarts, il prima possibile.
Nei pressi dell'enorme portone d'entrata, furono raggiunti dal quartetto in fuga.
- La McGranitt sta arrivando, presto, presto!- gridò la Granger, imboccando la porta come un fulmine. Subito dietro di loro, arrivavano, sempre di corsa, la McGranitt, Piton e una manciata di Auror.
Veloci, i ragazzi superarono le mura della Scuola, imboccando una stradina secondaria che portava alla rimessa per le barche. Utilizzando i pochi istanti di vantaggio sui Professori e gli Auror – nessuno poteva smaterializzarsi entro i confini di Hogwarts -, la Granger, rapida ed efficiente, illustrò a tutti cosa fare.
- Dobbiamo raggiungere Londra. Una volta lì vi spiegherò cosa faremo.- disse, strappando letteralmente dalle mani delle Serpi le sacche e facendole scomparire dentro la sua borsetta.
- Quando saremo in volo, dividetevi, ma restare visibili agli altri. Se gli Auror dovessero inseguirci, dovremmo confonderli.- aggiunse. Tutti annuirono.
- E fate attenzione. Non sappiamo chi ci sia là fuori.- mormorò, infine, la Grifondoro.
Non ci fu il tempo di salutarsi, augurarsi buona fortuna o semplicemente stare a guardarsi per un momento. Il rumore dei passi in corsa era sempre più forte e in avvicinamento.
I ragazzi montarono a cavallo delle rispettive scope e, senza nemmeno bisogno di parole, Hermione prese poso dietro a Draco, che tenne la scopa in basso per aiutarla, poi le afferrò una mano, portandosela alle labbra e stringendola con la sua. Era il suo modo di rassicurarla, Hermione lo sapeva e avvolse le braccia intorno alle sua vita, poggiando il viso sulla sua schiena, ricambiando la stretta.
Ron, intanto, aveva fatto salire Luna dietro di sé; le ragazze, essendo meno abili nel volo rispetto ai ragazzi, avevano ritenuto fosse meglio non arrischiarsi a montare una scopa tutta loro, poiché era troppo pericoloso data la fretta e la possibilità di dover sfuggire a qualcuno o qualcosa. Non era molto lusinghiero, per una ragazza come Hermione, convinta della parità tra uomo e donna, dover ammettere di non essere brava quanto un uomo in qualcosa, tuttavia la consolava sapere che il problema fosse suo e non di tutto il genere femminile; Ginny, ad esempio, volava bene quanto il fratello.
Si sollevarono da terra e Hermione incrociò, per un istante, gli occhi di Harry, freddi e carichi di odio, lo ignorò, voltando il viso dall'altra parte e chiudendo gli occhi quando, con uno scatto in avanti, la scopa di Malfoy partì a razzo, seguita dalle altre.
- Granger... - la sua voce, dopo la lite furibonda con Harry e Ron, le parve più dolce e calda, in netto contrasto con le loro, gelide e cariche di rabbia.
- Lo so.-
Non ebbe bisogno che le spiegasse quale affermazione e preghiera, vi fosse implicita nel suo nome, pronunciato con quel tono tremante e, al contempo, solenne, specchio di ciò che sentiva.
Fidati di me, non ti lascerò cadere, mai più.



Sfatando le più nere aspettative di tutti, giunsero a Londra intorno a mezzogiorno, senza problemi e, soprattutto, sani e salvi.
Il volo era durato tanto a lungo che, quando scesero dalle scope, i ragazzi avevano gli arti rigidi e il fondoschiena dolorante.
Atterrarono insieme, sebbene in punti diversi della piccola radura e, accertatisi che non vi fossero Babbani nelle vicinanze, Hermione approfittò per rimpicciolire le scope e infilarle in borsa, sotto lo sguardo curioso e sbalordito di Blaise Zabini.
- Non so perché non ci ho pensato anch'io.- commentò, sorridendole.
Hermione, felice di avere i piedi ben piantati a terra, ma ancora stordita, si limitò a ricambiare il sorriso, spaesata.
Le braccia di Malfoy, in piedi dietro di lei, la tenevano per la vita, sostenendola e impedendole di inciampare nei suoi stessi piedi; la sua presenza, tanto vicina e confortevole, ebbe l'effetto immediato di rilassarla. Draco le depositò un piccolo bacio alla tempia, dove teneva poggiato il mento.
- Perché siamo qui, Granger?- domandò Nott, guardandosi intorno.
- Smaterializzarsi per tratti lunghissimi è quasi impossibile.- spiegò lei, evitando accuratamente lo sguardo di Harry, disgustato, e quello di Ron, carico di biasimo e fastidio.
- Non avremmo potuto farcela. E, sinceramente, non potremmo farcela nemmeno da Londra, fino all'Albania.- continuò.
- Credevo ci saremmo andati volando sulle scope.- commentò Blaise, aggrottando le sopracciglia.
Hermione scosse la testa. – Sono registrate tutte e quindi rintracciabili ogni volta che le usiamo. Gli Auror ci sarebbero addosso, basterà che avvisino il Ministero e il Ministro ordinerà che gli Auror più vicini alla zona in cui ci troviamo ci fermino. Inoltre, impiegheremmo troppo tempo. - rispose. – Per questo ho voluto venire a Londra.- spiegò. – Voleremo, certo. Ma su degli aerei babbani.- e, a questo punto, Hermione avvertì la presa di Malfoy irrigidirsi.
I tre Serpeverde impallidirono e persino Ron si ritrovò a deglutire rumorosamente.
Gli unici a mantenere un contegno e la serenità furono Harry e Luna; il primo perché aveva già preso l'aereo in passato, la seconda perché non vedeva l'ora di ritrovarsi nel mondo babbano e sperimentare le sue invenzioni.
- Granger, sei fuori di testa?- protestò Malfoy, al suo orecchio. Sebbene tentasse di mostrarsi contrariato, la ragazza avvertì una nota di panico nella sua voce. Sorrise. – Paura, Malfoy?- lo stuzzicò. Lui strinse la presa sui suoi fianchi. – I Babbani non sono in grado di costruire attrezzi volanti sicuri quanto le scope.- protestò, sottovoce.
Gli altri, intanto, borbottavano tra loro di quanto quel piano fosse rischioso, mentre Luna invitava tutti a guardare il lato positivo della cosa.
- Ho vissuto nel mondo babbano per undici anni Malfoy e sono ancora viva. Si può sopravvivere tranquillamente senza Magia. Non credi sia il momento di dare un po' di fiducia a noi poveri, comuni, mortali?- disse, ironica, Hermione.
Lui tacque per qualche istante, combattuto: non voleva salire su un aggeggio volante Babbano!
E se fosse precipitato? Avrebbe fatto in tempo a tirar fuori dalla borsa della Granger la scopa, riportarla alle sue dimensioni normali, montare e afferrare anche lei prima che si schiantassero?
Salazar! Che brutte idee che aveva quella dannatissima strega!
Sospirò e lei seppe di aver vinto. Gettò indietro il capo, poggiandosi contro il suo collo e facendo aderire la schiena al suo petto.
- Tu non hai niente di comune.- le sussurrò, in un misto di serietà e divertimento. – Di mortale è sicuro, invece.- aggiunse, in un soffio.
L'ora di pranzo era giunta tra l'estenuante discorso di convincimento ad opera di Hermione nei confronti di Theodore e Blaise per convincerli a salire sull'aereo e la trasfigurazione degli abiti di questi ultimi più Draco.
Hermione aveva spiegato loro che tre ragazzi vestiti a quel modo di certo non sarebbero passati inosservati tra i Babbani e, dato che dovevano mangiare qualcosa prima di andare all'aeroporto - e qui era partita una discussione sul barbaro motivo per cui bisognasse recarsi in questo "porto" per salire su di un aereo e non si potesse partire da qualsiasi punto, come con le scope , che, immancabilmente, aveva scatenato una seconda discussione, più accesa, riguardo il fatto, assurdo e assolutamente inconcepibile, che l'aereo non fosse solo per loro e che l'avrebbero dovuto dividere con altre persone, altri babbani; ovviamente, entrambe le discussioni erano state aperte da Zabini -, bisognava che i loro abiti fossero trasfigurati.
Questo, sia perché vi era necessità di essere comodi e avere grande libertà di movimento, sia per non attirare su di loro l'attenzione.
Quando, ormai, Hermione era pronta a metter mano alla bacchetta e schiantarli tutti e tre (Draco ghignava, soddisfatto dalle proteste dei suoi amici perché indignato all'idea di doversi sedere in mezzo ai babbani), Luna, la dolce e fragile Luna, aveva spiegato, gentilmente, ai Serpeverde, che se non si fossero dati una mossa li avrebbe affatturati, sfregiandoli in maniera irrimediabile, perché aveva fame e voleva mettere qualcosa sotto ai denti.
