Il mondo Magico sembrava completamente sottosopra, come dimostrava il fatto che Piton, da sempre desideroso di tenere Potter e tutti gli altri studenti fuori dalle questioni degli adulti, ritenesse doveroso dare delle risposte al gruppetto - male assortito – radunato nella Stanza delle necessità, mentre la McGranitt, prima sostenitrice del compianto – quasi da tutti – Albus Silente e di tutte le missioni suicida in cui aveva gettato Potter e compagnia, volesse invece tenerli al sicuro e quindi all'oscuro.
I due Professori avevano affrontato una piccola discussione al riguardo, dopo essersi momentaneamente accomiatati dai ragazzi e spostatisi in un angolo della Stanza delle Necessità da cui erano riemersi con gemelle espressioni di stanchezza e frustrazione.
Quasi come se non si fossero appena resi colpevoli della trasgressione di un centinaio di regole, i cinque ragazzi sedevano, con invidiabile nonchalance e forzata tranquillità, disseminati tra i divanetti e le poltrone. Blaise, più traumatizzato per le condizioni del suo abbigliamento che non per l'essere quasi stato ammazzato, continuava a lanciare bramose occhiate alla camicia linda e perfetta di Draco, comodamente seduto alla sinistra di Theodore, sebbene consapevole del fatto che l'amico non portasse la sua stessa taglia.
Harry Potter, che col trascorrere degli anni era divenuto estremamente poco paziente, batteva ritmicamente il piede sul pavimento, lanciando occhiate insofferenti ai due adulti poco distanti e trasmettendo buona parte di quel nervosismo a Ron, accanto a lui.
Hermione, nel mezzo, sembrava l'unica totalmente a disagio – più di Zabini costretto in una camicia macchiata di sangue – e non faceva altro che mordersi le labbra e torturarsi le mani.
Non poteva fare a meno di pensare alla creatura che aveva inseguito Blaise e lei fuori dalla biblioteca, domandandosi se, mentre erano entrambi ancora all'interno, questa fosse già nascosta lì, in agguato; possibile che i suoi sensi non l'avessero messa in allerta contro un tale pericolo? Era troppo distratta? Quella era la dimostrazione che la vicinanza di Malfoy l'era nociva, più di quanto pensasse? O, possibilità più grave e terribile, quella cosa era tanto abile e potente da essere in grado di eludere ogni tentativo di percezione e individuazione, celando la propria presenza in modo perfetto? In quel caso avrebbe potuto trovarsi ovunque, in quel momento, senza che loro riuscissero a vederla.
Per puro rispetto alla sua coscienza, lanciò un rapido sguardo lungo il perimetro della Stanza, soffermandosi in particolar modo sugli angoli bui e, quando i suoi occhi fecero ritorno nel minuscolo quadrato formato da divani e poltrone, si scontrarono con quelli irati e selvaggi di Malfoy. Quasi sussultò. Non comprendeva come fosse possibile, per una persona, mantenere un tale controllo di sé, nella postura, nell'atteggiamento, perfino nelle espressioni del viso, quando all'interno una rabbia tanto cieca e folle – come quella che divorava il Serpeverde – stava bruciando.
E, sinceramente, non capiva perché diamine la guardasse a quel modo, quasi a volerla incenerire. Possibile che fosse ancora furibondo per la discussione – se così si poteva definire l'insensata e inconcludente conversazione – avuta qualche ora prima? E, in tal caso, sarebbe dovuta essere lei quella furiosa! Che tiro mancino le aveva giocato! Hermione non riusciva né voleva pensare a quel bacio che il ragazzo aveva solamente finto di darle, poiché la cosa la gettava in preda ad una vergogna potente che le faceva avvampare le guance di frustrazione.
Giusto per fargli capire come la pensava riguardo all'atteggiamento che aveva assunto, Hermione lanciò un'occhiataccia indispettita e indifferente a Malfoy e, subito dopo, quando una luce sinistra e pericolosa scintillò nello sguardo di lui, l'istinto di sopravvivenza – che la Grifondoro temeva perduto – fece vibrare e contrarre le sue viscere.
Era certa del fatto che, se non vi fossero stati Piton e la McGranitt, in quel momento, nella Stanza delle Necessità, Malfoy le avrebbe fatto decisamente molto male e nemmeno Harry e Ron sarebbero stati in grado di fermarlo.
Il momentaneo applicarsi della sua mente sui suoi migliori amici, attirò l'attenzione della ragazza su questi e le consentì di accorgersi dell'occhiata in tralice – malamente celata – che Ron le lanciava; pareva studiarla, attento come mai lo era stato, intento a borbottare qualcosa tra sé a voce tanto bassa che Hermione temette d'essersi ingannata, per poi scuotere la testa e rabbuiarsi maggiormente.