La reazione di Blaise era stata immediata e, nel giro di un minuto, indossava jeans dalle cuciture perfette – in sostituzione del suo pantalone dal taglio classico e una camicia che pareva appena uscita dalle miglior sartorie francesi, ma che, almeno, era priva dello stemma della famiglia Zabini in bella mostra sul cuore.
Draco indossava dei jeans e si limitò a trasfigurare la candida seta della camicia in una t-shirt chiara, facendo sparire il cravattino; Theodore, invece, optò per una canotta nera che lasciava ben visibili di bicipiti lavorati. Hermione si convinse che fosse una sorta di avviso ai Babbani, quasi ad intendere "state alla larga". Scosse la testa, rassegnata.
Gli altri ragazzi erano a posto e, finalmente, poterono incamminarsi lungo le strade londinesi.
Mangiarono dei panini in un piccolo pub, nascosti nell'angolo più interno e lontani dalle vetrine, poiché Hermione sapeva che il Ministero aveva degli Auror sotto copertura praticamente ovunque e temeva che fossero tutti riconosciuti.
Guardare l'espressione orripilata di Blaise Zabini di fronte al suo panino con hamburger e patatine valse l'intera mattinata di volo e fece ridere Hermione moltissimo.
Luna divorò la sua ordinazione, felice come Neville a Mielandia.
Con grande sorpresa della Grifondoro, Malfoy non fece storie o strane smorfie quando il cameriere gli depositò davanti i sandwich e le crocchette di pollo; mangiò di gusto e, alla fine, le sorrise al di là del tavolo.
Harry e Ron, sebbene presenti, sembravano ad Hermione più lontani che mai.
Al momento di pagare, la ragazza quasi dovette schiantare Draco e Blaise per far capire loro che Galeoni, Falci e Zellini non avevano alcun valore in quel mondo.
Li trascinò fuori, lasciando il portafogli nelle mani di Luna, pregandola di farsi accompagnare da Harry a pagare.
Raggiunsero l'aeroporto a bordo di un taxi a otto posti e più volte Hermione dovette tirare calci a Zabini, seduto accanto a lei, per indurlo a tacere: le sue domande riguardo la vettura, su come facesse a camminare senza cavalli e così via, cominciavano ad innervosire il tassista.
Una volta all'interno della struttura, Hermione studiò la tabella dei voli, pensosa.
- Il prossimo volo per l'Albania è alle quattro del pomeriggio. Significa che dovremmo arrivare... intorno alle nove, forse le dieci. – calcolò rapidamente. – Sì, direi che va bene.- mormorò, rivolgendosi agli altri.
- Devo... prendere i biglietti. Aspettate qui.- li lasciò accanto ai sediolini e raggiunse gli sportelli. Stando bene attenta a non farsi vedere, estrasse la bacchetta e la puntò alla signorina che le aveva domandato dove desiderasse andare e, sottovoce, mormorò "Confundus".
Meno di un minuto dopo, i biglietti per tutti e sette erano tra le mani della ragazza.
Draco la osservò da lontano, a disagio nel mezzo di quel caos babbano, scoprendola disinvolta proprio come era sempre stata anche nel Mondo Magico. La Granger sembrava appartenere a quel luogo tanto quanto a Hogwarts e ogni altro posto magico.
Era integrata perfettamente in entrambi i luoghi anche se, dall'espressione rilassata che le comparve in viso quando fu di nuovo accanto al gruppetto, Draco comprese che, in cuor suo, la Granger preferisse il Mondo Magico e che solo lì si sentisse davvero a casa.
Era una fortuna, poiché lo sollevava dall'incombenza e dal sacrificio di dover, in futuro, passare molto tempo nel mondo Babbano.
Si pietrificò, quando si rese conto del suo stesso pensiero e comprese che, per lei, avrebbe accettato anche quello: stare nel mondo babbano.

A bordo dell'aereo, sistemati in turistica, i ragazzi cominciarono ad essere seriamente nervosi.
Blaise non faceva che maledire la cintura di sicurezza che gli stropicciava la camicia e imprecare contro Theodore, la cui possanza fisica lo opprimeva; Draco era rigido e composto, le mani ben salde sui braccioli e lo sguardo fisso davanti a sé, tanto immobile che Hermione si domandò se fosse pietrificato; Ron si torturava le mani, cercando di farsi più piccolo che poteva e sprofondare nei sedili.
Luna aveva reclamato il posto al finestrino e squittiva continuamente guardando fuori.
Harry, alla sinistra di Hermione, taceva, rigido quanto Malfoy, teso e imperturbabile.
Hermione socchiuse gli occhi, mentre l'aereo prendeva quota.
La mano di Draco, alla destra della ragazza, afferrò la sua e lei la strinse, cercando di rassicurarlo. Harry si irrigidì al fianco di Hermione e l'aria si fece pesante.
Quel volo sarebbe stato lunghissimo.


***


Usciti dall'aeroporto albanese che la sera era ormai calata da un pezzo, i ragazzi si sorpresero a scoprire che il clima era fresco e un venticello sottile soffiava, carezzandoli e facendoli rabbrividire.
Hermione stava finendo di infilare in borsa i tramezzini e le bottiglie d'acqua acquistati in aeroporto per quella sera, mentre gli altri la precedevano, studiando la zona.
La città in cui erano atterrati era piccola, ma popolosa e, osservando la mappa che aveva con sé, Hermione calcolò che dovessero trovarsi a circa tre chilometri dall'inizio delle foreste.
Era un tratto di strada percorribile tramite smaterializzazione e, dopo aver raccomandato a tutti di tenere a mente le tre "D" – cosa non facile, tra l'altro, dato che non tutti si figuravano una Foresta allo stesso modo -, cercarono una zona riparata in cui smaterializzarsi.
Scelsero un piccolo sentiero alle spalle dell'aeroporto e, dopo essersi disposti in un semicerchio, si scambiarono uno sguardo di raccomandazione e complicità; Draco afferrò la mano di Hermione e sparirono insieme, risucchiati dallo stesso vortice. Gli altri li seguirono subito dopo.
Quella fretta nasceva dalla consapevolezza – non espressa eppure condivisa da tutti – che la Minaccia che grava sul Mondo Magico non avesse confini territoriali e potesse trovarli ovunque. C'era bisogno di organizzare un campo e isolarne il perimetro per ottenere almeno una parvenza di sicurezza.
Dopo una giornata di viaggio i nervi cominciavano a essere meno saldi e tutti avevano bisogno di tirare un sospiro di sollievo, seppur momentaneo.
Fortunatamente tutti ricomparvero, sebbene cadendo disordinatamente sparsi, nei pressi dell'inizio della boscaglia. Blaise si ritrovò addosso a Theodore, praticamente seduto sulla sua schiena. – Oh, grazie amico, hai salvato i miei pantaloni!- esclamò il primo, ottenendo un grugnito e una brusca spinta dal secondo. – Indossi dei jeans, Zabini e togliti di dosso!- sbraitò Theodore, dimenandosi come un cavallo selvaggio.
Luna, invece, riapparve tra le braccia Ron, che, come un perfetto cavaliere, la teneva ben salda; peccato che lui fosse in ginocchio e che Harry, arrivato poco dopo di loro, lo spinse involontariamente alla base della schiena, facendolo finire addosso alla ragazza.
Draco e Hermione, sebbene storditi, furono gli unici a materializzarsi in piedi e si sostennero a vicenda.
Era buio e milioni di stelle puntellavano il cielo; Hermione, tuttavia, mise in guardia gli altri.
- Il clima in questa zona è mutevole.- spiegò. – Nei pressi delle montagne, dove ci troviamo ora, la notte estiva è fresca e capita spesso che piova d'improvviso. E' colpa delle perturbazioni che giungono da ovest, dall'oceano e si abbattono sulla cima. Potrebbe piovere leggermente o, peggio, scatenarsi piogge torrenziali.- continuò.
- Magnifico.- commentò Blaise. – Ed io non ho nemmeno portato un ombrello.-
La ragazza rise. – Non ti servirà un ombrello, Blaise: abbiamo una tenda.- rispose, come fosse la cosa più ovvia e scontata del mondo.
I Serpeverde la fissarono con gemelle espressioni stranite. – E dove, di grazia?- la interrogò Blaise, ottenendo come risposta un colpetto della mano alla borsa da parte della Grifondoro.
- Beh, allora? Ci muoviamo?- fece Luna, affiancando Hermione e, insieme, si avviarono, inoltrandosi nella Foresta con le bacchette alzate a illuminare la strada.
Draco, Theodore e Blaise, battendo le palpebre ripetutamente, scossero il capo per riaversi dallo stupore e le seguirono, insieme ai due Grifondoro.
- E' saccente, terribilmente. E odiosa, aggiungerei. - commentò Blaise, carezzandosi il mento con fare scocciato. – Ma è dannatamente geniale.- sospirò. – Una tenda nella borsa. Prendi e porta a casa, Malfoy.- e gli diede una gomitata in pieno stomaco.
Harry, cupo, affrettò il passo restando, però, comunque alle spalle di Hermione; Ron lo imitò, tenendo d'occhio la Corvonero proprio davanti a lui.
Il Grifondoro non avrebbe saputo spiegare con esattezza o grandi discorsi perché Luna Lovegood gli piacesse, anche perché non ne aveva alcuna idea nemmeno lui; semplicemente, la trovava molto carina, simpatica e adorava sentirla parlare. Il suo modo di vedere le cose, l'ottimismo perenne, la sbadataggine, lo facevano sentire all'altezza e necessario, come con Hermione non era mai capitato. Inoltre, Luna era così dolce, generosa e comprensiva che non gli avrebbe mai fatto pesare il fatto di essere legato in modo indissolubile ed eterno a Harry e Hermione. Chiunque altro non avrebbe sopportato di dover dividere la persona che amava con qualcun altro, nemmeno Ginny, probabilmente, ci sarebbe riuscita con Harry.
Ron lanciò uno sguardo alle sue spalle, dove Malfoy, ignorando il cicalare di Blaise Zabini, fissava un punto davanti a sé che, il Grifondoro lo sapeva, seguendo la traiettoria immaginaria del suo sguardo, lo avrebbe condotto ad Hermione. Sospirò, senza ancora riuscire ad accettare l'idea che, nel giro di due mesi, ogni cosa nella sua vita fosse stata sconvolta.
Hermione e Malfoy, assurdo.
La manina di Luna si posò sul suo braccio, distraendolo; non si era accorto che lo aveva raggiunto e si rimproverò da solo: doveva prestare attenzione e tenere i sensi allerta, in quella Foresta.
- Tutto bene, Ron?- gli chiese, scrutandolo con i grandi occhi chiari.
Lui annuì. – Dobbiamo tenere gli occhi aperti.- rispose.
Lei sorrise. – Certo.- confermò.
Senza rendersene conto, Harry e Hermione camminavano, oramai, alla stessa altezza, distanti tra loro meno di un metro; era sempre stato così, tra loro due. Sebbene partissero divisi e lontani, finivano per ritrovarsi l'uno accanto all'altra, quasi vi fosse una forza magnetica che li spingesse a scontrarsi.
Consci della presenza dell'altro accanto, entrambi sapevano di essere al sicuro e protetti, poiché si erano sempre guardati le spalle a vicenda e, quindi, si sentivano più a loro agio. Perfino in quella circostanza, dopo il litigio violento della notte prima ed essere stati senza parlarsi per un'intera giornata, il calore familiare di quella vicinanza aveva effetti calmanti sia su Harry, che su Hermione.
Non si guardarono, non ne avevano bisogno e, inoltre, non si erano ancora perdonati e non sapevano se l'avrebbero mai fatto.
In quel frangente, desideravano solo restare così, abbastanza vicini da sentire la presenza dell'altro, ma non così tanto da potersi sfiorare e costringersi a riconoscere il bisogno reciproco.
Draco, alle loro spalle, li fissava, carico di una gelosia prepotente e di un odio – tutto per Potter – pericoloso; quel ragazzo era tutto ciò che aveva sempre invidiato e detestato, fin da quando, quel primo giorno a Hogwarts, aveva rifiutato la sua amicizia, disprezzandola come il peggiore dei mali, invece di riceverla come il più grande degli onori. Per un bambino, capire che l'essere l'erede di due cognomi tanto importanti, l'essere stato cresciuto in un certo modo e con determinati principi, per desiderio degli adulti, avrebbe significato stare da una delle due parti di una barricata che ancora non riusciva nemmeno a vedere all'orizzonte, era stato un duro colpo.
Quel giorno, Draco Malfoy aveva capito di avere una strada già sancita, un destino scritto sebbene nessuno avesse pronunciato alcuna Profezia per lui. Poi, era arrivata la Granger.
Otto anni dopo, nel buio, lei gli era precipitata addosso, portando con sé perdono e luce.
E amore. E Draco aveva creduto, fortemente, alla possibilità di essere amato nonostante ogni cosa. Nonostante lui non fosse Potter. Nonostante il passato. Eppure, Potter rimaneva presente, come una figura sullo sfondo di una foto che apparteneva solo a Draco e che ne intaccava il paesaggio. La Granger era, prima di ogni cosa, amica di Potter, amica di Weasley.
E quella gelosia ossessiva, mista al tremendo terrore che, un giorno, lei potesse preferire Potter a sé, l'avrebbe accompagnato per il resto della vita.
- Dobbiamo fermarci.- mormorò Hermione, arrestatasi nel mezzo della Foresta.
Teneva la bacchetta sollevata e, avvicinandosi, Draco notò un incantesimo che non conosceva illuminarla. Lanciò uno sguardo interrogativo alla Granger.
- E' l'incantesimo Quattro Punti. Una sorta di bussola.- spiegò lei, cogliendo la sua occhiata.
- Perché ci fermiamo?- domandò Blaise, arrivato in quel momento con Theodore.
- E' notte, ormai e abbiamo bisogno di mangiare qualcosa e riposare. Inoltre, Helena ha descritto l'albero a Luna, ma non credo riusciremmo a trovarlo con questo buio.- illustrò loro.
- Stiamo perdendo troppo tempo. – commentò, frustrato, Theodore.
- Non possiamo fare altrimenti.- rispose la Grifondoro con un'alzata di spalle. – Ci rimetteremo in marcia domattina, all'alba. – gli promise. Il Serpeverde si limitò ad annuire.
- Dobbiamo montare la tenda e isolare la zona. E trovare della legna per accendere un fuoco. - continuò Hermione.
- Dividiamo i compiti.- propose Luna. – Io posso occuparmi della tenda. Ron, ti andrebbe di aiutarmi?- domandò. Il Grifondoro, colto alla sprovvista, annuì, arrossendo.
- Harry?- aggiunse la Corvonero, rivolta all'altro.
– Certo.- rispose questi.
- Io e Hermione pensiamo agli Incantesimi.- intervenne Blaise, afferrando un braccio della Grifondoro e trascinandola letteralmente con sé. Hermione lanciò uno sguardo confuso a Draco, mentre seguiva docilmente Zabini.
- Bene, - sentirono dire a Luna, mentre si allontanavano. – Malfoy e Theodore cercheranno la legna. – allegra e pimpante.
Camminarono per una decina di metri poi si fermarono. Blaise tirò fuori la bacchetta e cominciò a isolare la zona; Hermione non disse nulla, poiché stava cominciando a conoscere Zabini e sapeva che, quando fosse stato pronto a parlare lo avrebbe fatto senza bisogno di incentivi.
Si mise anche lei all'opera, proprio come, un anno prima, aveva fatto ogni volta che lei, Harry e Ron giungevano in un luogo nuovo. Si perse tra i ricordi di un passato non troppo distante, eppure tremendamente lontano ai suoi occhi.
- Hermione.- in netto contrasto con la figura alta e muscolosa di Blaise, la sua voce pareva rotta e sottile, quasi inudibile. Il buio lo avvolgeva, celandone i lineamenti e lasciando solo gli occhi blu visibili. – Ho notato quel momento di incertezza, mentre raccontavi di Daphne. Dimmi la verità.- le chiese, con dolce fermezza.
La ragazza rimase zitta un momento, domandandosi se fosse il caso di rispondere sinceramente; certo, Blaise non era impulsivo come Malfoy, ma rimaneva un Serpeverde e ciò significava nessuna garanzia sulle possibili reazioni. Tuttavia, Hermione si chiese cosa avrebbe desiderato lei, se si fosse trovata nella situazione di Zabini, se avrebbe voluto che le dicessero la verità o meno. La risposta era scontata e quindi si decise a parlare. – Non so esattamente cosa significhi o, addirittura, se realmente significhi qualcosa. Non voglio allarmarti, ricorda che non sono una Medimaga e potrei essermi immaginata ogni cosa o aver fatto di nulla un caso.- lo avvisò.