Per quanto la sanità mentale di Ronald stesse a cuore alla Caposcuola dei Grifoni, quello le sembrava il momento meno adatto per occuparsene e decise, quindi, di rimandare ad un futuro prossimo.
Un pizzicore fastidioso la avvertì delle lame affilate, che erano gli occhi di Malfoy, intente a perforarle il profilo del collo; voltatasi, Hermione sollevò le sopracciglia, esasperata.
Ad ogni carezza di quello gelido sguardo sulla pelle, ecco che il cuore prendeva a ribellarsi nel petto, quasi a volerle strappare la carne e saltar fuori, correre, fuggire, ma dove? O, meglio, da chi?
Tremava all'idea che Harry o Ron si accorgessero di quel tamburo impazzito che le squarciava il petto, di quel rossore incontrollato che le animava le guance, del fremito alla schiena che la obbligava dritta e tesa.
Chi sperava di ingannare? Perché non riusciva ad essere sincera nemmeno con sé stessa?
Provava qualcosa per Malfoy. Sussultò a quella sua stessa ammissione. Godric, suonava peggio di quanto temesse. Le parole di Zabini si fecero prepotentemente strada tra i suoi pensieri: "la vedi dal punto di vista sbagliato", aveva detto. Eppure Hermione era convinta che non ci fossero altri modi di guardare la cosa. Certo, poteva imputare l'attrazione che sentiva per lui a un qualcosa di puramente fisico e ne sarebbe uscita indenne e con la reputazione intatta – almeno in parte - . Ma come avrebbe convissuto con sé stessa e quella consapevolezza che c'era dell'altro nel profondo?
Che c'era qualcosa, negli occhi di Malfoy, che le catturavano l'animo, imprigionandolo?
Che c'era qualcosa, che l'aveva spinta a credergli, quando aveva proclamato la sua innocenza?
Che c'era qualcosa, che l'aveva costretta a tacitare la sua coscienza e raggiungerlo, rischiando più di quanto avesse mai fatto, quella notte?
Che c'era qualcosa, che le aveva impedito di respingerlo e l'aveva spinta obbligata ad abbandonarsi al suo bacio, pur sapendo che, da quel momento in poi, non avrebbe più potuto tornare indietro?
Non ci sarebbe riuscita. Non sarebbe riuscita a fingere con se stessa tutta la vita. Anche se era quello che avrebbe dovuto fare.
Da una parte vi era Malfoy, che era l'ignoto e l'oscurità; era il rischio privo di protezione che, se lei avesse scelto e le cose fossero andate male, l'avrebbe fatta ritrovare da sola; era il pericolo di un qualcosa di troppo potente e ingestibile, di mondi troppo lontani che non si sarebbero mai integrati ma solo scontrati e respinti, di una possibile passione momentanea.
Dall'altra parte vi erano Harry e Ron, che erano la famiglia e il calore; la sicurezza che avrebbe sempre avuto qualcuno accanto e non sarebbe mai stata sola; la protezione di una vita felice e segnata, sognata, in un'unica, grande famiglia chiassosa e rumorosa; la tenerezza dell'infanzia che si sarebbe accompagnata ad ogni fase del resto della vita.
Come avrebbe fatto a scegliere? Perché avrebbe dovuto scegliere, non c'erano alternative: Harry e Ron non l'avrebbero mai accettato.
Si sentì d'improvviso in preda ad un attacco di nausea. Si trovava in cima ad un precipizio e non poteva far altro che tornare indietro di corsa o saltare.
Lo sguardo di Malfoy intercettò il suo; rammentandole la più importante delle domande cui doveva dare una risposta: perché provava qualcosa per lui?
Draco fremeva. Letteralmente, fisicamente, pericolosamente. Il suo più grande desiderio, in quel momento, era alzarsi, afferrare la Granger per le spalle, scuoterla violentemente – stringendole le mani attorno alle braccia sottili in una morsa dolorosa e possessiva - e gridarle che era una stupida. Un'irresponsabile, avventata, presuntuosa, stupida egoista.
Si rendeva conto di cosa aveva rischiato, quella notte? Salazar, a osservare la sua espressione tranquilla, platealmente abituata a quel genere di situazioni, l'avrebbe presa a schiaffi!
Lo mandava ai pazzi la consapevolezza che la Granger fosse avvezza a tali rischi, a creature tanto pericolose, a mettere a repentaglio la propria vita. Come potevano Potter e Weasley sopravvivere a tali momenti di stress? Istanti duranti i quali osservavano la fanciulla che per loro significava più di ogni altra cosa al mondo, combattere per la propria vita, senza sapere quale sarebbe stato l'esito di ogni prova? Oh, certo: loro erano convinti che la Granger sarebbe uscita vincitrice da ogni situazione, forte e imbattibile, immortale, come una Fenice.