Blaise rimase in silenzio, attendendo che proseguisse.
- Mi sono accorta che i valori vitali di Daphne era diversi da quelli di Ginny: cuore più debole, encefalo meno reattivo, cose del genere. Potrebbe dipendere da qualsiasi cosa, comunque. Dalla costituzione fisica, dal tempo trascorso dall'incantesimo e altre mille spiegazioni.- continuò.
Blaise taceva, come stesse registrando quelle parole e traendo le proprie conclusioni.
- Grazie per avermelo detto. – rispose, senza guardarla. – Per favore, tieni il segreto con Theodore. E' già abbastanza a pezzi e non reggerebbe.- aggiunse, superandola.
- Blaise... -
- Ho bisogno di stare per conto mio.-


Luna e i suoi assistenti avevano effettivamente montato la tenda. L'unico problema consisteva nel fatto che non l'avessero ancora ampliata tramite l'incantesimo Estensivo Irriconoscibile e, quindi, al momento, i due Grifondoro, la Corvonero e le due Serpi, se ne stavano seduti all'esterno, in terra, accanto al fuoco acceso da Malfoy.
- Non ci stiamo tutti lì dentro. – la informò immediatamente Theodore, quando li ebbe raggiunti. Draco, invece, si accorse dell'assenza di Blaise e la interrogò con lo sguardo, alzandosi. Hermione lo raggiunse e gli indicò la direzione presa dall'amico. – Credo abbia bisogno di te.- spiegò, mentre lui annuiva e si allontanava.
- Granger?-
- Sì, Nott?-
- La tenda. E' piccola.-
- Forse perché sono stata l'unica a pensare di portarne una?- fece lei, retorica.
Lui le lanciò un'occhiata di fuoco. – Non sapevo saremmo andati in campeggio.- ironizzò.
- Credevi che per "Foresta" s'intendesse un Grand Hotel Magico a cinque stelle?-
Lui ebbe il buon gusto di tacere, mentre Hermione sollevava la bacchetta e mormorava l'incantesimo per estendere la tenda. Poi, la ragazza vi entrò, fermandosi all'ingresso.
Era leggermente diversa da come l'avevano lasciata: invece che a forma di "L", adesso era a forma di "T": nella parte centrale e più lunga, vi erano un tavolo e diverse sedie; le due ali, invece, separate dal resto del locale grazie a tue drappi spessi, conducevano alla zona notte, dove si trovavano diversi letti e un piccolo angolo che fungeva da bagno.
Hermione respirò quell'odore, rimasto invariato, che era stato casa sua per un anno e si ritrovò scagliata brutalmente indietro nel tempo a quando, loro tre, erano ancora una famiglia.
Theodore entrò dietro di lei, affiancandola silenzioso. Hermione lo ignorò, ben decisa a non discutere ancora.
- Granger, senti, mi dispiace, d'accordo?- esordì, sorprendentemente, il Serpeverde.
Lei si voltò a guardarlo con gli occhi spalancati. – Prego?- fece.
Lui arricciò il naso. – Non fare la difficile, ora. Ho detto che mi dispiace per averti dato addosso. – ripeté, sfuggendo il suo sguardo. – Sono preoccupato per Daphne e Ginny e il loro pensiero non mi dà pace.- le spiegò, sincero.
- Lo capisco. Anche io ci penso in continuazione.-
Il ragazzo sollevò gli occhi nocciola e verdi nei suoi. – E come riesci a mantenere la mente lucida?- volle sapere.
Hermione alzò le spalle. – Pensando che è l'unico modo per salvarle.- rispose.
Theodore annuì, passandosi una mano tra i capelli corvini. – D'accordo. Proverò.- disse.
- Hermione?- la voce di Luna li raggiunse prima che la sua cascata di capelli biondi facesse capolino nella tenda. – Credo sia ora di mangiare qualcosa.- fece.
Hermione si ritrovò a pensare che lei e Ron erano perfetti l'uno per l'altra.
- Arriviamo.- annuì, precedendo l'altro fuori. Uscita, si accorse che anche Draco e Blaise erano di ritorno. Scambiò con quest'ultimo uno sguardo carico di comprensione, poi afferrò la borsa e ne tirò fuori i sandwich e l'acqua.
Mangiarono in silenzio, ognuno perso nelle proprie riflessioni, circondati dalla Foresta buia e silenziosa come mai avrebbero immaginato potesse essere; nessun animale, nessuno scroscio d'acqua.
Meno di un'ora dopo erano tutti assonnati e sfiniti; si ritirarono nella tenda, accertandosi che il fuoco fosse contenuto e rimasero nell'ingresso, indecisi sul da farsi.
La tenda ospitava sei letti, tre per lato, e loro erano in sette. Hermione si accorse di un'occhiata omicida e ansiosa di Harry e Ron a lei e Draco e quasi scoppiò a ridere per l'assurdità di ciò che stavano sicuramente immaginato.
- Luna?- si voltò a guardarla.
- Sì?-
- Ti va bene dividere il letto?-
- Oh, certamente Hermione!-
- Perfetto. – sorrise all'altra. – Se volete scusarci, noi andremmo al bagno per prime.- e sgusciò via, lasciandoli tutti intenti ad osservarsi e pronti a discutere su chi dovesse dormire dove.
Entrate nel piccolo bagno, Hermione utilizzò l'incantesimo di riempimento per colmare d'acqua la piccola vasca e, mentre Luna si spazzolava i capelli, vi si immerse, lavandosi velocemente. Gelare a quel modo per un bagno era una cosa che non le era mancata per niente; uscì dalla vasca e si drappeggiò il corpo con un asciugamani, cedendo il posto a Luna.
Indossò dei pantaloni comodi e una maglietta a maniche corte, poiché bisognava essere pronti all'evenienza di doversi rimettere in viaggio d'improvviso. Lavò i denti e rinunciò a darsi un'occhiata al piccolo specchio, dato che sapeva di avere un aspetto orribile. Legò i capelli in una crocchia e uscì, seguita dalla Corvonero.
Ovviamente, i ragazzi erano giunti alla conclusione che non sarebbero mai giunti ad una conclusione collaborando e parlando in modo civile. Soprattutto, Malfoy non aveva alcuna intenzione di lasciare la Granger nella stessa stanza – o tenda – con Potter e Weasley e, inoltre, i Grifondoro non avevano alcuna intenzione di ospitare un Serpeverde in stanza – o tenda.
Quindi, non potendo duellare, dato lo spazio scarso e il rischio di far seriamente del male alle due ragazze – o, in alternativa, di finire affatturati da loro – avevano deciso di risolvere la cosa alla vecchia maniera.
- Ovvero?- chiese Hermione, salendo lo scalino e sedendosi al tavolo accanto a Blaise.
- Testa o croce.- rispose, senza volere, Harry, guardando altrove subito dopo.
- Potter, non ci hai ancora spiegato cosa diamine significhi.- intervenne Draco, poggiando i palmi aperti sul tavolo.
Il Grifondoro avanzò e tirò fuori dai pantaloni una moneta. – Semplice: ognuno tira la moneta e sceglie tra "testa" o "croce". Quando la moneta atterra, la faccia rivolta verso l'alto decreta il vincitore.- spiegò.
Gli altri annuirono, mentre Hermione scuoteva la testa rassegnata.
- Chi comincia?- chiese Ron, affiancando l'amico.
- Io comincio ad andarmene a dormire.- s'intromise Hermione. – Non ho intenzione di assistere a questa buffonata.- aggiunse, alzandosi. – Buona notte a tutti, vi consiglio di andare a letto.- e lasciò la stanza.
- Potter.- sorrise Draco, alzando la mano per ricevere la moneta. – Testa o croce?-
Lo sguardo che passò tra loro fu gelo e fuoco.


Luna si era addormentata in meno di due secondi. Hermione la invidiava profondamente.
Lei impiegava sempre intere ore per riuscire a spegnere il cervello e prendere sonno.
Non aveva idea di come fosse andata la sfida a "testa o croce", dato che, entrando, la Corvonero aveva soffiato su tutte le candele, regalando la stanza all'ingordigia del buio.
I primi rumori la raggiunsero circa dopo più di mezz'ora dal suo ritiro in camera.
Qualcuno di pesante era entrato e si era lasciato cadere malamente su uno dei due letti.
Ron o forse Theodore, Hermione non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Era tesa e si sentiva agiata. E se Harry e Draco fossero arrivati a scontrarsi?
No, doveva stare tranquilla, li avrebbe sentiti. Non era possibile che si fossero uccisi a vicenda senza rumori, no?