Salazar, li avrebbe sollevati per i colletti striminziti delle magliette, sbattuti contro un muro e avrebbe gridato loro di aprire gli occhi, dannatissimi idioti, perché la Granger non era infallibile e quel loro affidarsi ciecamente a lei, prima o poi, l'avrebbe distrutta.
Poi li avrebbe anche uccisi, risolvendo il problema alla radice – risolvendo molti problemi alla radice - . In primo luogo, non avrebbero più potuto trascinarla con loro nelle pericolose follie, alle quali sembravano essere tanto devoti, facendo rischiare la vita a lei e, al contempo, impazzire di rabbia e terrore lui; poi, nessuno dei due l'avrebbe più toccata in continuazione e con tanta confidenza, sollevandolo dal cruciarli ogni qual volta un loro dito si fosse mosso verso di lei; in ultima analisi, la loro dipartita avrebbe favorito il suo avvicinamento a sé medesimo, sia perché lei avrebbe irrimediabilmente avuto bisogno di conforto e una spalla su cui piangere, sia perché quei due idioti non si sarebbero più frapposti tra lei e lui, terrorizzandola con l'idea di un abbandono e un odio profondo nel caso si fosse decisa ad ammettere di provare anche lei qualcosa.
Il suo piano non aveva alcuna speranza di riuscita per svariate ragioni, due delle principali che gli venivano in mente erano la possibile reclusione ad Azkaban per aver accoppato Potter (riuscendo laddove diciotto anni di tentativi ad opera di svariate personalità illustri avevano fallito) e compare e la possibile ira funesta della Granger, che lo avrebbe di certo incolpato di aver ucciso i suoi migliori amici. A quel punto sarebbe diventato difficile consolarla, Draco se ne rendeva conto.
Forse poteva assumere un sicario. Meglio due, data l'incomprensibile pellaccia dura di quelli.
La cosa che, poi, lo mandava più in bestia, era la naturalezza con cui lei, dannata, prendeva le cose, quasi fosse la norma essere quasi uccisa nei corridoi della scuola. E, a questo punto, dovette accusare un bel colpo messo a segno dalla coscienza che nemmeno sapeva di avere, quando questa gli ricordò che, al secondo anno, la Granger aveva rischiato grosso a causa della sua famiglia, proprio camminando per quegli stessi corridoi.
Si sentiva in balia delle emozioni contrastanti che lei gli scatenava: rabbia, possesso, preoccupazione, odio, attrazione, frustrazione, confusione.
Gli era quasi preso un colpo quando l'aveva vista correre - i capelli in disordine, il fiato corto, il viso contratto in una smorfia di panico – verso di lui e, per un istante, aveva quasi sperato che si sarebbe fiondata tra le sue braccia. Come se fosse stato lui quello ad averla accolta con un abbraccio negli ultimi anni. Si era già preparato a vederla stringersi a Potter e Weasley, che eccola gettarsi a terra e trascinare Blaise con sé. Per inciso, Zabini aveva rischiato molto, nonostante fosse il suo migliore amico. Se non fosse stato per quella ferita al braccio, seria e profonda, lo avrebbe schiantato lui stesso, per quella caduta addosso alla Granger.
In primo luogo perché avrebbe potuto farle seriamente male, data la sua stazza e la fragile sottigliezza di lei; poi perché nessuno doveva permettersi di starle addosso a quel modo, né di toccarla, come aveva avuto modo di riflettere poco prima.
Non era mai stato in pena per la vita di altri che non fossero lui stesso, sua madre, Zabini, Nott e Daphne e, ora, d'un tratto, ecco che lei rivendicava – senza nemmeno saperlo – il suo posto in quella cerchia, scalando in fretta la classifica.
La sola idea che potesse capitarle qualcosa lo gettava nella più tetra, fiammeggiante, folle disperazione e sapere che la Granger non aveva fatto altro che rischiare la vita negli ultimi sette anni e che, con ogni certezza, non avrebbe continuato a far altro, era il primo dei milioni di motivi per cui doveva togliersela dalla testa.
Il primo di milioni di motivi per cui non avrebbe mai potuto funzionare.
Il primo di milioni di motivi per cui non poteva assecondare quel suo cuore che aveva deciso di farsi vivo all'improvviso.
Lei si voltò, curiosa e fiera, lanciandogli uno sguardo sprezzante; quegli occhi, scuri e profondi, erano il primo di milioni di motivi per cui non avrebbe mai più potuto fare a meno di lei.
La McGranitt precedette Piton, accomodandosi su una delle due poltrone mentre il mantello che indossava le volteggiava intorno, chiudendosi a coprirle anche i piedi. Il professore di Pozioni, rimasto in piedi accanto al divano dove sedevano i suoi protetti, con le braccia conserte e un'espressione sostenuta, attese, mostrando di rispettare il diritto della donna ad avere la prima parola in quanto Preside. I ragazzi, invece, che erano trepidanti d'attesa, a queste formalità non badavano per nulla, come dimostrò, in nome di tutti gli Slytherin, Theodore Nott.
- Professore, allora: vuole spiegarci cosa sta succedendo, cos'è capitato a Daphne e Ginny?-
La professoressa McGranitt non batté ciglio di fronte a quella mancanza di tatto, si limitò a tacere e volgere lo sguardo all'uomo che, sebbene irritato, rispose con la solita voce priva di qualsiasi intonazione. – La professoressa McGranitt saprà illustrarlo perfettamente. - .
Come se avesse colto il tacito rimprovero intrinseco nelle parole del docente, Theodore chinò il capo di colpo, sgonfiandosi.
La Professoressa McGranitt, torturandosi di continuo gli occhiali, prese un bel respiro e cominciò a raccontare. – Per spiegarvi al meglio ciò che temiamo stia accadendo nel Mondo Magico, è necessaria una precisazione introduttiva: in molti sono convinti, per svariati motivi, che il primo e unico mago Oscuro – o, almeno, l'unico degno di nota – che abbia minacciato l'esistenza della comunità Magica sia stato Voldemort. – pronunciare quel nome non era più tanto difficile, nemmeno per la donna. Harry s'irrigidì, stringendo impercettibilmente tra le mani la stoffa di cui era foderato il divano. Una seconda mano calò a coprire la sua; Hermione gli rivolse uno sguardo incoraggiante, che voleva stare a significare "E' finita, va tutto bene".
Se pure avesse udito il sibilo che proveniva dal gemello divano, la ragazza non diede segno di notarlo. I suoi occhi si concentrarono sulla matrona della sua Casa, attenti.
- Le cause di una tale ignoranza in materia sono disparate, quali, ad esempio, la mancanza di testi adeguati che riportino dettagliate ricostruzioni del periodo storico in questione; il terrore ossessivo scatenato da Voldemort e le due Guerre Magiche combattute, che hanno catalizzato l'attenzione per decenni; il desiderio delle personalità illustri del Mondo Magico di celare periodi tanto oscuri nel tentativo di rimuoverli dalla coscienza delle persone per non dover subire la colpa derivata dalla responsabilità. – continuò questa, senza riuscire ad impedirsi di abbandonarsi alle sue riflessioni morali.
- Comunque sia, dovete sapere che, molti secoli prima della Prima Guerra Magica, un numeroso gruppo di Maghi e Streghe decise di sovvertire quello che era l'ordine sociale esistente all'epoca. Parliamo di un periodo storico che si aggirava intorno al 850, potrete dunque immaginare di cosa parlo.- a questo punto volse lo sguardo su Hermione, che annuiva vigorosamente, comprensiva. Con un piccolo sorriso soddisfatto – ignara del fatto che per gli altri cinque spettatori quella sua precisazione non fornisse alcuna spiegazione – tornò al suo racconto. – Questo nutrito gruppo di maghi, rivoluzionario e animato da nobili principi, si tramutò presto in una vera e propria setta, violenta e reazionaria, in netto contrasto con gli ideali per cui, in origine, il gruppo si era formato. Come accade ogni volta che una nuova classe sociale è in ascesa, in molti, del vecchio ordinamento, voltarono faccia a quello che era allora lo stato e la setta divenne tanto numerosa da costituire un vero e proprio villaggio, nascosto tra i boschi. Sebbene la situazione fosse difficile e tesa, tra vecchie e nuova classe sociale, fino a quel momento nulla di drammatico si era ancora verificato, fatta eccezione per le sommosse violente e qualche sporadico episodio di guerriglia. La situazione degenerò diversi anni dopo, all'inizio della seconda metà del VIII secolo, quando il Mago a capo del gruppo rivoluzionario, partito due anni prima in cerca d'incantesimi più potenti da apprendere, fece ritorno. Immediatamente fu chiaro che il suo viaggio lo aveva cambiato profondamente, tramutandolo in un essere malvagio, mostruoso, demoniaco. Egli portava con sé un antico manufatto, trovato, si narrava, in Egitto e che, a quanto diceva il Mago, sarebbe stata la via per il potere assoluto. – s'interruppe un momento, forse per riprendere fiato, forse per riordinare le idee, trattandosi di un discorso difficoltoso che necessitava di grande attenzione.