Il cuore le martellava nel petto e, in più, faceva un gran freddo, proprio come si era aspettata.
Qualche minuto dopo i piedi le si erano congelati e si decise ad alzarsi alla ricerca della borsa, nella quale aveva depositato diverse coperte.
Avanzò a tentoni nel buio, fino a che non sfiorò la stoffa della borsa. Infilò il braccio e ne estrasse tre coperte. La prima la gettò su Theodore – il russare non era di Ron e solo il Serpeverde poteva avere quella possanza fisica -, la seconda l'adagiò sul letto ancora vuoto e sistemò la terza sul letto che divideva con Luna.
Mentre si voltava a posare la borsa, due braccia le afferrarono la vita, attirandola a sé.
Col cuore in tumulto, Hermione si ritrovò a respirare più in fretta. – Malfoy?- domandò, al buio.
- Chi altri dovrebbe essere, Granger?- la sua voce era una lama affilata, il suo respiro bollente contro il suo orecchio.
Hermione sorrise. – Non sapevo chi avrebbe vinto.- rispose, mentre lui le depositava piccoli baci lungo il profilo della mascella.
- Quando è per te, vincerò sempre io, Granger.- le promise, sfiorandole il collo con le labbra.
- E se non dovessi riuscirci?-
- Barerò.-.
La fece voltare e la baciò, tenendola per le braccia e carezzando il contorno della labbra con la lingua. Quelle di Hermione si schiusero immediatamente e le mani salirono tra i capelli del ragazzo, che scoprì essere bagnati, mentre si avvicinava a lui desiderando di poter aderire al suo corpo come non mai.
Il bacio si tramutò da dolce a irruento, le mani accarezzavano ed esploravano, il respiro si faceva affannoso e il calore li avvolse immediatamente.
Si mossero insieme, Draco avanzando ed Hermione indietreggiando e, quando le gambe di lei urtarono contro il letto vuoto, lui l'aiutò a distendersi, scivolandole sopra, sistemandosi tra le sue gambe.
La ragazza si ritrovò con i capelli liberi dal fermaglio che si sparsero ovunque sul guanciale; Draco vi immerse una mano, attirandola a sé.
Piccole gocce d'acqua, sfuggite ai crini biondi di Draco, si depositarono sul viso di Hermione e lui si affrettò a baciare ogni cristallo liquido, ogni frammento di pelle umido.
Hermione si aggrappò alle sue spalle, lasciando vagare le mani lungo la schiena larga e dai muscoli definiti, gli artigliò il colletto della maglietta, attirandolo a sé e baciandolo, mordendogli le labbra e rubandogli un gemito.
Il profumo di mandorle e vaniglia di lei, quello di pioggia e muschio di lui.
Le mani di Draco si mossero lente, poi avide, sollevandole la maglietta per sfiorarle la pelle nuda dei fianchi, il ventre e il seno, ancora protetto dal reggiseno candido.
L'eccitazione del ragazzo crebbe in fretta, facendolo sudare e spingendolo a toccarla con più possessività e urgenza. Le ginocchia di Hermione si piegarono, facendo aderire i loro bacini e gemere entrambi.
Affannato, contro il collo di lei, Draco sorrise. – Granger.- mormorò, cercando di arrestare le mani della ragazza che lo accarezzavano sul petto.
- Granger.-
La discesa di Hermione continuò, inarrestabile e sorda alla voce di lui.
- Granger.- le afferrò i polsi, bloccandoglieli sopra la testa e si avvicinò al suo visto, sfiorandole le labbra con un bacio leggero. – Devi smettere, ora.- le disse, serio.
- Perché?- domandò lei, affannata.
- Perché altrimenti, dopo, io non riuscirei a fermarmi.- le spiegò, carezzandole il lobo dell'orecchio destro con la lingua.
Hermione rabbrividì, mentre una morsa le stringeva il ventre. Lo voleva eccome, desiderava ardentemente abbandonarsi a lui, ma, sapeva che non erano quelli il luogo e il modo.
E, soprattutto, prima, c'erano da sistemare troppe cose.
Il cuore rallentò lentamente i battiti, mentre Draco la liberava dalla sua presa e si spostava accanto a lei, abbracciandola.
Si accucciò contro di lui, il viso sul petto, una gamba incastrata tra le sue, gli occhi socchiusi.
Hermione sollevò una mano a sfiorargli il viso e ne percorse il profilo della fronte, del naso e le labbra; Draco le baciò la punta delle dita, stringendola a sé. Le coperte erano divenute superflue.
- Blaise non ha obbiettato nulla, riguardo la sua sistemazione?- domandò, girando intorno a quello che era il vero interrogativo che desiderava porgli.
Lo sentì sorridere nel buio. – Non sai bluffare, Granger.- la avvisò. – Cosa vuoi sapere? Se Potter è ancora vivo?- il suo tono era infastidito, adesso.
Hermione si puntellò sul gomito, sovrastandolo. – Malfoy.- disse, soltanto.
- Lo so.-
E non c'erano bisogno di altre spiegazioni per capire cosa vi fosse di implicito in quella affermazione e richiesta.
Fidati di me.
- Avevi ragione sul freddo.- commentò lui, piegandosi appena per afferrare la coperta ai piedi del letto e sistemandola intorno ad entrambi.
E, annuendo, Hermione si rese conto che, dall'altra parte, Harry, Ron e Zabini dovevano star gelando. – Devo portare delle coperte agli altri.- disse, tirandosi a sedere.
La mano di Draco scattò ad afferrarle il braccio con forza. – Granger. Adesso non esagerare.-
- Non esagero, Malfoy. Non ho detto che resto a dormire con Blaise.- fece notare, ironica.
La stretta si fece più invadente. – Non sei simpatica, Granger, te l'ho già detto una volta.-
- E io ti ho risposto che faccio quello che voglio.- .
Litigare nel buio, sottovoce e senza potersi guardare negli occhi era assurdo, perché, nonostante tutto, entrambi sapevano perfettamente quale espressione sarebbe comparsa sul viso dell'altro.
- Hanno bisogno di scaldarsi, Malfoy. Non fare l'egoista.- lo rimproverò dolcemente.
Draco, frustrato, l'attirò a sé per baciarla, prepotente. – Torna da me.- le chiese in un sussurro, lasciandola libera.
- Lo farò.- Sempre.

Hermione afferrò una lanterna dalla zona giorno e superò la tenda della stanza in cui dormivano i tre ragazzi.
Il primo letto, sulla sinistra, era quello di Ron. Dormiva rannicchiato su se stesso, forse proprio a causa del freddo e la ragazza si affettò a posargli una coperta addosso che parve subito scaldarlo. Blaise, avvolto in un pigiama assurdo a parere della ragazza, teneva gli arti tesi e, sebbene dormisse, sembrava pronto per un servizio fotografico. Scuotendo la testa, adagiò una coperta anche su di lui.
Harry occupava il letto più a destra ed era rivolto verso la tenda, dandole le spalle.
Hermione si avvicinò silenziosa, posandogli addosso la coperta e tirandogliela sopra le spalle.
Lui rimase immobile, quindi la ragazza si convinse che dormisse e sospirò.
Rimase ad osservarlo qualche istante, combattuta tra quel senso di tenerezza che sempre Harry le aveva provocato e la rabbia per le cose che le aveva detto, tra il desiderio di abbracciarlo e rassicurarlo che era sempre la stessa Hermione e la voglia di gridargli che non poteva pretendere di avere controllo sul suo cuore e la sua vita.
Si accontentò, alla fine, di passargli delicatamente una mano tra i capelli corvini e ribelli.
- Sei uno stupido, Harry Potter.- sussurrò, ritirando la mano e allontanandosi, uscendo.
Harry, perfettamente sveglio, non poté fare a meno di sorridere, amaramente e con una malinconia immensa a squarciargli il cuore.
Lei stava tornando da lui.


La sveglia magica suonò alle cinque e mezza e Hermione mugugnò nel sonno, sprofondando contro il petto di Draco. Lui allungò una mano oltre la testa della ragazza per spegnere quell'affare con un colpo di bacchetta. Hermione rimase rannicchiata contro di lui, desiderosa di trattenere quel torpore piacevole il più a lungo possibile. Le dita di Draco le carezzarono la schiena e la sua voce la costrinse a svegliarsi. – Mi hai distrutto un braccio.- fu il dolce buongiorno del Serpeverde. – Non lo sento più.- aggiunse, teatrale.
Lei sospirò. – Malfoy, rettifico: avrei fatto meglio a rimanere a dormire da Zabini. Sei odioso di prima mattina.- disse, colpendolo apposta al fianco.