Ron lanciò uno sguardo in tralice ad Harry, conscio di quanto la similitudine tra il tizio di cui la McGranitt narrava e Voldemort avesse il potere di innervosire il suo migliore amico.
Nott, seduto di fronte a Potter in linea d'aria, lo osservava anch'egli, notandone la durezza dell'espressione e comprendendo, in quel momento, quanto detto dal Centauro nel bosco: "Le ombre continuano a tormentarti". Era vero. Potter non avrebbe mai superato completamente tutto ciò che era accaduto, lo si capiva dal modo in cui il suo sguardo cristallino si era incupito nell'arco di un istante.
- Il libro in questione era stato scritto un secolo prima dal più potente Mago esistente all'epoca, un monaco cinese che aveva vissuto tutta la vita in solitudine a coltivare la Magia. In esso vi erano contenuti tutti gli incantesimi elaborati dal Mago, oltre che formule e pozioni in grado di fare praticamente qualsiasi cosa. La parte però più importante del manoscritto, era la conclusione: prima di morire, il Mago, colto da un'illuminazione, un nirvana, un'epifania, aveva dato vita al più grande e potente tra tutti gli incantesimi mai creati. Più potente di tutte e tre le Maledizioni Senza Perdono. – gli occhi dei tre Serpeverde si fissarono, sbigottiti, sulla donna e, un istante dopo, su Piton che annuì a conferma.
- Cosa era in grado di fare quest'incantesimo?- domandò Hermione, notando il silenzio prolungato della Professoressa e l'intenso sguardo che lei e l'uomo si erano scambiati.
La sua voce era tremante e nitida, in netto contrasto con quella stanca e roca della McGranitt.
Sorprendentemente fu Piton a rispondere alla sua domanda, guardandola dritta in faccia e – per una volta – senza mostrarsi infastidito e irritato del doverle rivolgere la parola. – Si racconta che chi riuscisse a padroneggiare l'incantesimo fosse in grado di far leva sui più profondi desideri di una persona, sui suoi sentimenti, sulle sue paure, sulle sue convinzioni, che questi fossero consapevoli o meno, e usarli per controllare la volontà della stessa.- spiegò.
- Un Imperius?- abbozzò Theodore, confuso.
- No, Signor Nott, molto peggio.- ribatté Piton, dando loro le spalle. – L'Imperius priva un Mago o una Strega della propria volontà, assoggettandolo a quella di chi scaglia l'incantesimo. Le persone divengono marionette nelle mani di chi tiene i fili, in pratica. L'incantesimo di cui parliamo è in grado di mantenere viva la coscienza di chi vi è assoggettato, scatenando la volontà più incontrollata e profonda di agire. Si desidera ciecamente obbedire poiché l'azione che ci si appresta a compiere risponde perfettamente a ogni nostra idea di giusto, ad ogni desiderio, ad ogni sentimento. – disse, tornando a guardarli con gli occhi d'onice ridotti a due fessure.
- Una perdita totale di inibizione, un'assenza di morale, in pratica?- intervenne Hermione, richiamando su di sé lo sguardo dell'uomo.
- Esattamente, Signorina Granger. Tutto ciò che si è sempre desiderato fare, inconsciamente o consciamente, canalizzato nell'ordine di compiere una determinata azione impartito da chi scaglia l'incantesimo.- annuì.
- Dov'è il problema?- domandò, a quel punto, Ron. – Insomma, se scagliassero un incantesimo del genere su delle brave persone, le loro azioni non potrebbero essere malvagie, no?- fece, arrossendo vistosamente data l'attenzione con cui tutti lo fissavano.
- No, Weasley, non hai capito niente, come al solito. – rispose Piton, tornando ai vecchi modi.
- Forse non ti è ancora chiaro, ma nessuna persona è immune all'ombra. Tutti posseggono un lato oscuro, per quanto piccolo e sottomesso a quello positivo. Anche il più pio degli uomini ha desiderato qualcosa follemente, almeno una volta nella vita. – le sue parole si persero come una cantilena nel vento e, per un istante, carezzò con lo sguardo gli occhi verdi di Harry.
Gli occhi di Lily. "Dopo tutto questo tempo?"; "Sempre".
Harry sostenne il suo sguardo, consapevole di cosa l'uomo vedesse in lui: gli occhi della donna che più aveva amato e amava, nel volto dell'uomo che più aveva odiato.
- Il punto non è il tipo di sentimento che si scatena tramite l'incantesimo, Weasley.- intervenne la McGranitt. – E' il fatto che l'incantesimo è in grado di utilizzare queste pulsioni e indirizzarle verso l'obbiettivo desiderato da chi lo scaglia.- cercò di spiegargli.
Ron, sebbene non avesse ancora ben chiare le cose, tacque.