Ovviamente, lui si affrettò a marcare il territorio. – Granger, ho appena aperto gli occhi. Non farmi cominciare male la giornata.- protestò, baciandole il capo.
- Hai cominciato tu.-
- Perché ci tengo ai miei arti.-
- Malfoy!-
La ragazza spalancò gli occhi giusto in tempo per vedere una risata liberatoria colorare le labbra di lui; scosse la testa, mettendosi seduta e incrociando le braccia.
- Smettete di fare casino!- un cuscino volò verso di loro e li mancò di poco. Theodore si voltò dall'altra parte, assonato.
- Buongiorno anche a te, Nott.- fece, ironica, la ragazza, per niente imbarazzata del fatto che il Serpeverde la vedesse a letto con Malfoy.
- Buongiorno, Hermione!- la voce squillante di Luna la fece sussultare. "Come non detto", pensò la Grifondoro, arrossendo bruscamente mentre Draco, del tutto rilassato, si portava due braccia dietro la testa e sorrideva, ghignava, divertito. Hermione si perse un istante ad ammirare il suo viso nel chiarore del mattino, assonnato e gonfio come quello dei bambini.
- B-buongiorno, Luna.- rispose, alzandosi goffamente e arraffando la borsa. – Vado a darmi una sistemata, poi sveglio gli altri.- disse, fuggendo letteralmente dalla stanza.
In bagno, si sciacquò e vestì in fretta, sentendosi ancora calda della nottata trascorsa stretta a lui. Il sole era già alto in cielo, nonostante fosse prestissimo e la giornata si prospettava molto calda. Hermione indossò un jeans e una vecchia canotta color porpora e uscì, dopo aver legato i capelli in una coda alta.
Gli altri erano già attorno al tavolo, compresi Harry, Ron e Blaise.
- Buongiorno.- salutò, ottenendo qualche grugnito in risposta.
Draco le passò accanto, sfiorandole una mano mentre si dirigeva verso il bagno.
Hermione si sedette al tavolo accanto a Luna e afferrò una tazza del caffè che la Corvonero aveva preparato. – Grazie per la coperta, Granger.- fece Theodore, che stava addentando una ciambella, rimasta nella tenda da chissà quanto tempo.
- Molto gentile da parte tua. – si accorò Blaise e Ron annuì, concedendole un impercettibile sorriso.
- Nessun problema.- rispose, prendendo un sorso della sua bevanda.
Mentre gli altri si vestivano, Hermione uscì all'aperto con la bacchetta ed evocò l'incantesimo quattro punti, cercando di capire quale direzione prendere.
Da quello che Helena Corvonero aveva detto a Luna, avrebbero dovuto arrivare nel mezzo della Foresta e poi spostarsi per due miglia ad est.
Avrebbero potuto tranquillamente raggiungere il centro con la smaterializzazione ma, poi, avrebbero dovuto proseguire a piedi per non rischiare di superare l'albero senza rendersene conto.
Mentre rimuginava e rifletteva su come individuare l'albero in questione, un tocco leggero sulla spalla la fece sussultare e si voltò di scatto, sollevando la bacchetta.
Harry, a qualche passo da lei, sorrise appena. – I riflessi non sono cambiati.- mormorò.
Le occorse qualche istante per rendersi conto che il Ragazzo Sopravvissuto le stessa realmente rivolgendo la parola e cercò di contenere le emozioni che sentiva. – Non è cambiato nient'altro, è qualcos'altro ad essersi aggiunto a ciò che già ero.- rispose, guardandolo dritto negli occhi. Gli stessi occhi limpidi e perennemente tristi che tante volte aveva obbligato a guardarla, per rassicurare il loro proprietario che tutto sarebbe andato bene.
- Hermione. – pronunciare il suo nome parve costargli una fatica immane. – Non è facile riuscire a... parlare con te, dopo... - sembrava non riuscire a mettere insieme le parole esatte.
- Harry. Fai un respiro.-
Lui accettò il consiglio. – E' difficile capire cosa tu ci trovi in lui. – le spiegò. – E' difficile accettare che tu possa provare qualcosa per lui, perché non c'è nulla di buono in Malfoy. Io, non vedo nulla di buono in lui.- si corresse, subito.
- Non dovrebbe essere sufficiente che io provi qualcosa per lui e veda in lui qualcosa di buono? Non dovreste fidarvi di me abbastanza da dargli una possibilità?- chiese.
Harry prese a torturare un sasso con la punta della scarpa. – Probabilmente sì, ma, quando lo guardo, non vedo altro che tutto il sangue innocente che la Guerra ha versato.- rispose.
Le mani di Hermione sfiorarono le sue con delicatezza. – Harry.- lo chiamò, cercando il suo sguardo. – Mi dispiace avervi tenuto nascosta questa cosa.- disse, sincera, con i grandi occhi scuri lucidi di lacrime dolorose. – E mi dispiace moltissimo per Teddy. – continuò.
- So che ti dispiace.- mormorò. – E tu sai che a me dispiace per quello che ho detto e, Hermione, l'ultima cosa che avrei voluto era farti sentire sporca... -
- Si possono dire le cose sbagliate, basta che le ragioni siano giuste.[1]- lo interruppe lei. – Eri arrabbiato e posso capirlo. Credevi di proteggermi, che fossi in pericolo. Che vi avessi tradito.-
- Hermione, non voglio che pensi che accetto la cosa.- intervenne lui, afferrandole le spalle con entrambe le mani. – Sono ancora furioso e a stento sopporta la vista di... lui.- le spiegò; gli occhi verdi pieni di determinazione. – Non sarò mai felice per te e Malfoy, non sarò mai suo amico, né crederò alla sua redenzione. Non mi convincerò mai che lui sia alla tua altezza e possa meritarti. Ho solo capito che tengo a te più di quanto non desideri la morte per lui. Che non posso fare a meno di te, nonostante una parte di te appartenga a Malfoy. Il bisogno di te è più forte del volerti allontanare perché ti sei innamorata di Malfoy.-
Nessuna virtù è o può eguagliare il bisogno. [2]
Harry era sincero, combattuto e frustrato dal non essere riuscito a spezzare le catene che lo legavano a lei o, forse, di non averlo voluto abbastanza. Il Grifondoro aveva scoperto che più amara della morte è la donna, che è come il laccio dei cacciatori, il suo cuore è come una rete, le sue mani funi. [3] Si era arreso alla consapevolezza che Hermione fosse più della sua migliore amica, quasi come una parte di se stesso, senza la quale si sarebbe sentito incompleto per sempre.
- Harry, cosa vuoi che ti dica?- domandò Hermione, sospirando.
- Niente. Non devi dirmi niente. Io dovevo spiegarti e... scusarmi, per la... reazione che ho avuto.- disse, allentando la presa sulle sue braccia e scoprendo le tracce che le sue dita vi avevano lasciato due notti prima.
Le carezzò delicatamente i lividi. – Mi dispiace per questo.- mormorò, sfiorandola appena.
- Lo so.-
- Chiamo gli altri.- e, con questo, le voltò le spalle, tornando alla tenda.



Draco, ovviamente, non aveva perso nemmeno un fotogramma dell'accaduto. Con una rabbia che montava sempre più rapida e indomabile nel petto, si affrettò a seguire Blaise e Theodore fuori e cercò di tenersi lontano da Potter, perché, ad averlo a portata di mani, lo avrebbe pestato a sangue.
All'inizio, vedendolo uscire, aveva anche sperato in un ricongiungimento, dato che sapeva quanto la Granger soffrisse per quella frattura tra loro di cui non gli aveva accennato assolutamente nulla, quasi certamente per non farlo sentire responsabile.
Tuttavia, quando il suo cervello non aveva completa lucidità, eccola confessare il suo dolore nel sonno. "Mi dispiace, mi dispiace... Harry" era stata una frase ripetuta spesso, quella notte, che lo aveva colpito come una spada dritta nel petto.
Era ancora e sempre lei a doversi sacrificare, mentre a lui toccava la parte più facile e piacevole: stringerla tra le braccia.
Il suo slancio di generosità si era spento quando aveva visto Potter toccarla. Nessuno doveva toccare la Granger, nessuno poteva osare tanto. E Potter l'aveva fatto. Salazar, voleva solo spaccargli la faccia.
Ovviamente, seguendo l'esempio dello Sfregiato, anche Weasley aveva pensato bene di scusarsi con la Granger, a modo suo – vale a dire con una serie di grugniti incomprensibili – e, adesso, tutti e tre sembravano più rilassati, sebbene non spontanei come al loro solito.
La Granger aveva ridotto la tenda e se l'era infilata in borsa.
- Dobbiamo raggiungere il centro della Foresta.- stava dicendo. E Draco non riusciva a concentrarsi su altro se non sulla mano di Potter a pochi centimetri da quella della ragazza.
I suoi occhi fissavano il pezzo di vuoto nel mezzo come se a quel modo la distanza tra loro potesse aumentare d'improvviso.
- ... da lì, a piedi, cercheremo l'albero.- continuava a cianciare lei, dannata, apparentemente senza accorgersi che Weasley le stava praticamente addosso.
- Tutto chiaro?-
- Certo. Andiamo?- a parlare era stato Blaise.
La ragazza annuì, dando un rapido sguardo intorno. – Fate attenzione.- disse.
Cercò lo sguardo di Draco per un momento, ma, quando lo vide sparire per primo, aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, esasperata.
- Vieni?- le domandò Harry, tendendole la mano senza guardarla.
Hermione l'afferrò e svanirono insieme, seguiti da Ron che teneva per mano Luna.
Ricomparvero, storditi, nel mezzo della Foresta e Harry sostenne Hermione, che non aveva mangiato niente per colazione e sentiva la testa vorticarle pericolosamente.
Il senso di colpa si era fatto sentire prepotente, quella notte, per il Ragazzo Sopravvissuto e il pensiero di ciò che lei aveva fatto per lui, durante quegli anni e faceva adesso, per Teddy, lo aveva tormentato, spingendolo a lottare contro se stesso e il suo orgoglio tradito.
Malfoy sopraggiunse non appena si accorse che lei sembrava vacillare e, con un'occhiata carica d'odio, Harry la lasciò libera a questi, allontanandosi con Ron e Luna.
Draco la tenne per la vita. – Ti senti bene, Granger?- il suo tono era più ansioso che freddo, come avrebbe desiderato fosse.
- Sì, è solo la smaterializzazione. Mi da la nausea.- spiegò lei, alzando gli occhi nei suoi.
- Si può sapere che ti è preso?- gli domandò, poi, facendo un passo indietro e liberandosi dal suo abbraccio.
Draco volse il capo altrove. – Chiedilo a Potter. A quanto pare siete di nuovo così.- e sollevo due dita intrecciate davanti al suo viso.
- Malfoy... -
Fu inutile, perché si era già allontanato da lei di diversi passi. Hermione sbuffò.
- Andiamo. – disse a voce alta, mentre s'incamminava, seguendo la bacchetta, ad est.
Luna la raggiunse trotterellando. – Hermione, come troviamo l'albero?- domandò.
- Davvero non saprei.- rispose la ragazza, sfiduciata.


Blaise e Theodore rimanevano alle spalle di Draco, camminando silenziosi.
Almeno fino a quando il secondo non sbuffò teatralmente.
- Cosa c'è, Theodore, avanti, sputa il rospo.- domandò Zabini, esasperato.
L'altro si grattò la testa, arruffando i capelli scuri. – Sono preoccupato.- esordì, tenendo lo sguardo fisso sui piedi.
- Riguardo il degrado generale del Mondo Magico o per qualcosa in particolare?-
L'occhiataccia che Theodore gli rivolse fece sorridere Blaise. – Andiamo, scherzo, cosa c'è?-
- Ginny.- sospirò Nott.
- Sei preoccupato per la Weasley? Siamo qui per questo.-
- Non hai capito.-
- Perché non ti sei spiegato.-
- Oh, Salazar, Zabini!- sbottò Theodore. – Sono preoccupato per il fatto che lei potrebbe desiderare qualcun altro invece di me. Insomma, qualcuno più onesto, generoso, con più spirito di sacrificio e tutta quella roba lì.- sputò.
Blaise rifletté qualche istante, cercando di ordinare e ampliare le frasi striminzite dell'amico e trarne un discorso coerente e profondo. Vi riuscì dopo qualche minuto.
- Credi che lei sia ancora innamorata di Potter?-
- Sì, ma non me lo ha nascosto. Anche io non avevo dimenticato Pansy, fino al nostro primo bacio.- gli spiegò. – Credo che l'essere riuscito ad innamorarmi di lei mi abbia fatto capire che non amavo più Pansy.- aggiunse. – Non saprei dirti se per Ginny è stato lo stesso. – sospirò.
- Cosa ti preoccupa, di preciso? Che una volta sveglia, - non ebbe bisogno di riflettere sulla cosa, perché non voleva prendere in considerazione l'idea che Ginevra e Daphne, di conseguenza, non si svegliassero più. – potrebbe capire di aver commesso un errore?-
Theodore scosse il capo. – No, lei non è il genere di persona che rimpiange le decisioni prese o ritorna sui propri passi. Solo che potrebbe capire che i mondi da cui veniamo sono troppo diversi e non si incontreranno mai, non è possibile. Ho paura che non riesca ad accettare la parte buia di me, quella che resterà un Serpeverde manipolatore ed egoista per sempre.-
- Theodore, noi non siamo solo questo.-
- Lo so, ma non so se sarà abbastanza per lei. Non in confronto a ciò che Potter può darle. Io non sarò mai l'eroe, non mi sacrificherò mai per il Mondo Magico, non lo farei anche se ne avessi l'occasione.- decretò, infervorandosi.
Blaise sorrise. – Credi che Potter avesse scelta? E' nato già destinato, Theodore, non avrebbe potuto fare altro. So che, probabilmente, tutti sono convinti del fatto che anche se non fosse stato lui il moccioso della Profezia, Potter avrebbe combattuto ugualmente Voldemort.
Io, invece, sono convinto che l'eroe vero è sempre eroe per sbaglio, il suo sogno sarebbe di essere un onesto vigliacco come tutti .[4]- disse, lanciando un'occhiata al diretto interessato che procedeva spedito accanto alla Granger, in rigoroso silenzio.
- E, comunque, se vuoi un esempio di mondi opposti e inconciliabili, guarda Draco e la Granger, se sono riusciti loro, c'è speranza anche per Godric e Salazar.- affermò.
Theodore lo guardò stranito. – A parte che non sono ancora riusciti in niente, dato che, da quello che ne so, non stanno nemmeno insieme e, al momento, lui è lì davanti che pare indemoniato e lei è incollata a Potter, ma, poi, soprattutto, cosa c'entrano Godric e Salazar? Cosa stai insinuando?- fece, allarmato.
Blaise si portò una mano alla faccia, ridendo.


- Granger.- la voce di Blaise era carica di entusiasmo e, avendo imparato a conoscerlo, Hermione si fermò ad ascoltarlo attenta: il Serpeverde aveva spesso idee geniali e nelle circostanza in cui si trovavano, non poteva comunque andare peggio di così.
Avevano raggiunto la distanza dei tre chilometri ad est senza notare nulla di particolare in nessun albero incontrato. E li avevano osservati tutti, uno ad uno.
Per di più, nella foresta faceva un caldo strano, afoso e umidiccio, che aveva fatto sudare copiosamente tutti loro. Hermione aveva passato bottigliette d'acqua fresche a tutti e, giunta l'ora di pranzo, si erano seduti al riparo dal sole sotto grandi querce e avevano scartato dei panini.
- Cosa c'è, Blaise?-
- Ho avuto un'idea, ma non so se potrebbe funzionare.- le disse, sedendosi accanto a lei.
- Sentiamo.-
- L'incantesimo Homenum Revelio serve ad individuare le persone presenti in un determinato luogo, anche se nascoste, giusto?- le domandò.
Hermione annuì.
- Beh, la figlia del mago, anche se è addormentata, tecnicamente è ancora umana, no?-
La Grifondoro ci rifletté. – Certo, potrebbe funzionare, ma la Foresta è immensa e l'incantesimo circoscritto a un luogo specifico.- commentò.
- Noi sappiamo, però, che questa è la zona in cui deve trovarsi quel benedetto albero. Direi di tentare camminando lungo il perimetro.- propose.
- E' un'idea interessante Blaise, sei stato geniale.- sorrise lei, alzandosi.
Lui ricambiò il sorriso, divertito e Hermione alzò gli occhi al cielo. – Avanti, dillo, so che vuoi farlo.- sbottò.
- Non dirmi che non ci avevi pensato anche tu, Granger!-
Risero insieme, mentre raggiungevano gli altri per spiegare loro il piano.
A ognuno furono assegnati una manciata di alberi e a Hermione toccarono i primi venti a partire dalla collinetta a sinistra. L'incantesimo, fino a quel momento, era stato infruttuoso.