- Continui, Professoressa. – la invitò Hermione, smorzando la tensione. – Il Mago secolare aveva trascritto anche questo incantesimo nel libro?- domandò.
La McGranitt annuì. – Sì, temo, Signorina Granger. L'incantesimo andava a costituire l'ultimo capitolo del libro, assieme al come e il perché fosse possibile utilizzarlo. Vedete, era un incantesimo di potenza inaudita e per scagliarlo vi era bisogno di una concentrazione e una potenza assolute.- rispose, alzandosi e prendendo a girare per la stanza, come aveva fatto anni addietro raccontando loro della Camera dei Segreti.
- Il come?- la domanda veniva da Blaise Zabini, momentaneamente dimenticatosi del suo abito e profondamente attento.
La McGranitt e Piton si scambiarono un ulteriore sguardo, tetro, frustrato, disperato.
- E' un incantesimo potente e...-
- Professoressa, questo l'ha già detto.- fece notare Harry, prendendo parola per la prima volta. I suoi occhi chiari si scontrarono con quelli della professoressa, sulla cui fronte comparve una lunga ruga di costernazione.
Prese un grande respiro. – Vi sono delle condizioni affinché l'incantesimo possa essere utilizzato. Non ci sono pervenuti abbastanza documenti da conoscere il procedimento nel dettaglio, quindi abbiamo solo alcune delle informazioni. In primo luogo, pare sia necessario un sacrificio, un sacrificio umano, da parte di chi compie l'incantesimo. E non un sacrificio qualsiasi, quello di un consanguineo.- spiegò la donna, disgustata.
Hermione sussultò: il sacrificio di un consanguineo. Un fratello, una madre, un figlio, sacrificati per il potere. Si aggrappò al braccio di Harry, artigliandolo con violenza e lui le strinse la mano, nervoso.
- Secondariamente è necessario trovare un contenitore. – e questo punto la pluffa passò nuovamente a Piton, poiché la donna non sembrava in grado di trovare le parole esatte.
- L'incantesimo evoca una magia potente, esageratamente potente, che ha necessità di prendere forma e stabilizzarsi. – intervenne l'uomo. – Questo processo ha lassi di tempo variabili, ma non dura mai meno di un mese. Per svilupparsi la magia ha bisogno di nutrimento e necessita d'essere quindi ospitata in un contenitore. Umano.- disse, impassibile, osservando le facce sgomente che lo scrutavano. Perfino Zabini sembrava impallidito.
- Umano?- da chiunque giunse la domanda, flebile e incolore, Piton annuì.
- E' necessario, inoltre, che il contenitore si presti volontariamente a questo compito, nonostante i rischi e le conseguenze. – anticipando la domanda di Hermione, continuò.- La magia evocata dall'incantesimo assorbirà, per crescere e nutrirsi, tutta la Magia presente nel contenitore e tutte le energie di cui questo dispone. Terminata l'incubazione, la Magia evocata abbandonerà il corpo, lasciandolo privo di ogni forza o stralcio di potere. – spiegò.
- Un guscio vuoto.- commentò Malfoy.
- Esattamente. Il contenitore ha scarse possibilità di sopravvivere, poiché stremato.-
- Quando la Magia ha superato il periodo d'incubazione, viene alla luce e a quel punto è pronta per essere assimilata da chi scaglierà l'incantesimo. L'ultimo passo è, per l'appunto, la pronuncia della formula.- intervenne la McGranitt, nuovamente seduta al suo posto.
- Impressionante.- commentò Blaise, battendo ripetutamente le palpebre come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno.
- Professoressa. – chiamò Hermione, espressione perplessa, un dito alle labbra con fare pensieroso. – Il come l'abbiamo capito. Il perché non l'ha ancora detto.- mormorò.
La donna sorrise, scuotendo un po' la testa in reazione all'acume della sua prediletta.
Se solo non avesse dovuto aiutare Potter a sconfiggere uno dei più grandi maghi Oscuri di tutti i tempi, Hermione Granger sarebbe diventata una delle streghe più potenti mai esistite.
Aveva in sé un misto di potere innato, perspicacia, intelligenza fuori dal comune, naturale propensione al ragionamento, grande istinto, paradossale intuito, infallibile memoria e, soprattutto, un immenso cuore.
La McGranitt lanciò uno sguardo al lato dei Serpeverde dove Malfoy, ostentato la sua aria imperturbabile e annoiata di sempre, la guardava credendo di non essere visto. Sospirò.
Purtroppo, dalla sua, la Granger aveva anche un'altra prerogativa: era una donna.
Si augurò che, almeno, fosse lei a stravolgere l'essenza di lui e non viceversa.
E che Potter e Weasley non l'uccidessero.
- Professoressa?-
La donna si massaggiò le tempie. – La Magia non nasce bianca o nera, buona o cattiva, sporca o pulita. La Magia nasce pura, assolutamente e incondizionatamente pura, priva di qualsiasi ombra o peccato. Sono stati gli uomini a trasformarla in Magia Bianca, con la compassione, la gentilezza, l'onestà, il sacrificio, o Oscura, con il loro agire, con il loro odio, con l'invidia e tutti i sentimenti negativi. L'incantesimo è possibile perché la Magia dentro ogni persona è contaminata, non è più pura, si è trasformata a seconda di chi la possiede. Per fare un esempio concreto, se l'incantesimo fosse scagliato su un Mago o una Strega appena nati, non sortirebbe alcun effetto, poiché essi sono puri e privi di ogni consapevolezza o direttiva morale, di ogni sentimento definito. – illustrò, cercando di spiegarsi al meglio. Hermione annuì. Gli altri non esattamente.
Occorse qualche istante prima che tutti assimilassero quel bagaglio d'informazioni e fossero in grado di ascoltare il resto della storia.
- Il capo della setta dei Maghi Rivoluzionari fece il suo ritorno con questo libro poderoso, in grado di assoggettare tra le sue mani la volontà di chiunque e riprese immediatamente il controllo del villaggio. Tramite un'iniziazione selezionò i più potenti tra i suoi adepti e li marchiò, proprio come, secoli dopo, Voldemort avrebbe fatto attraverso il Marchio Nero.- continuò la Professoressa.
Gli occhi di Harry e Ron scattarono su Malfoy: sapevano bene che sul suo braccio sinistro si stagliava il simbolo del male che avevano combattuto per sette anni. Lo sapeva anche Hermione che, però, era consapevole di cosa significasse essere marchiati contro la propria volontà con un simbolo che non rispecchiasse la persona in questione.
Sangue Sporco.
Draco, esternamente impassibile come al solito, fremeva all'interno e sentiva il braccio formicolare fastidiosamente. Avrebbe desiderato scuoiarsi da sé pur di non doversi vedere disegnato addosso il motivo per il quale la Granger non l'avrebbe mai voluto.
- Attraverso il rituale descrittovi poco fa, fece il suo ingresso nella più vicina città, assoggettando la volontà dell'esercito statale e costringendolo a rivoltarsi contro chi avrebbe dovuto servire. Nel giro di pochi anni, metà globo era nelle sue mani.- diceva, intanto, la McGranitt.
- C'è qualcosa che dovete capire: questa persona era ancora più pericolosa e sadica di Voldemort. L'incantesimo gli avrebbe consentito di impadronirsi del potere senza bisogno di guerre sanguinolente e stragi: sarebbe stato sufficiente che ordinasse al mondo di volerlo come signore assoluto. Eppure non lo fece. Gettò il Mondo Magico nel terrore e nella disperazione.
Non vi erano favoriti o meritevoli di esistere e vivere: lui solo ne aveva diritto. Quel genere di potere, quel tipo di Magia, da pura com'era nata, divenne la Magia più Oscura esistente, poiché tale era la malvagità di chi la deteneva. Era un circolo vizioso, una catena che non si sarebbe mai spezzata: la malvagità del Mago alimentava l'Oscurità della Magia che, essendo dentro il Mago, a sua volta ne nutriva la cattiveria.- spiegò.
- Come l'hanno sconfitto?- chiese Harry, seduto sulla punta, teso e nervoso.
- Non l'hanno fatto.- intervenne Piton.- L'incantesimo, per quanto potente, non rende immortali. Quando il Mago è deceduto la Magia evocata è morta con lui. A quel punto sarebbe stato necessario che i suoi figli (pare ne avesse tre e avesse sacrificato il maggiore), che erano gli unici a conoscenza del segreto del potere di loro padre, ricreassero il rituale dal principio e dessero vita nuovamente a quel genere di Magia. Diverse cose, tuttavia, impedirono la realizzazione di quel piano.
Si racconta che la figlia del Mago, una giovane Strega dotata della vista (fu anche per quel motivo che suo padre decise di non sacrificare lei) avesse guardato nel futuro e vi avesse scorto la distruzione e la fine della Mondo Magico, causati dalla tirannia della sua famiglia.
Suo fratello maggiore credeva di potersi fidare di lei e così le aveva confidato d'aver copiato il libro di loro padre, trascrivendo ogni singola magia presente. La fanciulla rubò la copia e l'originale e fuggì nella notte, portando via con sé l'incantesimo. Privato della magia che lo rendeva invincibile, il fratello e il suo esercito persero in fretta contro il resto del Mondo Magico. La fanciulla, dispersa nei boschi, tentò invano di distruggere il libro originale ma non vi riuscì. Stremata, braccata, disperata, fuggì per giorni, decisa a nascondere al mondo quei due manufatti tanto pericolosi. Giunse in qualche località sperduta e seppellì il libro indistruttibile, pronta a distruggere l'altro. Aveva deciso, di fatti, di scagliare su se stessa un incantesimo presente all'interno del manoscritto che le avrebbe consentito di vivere in eterno, apparentemente addormentata, eppure cosciente, così da essere in grado di vegliare sul luogo dov'era nascosto il libro maledetto e impedire a chiunque di appropriarsene.
Commise un errore, nonostante i suoi nobili propositi: non vi era di fatti scritto, nell'incantesimo che si apprestò a pronunciare, che il sonno eterno sarebbe sopraggiunto immediatamente, senza darle il tempo di distruggere l'altro manufatto. Così la giovane cadde addormentata e il libro rimase al suo fianco per anni. In seguito, il vento, il cambiamento di terreno, le frane e ogni elemento atmosferico possibile, lo trascinò via, lontano, mentre lei rimaneva confinata nel tronco dell'albero che aveva scelto come culla eterna.
Il periodo più oscuro del Mondo Magico terminava alle soglie del primo millennio e con esso il ricordo di cos'era stato. Non si è più parlato di quel libro per secoli, fino a quando, nei pochi anni precedenti la Prima Grande Guerra, si sparse la voce che Voldemort lo cercava. A quel punto, anche gli Auror e l'Ordine si misero a cercarlo e, ovviamente, nessuno lo trovò.- Piton quasi sorrise.
- Fino a un mese e mezzo fa. - intervenne Hermione, alzando le sopracciglia, decisa.
Piton si limitò a guardarla. – Ecco perché la biblioteca è stata chiusa. Ecco cos'era l'oggetto che lei e la McGranitt nascondevate. – continuò lei, imperterrita. – Come avete potuto?- chiese, rassegnata più che arrabbiata. – Correre un rischio del genere?-
- Il libro era impregnato di una Magia Oscura potentissima. Prima di essere trasferito in un luogo sicuro doveva essere purificato. Occorreva un luogo in cui tenerlo, mentre i più potenti Maghi e le più potenti Streghe giungevano per aiutare gli Auror nell'impresa. Con alcuni Mangiamorte ancora in libertà e in fuga, quel libro rappresentava la più pericolosa arma esistente. Abbiamo fatto la scelta che ritenevamo più saggia, il Ministro della Magia compreso.- rispose la McGranitt.
Molti tasselli erano tornati perfettamente al loro posto. Hermione aveva capito gran parte di ciò che era accaduto negli ultimi due mesi. Le restava una domanda, una soltanto, ed era quella che temeva maggiormente di fare. Harry la sollevò da quel fardello.
- C'è un modo per combattere questa magia?- chiese.
La McGranitt sospirò, chinando il capo, stremata e Piton venne in suo soccorso.
- Non ci sono pervenute informazioni a riguardo. Se vi fosse stato un contro incantesimo di certo sarebbe stato scritto nello stesso libro che è...-
- Stato rubato.- completò Ron per lui. Piton gli lanciò un'occhiataccia.
- Come si chiama? La Magia in questione.- domandò Draco.
- Devoratrix Animas. – mormorò Hermione, strappando alla McGranitt le parole di bocca.
Quest'ultima e Piton la guardarono esterrefatti. Hermione tirò fuori da dietro le spalle il libro trovato con Zabini nel Reparto Proibito. – Non sapevo cosa significasse, ma facendo una traduzione rapida mi era parso di capire che parlasse di un libro dov'erano contenuti incantesimi troppo potenti, che nemmeno avrebbero dovuto mai esistere. Uno, in particolare, in grado di divorare l'anima di chi ne era affatturato. Non dice altro.- spiegò, porgendolo alla McGranitt che lo prese, cercando di ricomporsi.
Il silenzio si fece pesante e la luce del sole che sorgeva inondò lentamente la stanza attraverso la finestra alle spalle di tutti loro. Una giornata luminosa e calda, l'ideale per una passeggiata all'aperto, due chiacchiere accanto alla grande fontana, un allenamento al campo di Quidditch.
In quel momento tutta quella luce sembrava fuori luogo; all'interno della scuola c'era un'ombra che, presto, si sarebbe riversata sul resto del Mondo.
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La mia rivale bellissima
FanficTutti sono ad Hogwarts per un ultimo anno da "ragazzi normali". Ovviamente non sarà un anno tranquillo. Dal capitolo III: "Avrebbe potuto chiedere alla McGranitt una camera singola, magari tentando di corromperla promettendole un po' della miracolos...