Stanca e spossata, Hermione raggiunse l'albero successivo, quando la voce di Luna, squillante ed eccitata, la fece sussultare.
- Qui c'è qualcosa! Hermione! Ron! Venite, presto!- chiamò a gran voce.
Tutti accorsero, rapidi, col cuore in tumulto e carichi di speranze.
Ciò che videro li fece rabbrividire.
Era una fanciulla sottile e alta, dai capelli lunghissimi e i grandi occhi verdi; teneva le mani incrociate sul petto, le gambe perfettamente parallele e le labbra dischiuse.
Il suo corpo aderiva dolcemente al tronco dell'albero e la sua pelle aveva una tonalità verdastra, come se il muschio l'avesse completamente ricoperta; i suoi capelli erano intrecciati ai rami degli alberi, impregnati di foglie, quasi il capo fosse circondato da una corona di arbusti.
Non respirava, non si muoveva, eppure le sue pupille reagivano alla luce, rimpicciolendosi ogni volta che un raggio di sole le sfiorava.
- E' venuta fuori dall'albero, come fosse un fantasma, come se l'albero l'avesse lasciata andare.- spiegò Luna, fissando la ragazza con aria smarrita.
Liliana, figlia del primo Mago che aveva evocato la più potente Magia Oscura esistente, dormiva il suo sonno eterno con i grandi occhi verdi ancora spalancati.
La sua vita pulsava legata a quella dell'albero che ne era divenuta la dimora eterna, l'albero di Alloro che tanto avevano cercato, senza saperlo, e che adesso si stagliava in tutta la sua regalità davanti ai loro occhi.
- Cosa facciamo?- mormorò Ron, rabbrividendo alla visione di quel corpo sottile incatenato al tronco robusto.
- Non lo so, non lo so davvero.- fu la risposta, flebile, di Hermione.



Era trascorsa mezz'ora e non avevano ancora idea su come fare a risvegliare Liliana.
Ogni incantesimo era stato tentato, ogni proposta di portarla via scartata; Hermione aveva la sensazione che, se allontanata da quell'albero, la fanciulla sarebbe morta.
Inoltre, non avevano idea di come sradicarla da questo e non potevano certo portare tutto l'albero con loro.
Si era seduta nei pressi del tronco e osservava Liliana col cuore straziato dalla compassione: cosa doveva significare, cosa si doveva provare, a essersi condannati volontariamente ad un eternità da statua di marmo e vedere scorrere le vite altrui intorno?
Le parve che la fanciulla dell'albero sorridesse amaramente, nostalgica, leggendo nei suoi pensieri.
Il tocco della mano di Malfoy sulla spalla la fece sussultare e Hermione si alzò, pronta a fronteggiarlo.
- Allora?- chiese, guardandolo con le mani sui fianchi. I suoi cambi d'umore la esasperavano.
- Sono io quello in diritto di essere arrabbiato, Granger.- le disse, con uno sguardo incandescente all'indirizzo di Potter, una decina di metri più a destra.
- Non credo proprio. Harry e Ron sono miei amici, non c'è nulla di malizioso nel nostro rapporto.- protestò lei, offesa dalla poca fiducia che lui le dimostrava con quelle scenate.
- Questo non cambia il fatto che non mi piace che ti tocchi.- rispose lui, avvicinandosi. – Non voglio che nessun altro ti tocchi.- aggiunse, tra i suoi capelli.
Hermione dovette appellarsi a tutta la sua forza d'animo per non sporgersi e baciarlo.
Doveva mettere in chiaro le cose e fargli capire che non poteva isolarla dal resto del mondo e tenerla sotto chiave solo perché vedeva cose che non c'erano.
- Non mi ha toccata in nessuno modo particolare, Malfoy. Dovresti sapere che non lo avrei permesso.- rispose, con voce ferma e decisa.
Harry, in lontananza, li osservava pur non volendo. Ogni volta, vederlo tanto vicino a lei, era un'ondata di panico, ansia e rabbia.
Lei era stata per Harry ciò che vi è di più vicino a Dio, in quanto a purezza e candore e trasparenza d'animo e morale, era stata colei che è incarnazione della luce assoluta e divina del Paradiso, venuta in terra per dargli speranza nei momenti più bui e ricordargli perché bisognasse aver fede e non cedere all'Oscurità; lui era stato ed era per Harry ciò che vi è di più vicino al Male e all'Inferno, era stato ed era colui che l'Oscurità l'aveva tessuta dentro, impregnata nella sua stessa essenza e da questa era stato generato, venuto in terra per essere la tentazione di commettere un peccato imperdonabile e trascinarlo negli abissi infernali con sé. Adesso, Hermione era nel mezzo, agli occhi di Harry: colei che sta tra il Male e Dio*.
Sarebbe stato quello il modo in cui l'avrebbe sempre amata - come una sorella- , come la luce che era stata e ancora possedeva, quasi il suo animo non potesse essere macchiato da alcun sacrilegio. Lei sarebbe rimasta al centro, tra Luce e Oscurità, una mano tesa verso di lui, l'altra verso Malfoy. L'avrebbero avuta entrambi, poiché entrambi non potevano fare a meno di lei.
Ti prego, lasciami ancora sognare di averti, tra il Male e Dio*.
Draco, intanto, aveva fatto un passo indietro per guardarla negli occhi.
- Non ti avrà toccato in modo particolare, ma le sue mani erano proprio qui.- e, mentre parlava, risalì le sue braccia a partire dai polsi, fermandosi appena sotto le spalle.
Proprio in quell'istante, un raggio di sole illuminò la pelle diafana di Hermione, facendo risaltare i lividi violacei delle dita di Harry contro il candore.
Gli occhi di Draco si gelarono, i muscoli si tesero e serrò la mascella, mentre, con lentezza dettata solo dal timore di farle del male involontariamente perché non era riuscito a controllare l'ira, si portò il suo braccio più vicino, osservando attentamente i segni.
Lo sguardo allarmato di Hermione cercò il suo. – Malfoy...-
- Come te li sei fatta?- la sua voce era tanto bassa e rabbiosa che la ragazza tremò.
- Ascolta, non è successo nulla. E' colpa mia, sono caduta.- mentì, poiché dentro di sé sentiva che, quella volta, la rabbia che divorava il ragazzo non si sarebbe arginata.
Il fatto che lei stesse mentendo per proteggere Potter – era convinto, sicuro al cento per cento che fosse opera di quel bastardo – spezzò l'ultima diga di controllo in Draco.
- Granger.- fu un ruggito animale. – Voglio la verità. Adesso. O ucciderò Potter senza una ragione, non mi importa.- l'avvisò, avvicinandosi a lei tanto velocemente da spingerla ad arretrare per istinto. – Devi calmarti. Non ti riguarda, è una cosa tra me e lui.- e furono le ultime parole che riuscì a dirgli perché, subito dopo, Draco le aveva già voltato le spalle e procedeva rapido e inarrestabile verso Harry.
- Malfoy!- urlò, cercando di fermarlo. – No! No! – gridò.
Hermione si gettò al suo inseguimento e gli afferrò un braccio, ma Draco se la scrollò di dosso facilmente e con la giusta dose di forza, affinché lei fosse costretta a lasciarlo, ma non abbastanza da farle male.
- Potter!- esclamò, tirando fuori la bacchetta e puntandogliela contro.
Harry si voltò, lo sguardo di fuoco e lo fronteggiò, sollevando a sua volta la bacchetta.
Ron spostò Luna di lato, dandole una leggera spinta per farla allontanare.
- Malfoy, posa quell'affare. – disse. – Non fare stupidaggini.- aggiunse, notando il viso del Serpeverde sfigurato da un'ira assassina.
Draco non lo degnò di uno sguardo.
Blaise e Theodore accorsero dalla parte opposta, mentre Hermione raggiungeva i due ragazzi l'uno di fronte all'altro.
- No! Malfoy, non osare... - esclamò, tirando fuori la bacchetta.
– Expelliarmus.- l'incantesimo di disarmo fece volare la sua bacchetta diversi metri più in là e Draco, che ne era l'autore, si rivolse a Blaise e Theodore. – Tenetela lontana da qui.- ordinò, lapidario.
Un istante dopo, due voci gridarono all'unisono.
- Stupeficium!-
- Sectumsempra!-
I due incantesimi si scontrarono nel mezzo della radura, esplodendo l'uno contro l'altro.








*La frase è tratta da una canzone di Carone, "Tra il Male e Dio".
[1] Eco.
[2] Shakespeare.
[3] Eco, Il nome della Rosa.
[4] Eco.


La mia rivale bellissimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora